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Tracciato della Flaminia in Umbria |
La
via Flaminia prende nome dal
console Caio Flaminio e venne costruita
tra il 220 e il 219 a.C., adattando preesistenti tracciati, tra i quali alcuni erano molto antichi e segnavano le
rotte della transumanza e degli spostamenti delle popolazioni che si stabilirono, a partire dall'Età del Ferro, nella valle del Tevere.
I Romani vollero essenzialmente creare un percorso viario strategico che si dirigesse a nord, verso la
Gallia Cisalpina, in modo da collegare Roma con l'Adriatico. La Flaminia, pertanto, rimase per lungo tempo la principale via dei comunicazione tra il centro dell'impero e le regioni transalpine. Da Roma per
Ocriculum (attuale
Otricoli), attraverso la
Regio IV corrispondente alle attuali
Umbria e
Marche settentrionali, la via raggiungeva la costa a
Fanum Fortunae (
Fano) e
Ariminum (
Rimini) proprio come oggi.
In Umbria la parte più antica del percorso della Flaminia (la
Flaminia vetus) è quello che passa da
Narnia (
Narni) per
Carsulae,
Vicus Martis Tudertinum (
Massa Martana),
Mevania (
Bevagna) e
Forum Flaminii (
Foligno). In età tardo imperiale il tratto
Narnia-Forum Flaminii fu particolarmente battuto rispetto al tratto orientale che collegava
Interamna (
Terni) e
Spoletium (
Spoleto).
Il passaggio dalla
Flaminia vetus alla
Flaminia nova è attestato nell'
Itinerario Burdigalense del IV secolo d.C., in cui non compare per nulla il percorso della Flaminia vetus. Si pensa che questo cambiamento sia dovuto alla
riforma dioclezianea dell'assetto degli assi viari. Diocleziano, tra le altre innovazioni, fuse in un'
unica entità territoriale la Tuscia e l'Umbria e questo provocò lo spostamento di buona parte dell'area orientale dell'Umbria alla nuova
Regio, chiamata
Regio Flaminia et Picenum.
La
Flaminia vetus, il tracciato occidentale corrispondente a quello originario, nacque come
strada militare e per tutta l'epoca tardo imperiale conservò una percorribilità piuttosto agevole. Questo tratto fu privilegiato ai fini del commercio, dal momento che incrociava diverse vie secondarie che arrivavano ai centri agricoli delle zone pianeggianti ed agli
oppida (centri fortificati) periferici.
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Catacombe di Villa S. Faustino |
A partire dal
II secolo d.C. la Flaminia divenne la
via di diffusione del cristianesimo in Umbria, regione priva di sbocchi sul mare. Sulla
Flaminia vetus, a pochi chilometri da
Carsulae, nei pressi del
Vicus Martis Tudertinum, si trova il
cimitero cristiano di Villa S. Faustino di Massa Martana. Lungo il percorso della via
Flaminia nova, invece, è possibile vedere i maggiori monumenti paleocristiani dell'Umbria, concentrati per la maggior parte nei pressi di Spoleto (la basilica di S. Salvatore, l'area cimiteriale di S. Ponziano e il tempio sul Clitunno).
La catacomba di S. Faustino si colloca dopo
Carsulae, sul tratto di
Flaminia vetus che si dirige a
Mevania e
Forum Flaminii. L'ipogeo ha un ingresso solamente: sul pendio collinare di Monticastri, non lontano dalla
chiesa abbaziale di Villa S. Faustino, realizzata nel
XII secolo su un impianto romano preesistente. Il territorio nel suo complesso era anticamente indicato come
fundus Marciano. Alla famiglia Marciana, menzionata in alcune epigrafi visibili al palazzo municipale di
Todi, sarebbe appartenuto lo stesso Faustino, santo che la tradizione ecclesiastica locale vuole vissuto nel IV secolo. Non lontano dall'ingresso dell'ipogeo paleocristiano si trovano i resti del
Ponte Fonnaia (I secolo a.C.), raro esempio di ponte romano in perfetto stato di conservazione.
L'ipogeo di Villa S. Faustino fu scoperto nel '600 da
Giuseppe Mattei e studiato dall'archeologo
Giuseppe Sordini agli inizi del '900. Presenta un
corridoio centrale di 22 metri da cui si irradiano quattro cunicoli più piccoli. Non vi sono iscrizioni e gli studiosi hanno attestato l'utilizzo di questa sepoltura ad un periodo compreso
tra il IV e il V secolo d.C.. Accanto all'ipogeo è stata scoperta anche una
chiesa protocristiana piuttosto piccola, con abside, probabilmente collegata agli oratori o vestiboli che caratterizzano le aree cimiteriali più note, che fungeva da ingresso alla zona sepolcrale vera e propria.
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Chiesa di S. Pietro extra moenia (Spoleto) |
La catacomba di S. Faustino non contiene molte sepolture ed i corredi funerari che vi sono stati ritrovati sono piuttosto poveri, il che ha fatto pensare che servisse una comunità cristiana costituita in massima parte da agricoltori. Interessante è la presenza di un
sarcofago a forma di toro scolpito sulla roccia, che suggerisce l'ipotesi di una continuità tra un
primitivo luogo di culto collegato a Mitra ed un successivo luogo di sepoltura cristiana.
Le più importanti ed imponenti testimonianze archeologiche paleocristiane sono visibili a Spoleto. A sud della città vi è la
chiesa di S. Pietro extra moenia, eretta dal
vescovo Achilleo su una necropoli pagana nel V secolo d.C.. Qui la tradizione vuole che siano state trasportate una parte delle catene che, nel
carcere Mamertino di Roma, avevano avvinto Pietro. L'impianto venne inglobato, nel
XIII secolo, e completato in forme romaniche nel 1393.
A nord di Spoleto vi è l'
area cimiteriale di S. Ponziano e la
basilica di S. Salvatore. Il complesso di S. Ponziano presenta, nel suo centro, una chiesa dedicata a questo santo,
morto nel 175 durante la persecuzione di Marco Aurelio Antonino. La chiesa paleocristiana (ricostruita tra il XII e il XIII secolo e ripresa nel XVIII) conserva una
cripta a tre navate poggiante su colonne romane.
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Basilica di S. Salvatore, interno (Spoleto) |
Il complesso più interessate è, però, sicuramente la basilica di S. Salvatore, risalente al
IV-V secolo d.C., o del Crocefisso per la presenza di un
affresco trecentesco nel catino absidale, elevata fuori dal perimetro murario di Spoleto. Si tratta dell'
unico esempio di basilica paleocristiana integra in territorio umbro. L'edificio è composto da numerosi
materiali di spoglio. Nella sezione inferiore della facciata vi sono tre portali con cornici a mensole; il centro del fregio ripete il tema della croce a braccia patenti inserita in girali di acanto. E' una decorazione molto originale che si ritrova all'esterno del
tempio sul Clitunno. Gli studiosi pensano all'opera, in loco, di
maestranze provenienti dalla Siria, collegate alle comunità di
monaci basiliani la cui presenza, sui rilievi attorno a Spoleto, è attestata dal V secolo d.C.. L'interno della basilica di S. Salvatore è a
tre navate con colonne scanalate (di spoglio). La zona del transetto e del presbiterio presenta anch'essa delle colonne su cui poggiano trabeazioni con elementi scelti di proposito per essere assemblati insieme: colonne doriche, modanature e cornici ioniche, corinzie e composite. Un riassunto dell'arte classica.
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Tempio del Clitunno (Spoleto) |
Le
fonti del Clitunno sono sfiorate dalla via Flaminia e si trovano a pochi chilometri di distanza da
Spoletium e
Forum Flaminii. Qui vi è una ricchissima profusione di acque, già decantata nell'antichità.
Plinio il Giovane (61-114 d.C.) parla di un tempio dedicato a
Clitumnus, dio fluviale, di cui descrive il simulacro, e di diverse edicole dedicate a divinità minori. I cristiani, proprio in questo luogo, eressero un piccolo tempio con materiali di reimpiego, una rarità in campo di architettura protocristiana. Il tempietto del Clitunno è piuttosto piccolo, poiché nacque come
oratorio, più che come vera e propria chiesa. Il fatto che la costruzione sia nata già come edificio cristiano è attestato da una
iscrizione dedicatoria posta lungo il fregio della
trabeazione esterna. Il tempietto risalirebbe al
IV-V secolo, lo stesso periodo della costruzione della basilica di S. Salvatore. E' un tempio
in antis, con i muri laterali della cella prolungati ad anta in facciata, eretto su un podio, provvisto di un vestibolo e due portici di ingresso. Originariamente era costituito da una cella che ricalcava le proporzioni e gli intenti dei
naos dei templi antichi, dove si custodiva l'immagine o il simulacro del dio oggetto di culto. La cella possiede un'
edicula a forma di nicchia sospesa e imita la facciata di un tempio. L'ambiente interno, piuttosto piccolo, presenta anche degli
affreschi, i
più antichi dell'Umbria cristiana. Sono pitture riprese anche nel portico sotterraneo che risalgono, con tutta probabilità, al
VI-VIII secolo d.C.. Nell'abside è raffigurato il Cristo Pantocratore benedicente con in mano il
volumen, la Parola. A sinistra del Cristo è ritratto S. Pietro, a destra S. Paolo.
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