mercoledì 29 giugno 2022

Pompei continua a stupire: trovati i resti di una tartaruga ed il suo uovo

Pompei, i resti della tartaruga recentemente rinvenuti
(Foto: Parco Archeologico di Pompei)

Eccezionale scoperta a Pompei: gli archeologi hanno rinvenuto i resti di una tartaruga sepolti sotto cenere e roccia durante l'eruzione del Vesuvio del 79 d.C. La tartaruga aveva cercato riparo al di sotto di un edificio già danneggiato, quando è sopraggiunta la sua fine.
I resti sono stati rinvenuti durante gli scavi in un'area della città che era stata ricostruita dai pompeiani dopo che un terremoto, avvenuto nel 62 d.C., aveva devastato Pompei.
La tartaruga si era nascosta in una minuscola tana sotterranea, nascosta sotto i resti di un negozio andato distrutto proprio durante il terremoto del 62 d.C. Con lei è stato rinvenuto un uovo, il che suggerisce che l'animale stava cercando un luogo tranquillo dove poter deporre le uova.
L'archeologo dell'Università di Oxford Mark Robinson, che a scoperto i resti, ritiene che la tartaruga possa essere un animale domestico scappato tra le rovine del terremoto del 62 d.C. oppure che fosse una tartaruga arrivata dalla campagna vicina con estrema facilità, visto i danni apportati dal terremoto che non avevano permesso una rapida ricostruzione di part della città.
L'intera città, al momento dell'eruzione del 79 d.C., era una sorta di cantiere ed alcuni spazi erano evidentemente utilizzati dagli animali selvatici che potevano vagarvi e cercare un luogo dove riprodursi.
La tartaruga è in notevole stato di conservazione, con la testa, la coda e le zampe intatte. E' stata rinvenuta a mezzo metro di profondità, sotto il pavimento in terra battuta di una bottega della centrale via dell'Abbondanza.
Stanno tornando alla luce anche pavimenti e decorazioni della magnifica casa che in origine occupava gli spazi dove, in seguito, sorse il negozio. Una dimora di assoluto pregio che, tra saloni e cortili, si estendeva per oltre 900 metri quadrati in un quartiere centralissimo della città. Con tappeti di mosaico che per la loro complessità e bellezza possono essere paragonati a quelli della Villa dei Misteri o della Casa di Cerere, resi preziosi da disegni raffinati e rari che in alcuni casi riproducono le meraviglie dell'architettura romana, come il lungo acquedotto apparso sul pavimento del tablinio.

Fonti:
bbc.com
avvenire.it

Turchia, trovata a Kelenderis la sepoltura di un bambino

Turchia, resti dell'odeon della città di Kelenderis
(Foto: hurriyetdailynews.com)

Una fornace per la produzione commerciale di tegole ed una sepoltura di fanciullo con all'interno braccialetti di vetro e doni sono stati rinvenuti durante gli scavi nell'antica città di Kelenderis, fondata sulla costa mediterranea nella provincia meridionale di Mersin 2800 anni fa.
I lavori di scavo e recupero, iniziati nel 1987, sono in corso da ben 35 anni nel distretto di Aydincik. Quest'anno, per la prima volta, sono stati portati alla luce lo scheletro di un bambino sepolto  con braccialetti di vetro al braccio, doni, vestiti ed una bara in legno nello stesso luogo dove sono emerse, nel corso di questi 35 anni di scavo, circa 150 sepolture, poste attorno all'odeon della città. Inoltre, per la prima volta dall'inizio degli scavi, è stata rinvenuta una fornace adibita alla produzione di tegole.
Gli archeologi sapevano che qui si produceva ceramica, ma non erano mai riusciti a trovare, finora, il forno che la produceva. Quest'ultimo, datato a 1300 anni fa, probabilmente produceva le tegole che sono state trovate nel corso degli scavi, risalenti al VII secolo d.C. Queste tegole sono state gettate nei dintorni del forno poiché difettose.
Le sepolture finora scoperte non conservavano resti di corredi funerari mentre la tomba del fanciullo scoperta di recente conteneva una sorta di elementare corredo. Dal ritrovamento di questa e delle altre sepolture, i ricercatori hanno dedotto che una parte dell'odeon era stata destinata alla sepoltura dei bambini durante il medioevo.

Fonte:
hurriyetdailynews.com

Paesi Bassi, templi di confine...

Paesi bassi, pozzo romano con gradini appena scoperto
(Foto: dw.com/en/)

Gli archeologi hanno portato alla luce un complesso di templi romani risalenti a duemila anni fa nei Paesi Bassi. Il ritrovamento ha emozionato e sorpreso i ricercatori, dal momento che è la prima volta che vengono portati alla luce templi su quello che un tempo era il confine settentrionale dell'Impero Romano.
Il complesso templare è stato rinvenuto in un sito dove un tempo si estraeva l'argilla, nel villaggio di Herwen-Hemeling, situato nella provincia orientale di Gelderland, vicino al confine con la Germania.
Già nel 2021 degli archeologi dilettanti si erano imbattuti in alcuni manufatti e per questo avevano allertato le autorità che hanno deciso di procedere ad uno scavo più ampio. In questo modo sono recentemente tornati alla luce i resti di almeno due templi di epoca romana, utilizzati tra il I ed il IV secolo d.C. Uno era un tempio gallo-romano con tetto di tegole e pareti colorate. Un altro più piccolo sorgeva a pochi metri di distanza.
Tra i reperti rinvenuti vi sono i resti di statue raffiguranti delle divinità ed il luogo dove i soldati accendevano grandi fuochi sacrificali, nonché intonaci dipinti, spille per mantelli e tegole contrassegnate da iscrizioni.
Di solito gli edifici romani venivano demoliti o riadattati per edificare altre strutture, ma questo non sembra essere il caso del complesso templare di Herwen-Hemeling. A questo si aggiunge la scoperta di diversi altari in pietra, ad indicare che, con tutta probabilità, i templi erano in uso da secoli.
Sulla base del tipo di iscrizioni sulle tegole del tetto, gli archeologi ritengono che il complesso templare fosse utilizzato principalmente dai soldati, dal momento che all'epoca erano proprio i militari ad essere responsabili della produzione di tegole. Non lontano sono state rinvenute punte di lance nonché resti di armature militari e finimenti per cavalli. I piccoli altari in pietra, con le loro accurate iscrizioni, rivelano anche i motivi per i quali i soldati romani rendevano grazie alle divinità.

Fonte:
dw.com/en

sabato 25 giugno 2022

Antikythera, il relitto continua a riservare sorprese

La testa di marmo rinvenuta ad Antikythera
(Foto: Ministero della Cultura greco)

Antikythera continua a stupire ed a far parlare di sé. E' di questi giorni la notizia che gli archeologi coinvolti nel progetto di studio sul naufragio di Antikythera, condotto dall'Ephorate of Underwater Antiquities del Ministero della Cultura e dello Sport Ellenico, hanno effettuato nuove scoperte.
L'annuncio parla di un'enorme testa di marmo trovata nel sito dove naufragò il famoso relitto, vicino alle coste dell'isola greca di Antikythera, presso capo Glyphadia, nel secondo quarto del I secolo a.C. e che nel 1901 restituì il celebre meccanismo che prese il nome del luogo dove fu trovato: un dispositivo di bronzo gravemente corroso che molti studiosi ritengono essere il primo computer analogico al mondo.
Il relitto, un'imbarcazione di epoca romana risalente al I secolo a.C., venne scoperto da alcuni pescatori di spugne nell'ottobre del 1900. Si ipotizza che la nave, salpata da Atene nell'86 a.C., stesse trasportando parte del bottino del generale romano Lucio Cornelio Silla, una teoria che prende origine da un riferimento dello scrittore greco Luciano di Samosata, che menziona il naufragio di una delle navi di Silla proprio in quella regione.
Ad avvalorare la datazione, i numerosi manufatti restituiti dal relitto che, se in alcuni casi hanno destato confusione (come le statue di bronzo datate IV secolo a.C.), in altri hanno confermato la data del I secolo a.C. Infatti, oltre al celebre meccanismo di Antikythera, le ricerche effettuate sul sito hanno prodotto numerose statue, monete e manufatti, incredibili capolavori dell'arte greca.
Le anfore trovate nel relitto indicano una datazione dell'80-70 a.C., le ceramiche ellenistiche sono riferibili al 75-50 a.C., mentre le ceramiche romane rinvenute sono simili ai modelli conosciuti appartenenti alla metà del I secolo a.C. Le ultime monete trovate negli anni settanta del secolo scorso da Jacques Cousteau sono datate tra il 76 ed il 67 a.C. Si ritiene, dunque, che l'imbarcazione fosse diretta a Roma per consegnare un tesoro che doveva impreziosire la parata trionfale di Gaio Giulio Cesare.
Il nuovo ritrovamento è stato possibile dopo lo spostamento di alcuni grandi blocchi in pietra che impedivano l'esplorazione di parte del relitto. Gli archeologi hanno identificato la base di una statua antropomorfa in marmo di cui si sono conservati entrambi gli arti inferiori, oltre a una massiccia testa marmorea di una figura maschile barbuta. Si ipotizza che la testa possa appartenere al cosiddetto "Ercole di Antikythera", una statua acefala scoperta nel sito nel 1900 ed ora esposta al Museo Archeologico Nazionale di Atene.
Sono stati scoperti anche manufatti in bronzo, chiodi di ferro e due denti umani per i quali sono previsti ulteriori studi (quali l'odontoiatria forense e la datazione al radiocarbonio) che dovrebbero fornire maggiori informazioni su sesso, età, origine.

Fonte:
Ministero della Cultura greco via mediterraneoantico.it

Siria, le molte divinità "ignote" di Palmira

Siria, Palmira, la misteriosa iscrizione sul dio ignoto
(Foto: Aleksandra Kubiak-Schneider)

Un archeologo polacco ha svelato un antico mistero relativo ad oltre 200 iscrizioni che menzionano una ignota divinità adorata a Palmira, in Siria.
La Dottoressa Aleksandra Kubiak-Schneider stava conducendo ricerche nell'antica metropoli siriana quando ha fatto questa importantissima scoperta. Tra le circa 2.500 iscrizioni in aramaico presenti su diversi elementi architettonici sparsi nell'area dove sorgeva, un tempo, l'antica Palmira, ha rinvenuto circa 200 testi datati al II e III secolo d.C., contenenti tutti frasi misteriose.
Le frasi rinvenute dall'archeologa si rivolgono ad un'altrettanta misteriosa divinità: "Colui il cui nome è benedetto per sempre", "Signore dell'universo", "Misericordioso", sono esempi dei termini riferiti a questa divinità.
Le iscrizioni compaiono su altari di pietra dove si bruciavano incenso, ginepro ed altri aromi mescolati a liquidi. Per circa cento anni i ricercatori hanno cercato di capire a quale divinità si rivolgevano le frasi rinvenute su questi altari. Si è pensato che questi epiteti si rivolgessero ad un unico dio, una dimensione mistica del culto del Signore del Cielo Baalshamin, mai nominato perché era tabù pronunciarne il nome.
La Dottoressa Kubiak-Schneider ha notato che il mondo in cui ci si rivolgeva, in queste frasi, all'anonima divinità, era lo stesso degli inni cantati e recitati nei templi del I millennio a.C. nell'antica Mesopotamia per ringraziare per l'aiuto ricevuto molte divinità importanti: Bel-Marduk (la più importante divinità di Babilonia), Nabu (la divinità protettrice dell'alfabetizzazione), Nergal (il dio del sottosuolo), Hadad (il dio della tempesta e della pioggia).
Secondo la Dottoressa Kubiak-Schneider, i destinatari di queste antiche scritte erano molteplici divinità. Il "misericordioso", secondo la ricercatrice, si riferisce a Bel-Marduk, dio principale del pantheon babilonese venerato anche a Palmira, che salvò l'umanità da Tiamat, un mostro che incarnava il caos e l'oscurità. Il "Signore dell'universo", a sua volta, può essere riferito a Bel ma anche a Baalshamin, dio della tempesta e della fertilità che i Greci identificarono con Zeus. Solo la frase "Colui il cui nome è benedetto per sempre" può essere considerato nel suo significato universale e riferirsi a qualsiasi divinità maschile che avesse ascoltato le richieste degli oranti. Questo è confermato da antichi inni e preghiere rinvenute a Babilonia ed in Assiria nei periodi precedenti alla conquista di Alessandro Magno.
La Dottoressa Kubiak-Schneider ha affermato: "Non sorprende, quindi, che l'immagine della divinità non venga rappresentata sugli altari, cosa che, in questo caso, non è collegata al divieto di presentare il volto divino. Non c'era un dio anonimo, ogni dio che ascoltava e si mostrava favorevole alle richieste meritava una lode eterna".
Le persone che hanno finanziato l'incisione di queste iscrizioni a Palmira provenivano principalmente da classi sociali medio-elevate. Le dediche sono state commissionate sia da donne che da uomini. Alcuni erano schiavi, ex schiavi liberati ed anche cittadini romani.

Fonte:
PAP - La scienza in Polonia, Szymon Zdziesieowski

venerdì 17 giugno 2022

Sicilia, scoperta una necropoli antichissima a Centuripe

Sicilia, una delle sepolture scoperte a Centuripe
(Foto: Artemagazine)

A Caraci, in Sicilia, nel territorio di Centuripe, è stata scoperta una necropoli. Si tratta di nove tombe scavate nella roccia. Il territorio di rinvenimento è situato nei pressi in cui vi è un'infrastruttura idrica oltre che diversi pascoli.
Ad effettuare il ritrovamento è stato il sindaco di Centuripe, Salvatore La Spina, insieme ad alcuni volontari. La necropoli che, si pensa, fosse collegata ad un abitato, presenta tombe rettangolari, forse dell'Età del Ferro, e tombe circolari risalenti all'Età del Bronzo.
Nell'area di Centuripe ci sono testimonianze antropiche risalenti al Neolitico. La cittadina venne fondata dai Siculi per essere, in seguito, ellenizzata. Fiorì in epoca ellenistica e romana. Artisticamente parlando importanti sono il IV secolo a.C., nel corso del quale operava un'officina di che produceva ceramica figurata, ed il III secolo a.C., per la produzione delle tanagrine, statuette fittili in terracotta utilizzate come decorazioni funerarie.
L'area collinare in cui sorge il sito è di proprietà privata e si trova vicino al Comune di Randazzo, pur appartenendo, dal punto di vista territoriale, a Centuripe. E' inoltre attraversata da ruscelli e da un'infrastruttura idrica che da Ancipa e Pozzillo porta acqua nel Simeto e a Catania.

Fonti:
mediterraneoantico.it
artribune.it

giovedì 16 giugno 2022

Egitto, tesori sepolti di Berenike

Egitto, la tomba monumentale scoperta a Berenike
(Foto: M. Gwiazda/PCMA UW)

Berenike si trova nel deserto orientale, sulla costa del Mar Rosso. Era una città portuale, fondata nel III secolo a.C. da Tolomeo II. L'esplorazione del sito è stata fatta da una spedizione polacco-americana del Centro polacco di archeologia mediterranea dell'Università di Varsavia e dell'Università del Delaware.
A Berenike è stata recentemente rinvenuta una sepoltura con pareti e pavimenti di corallo e deposizioni intatte con ricchi corredi funerari. La tomba è il primo esempio di differenziazione sociale in una fase molto poco conosciuta dell'occupazione della città, fase che va dal IV al V secolo d.C.
I ricercatori sono interessati alla diversità delle usanze funerarie e stanno programmando anche analisi paleoantropologiche. In questo periodo Berenike era governata dai Blemmi, un popolo nomade che abitava nel deserto orientale, dall'attuale confine egiziano-sudanese fino all'Etiopia.
Sebbene all'epoca Berenike non fosse più sotto il controllo romano, il redditizio commercio a lunga distanza che contribuì all'istituzione ed alla crescita del porto. Le sue rotte collegavano l'Oceano Indiano, l'Africa orientale e Bisanzio.
La tomba indagata è una delle numerose strutture fuori terra costruite su una vicina collina, non lontana dalla strada principale della città. Si tratta di una stanza rettangolare, lunga quasi 5 metri. Il pavimento è in coralli bianchi lisci e ben selezionati. Un altro tipo di corallo, misto a fango, è stato utilizzato per intonacare le pareti.
All'interno della tomba sono state scoperte sepolture e ricchi oggetti come 700 perle, alcune delle quali importate dall'Asia meridionale, diversi anelli ed orecchini in argento e bracciali in avorio. Sono state trovate anche anfore da vino e bottiglie in ceramica. Vi erano, inoltre, bruciatori di incenso e ciotole. Uno degli incensieri più imponenti è stato scolpito nella pietra ed ha una decorazione a forma di testa di leone. I corpi dei defunti sono stati deposti in una posizione contratta e presumibilmente erano legati per risparmiare spazio.
L'uso dell'intonaco misto a coralli come materiale da costruzione è unico nell'architettura del periodo al quale risale la tomba ed è stato registrato per la prima volta a Berenike. Sicuramente la sepoltura era destinata a persone di stato sociale molto elevato, membri dell'élite locale.

Fonte:
Centro polacco di archeologia mediterranea via archaeologynewsnetwork.blogspot.com


sabato 11 giugno 2022

Grecia, la spada nel monastero

Grecia, la sciabola medioevale risalente ad un'incursione
turca in un monastero durante il XIV secolo
(Foto: E. Maniotisi e T. Dogas)

Una sciabola medioevale arrugginita è stata disotterrata all'interno di un monastero fortificato cristiano nel nord della Grecia. Forse si tratta di un'arma che i pirati turchi o i difensori del monastero utilizzarono durante gli scontri che ebbero luogo nel XIV secolo.
Lo stile dell'arma è insolito, anche se spade curve vennero utilizzate sia dai turchi che dai bizantini proprio nel periodo al quale risale la spada in questione.
Il monastero in cui è stato rinvenuto è chiamato Monastero di Agios Nikolaos di Chrysokamaros, in onore di un santo locale. Le rovine si trovano sulla costa al centro della penisola Calcidica, a circa 64 chilometri a sudest della città di Salonicco, sulla costa nordoccidentale del Mar Egeo.
I documenti storici menzionano l'esistenza di un monastero, sul sito, almeno a partire dell'XI secolo, anche se non è noto se fosse un monastero indipendente o un metochi, vale a dire una sorta di dipendenza del monastero del Monte Athos. Gli scavi di quest'anno hanno permesso di capire che il monastero era circondato da un robusto muro fatto di rocce di granito di spessore compreso tra gli 1,7 e i due metri.
Monasteri del genere erano spesso utilizzati come rifugio per la popolazione locale durante gli attacchi dei pirati. Probabilmente questi centri ecclesiastici avevano ricchezze proprie, costituite essenzialmente da oggetti religiosi in oro, e scorte di grano. Gli archeologi hanno trovano semi di grano nei livelli inferiori di una delle torri del monastero, ad indicare che la torre poteva essere stata utilizzata per la conservazione degli alimenti. La torre misura attualmente 5 metri di altezza, ma è stato appurato che un tempo era molto più alta. Vi sono tracce, sui resti, di un grave incendio che la danneggiò. Non lontano dalla torre sono state scoperte armi quali asce, punte di frecce e la spada in questione.
Gli archeologi hanno trovato un gran numero di vasi di ceramica smaltata, principalmente appartenente al XIV secolo. I ricercatori ritengono che la distruzione del monastero sia avvenuta molto probabilmente nella seconda metà del XIV secolo e l'inizio del XV secolo.
Gli archeologi devono ancora sapere se la spada sia stata utilizzata dai turchi o dai bizantini. In un manoscritto selgiuchide del XIII secolo, ora conservato nel Museo del Palazzo Topkapi di Istanbul, è raffigurata proprio una sciabola. Ma anche le icone dei santi bizantini del XIII secolo li raffiguravano n compagnia di spade ricurve ed è noto che i soldati bizantini usavano le spade già nel VI secolo d.C.
La lama della spada rinvenuta nel monastero è lunga 45 centimetri ma l'arma non è in buone condizioni.

Fonte:
livescience.com

Grecia, la donna sul letto di bronzo...

Grecia, la sepoltura della giovane donna deposta su un
letto di bronzo (Foto: Areti Chondrogianni-Metoki)

Nel nord della Grecia, vicino alla città di Kozani, gli archeologi hanno portato alla luce la sepoltura di una giovane donna sdraiata su un letto di bronzo, risalente al I secolo a.C.
I montanti del letto erano decorati da raffigurazioni di sirene. Il letto reca anche l'immagine di un uccello che tiene in bocca un serpente, simbolo del dio Apollo. 
La testa della donna sepolta era ricoperta da una corona aurea a forma di foglie di alloro. Le parti in legno del letto, però, si sono decomposte. Fili d'oro, forse parte di un ricamo, sono stati trovati sulle mani della donna. Accanto ai resti di quest'ultima sono stati sepolti quattro vasi di terracotta ed uno di vetro. Nessun'altro è stato deposto nella sepoltura della giovane.
Gli archeologi stanno analizzando lo scheletro per determinare lo stato di salute della donna, l'età in cui è morta e la possibile causa della morte. I reperti rinvenuti con lei fanno pensare che si trattasse dell'esponente di una classe privilegiata, forse apparteneva ad una famiglia di rango reale.
Migliaia di anni fa Kozani si trovava vicino ad un'importante centro chiamato Mavropigi, che ospitava un santuario dedicato ad Apollo. Documenti storici attestano che durante il I secolo a.C. il controllo e l'influenza romana in Grecia erano aumentati. I Romani distrussero la città di Corinto nel 146 a.C. e saccheggiarono Atene nell'86 a.C. Nel 48 a.C. a Farsalo ebbe luogo un'importante scontro nel quale l'esercito di Giulio Cesare sconfisse quello di Pompeo.
Non è chiaro quando esattamente, nell'ambito del I secolo a.C., sia vissuta la donna sepolta nella tomba appena rinvenuta. Le sue spoglie sono attualmente conservate nel Museo Archeologico di Aiani, in Grecia. La sepoltura è stata rinvenuta nel 2019. Nel 2021 è stata rinvenuta un'altra sepoltura su letto in un cimitero non lontano da quello in cui giacevano i resti della donna. Stavolta si trattava della sepoltura di un anziano deposto su un letto di ferro e legno. La deposizione risale al IV secolo a.C.

Fonte:
livescience.com

Scozia, scoperta una tavoletta con i nomi di alcuni Efebi

Scozia, lastra in marmo greca con incisi nomi di studenti
(Foto: Musei Nazionali di Scozia/PA/via ITV)

Esperti del Regno Unito hanno scoperto che un'antica lastra di marmo greca che aveva trascorso più di un secolo in un deposito, reca incisi i nomi degli studenti della Scuola degli Efebi, un'accademia d'élite che preparava giovani uomini ateniesi all'età adulta.
Sulla lastra è inciso un elenco di cadetti che hanno frequentato la prestigiosa scuola tra il 41 ed il 54 d.C., sotto il regno dell'imperatore Claudio. Sono incisi nomi nei quali gli studiosi non si erano mai imbattuti prima.
Probabilmente la lastra in marmo era esposta nella sede del collegio degli Efebi allo scopo di creare un senso di cameratismo tra coloro che frequentavano lo stesso programma di formazione e che dovevano sentirsi parte di un corpo scelto.
La tavoletta riporta i nomi di 31 giovani che erano riusciti a superare il rito di passaggio.

Fonte:
ekathimerini.com

Messico, il ritorno del dio del mais...

Messico, la testa del dio del mais appena scoperta
(Foto: INAH)

Specialisti dell'Istituto Nazionale di Antropologia e Storia (INAH), che dipende dal Ministero della Cultura e del Governo messicano, hanno scoperto una testa stuccata che rappresenta il giovane dio del mais. La scoperta è stata fatta nella zona archeologica di Palenque, nel Chiapas. Si tratta del primo ritrovamento, sul sito, di una testa in stucco di questa importante divinità del pantheon maya.
La scoperta è avvenuta nella stagione di scavo 2021. Nel luglio di quello stesso anno il team interdisciplinare che si occupa dello scavo, co-diretto dall'archeologo Arnoldo Gonzàlez Cruz e del restauratore Haydeé Orea Magana, ha osservato un allineamento di pietre mentre stavano rimuovendo il terreno di riempimento da un corridoio che collegava le stanze della Casa del Palazzo con quelli dell'adiacente Casa F.
All'interno di un ricettacolo semiquadrato - formato da tre pareti - e al di sotto di uno strato di terra smossa, sono emersi naso e bocca semiaperta di una divinità. Mano a mano che l'esplorazione procedeva, si è scoperto che la scultura era una ricca offerta posta su uno stagno con pavimento e pareti stuccate, della larghezza di circa 1 metro per tre, a simboleggiare l'ingresso di questa divinità in un ambiente acquatico.
"La scoperta del giacimento ci permette di iniziare a conoscere come gli antichi Maya di Palenque rivivessero costantemente il mitico passaggio sulla nascita, morte e resurrezione della divinità del mais", afferma Arnoldo Gonzàles Cruz, ricercatore del centro INAH del Chiapas.
La testa stuccata, lunga 45 centimetri ed alta 16, era orientata verso est, a simboleggiare la nascita della pianta del mais con i primi raggi del sole. Probabilmente la scultura doveva essere montata su un supporto di pietra calcarea. Il dio ha il mento a punta, le labbra sottili e sporgenti verso l'esterno a mostrare gli incisivi superiori. Gli occhi sono allungati e sottile.
Tra i ritrovamenti contemporanei a quello della testa del dio del mais, sono significativi i frammenti di una piastra a tre piedi, sulla quale era collocata la scultura, originariamente concepita come una testa mozzata. Questa idea nasce quando si confronta l'iconografia del giovane dio del mais con quella derivante da una serie di tavole del periodo classico (600-850 d.C.), da un vaso della regione di Tikal del periodo del primo periodo classico (150-600 d.C.) e da rappresentazioni inserite nei codici di Madrid e Dresda, in cui questa divinità ed i personaggi ad essa legati, appaiono con la testa mozzata.
Il contesto archeologico in cui è stata rinvenuta la testa stuccata, spiega Gonzàlez Cruz, è il risultato di diversi eventi: il primo è incentrato sull'uso dello stagno come uno specchio d'acqua che riflette il cosmo. I rituali notturni ebbero probabilmente inizio durante il regno di K'inich Janaab' Pakal I (615-683 d.C.) e proseguirono durante i regni di K'an Bahlam II (684-702 d.C.), K'an Joy Chitam II (702-711 d.C.) e Ahkal Mo' Nahb' III (721-736 d.C.).
Successivamente, forse sotto il regno degli ultimi due sovrani, lo spazio dove era lo stagno venne chiuso in modo simbolico, rompendo una porzione del pavimento in stucco e rimuovendo parte del riempimento edilizio per depositare una serie di elementi: vegetali, ossa di animali (quaglie, tartarughe bianche, pesci e cani domestici), conchiglie, gusci di granchio, frammenti di ossa lavorate, pezzi di ceramica, figurine antropomorfe in miniatura, 120 pezzi di lame di ossidiana, perline di pietra verde, due perle di conchiglia, semi e piccole lumache.
Tutti questi elementi vennero disposti concentricamente e non a strati, riuscendo a coprire quasi il 75% della cavità, sigillata con pietre. Alcune ossa di animali erano combuste, altre conservano ancora resti di carne e impronte di denti e si pensa venissero utilizzate per il consumo umano come parte di un rituale.

Fonte:
inah.gob.mx

sabato 4 giugno 2022

Pompei, sequenziato il DNA di un antico abitante

Pompei, i resti di un abitante dell'antica città del quale
è stato sequenziato il genoma (Foto: Serena Viva)

Per la prima volta è stato sequenziato il genoma di una delle vittime della catastrofica eruzione del Vesuvio che distrusse Pompei. Questa ricerca ha gettato nuova luce sulla salute e la diversità di coloro che vivevano in una città dell'impero romano prima che tutto sparisse per sempre.
Un team di scienziati, guidati da Gabriele Scorrano, assistente professore di geogenetica all'Università di Copenaghen, ha estratto il DNA di due vittime, un uomo e una donna, i cui resti sono stati rinvenuti nella Casa dell'Artigiano a Pompei, una casa scavata a partire dal 1914.
Malgrado gli scienziati abbiano sequenziato il DNA di entrambe le vittime dell'eruzione, sono riusciti ad ottenere una sequenza completa del solo DNA maschile. L'uomo aveva un'età compresa tra i 35 ed i 40 anni quando venne ucciso dall'eruzione del Vesuvio del 79 d.C, ed era alto 1,64 metri. Il confronto del suo DNA con i codici genetici ottenuti da 1.030 esseri umani antichi, nonché da 471 individui eurasiatici occidentali moderni, hanno suggerito che il DNA dell'uomo condividesse la maggior parte delle somiglianze con gli individui moderni dell'Italia centrale e quelli vissuti nell'antica Roma.
L'analisi del DNA mitocondriale dell'uomo, inoltre, e del cromosoma Y, ha anche identificato gruppi di geni che si trovano comunemente in Sardegna ma non tra coloro che sono vissuti in Italia all'epoca dell'impero romano, suggerendo che a quel tempo potrebbero esserci stati alti livelli di diversità genetica in tutta la penisola italiana.
Ulteriori analisi dello scheletro dell'uomo hanno anche identificato lesioni in una delle vertebre e sequenze di DNA hanno suggerito che potrebbe aver sofferto di tubercolosi prima della sua morte. La donna, invece, aveva intorno ai 50 anni di età e si pensa fosse affetta da artrosi.

Fonti:
theguardian.com


Inghilterra, scoperto un "henge" in Cornovaglia

Gran Bretagna, alcuni volontari segnano la posizione
del cerchio di pietre di Castilly Henge
(Foto: Unità di Archeologia della Cornovaglia)

E' stato rinvenuto, in Inghilterra, un cerchio di pietre precedentemente sconosciuto, all'interno di Castilly Henge.
Il termine henge, che molti associano al cerchio di pietre di Stonehenge, si riferisce in realtà ad un particolare tipo di terrapieno del periodo Neolitico, costituito da un banco circolare od ovale, con un fossato interno che circonda un'area di oltre 20 metri di diametro. In genere si trovano scarse prove di occupazione di un henge, anche se questi possono contenere strutture rituali quali cerchi di pietre, cerchi di legno e insenature.
I ricercatori ritengono che Castilly Henge sia stato costruito durante il Tardo Periodo Neolitico (3000-2500 a.C.). Definito da un argine esterno e da un fossato interno, avrebbe costituito una cornice ad anfiteatro per assemblee e attività rituali. In precedenza alcuni studiosi hanno suggerito che il sito fosse utilizzato come teatro nel medioevo.
I volontari, coordinati dall'Unità di Archeologia della Cornovaglia (CAU), hanno ripulito il sito dalla vegetazione che costituiva una minaccia per le tracce archeologiche sotterranee. Questo ha consentito agli archeologi di eseguire i primi rilievi topografici e geofisici sul luogo. Queste prime indagini hanno consentito di rilevare tracce di un cerchio di pietre a lungo sepolto e posto al centro dell'henge e di raccogliere informazioni dettagliate sulla forma originale dell'henge e sulle sue modifiche nel corso del tempo.



Fonte:
cornish-times.co.uk

Egitto, scoperta la tomba di un alto funzionario reale

Egitto, la stele raffigurante Mehtjetju
(Foto: Jaroslaw Dabrowski, Università di Varsavia)
Un team di archeologi polacchi ha scoperto, in Egitto, una sepoltura risalente a 4300 anni fa, appartenente ad un uomo di nome Mehtjetju, un funzionario che, pare, aveva accesso a documenti "segreti", secondo i geroglifici rinvenuti sulle pareti della tomba.
La tomba di Mehtjetju si trova vicino alla prima piramide costruita dagli antichi Egizi, la piramide a gradoni di Djoser.
Mehtjetju è vissuto durante il regno dei primi tre faraoni della VI Dinastia: Teti (2323 - 2291 a.C. circa), Userkare (2291 - 2289 a.C. circa) e Pepi I (2289 - 2255 a.C. circa). L'uomo servì uno o più di uno di questi sovrani. Tra i suoi titoli figurano quello di Ispettore della Tenuta Reale e Sacerdote del culto funerario di Teti.
Al momento gli archeologi hanno scavato l'ingresso della cappella della tomba, dove sono state rinvenute delle scritte geroglifiche. La camera funeraria non è stata ancora scavata. La tomba sembra far parte di un complesso funerario più ampio che potrebbe contenere i resti della famiglia di Mehtjetju.
Purtroppo la roccia in cui è stata scolpita la cappella è molto fragile, per questo motivo è stato richiesto l'intervento immediato dei restauratori.
Alcuni dettagli suggerisco che, forse, la decorazione della tomba non venne completata. Uno degli affreschi mostra i contorni di un uomo accanto ad un orice, un'enorme antilope. Il fatto che sia visibile solo il contorno suggerisce che la decorazione non è completa. Inoltre non si trova policromia sulla facciata e le pareti laterali dell'ingresso non hanno figure in rilievo ma solo dipinte con inchiostro nero su intonaco di calce.

Fonte:
livescience.com
 

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