sabato 24 agosto 2019

Egitto, ricreato il profumo di Cleopatra, Eau de Ancient Egypt

Egitto, la fabbrica di profumi presso Tell Timai
(Foto: Tell Timai Excavation Project)
Due professori dell'Università delle Hawai hanno ricreato l'antico profumo utilizzato da Cleopatra, profumo che sarà presentato in una mostra del National Geographic. Il progetto denominato UH Tell Timai è uno scavo decennale nell'antica città egiziana di Thmuis (Tell Timai), nel Delta del Nilo, risalente al 300 a.C., intrapreso dal College of Languages, Linguistics and Literature, di cui è responsabile il Professor Robert Littman in collaborazione con Jay Silverstein.
Thmuis era il luogo dove si creavano i più famosi profumi dell'antichità, Mendesian e Metopian. La prima fase del progetto Tell Timai ha portato alla luce proprio le evidenze di questi edifici in cui si producevano le preziose fragranze. E' stato scoperto, in particolare, un vasto complesso risalente al III secolo a.C. L'analisi chimica ha stabilito che i forni presenti nell'edificio utilizzavano argille importate per creare lekythoi, vale a dire raffinati contenitori di profumi.
In una successiva costruzione romana è stata analizzata una fornace per la produzione del vetro che potrebbe rappresentare la transizione dalla ceramica all'unguentaria, vale a dire ai veri e propri recipienti, in genere eleganti vasetti, per i profumi in vetro. Nel 2012 è stata scoperta un'area dove veniva prodotto una sorta di liquido. Accanto vi era un tesoro di monete d'argento e gioielli in oro e argento che sembra suggerire che l'edificio fosse la casa di un mercante di profumi.
L'analisi dei residui del contenuto di alcune anfore, un alto vaso greco antico o romano, con due maniglie e un collo stretto, trovato proprio in questo edificio, stanno cercando di individuare quali fossero i liquidi prodotti in quello che sembra essere uno stabilimento.
Il Professor Littman si è rivolto ai ricercatori tedeschi Dora Goldsmith e Sean Coughlin, esperti negli antichi profumi egizi, per ricreare il profumo prodotto a Thmuis, basandosi sulle formule contenute negli antichi testi greci. I ricercatori hanno riprodotto il composto alla cui base è la mirra (una gomma naturale o resina estratta da piccole specie arboree spinose) con il quale fu creato il famoso profumo chiamato Mendesian nonché il Metopian.
Il profumo di Cleopatra, dunque, era speziato e muschiato, a base di mirra unita ad altri aromi quali l'olio di oliva e la cannella. "Il Mendesian ha una base di mirra e un odore molto piacevole, simile a quello di un incenso leggero. Il Metopian invece sa molto più di muschio ed è più penetrante", ha dichiarato il ricercatore Jay Silverstein. "Cleopatra, che era un'appassionata di profumi, potrebbe aver apprezzato il Mendesian, secondo quanto suggeriscono i testi".
Il profumo di Cleopatra, battezzato "Eau de Ancient Egypt", è oggi custodito nelle sale del National Geographic Museum a Washington DC, dove si può avere la possibilità di annusarlo fino al 15 settembre 2019.

Cipro, emergono elementi di un passato lontano

Cipro, gli elementi di focolare appena scoperti a Paphos
(Foto: cyprus-mail.com)
Gli archeologi che stanno lavorando ad un sito in cui sono stati rilevati diversi periodi storici, Prastio Mesorotsos, a Paphos, hanno scoperto un focolare in gesso ben conservato e un pavimento anch'esso in gesso, pertinenti una casa del 2500-2300 a.C.
Gli scavi nel sito posto nella vallata del Dhiarizos sono stati condotti tra il luglio e l'agosto di quest'anno, sotto la direzione del Dottor Andrew McCarthy, della School of History, Classics and Archaeology dell'Università di Edimburgo. Il sito si trova intorno ad un affioramento roccioso che è tra le caratteristiche topografiche più importanti della valle, tra le pianure e gli altopiani e tra la parte occidentale di Cipro e il resto dell'isola. La vicinanza di questo sito alle abbondanti risorse naturali hanno portato ad una longeva popolazione del sito.
Sono state studiate, in questa ultima stagione di scavi, quattro aree del sito che hanno mostrato tracce di resti preistorici risalenti al Neolitico e all'Età del Bronzo Medio e Inferiore. Lo spazio era coperto da materiale del tetto dell'edificio crollato, il che sta ad indicare che i depositi interni dell'edificio sono rimasti per lo più indisturbati dopo il crollo della struttura.
La posizione delle pareti dell'edificio non è ancora ben chiara. Probabilmente si trattava di una struttura ellittica o pseudo-rettangolare. Qui approdarono per primi dei gruppi umani provenienti dall'Anatolia che svilupparono, in seguito, un sistema culturale distinto e identificabile. Gli abitanti continuarono a vivere nelle strutture circolari per diverse fasi architettoniche e non sembrano aver mutato di molto il loro stile di vita tra il Tardo Calcolitico ed il periodo cipriota.
Nel 2019 gli archeologi hanno scoperto i resti di una struttura domestica circolare, con un focolare a fossa, risalente, con tutta probabilità, al periodo di transizione. Il definitivo cambiamento di stile di vita e architettonico al periodo Cipriota Medio portò alla costruzione di una serie di massicce terrazze, uno stile architettonico rettilineo e nuovi elementi che andarono ad influenzare la produzione artistica.
Contemporaneamente la società locale andò sempre più stratificandosi e l'architettura si raffinò sempre più. Il sito venne abbandonato verso la fine del periodo Cipriota Medio.

Gran Bretagna, resti di una delle prime chiese cristiane

Gran Bretagna, gli scavi della chiesa di St Mary e St Ethelburga
(Foto: bbc.com)
Lavori di conservazione su una delle prime chiese in pietra dell'Inghilterra, hanno permesso di ritrovare traccia sui primordi del cristianesimo in Gran Bretagna e dei suoi legami con la Francia.
Un team di archeologi dell'Università di Reading sta nuovamente indagando su un sito che si trova all'interno di un cimitero medioevale nel Kent, presso la chiesa di St Mary e St Ethelburga a Lyminge. Qui sono emerse le tracce di un edificio religioso più antico. Gabor Thomas, direttore degli scavi è molto soddisfatto. Il sito è stato esplorato per la prima volta nel 1850.
L'utilizzo, all'interno della primitiva chiesa, di calce e mattoni romani schiacciati per ricavare del materiale decorativo, fa pensare che gli scalpellini siano arrivati dalla Francia. Un frammento di colonna fa pensare che anche il materiale da costruzione sia stato importato dalla Francia. Gli archeologi pensano che l'area intorno alla chiesa ospitava anche un insediamento monastico, cresciuto attorno all'edificio. I reperti rinvenuti forniscono un'immagine vivida di come la società anglosassone ed i suoi più importanti insediamenti si sono trasformati con la cristianizzazione dell'isola.
Lo stile dell'edificio religioso suggerisce che sia stato fondato da Ethelburga, principessa del Kent e regina di Northumbria nel VII secolo d.C. In un piccolo annesso nel lato nord è stata scoperta una struttura che sembra adattarsi alla descrizione della sua sepoltura fatta nel IX secolo d.C. Lo stesso racconto, però, suggerisce che le ossa della santa siano state portate in una chiesa di Canterbury.
Ethelburga fu la regina inglese che diede inizio alla cristianizzazione del Paese. Rimasta vedova si fece monaca e divenne badessa. Era figlia del re del Kent Ethelberto, divenuto anch'egli santo, e di santa Berta del Kent. Suo fratello era Eadbaldo che successe al padre. Ethelburga fu la seconda moglie di Edwin di Northumbria, re di Deira e di Bernicia (625 d.C.), regni unificati nella Northumbria.

Fonte:
bbc
Wikipedia

martedì 20 agosto 2019

Francia, torna alla luce un sarcofago merovingio

Francia, la scoperta del sarcofago merovingio
(Foto: Departement du lot)
Un sarcofago del VII secolo d.C., contenente i resti ben conservati di una donna anziana che soffriva di artrite, è stato rinvenuto a Cahors, nella Francia sudoccidentale, durante il riqualificamento di una zona dissestata.
Il sarcofago era in semplice calcare coperto con un tetto a spioventi e sigillato da un giunto di malta. Lo scheletro della donna risaliva all'epoca merovingia ed era stato sepolto senza alcun effetto personale. Il sito è stato scoperto a luglio vicino alla chiesa di San Bartolomeo, dove gli storici ritengono fosse esistito un monastero fondato da un ufficiale reale merovingio, Didier, nel VII secolo d.C. Il sarcofago era posto entro i confini dell'antico monastero e pare essere stato esposto in un luogo di passaggio.
Il ritrovamento del sarcofago ha permesso di portare alla luce una serie di resti di ceramica merovingia e quelli che si credono essere i resti di una vecchia cucina. Tutti questi ritrovamenti saranno esaminati dagli archeologi dell'Istituto Nazionale francese per la ricerca archeologica preventiva (INRAP) nel Museo Henri-Martin a Cahors, dove sono conservati.

Fonte:
RFI

Bulgaria, trovato il frammento di un diploma militare romano

Bulgaria, il frammento di diploma romano trovato a Deultum
(Foto: The Sofia Globe)
Il frammento di un diploma militare romano è stato scoperto durante gli scavi nel centro della città romana di Deultum, nel comune di Sredets, in Bulgaria. Il ritrovamento è stato descritto come "unico" dal Direttore della Riserva Archeologica, Krassimira Kostova. Si tratta della prima scoperta del genere in quasi 40 anni di scavi archeologici nel sito della ex colonia romana.
La città di Deultum si trova a circa 10 chilometri ad ovest di Bourgas, città bulgara sul Mar Nero. Venne annessa all'impero romano nel 46 d.C. e divenne parte della provincia di Tracia. Dopo la guerra civile del 69 d.C., venne trasformata in colonia per veterani dell'esercito. La colonia venne costituita durante il regno di Vespasiano con il nome di Colonia Flavia Pacis Deultensium, o Colonia Flavia Pancensis Deultum.
L'oggetto ritrovato è una targa in bronzo che si rilasciava ai soldati ausiliari con almeno 25 anni di servizio, che venivano premiati con l'attribuzione del godimento dei diritti civili. Si tratta di un oggetto piccolo, appena quattro centimetri quadrati, ma che contiene notizie potenzialmente interessanti.
Il Professor Nikolai Sharankov, grafologo, ha analizzato questo reperto ed ha stabilito che il diploma conteneva un estratto di un decreto dell'imperatore Adriano, rilasciato nel 122 d.C., che inviava gli ausiliari nella provincia romana della Dacia inferiore. L'analisi dimostra che mezzo secolo dopo la fondazione della colonia, gli imperatori romani continuarono ad inviarvi veterani per mantenere lo spirito romano a Deultum.

domenica 18 agosto 2019

Gran Bretagna, si ricostruirà un tempio romano-celtico

Gran Bretagna, i resti del tempio di Watling
(Foto: Newington History Group)
Un gruppo di appassionati di storia locale, in Gran Bretagna, hanno ottenuto il permesso di ricostruire un tempio romano-celtico di duemila anni fa. I resti di questo tempio stavano per essere sepolti al di sotto di un cantiere e gli storici li hanno salvati dalla distruzione.
Gli archeologi, provenienti dalla SWAT Archaeology, stanno effettuando degli scavi in un sito dove sorge un importante complesso residenziale vicino al villaggio di Newington, nel Kent, nel sudest dell'Inghilterra. I reperti sono stati individuati da alcuni operai edili che hanno avvertito gli archeologi. Sopraggiunti sul luogo, i ricercatori hanno portato alla luce una città romana e un centro industriale di cui si era persa la memoria.
Gli archeologi hanno individuato forni per la ceramica che per il ferro ed edifici per lo stoccaggio delle derrate alimentari. Oltre a questi sono emersi resti di edifici residenziali ed alcuni gioielli. Il Dott. Paul Wilkinson, direttore dello SWAT, ha riferito che i ricercatori hanno anche scoperto un'antica strada lunga sette metri, che da Londra arrivava alla costa del Kent.
L'antico villaggio dove è stato scoperto il tempio di Watling
(Foto: Newington History Group)
Tuttavia l'edificio più interessante scavato nel sito è proprio il tempio di duemila anni fa. Si tratta di un luogo di culto molto frequentato dalla popolazione romano-celtica del luogo. Ne sono state trovate molte pietre ed è stato battezzato tempio di Watling. In Inghilterra ci sono circa 150 siti simili. Paul Wilkinson sostiene che tutte le evidenze finora rinvenute, e più di tutte il tempio, fanno pensare che la cittadina che qui sorgeva era l'antica Durolevum, da tempo perduta ed importante centro industriale della regione.
L'unica menzione della città è presente nell'Itinerarium Antonini, un registro delle stazioni e delle distanze tra le località poste sulle diverse strade dell'impero romano, la cui sezione britannica può essere descritta come la mappa stradale della Britannia romana, dove è ricordato il tratto che univa Rutupiae (Richborough) a Londinium (Londra) ad una distanza di 13 miglia da Durobrivae (Rochester) e di 12 miglia da Durovernum Cantiacorum (Canterbury).
Fosse per le offerte votive del tempio di Watling(Foto: Newington History Group)
A contendersi la presenza dell'antica città di Durolevum sono due cittadine del Kent: Newington, appunto, e Ospringe, dove, nel 1967-1969 si rinvennero i resti di una struttura incorporata in una chiesa medioevale, la Chapel at Stone: gli scavi hanno permesso di identificare un edificio di età romana di 6,1x5,8 metri, con muri e contrafforti, un pavimento in opus signinum, decorazioni in stucco e pareti affrescate che si ipotizza sia stata utilizzata verso il IV secolo d.C. come tempio. Nel Novecento, invece, è stata rinvenuta una necropoli romana, suddivisa in due differenti siti collocati a circa 400 metri e 800 metri ad est del sito probabile dell'insediamento. Della necropoli sono state scavate 387 tombe sia a incinerazione che a inumazione, datate al II-III secolo d.C.
Durolevum risale al 30 a.C. circa ed era abitata da Celti britannici. Nel I secolo d.C. venne occupata dai Romani che ne ampliarono la superficie. La città prosperò almeno fino al V secolo d.C. La presenza di un raro tempio romano-celtico, però, non ha arrestato lo sviluppo abitativo moderno che rischiava di occultare per sempre l'edificio di culto.
A questo punto è intervenuto il Newington History Group, un gruppo di storici locali che si impegnano a preservare e promuovere l'eredità storica in questa parte d'Inghilterra. Gli storici hanno fatto pressioni sul Kent County Council e sugli esperti archeologi locali per salvare l'edificio templare. Pochi giorni prima che tutto fosse perduto, le autorità hanno deciso di aiutare gli storici del Newington History Group a salvare il tempio. L'unico problema era che il tempio doveva essere spostato in un altro luogo.
Molte pietre che costituiscono il tempio sono state rimosse, dunque, dal cantiere con l'aiuto della SWAT e sono state portate in un deposito a Newington. Gli storici stanno pensando di ricostruire l'edificio all'interno del villaggio rispettando il corretto allineamento dato dagli antichi e l'aspetto originario. Non si sono potuti salvare, purtroppo, tutti i resti del tempio, dal momento che alcune pietre sono state utilizzate per scopi industriali e nelle abitazioni private.

Fonti:
Ancient Origins
Wikipedia

sabato 17 agosto 2019

Grecia, continuano le scoperte a Despotiko

Despotiko, scavi nell'area del santuario di Apollo
(Foto: Eforato delle Antichità delle Cicladi)
Nuovi ritrovamenti completano il quadro sull'architettura degli edifici intorno al tempio di Apollo sull'isola disabitata di Despotiko, ad ovest di Antiparos, in Grecia. Lo scavo si è focalizzato sull'area che circonda il tempio ed anche sugli edifici limitrofi. Fruttuosi sono stati anche gli scavi condotti sull'isolotto di Tsimintiri.
Tsimintiri si trova tra Antiparos e Despotiko e, in antico, era unita con Despotiko e, forse, anche con Antiparos. Nel 2011 sono stati trovati i resti di quattro edifici mentre quest'anno le ricerche sono continuate nella parte nordorientale dell'isolotto.
Il sito della Mandra sull'isola di Despotiko ospita un santuario, un vasto complesso dedicato ad Apollo, che raggiunse il suo apice durante il periodo Tardo Arcaico, particolarmente nel VI secolo a.C. Despotiko è una piccola isola ad ovest di Antiparos ed è una nota meta turistica. Qui gli scavi sono iniziati circa venti anni fa.
Despotiko, una delle ceramiche ritrovate nell'area templare
(Foto: Eforato delle Antichità delle Cicladi)
Gli scavi di quest'anno sono stati particolarmente utili per lo studio della topografia e dell'organizzazione del santuario arcaico. La ricerca continua nella zona a sud del tempio arcaico, dove si indagano i servizi ausiliari del santuario, il cosiddetto complesso orientale. Nel 2017 sono tornati alla luce dodici ambienti che si sviluppano su una superficie totale di 180 metri quadrati. Quest'anno è stato parzialmente scavato un altro grande spazio delle dimensioni di 12 x 3 metri, probabilmente un cortile.
Negli scavi sono emersi numerosi reperti ceramici del periodo arcaico e classico: vasi, bacini, bottiglie, lucerne ed anfore. Sono stati trovati anche oggetti metallici, tutti attribuibili al VI secolo a.C. Sotto le stanze occidentali del complesso monumentale è stato scoperto un edificio a due piani di forma rettangolare, con dimensioni visibili di 8 x 3,20 metri, risalente anch'esso al VI secolo a.C., all'interno del quale gli archeologi hanno rinvenuto, nella loro posizione originale, una griglia quadrangolare ed una pentola.
Despotiko, frammento di pithos con scena di danza
(Foto: Eforato delle Antichità delle Cicladi)
Gli archeologi sono sicuri che il sito di Despotiko era edificato prima del VI secolo a.C. A nordest è stato rinvenuto un altro edificio, chiamato "edificio T", delle dimensioni di 7,80 x 7,45 metri, composto da due camere con ingressi indipendenti ed un cortile davanti a ciascuna di esse.
Il cosiddetto "edificio P" è stato completamente scavato e si è scoperto che si compone di quattro camere. La sua costruzione risale al tardo VI secolo a.C. ma la fase principale del suo utilizzo è collocata al V secolo a.C. Notevole attenzione è stata dedicata al cosiddetto "edificio G" nella cui sezione ovest è stato rinvenuto un nuovo edificio, una costruzione precedente, chiamata "edificio Y" che si estendeva su una superficie di 7,70 x 6,10 metri con un ingresso posto a sud e pareti spesse un metro.
Tra le scoperte dello scorso anno è da ricordare il frammento della testa di un kouros arcaico, il frammento della caviglia di un altro kouros e frammenti di due pithos con decoro a rilievo, uno dei quali raffigura un guerriero, mentre l'altro mostra una scena di danza.

Fonte:
Tornos News

Mongolia, antiche tracce degli antichi Turchi

Mongolia, il bollo appena ritrovato (Foto: Daily Sabah)
Gli archeologi hanno scoperto un raro bollo appartenente all'antica tribù Turkic Ashina in Mongolia. La scoperta è avvenuta durante gli scavi nel Shiveet Ulan. Sono state anche statue raffiguranti leoni, ben conservate.
Molto probabilmente la zona era utilizzata come luogo sacro e di sepoltura di un khagan. I Turkic Ashina sono considerati gli antenati degli attuali Turchi e comparvero sul palcoscenico della storia nel VI secolo d.C.

Bulgaria, rinvenuta la sepoltura di un discendente dei Paleologo

Bulgaria, l'anello con sigillo appartenuto a Georgi Palaiologo
(Foto: Sofia Globe)
Gli archeologi del Museo di Storia Nazionale bulgara hanno scoperto la sepoltura di un aristocratico del XIV secolo, un discendente della dinastia bizantina dei Paleologo. Il ritrovamento è stato effettuato presso la fortezza di Kaliakra, sulla costa bulgara del Mar Nero.
Gli scavi precedenti hanno portato alla scoperta di molte altre ricche sepolture a Kaliakra, ma questa è la prima volta che viene rinvenuta la tomba di un esponente della dinastia dei Paleologo, identificato come Georgi Palaiologo. Gli archeologi ritengono che dovesse essere parente di Balik e Dobrotitsa, che governò lo stato indipendente di Dobroudja, di cui Kaliakra era capoluogo.
Nella sepoltura sono stati trovati ricchi elementi del corredo funebre, tra i quali un tessuto raffinato che copriva il volto del defunto ed un vaso di vetro. Gli archeologi hanno anche trovato un anello in oro massiccio con sigillo contenente il nome del nobile defunto e lo stemma della famiglia Paleologo, elemento che ha permesso di identificare il proprietario del sepolcro.

Grecia, rinvenuta una sepoltura ellenistica intatta

Grecia, Kozani, la sepoltura femminile appena scoperta (Foto: Eforato delle Antichità di Kozani)
Una sepoltura ellenistica intatta è stata rinvenuta a Kozani, nel nord della Grecia. All'interno sono stati trovati anche molti reperti pertinenti il corredo funerario.
La sepoltura contiene lo scheletro di una donna, adagiato su un letto funebre in bronzo, orientato nord-sud e non è stata saccheggiata. La tomba si trovava a circa 1,5 metri di profondità, nel luogo dove è stata da poco demolita un'abitazione. I resti della defunta sono in ottime condizioni, nella sua bocca è stata rinvenuta una foglia d'oro.
Gli archeologi pensano si trattasse di una persona ricca o che ha ricoperto un ruolo molto importante nella società alla quale apparteneva. Ora i resti della donna sono stati portati al Museo Archeologico di Aiani, dove saranno esaminati per accertare la sua età e le cause della sua morte.

Fonte:
Tomosnews

venerdì 16 agosto 2019

Masada, la complessità di un assedio

Israele, Masada, una delle tre fortezze erodiane
(Foto: Andrew Shiva, Wikimedia Commons)
Quando, nel 66 d.C., scoppiò la rivolta ebraica contro l'occupazione romana, i ribelli Zeloti assunsero il comando di alcuni palazzi fortificati appartenuti ad Erode il Grande. Dopo la fine della rivolta, nel 70 d.C., tre di queste fortificazioni erano ancora in mano ebraica: Herodium, nei pressi di Betlemme, Macheronte, ad est del Mar Morto, e Masada.
Per riconquistare queste fortezze venne inviato, nella neonata provincia della Giudea, il legato romano Lucilio Basso. Le poche informazioni ricavate dagli scritti di Giuseppe Flavio e le prove archeologiche raccolte sul campo suggeriscono che la fortezza di Herodium fu rapidamente conquistata. I ribelli asserragliati a Macheronte capitolarono prima che i Romani iniziassero l'assedio, anche se Giuseppe Flavio descrive scaramucce tra assediati ed assedianti. In realtà la rampa di pietra che doveva consentire l'assedio dei Romani non venne mai completata e sono ancora visibili, attorno alla base della fortezza, il muro d'assedio romano e tracce dell'accampamento.
Nel 72 o 73 d.C., le truppe romane arrivarono ai piedi della fortezza di Masada. Nel frattempo Lucilio Basso era morto ed era stato sostituito da Flavio Silva, nativo di Urbs Salvia, dove sono state scoperte iscrizioni con la dedica, a suo nome, di un anfiteatro. La campagna romana di Masada ebbe luogo tra l'inverno e la primavera del 72-73 d.C. o del 73-74 d.C. Anche se l'impressione è che la fortezza abbia a lungo resistito contro i Romani, in realtà l'assedio non durò più di sei mesi se non di meno.
Equipaggiamento del legionario romano
(Ricostruzione: capitolivm.it)
All'epoca dell'assedio di Masada Roma poteva contare su trenta legioni, ciascuna composta da 5.000 uomini. Gli ausiliari erano di norma arruolati tra cittadini non romani, premiati, alla fine del loro servizio, con la cittadinanza. Costoro svolgevano compiti di fanteria leggera, di cavalleria ed erano arcieri, vale a dire costituivano le truppe più mobili che avevano il compito di proteggere i fianchi della fanteria pesante durante le battaglie. Le unità ausiliarie erano organizzate in reggimenti di 500 o 1.000 soldati ciascuno.
Furono circa 8.000 i soldati che parteciparono all'assedio di Masada: la Legio X Fretensis e un certo numero di coorti ausiliarie. La Legio X era sotto il comando di Silva, aveva partecipato agli assedi di Gamla (o Gamala), nel Golan, di Gerusalemme e di Macheronte. Dopo la caduta di Masada la Legio X venne stanziata a Gerusalemme fino circa all'anno 300 d.C., quando Diocleziano la trasferì ad Aila (moderna Aqaba), sul Mar Rosso. Servi, schiavi (tra i quali anche Ebrei), animali e cuochi accompagnavano le truppe romane che assediarono Masada.
Ai piedi di Masada i Romani costruirono un muro in pietra di circa tre metri di altezza e 4.500 di lunghezza, che circondava completamente la base della collina e che aveva la funzione di impedire agli assediati di fuggire e ad altri ribelli di unirsi a quelli asserragliati nella fortezza. Inoltre i Romani costruirono delle torri di guardia per evitare che nessuno fuggisse da Masada. Oltre il muro vennero costruiti otto campi per ospitare le truppe. Gli archeologi ne hanno trovato traccia e li hanno contraddistinti con le lettere dell'alfabeto dalla A alla H. La descrizione di Giuseppe Flavio ben si accorda con quanto è stato trovato dagli archeologi.
Israele, Masada, la rampa di assedio romana (Foto: gliscritti.it)
Gli accampamenti A e C vennero posti sul lato orientale della collina; quelli E ed F sul lato nordovest; l'accampamento G a sudovest e l'accampamento H era posto in cima al monte Eleazar, a sud di Masada. I campi erano collegati al muraglione di contenimento da un sentiero chiamato "il sentiero del corridore" che può essere ancor oggi percorso a piedi e che era utilizzato dalle staffette che portavano gli ordini di Silva da un accampamento all'altro.
Il modello degli accampamenti che assediarono Masada sono un eccellente esempio dell'efficienza e dell'organizzazione dell'esercito romano. Tutti i campi erano dotati di una piazza di forma quasi quadrata, con i lati orientati verso i quattro punti cardinali. Vi erano, poi, due strade principali - cardo e decumano - che attraversavano il campo ed attorno alle quali si disponevano le tende dei soldati, con le unità più importanti (ad esempio la tenda del comandante e quella dei suoi generali) al centro e le altre più lontane. L'accampamento B e quello F erano più grandi degli altri e sicuramente ospitavano i legionari mentre gli altri accampamenti erano per le truppe ausiliarie. L'accampamento B era anche un punto di distribuzione dei rifornimenti trasportati in loco da barche provenienti dal Mar Morto e scaricate in un bacino ad est di Masada. L'accampamento F era stato costruito in modo tale che Silva potesse sovrintendere alla costruzione della rampa d'assedio ed anche in questo le risultanze archeologiche concordano con quanto scritto da Giuseppe Flavio.
Israele, Masda, l'accampamento della X Legio Fretensis
(Foto: Wikipedia)
Vi era anche una zona fortificata di forma quadrata nell'angolo sudovest dell'accampamento F, chiamata F2, successiva alla caduta di Masada. Questa zona ospitava una piccola guarnigione che rimase qui per un breve periodo dopo la caduta della fortezza, per assicurarsi che la zona fosse completamente sotto il controllo romano. Le opere di assedio romane vennero indagate per la prima volta nel 1995 dal Professor Gideon Foerster, dell'Università ebraica di Gerusalemme, dal Professor Haim Goldfus e da Benny Arubas, dell'Università ebraica che si sono particolarmente concentrati sullo scavo dell'accampamento F.
I resti degli accampamenti romani di Masada sono l'esempio meglio conservato di assedio romano al mondo. Innanzitutto perché le infrastrutture sono costruite in pietra mentre altrove le strutture d'assedio erano costruite in materiale deperibile quale il legno; e poi anche per il fatto di essere state costruite nel deserto, in una regione talmente remota che in seguito non vi venne costruito altro al di sopra che le occultasse. Gli accampamenti ed il muro di assedio, infatti, sono tuttora visibili, dalla cima della collina, come cumuli di pietre. All'interno dell'area degli accampamenti sono stati rinvenuti resti di vasellame e altri manufatti.
Israele, Masada, vista dell'interno della fortezza
(Foto: mustreview.it)
I muri in pietra esterni agli accampamenti erano solitamente di circa tre metri di altezza mentre le basi, anch'esse in pietra, poste all'interno del campo, che dovevano sostenere le tende di cuoio sotto cui dormivano i soldati, avevano l'altezza di circa un metro. Sono state riconosciute, nel campo F, diverse stanze circondate da panche sulle quali dormivano i soldati. Il praetorium, dove era il centro del comando delle truppe, si trovava nel centro del campo, all'intersezione del cardo e del decumano. Sono stati scoperti qui beni di lusso, tra i quali vasi in vetro importati dall'Italia e ceramica sottile come un guscio d'uovo, dipinta in stile nabateo che confermano che questo era il quartier generale di Silva.
Davanti al pretorio vi era una piattaforma in pietra che costituiva una sorta di tribuna dalla quale il generale esaminava e risolveva le richieste dei soldati. Accanto è stata identificata una struttura rettangolare, sulla quale venne poi edificato parte del campo F2, che era probabilmente un triclinio. All'interno del campo F2 gli archeologi hanno scavato una serie di ambienti tutti uguali, i contubernia, che era la più piccola suddivisione di una legione, composta da otto uomini che marciavano e si accampavano insieme. Ciascuno di questi contubernia ospitava un gruppo di otto uomini che qui dormivano a turni. Davanti ad ogni contubernium c'era un piccolo portico o un cortile chiuso da un muro, con un piccolo focolare. I pavimenti degli ambienti scavati dagli archeologi erano coperti di terraglie rotte, principalmente resti di anfore ma anche pentole, piatti, ciotole e tazze.
Israele, ostrakon con l'iscrizione del nome Ben Yair
(Foto: zionism-israel.com)
I pavimenti del campo F erano interamente coperti con strati di terraglie rotte, probabilmente si trattava di recipienti comuni, destinati a contenere le derrate alimentari della truppa, dal momento che Silva ed i suoi ufficiali utilizzavano vasellame da tavole in ceramica fine e vetro.
L'assedio di Masada è stata una sfida logistica per i Romani, a causa della scarsità di cibo ed acqua disponibili nelle vicinanze della fortezza. Questo li ha costretti a far pervenire al campo, ogni giorno, una notevole quantità di rifornimenti per alimentare gli 8.000 soldati che stavano portando l'assedio nonché gli schiavi e gli animali da soma. I rifornimenti erano trasportati da schiavi ebrei in cesti e pelli di animali, più leggeri e più facili da trasportare oltre che meno suscettibili di rottura. Al loro arrivo a Masada le derrate alimentare venivano svuotate in contenitori in ceramica per la loro conservazione che, una volta terminato l'assedio, erano lasciati sul luogo.
Nei pressi del luogo dove erano poste le tende, gli archeologi hanno recuperato mucchi di ciottoli di grandi dimensioni, a forma di uovo, raccolti da un wadi nelle vicinanze. Questi ciottoli erano dei veri e propri proiettili utilizzati per mezzo di fionde. I legionari a quest'epoca indossavano un'armatura segmentata (lorica segmentata), che presentava una sovrapposizione di strisce in ferro, alcuni frammenti dei quali sono stati trovati negli scavi di Yadin. L'armatura copriva solo la parte superiore del corpo ed era indossata sopra una corta tunica che arrivava al ginocchio. I legionari indossavano, poi, elmi in bronzo con grandi paraguance ai lati, uno dei quali è stato trovato nel campo F. Le calzature indossate dai soldati erano in cuoio pesante ed erano chiamate caligae ed alcune di queste si sono conservate a Masada grazie al clima arido del deserto. Una guaina in cuoio supportava un pugnale fissato al lato destro della cintura che ciascun legionario teneva in vita. Uno dei foderi di questa tipologia di spade è stato trovato a Yadin. I legionari erano dotati anche di uno scudo rettangolare per proteggere la parte inferiore, non corazzata, del corpo e di un giavellotto sottile chiamato pilum.
Israele, Masada, vasellame proveniente dagli scavi
(Foto: archaeology.huji.ac.il)
I Romani cercarono di risolvere rapidamente l'assedio di Masada e per questo spostarono truppe e macchinari sui ripidi e rocciosi pendii della collina, per sfondare il muro di fortificazione di Erode. C'erano due percorsi che raggiungevano la fortezza: il "sentiero del serpente" ad est ed un altro percorso ad ovest, oggi sepolto sotto la rampa costruita dai Romani. Utilizzare questi due percorsi voleva dire, per i legionari, salire in fila indiana con le macchine d'assedio quali l'ariete, vulnerabili alle pietre, ai massi e agli altri proiettili gettati contro di loro dai difensori della fortezza. Per risolvere questo problema Silva ordinò ai suoi soldati di costruire una rampa in pietra che avrebbe permesso l'accesso da una bassa collina chiamata Leuke, collina bianca, ai piedi del versante occidentale della montagna. Da questo punto i legionari potevano salire agevolmente. La rampa, inoltre, nella parte superiore, era completata da una piattaforma in pietra per ospitare l'ariete.
A Yadin sono state trovate punte di freccia in ferro e pietre di balista, confermando la descrizione data da Giuseppe Flavio. Il peso delle pietre per la balista era piuttosto leggero (da meno di 1 kg a circa 4 kg l'una) e sta ad indicare che erano proiettili indirizzati a bersagli umani, piuttosto che per far breccia nelle fortificazioni. La maggior parte delle pietre da balista sono state scoperte lungo il bordo nordovest della montagna, rivolto verso la rampa d'assalto. Sono stati individuati anche frammenti degli scudi, fatti in legno unito a tessuto imbevuto di colla e ricoperti di cuoio, che recano ancora tracce di pittura rossa.
Israele, Masada, panorama di parte della fortezza
(Foto: gruppoarcheologicofiorentino.blogspot.com)
I papiri latini che sono stati scoperti là dove si trovavano le casematte dei campi, risalgono al tempo dell'assedio e arrivano fino a qualche tempo dopo la conclusione dello stesso. Uno dei papiri reca versi in esametri tipici della poesia epica di Virgilio. Un altro papiro, più lungo, è una sorta di registrazione di pagamento di un militare di nome Messio, proveniente dall'attuale Libano, per l'acquisto di orzo e di abbigliamento, il cui costo era stato sottratto alla sua paga. Un altro papiro in latino, mal conservato, reca un elenco di forniture mediche per feriti e malati. Oltre ai papiri sono stati rinvenuti, nelle vicinanze di un edificio termale nel complesso settentrionale del palazzo di Erode, ventidue ostraca (cocci inscritti) recanti i nomi di soldati romani (Aemilius, Fabius e Terenzio tra gli altri).
Gli archeologi hanno scoperto che i Romani costruirono la rampa d'assedio a Masada prendendo pezzi di legno di tamerice e di palma da datteri, utilizzati sia come assi che come pali verticali per rinforzare l'intelaiatura lignea che era, in seguito, riempita con pietre, macerie e terra. Le punte del legname sono tuttora visibili, sporgenti dalla parte inferiore della rampa.
Giuseppe Flavio scrive che una volta che i Romani ebbero sfondato il muro di recinzione della fortezza di Masada, scoprirono che i ribelli avevano costruito una seconda fortificazione con intelaiatura in legno riempita di terra, che resisteva ai colpi degli arieti compattandosi maggiormente sotto ogni colpo.
Ehud Netzer ha notato che solo il dieci per cento degli edifici presenti tuttora sulla collina di Masada recano tracce di distruzione con il fuoco. Si tratta, inoltre, di edifici non contigui. Netzer ha suggerito che la mancanza di segni di incendio nella maggior parte degli edifici può voler dire che le travi di legno di cui erano dotati furono smantellati, presumibilmente per costruire il secondo muro di cui parla Giuseppe Flavio.
Una volta che si trovò dinanzi al secondo muro difensivo, Silva ordinò ai suoi uomini di dargli fuoco. In principio vi era un forte vento che spingeva le fiamme verso i soldati romani, minacciando di distruggere il loro ariete. Improvvisamente, però, il vento cambiò direzione e si estese oltre il secondo muro incendiandolo. A questo punto, racconta Giuseppe Flavio, Eleazar ben Yair convocò gli uomini e diede loro l'ordine di suicidarsi per sfuggire alla cattura, privando in tal modo i Romani della loro vittoria.

Fonte
Popular Archaeology



giovedì 15 agosto 2019

Gerusalemme, conferme archeologiche della conquista babilonese

Gerusalemme, punta di freccia di tipo scita
(Foto: Mt Zion Archaeological Expedition/Virginia Withers)
I ricercatori dell'Università del North Carolina che stanno scavando un sito sul Monte Sion, a Gerusalemme, hanno annunciato un'altra importante scoperta della stagione di scavo 2019, la chiara evidenza della conquista babilonese della città nel 587-586 a.C.
Si tratta di un deposito di cenere in cui giacevano punte di freccia risalenti al periodo della conquista babilonese di Gerusalemme, unitamente a cocci di Età del Ferro, lucerne e gioielli in oro e argento. Ci sono anche segni di una significativa struttura dell'Età del Ferro ma queste deve essere ancora scavata, poiché si trova ad uno strato inferiore del terreno.
Gli archeologi ritengono che il deposito appena rinvenuto possa essere datato all'evento specifico della conquista a causa di una combinazione unica di manufatti e materiali con evidenti tracce di un assedio, di legno bruciato e cenere, di punte di lancia del tipo scita in bronzo e ferro e punte di freccia proprie di quel periodo storico. "Sappiamo dove era l'antica linea fortificata - ha detto Shimon Gibson, codirettore del Progetto Archeologico sul Monte Sion - così sappiamo che siamo all'interno della città. Sappiamo che si tratta del quartiere sudoccidentale di quest'ultima, siamo nell'Età del Ferro (VIII secolo a.C.), quando l'area urbana era estesa dalla zona dove ora si trova la Città di Davide a sudest fino alla collina occidentale dove stiamo scavando".
Gerusalemme, gioiello in oro e argento risalente alla distruzione babilonese
della città (Foto: 
Mt Zion Archaeological Expedition/Virginia Withers)
I depositi di cenere non sono prove inconfutabili dell'attacco babilonese in se stessi, ma lo sono se contestualizzati con gli altri materiali ritrovati. "Per gli archeologi uno strato di cenere può significare molte cose diverse", ha detto Gibson. "Potrebbero essere depositi cinerei rimossi dai forni; o potrebbe essere un incendio localizzato di immondizia. Tuttavia in questo caso la combinazione di uno strato di cenere pieno di artefatti con oggetti ornamentali molto particolari e punte di freccia, indica devastazione e distruzione. Nessuno abbandona gioielli d'oro e nessuno mette delle punte di freccia insieme all'immondizia. Le punte di freccia sono relative a frecce scite e sono state trovate in altri siti archeologici dove si sono verificati conflitti nel VII e VI secolo a.C. Questi siti sono molto noti fuori dal territorio israeliano e le punte di freccia sono note per essere utilizzate dai guerrieri babilonesi".
Anche le lucerne ritrovate, in argilla, sono tipiche del periodo della conquista babilonese. "Mi piace pensare che stiamo scavando all'interno di una delle case menzionate nel II Libro dei Re 25, 9", ha detto Gibson. "Questo luogo sarebbe stato in una posizione ideale, situata com'è vicino alla vetta occidentale della città, con una buona visuale che domina il Tempio di Salomone e del monte Moria a nordest. Siamo sufficientemente sicuri di trovare molto più della città dell'Età del Ferro nelle prossime stagioni di lavoro".
Il pezzo di gioielli più importante appena ritrovato è una nappa o orecchino, con una parte superiore d'oro a forma di campana. Al di sotto una parte in argento a forma di grappolo. Si tratta di un ritrovamento unico, chiaro segno della ricchezza degli abitanti della città all'epoca dell'assedio.
La conquista di Gerusalemme da parte di Nabucodonosor fu feroce e spietata, comportò la distruzione e l'incendio della città, unitamente al saccheggio e allo smantellamento del Tempio di Salomone. Il governatore locale del Regno di Giuda, Zedekiah, tentò di fuggire dalla città ma venne catturato con il suo seguito e portato in cattività a Babilonia.
Il sito di scavo è all'interno del parco Sovev Homot, amministrato dalla Israel Nature and Parks Authority. Altri notevoli resti dell'antica città sono stati scoperti durante la stagione 2019. Tra questi centine a volta del tempo di Erode il Grande, una strada bizantina che era la continuazione verso sudovest della città principale, strada conosciuta come cardo maximus, ed un fossato di difesa che correva davanti alle fortificazioni e che doveva arginare l'attacco crociato del 1099.

Milano, scavi per la metropolitana scoprono necropoli

Milano, alcuni scheletri rinvenuti durante gli scavi
(Foto: Milano Today)
Una necropoli con oltre 250 scheletri umani, oltre a quello di un cavallo è quanto hanno portato alla luce i lavori per la realizzazione della nuova linea 4 della metropolitana davanti alla Basilica di San Vittore al Corpo, a Milano. Una vera e propria necropoli con tombe di epoca diversa. "Quest'area - ha spiegato Antonella Ranaldi, Soprintendente archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Milano - ha conservato nel tempo, dall'epoca romana fino al XVI secolo, una destinazione a necropoli".
Ma perché sono importanti questi ritrovamenti? Lo chiarisce Cristina Catteno, medico legale e direttrice di Labanof, il Laboratorio di Antropologia e Odontologia Forense dell'Università degli Studi di Milano: "Gli scheletri sono fondamentali per la ricostruzione della storia di Milano. Alcune scoperte sono estremamente interessanti, ad esempio il primo caso di tubercolosi. Proprio qui, infatti, abbiamo trovato una spina dorsale con le lesioni tipiche della tubercolosi. Nelle fosse comuni abbiamo rinvenuto scheletri con segni di lesioni contusive alla testa e pensiamo si tratti di esecuzioni capitali. Il tutto ci aiuterà molto a ricostruire la storia perché le ossa a volte raccontano storie diverse dai testi o implementano ciò che i testi magari non dicono".
Gli scavi hanno portato alla luce anche lo scheletro di un cavallo. L'archeologa Giuliana Cuomo, responsabile di cantiere per la Cooperativa Archeologia, chiarisce come sia "il primo caso di sepoltura equina rinvenuta a Milano". "E' un fatto di per sé insolito - aggiunge la soprintendente Ranaldi - che incuriosisce e pone degli interrogativi sul perché si trovasse proprio in quest'area dove esistevano delle tombe pregiate. Insieme allo scheletro non abbiamo trovato altro e, quindi, resta l'interrogativo. Se gli hanno dedicato una sepoltura in quest'area sicuramente sarà appartenuto a qualche personaggio importante".

Anatolia, scoperte due aquile forse ex voto

Turchia, una delle due aquile scoperte in Anatolia (Foto: AA)
Gli archeologi hanno scoperto due aquile in marmo di duemila anni fa in un tempio ellenistico presso il tumulo di Kinik, situato nei pressi del villaggio di Yesilyurt, nel distretto di Altunhisar, in Anatolia,Turchia.
Gli scavi nei pressi del sito sono condotti da un team di archeologi italiani, turchi, americani e francesi. Le due statue, una piuttosto rovinata e l'altra in condizioni migliori, appartengono con tutta probabilità al periodo ellenistico e sono state rinvenute nei pressi di alcune fosse in una piazza e di un tempio ellenistico tornato alla luce lo scorso anno.
Le aquile di marmo hanno un'altezza di 70 centimetri, hanno le ali chiuse, la testa leggermente voltata verso destra e delle capre selvatiche negli artigli. Attualmente le due statue sono in restauro. Lo scorso anno è stata scoperta un'altra statua di aquila di un metro di altezza. Lo scorso anno sono stati anche trovati livelli di presenza dell'uomo risalenti all'Età del Bronzo, intorno al 3000 a.C., unitamente ad una grande piazza e due templi.
Le due sculture raffiguranti aquile sono state gettate in un fosso, forse intenzionalmente, forse per nasconderle e preservarle, visto il loro notevole valore simbolico. Sulla base di una delle sculture è stata individuata un'iscrizione che accenna alla guarigione di una donna ed è per questo che i ricercatori pensano che una delle aquile, se non entrambe, siano una sorta di ex voto presentato a Zeus. Del resto il simbolo dell'aquila è molto comune nella regione.

Ugento, nuove scoperte e la sua storia

Ugento, oinochoe rinvenuto in una delle sepolture romane
(Foto: Telerama News)
Appena fuori l'attuale centro storico di Ugento, in provincia di Lecce, nel corso di scavi organizzati dalla Soprintendenza archeologica, belle arti e paesaggio per le provincie di Lecce, Brindisi e Taranto su una proprietà privata sono venuti alla luce nuovi particolari per la ricostruzione della storia di Ugento: si tratta di strutture murarie probabilmente risalenti al medioevo ed una sepoltura importante per lo studio dei rituali funerari.
La sepoltura è a pozzo ed in essa sono stati deposti tre individui in epoche successive. La tomba risale, con tutta probabilità, all'epoca romano-repubblicana ed ha restituito anche quattro monete non completamente leggibili ed una lucerna. Rimossi gli scheletri da questa sepoltura, sono stati individuati altri quattro pozzi nei quali erano deposti i resti di inumazioni precedenti ed anche qualche oggetto di corredo tra i quali una ciotola ed un vaso in miniatura non decorati, appartenenti al III secolo a.C., unitamente ad un'oinochoe risalente al periodo ellenistico, accuratamente sepolto.
Ugento sulla Tabula Peutingeriana (Foto: Fondazione Otranto)
Il contesto sembra testimoniare il riutilizzo di una tomba sepolcrale di un gruppo familiare, rimasta in uso per due secoli, dall'Età Messapica al tempo della dominazione romana. Gli scheletri trovati nelle sepolture saranno presto oggetto di un approfondito studio antropologico, volto a chiarire aspetti quali il sesso, l'età, le condizioni di vita e la presenza di eventuali indicatori di relazione che possono confermare la presenza di individui appartenenti allo stesso gruppo di famiglia.
L'odierna Ugento, attestata sull'area dell'antica città messapica di Ozan, è uno dei centri principali della provincia di Lecce. Nella zona a nord del centro abitato, prospiciente la campagna, si possono ammirare i resti delle possenti mura messapiche, un circuito difensivo di 9 chilometri di lunghezza ed 8 metri di spessore, realizzato con grandi massi squadrati nel IV secolo a.C..
Lo Zeus di Ugento (Foto: Fondazione Terra d'Otranto)
Il muraglione era munito di ben 90 torri, testimonianza del clima difficile che si viveva in Puglia tra il V e il III secolo a.C., in seguito all'arrivo di eserciti stranieri. Ozan fu uno dei baluardi della "dodecapoli messapica", potente federazione che, con la presenza di città-fortezze a breve distanza l'una dall'altra, impedì ai coloni greci di penetrare nel territorio salentino per fondarvi nuovi insediamenti.
Uxentum romana è attestata come municipio sulla Tabula Peutingeriana col toponimo di Uzintum, equidistante sia da Alezio (Baletium) sia da Patù-Vereto (Veretum). L'antico porto di Ugento era Torre San Giovanni (IV-III secolo a.C.), dove sono state ritrovate tracce dell'emporio di epoca romana ed alcune sepolture di guerrieri cartaginesi della flotta di Annibale, che qui sbarcò durante gli anni della guerra contro Roma. A poche centinaia di metri da Torre San Giovanni si trovano delle isolette, dette Le Pazze, davanti alle cui coste è stato trovato un insediamento dell'Età del Ferro.
Nel 1961 venne fortuitamente scoperta, sull'acropoli messapica, la statuetta bronzea di Zeus, che testimonia gli antichi scambi tra la cultura greca e la cultura indigena. Il dio, raffigurato nudo, nell'atto di scagliare con il braccio destro una saetta (andata perduta), regge con la mano sinistra un oggetto che, purtroppo, non è pervenuto, forse un volatile. La statuetta è alta 74 centimetri, compresa la base ed è databile al periodo tra il 520 ed il 500 a.C.
Testimonianze sicure di un insediamento nell'attuale area di Ugento si hanno a partire dal VI secolo a.C. anche se è accertato che intorno al IX secolo a.C. flussi migratori di probabile origine illirica si stanziarono nella parte meridionale della Puglia dando origine alla civiltà Messapica. Ugento era dotata di una zecca e di un proprio esercito.

Spagna, individuata una chiesa visigota

Spagna, gli scavi della chiesa rurale visigota
(Foto: UAM)
Le ultime campagne di scavo condotte da Javier Salido, professore di archeologia all'Università autonoma di Madrid (UAM) e da Charo Gòmez, nella Cerrillo de El Rebollar (El Boalo, Madrid), hanno portato alla luce una chiesa rurale composta da un'unica navata rettangolare e rifinita con un'abside o presbiterio quadrato. Il pavimento originale dell'edificio religioso ha subito importanti alterazioni nel tempo, che saranno oggetto, in futuro, di analisi più dettagliate.
Gli indizi per la datazione dell'edificio sono contenuti nelle sepolture che occupano lo spazio interno della navata. A differenza di altre note chiese rurali, le sepolture non erano state saccheggiate ma erano in ottimo stato di conservazione. E' stato così possibile effettuare una affidabile stratigrafia del luogo che permette di risalire alla data di occupazione della navata con le sepolture ed anche alla fase edile originaria, quando venne costruito l'edificio religioso.
Spagna, la sepoltura maschile in sarcofago
(Foto: UAM)
Al momento sono state scavate undici tombe all'interno della chiesa, orientate tutte perfettamente in direzione est-ovest, allineate con i muri perimetrali. Le sepolture sono organizzate su tre file, alternando quelle dei bambini a quelle degli adulti. La datazione al C14 ha confermato la cronologia delle tombe ad un periodo tra il 656 e il 727 d.C., data che cade entro il periodo di uso religioso dell'edificio.
Le tombe sono a cista, tranne due, ed alcune sono complete di corredi funebri. Solo due tombe sono costituite da sarcofagi ricavati da un unico blocco di granito. Una di queste contiene i resti di due persone collocate, in tempi diversi, una sopra l'altra, si tratta di una donna e di un uomo. Quest'ultimo era associato ad una caraffa non decorata, con fondo piatto, due manici ed un beccuccio per erogare il liquido. Il secondo sarcofago, lavorato in modo più grossolano del precedente, presenta una lastra di granito di alta qualità e conteneva i resti di un individuo di sesso maschile con anelli del periodo tardo antico.
Il rapporto tra le sepolture e la struttura dell'edificio hanno condotto i ricercatori a datare la chiesa rurale ad un periodo compreso tra la seconda metà del VII secolo d.C. e il primo terzo dell'VIII secolo d.C., una cronologia molto interessante in quanto coincide con la fase finale del periodo visigoto.

Fonte:
Universidad Autònoma de Madrid

Israele, scoperta una grande cantina crociata

Israele, i due piani di calpestio della cantina crociata
(Foto:Rabei Khamisy)
Una grande cantina dell'epoca delle crociate è stata trovata al di sotto di una casa a Mi'ilya, nel nord di Israele.
Gli archeologi, sotto la guida di Rabei Khamisy, stavano lavorando a Mi'ilya per puntellare le rovine di un castello del XII secolo, costruito da re Baldovino III nel 1150 come fortezza difensiva, che domina il panorama della Galilea, quando Salma Assaf, una donna, che gestisce una stazione di ristoro, ha chiesto loro di effettuare, a suo carico, dei sondaggi di scavo sotto la sua proprietà. Proprio questi sondaggi hanno permesso di scoprire quella che potrebbe essere la più grande cantina costruita dai crociati durante la loro permanenza nel Levante.
Quel che rende ancora più notevole la cantina, in riferimento all'epoca di costruzione, è la presenza di due piani riservati alla pigiatura dell'uva, paralleli l'uno all'altro, che confluivano in un'enorme fossa scavata nella roccia in epoca romana.

Fonte:
bbc.com

Grecia, un'iscrizione è il collegamento tra due santuari dedicati ad Artemide

Grecia, l'iscrizione dedicatoria ad Artemide di Amarynthos
(Foto: thenationalherald.com)
A Paleochoria, a due chilometri dalla città moderna che porta lo stesso nome, è stata trovata un'iscrizione parzialmente conservata che reca il nome di Artemide e che collega Paleochoria all'antica città di Amarynthos.
L'iscrizione è frammentaria e recita "...di Artemis in Amarynthos", ed è stata riutilizzata in una fontana di epoca romana, a conferma che le fondamenta dell'edificio cultuale di Paleochoria erano collegate con il santuario della dea Artemide, divinità il cui nome, reso come a-ma-ru-a, è stato rinvenuto inscritto sulle tavolette in lineare B trovate nel palazzo miceneo di Tebe.
La scoperta è stata fatta durante gli scavi condotti dalla Scuola Svizzera di Archeologia in collaborazione con l'Eforato dell'Eubea. Questi scavi, che hanno come progetto l'individuazione del santuario di Artemide, sono iniziati nel 2006. Quest'anno l'attenzione degli archeologi si è incentrata sulla zona di Paleochoria, dopo che una casa moderna è stata rasa al suo nel 2018 poiché i ricercatori dell'Università di Salonicco, a seguito di un rilevamento geologico, hanno scavato resti di antichi edifici accanto ad essa.

Fonte:
thenationalherald.com

Grecia, i micenei di Aidonia

Aidonia, uno dei recipienti in terracotta rinvenuto nelle sepolture
(Foto: greece.greekreporter.com)
Il Ministero greco della cultura ha annunciato la scoperta di due tombe a camera risalenti al periodo miceneo (1400-1200 a.C.), vicino a Nemea, nel Peloponneso. Le tombe, trovate nei pressi della necropoli di Aidonia, comprendono cinque sepolture complete e gli scheletri di 14 individui, i cui resti erano stati qui trasferiti da altre tombe.
Le due tombe a camera hanno restituito una serie di vasi in terracotta, figurine ed altri piccoli oggetti. Si tratta, comunque, di una scoperta che non è in linea con analoghe sepolture micenee scavate ad Aidonia negli anni passati. Queste tombe a camera presentano anche una sorta di vani-ripostiglio, armi ed altri oggetti appartenuti, con certezza, ad un individuo di alto rango. Le sepolture, comunque, spianano la strada ad una maggiore comprensione dello sviluppo dell'antico insediamento ed ai suoi legami con i villaggi limitrofi.
Aidonia, che si trova nei pressi dei vigneti di Nemea, era un insediamento chiave della civiltà micenea il cui periodo più fiorente può collocarsi tra il XVII e il XII secolo a.C. Gli scavi ad Aidonia sono iniziati negli anni '70 del secolo scorso, dopo che il sito era stato ampiamente saccheggiato. Furono allora rinvenute circa venti tombe a camera, scavate nella roccia, con una strada di accesso, ingressi e la camera sepolcrale propriamente detta. Sono stati rinvenuti anche, in un pozzo scavato nel terreno, dei gioielli antichi chiusi in uno scrigno.
Proprio questi gioielli hanno aiutato gli esperti ad evitare che un altro set di gioielli fosse venduto in una casa d'aste di New York nel 1993.

Fonte:
greece.greekreporter.com

Grecia, trovati i resti di cinque importanti naufragi

Egeo, una delle anfore rinvenute (Foto: en.protothema.gr)
Interessantissime scoperte sono state fatte sul fondo del Mar Egeo. Si tratta dei resti di ben cinque naufragi di navi che portavano anfore e di un'ancora che fa riferimento ad un'imbarcazione di dimensioni importanti. I reperti sono stati rinvenuti dagli archeologi subacquei che stanno perlustrando le acque di Levitha, una piccola isola del Mar Egeo, tra Amorgos e Leros.
Sicuramente la scoperta più importante è costituita dalle anfore provenienti dall'Egeo (Kidnos, Kos e Rodi), dalla Fenicia e da Cartagine, datate alla metà del III secolo a.C., quando su quel tratto di mare dominavano i Tolomei e gli Antigonidi. Si tratta delle anfore più antiche rinvenute finora nell'Egeo.
Particolarmente interessante è un'ancora in granito, che giaceva ad una profondità di 45 metri e che pesa 400 chilogrammi. E' stata datata, al momento, al IV secolo a.C. e si presume sia stata utilizzata da una nave di dimensioni eccezionali.
La ricerca archeologica in questo specchio di mare, che terminerà nel 2021, ha l'obiettivo di identificare e documentare gli antichi relitti presenti nella zona costiera di quattro isole: Levitha, Mavria, Glaros e Chinaros, che hanno svolto un ruolo chiave nella navigazione antica ma anche moderna.

Fonte:
en.protothema.gr

Pompei e il tesoro della "fattucchiera"

Pompei, il tesoro della fattucchiera appena riemerso dagli scavi
(Foto: Cesare Abbate/Ansa)
Nell'area della Regio V del Parco Archeologico di Pompei, dove sono ancora in corso scavi archeologici, è stato rinvenuto un grande tesoro: nella Casa col Giardino è stato scoperto parte di uno scrigno costruito con legno e metallo, la cui impronta è rimasta impressa nella cenere di duemila anni fa, al cui interno sono stati trovati oggetti femminili e una ricca varietà di amuleti e pietre preziose quali l'ambra, il cristallo, l'ametista.
Oggetti e amuleti contro la sfortuna, come campanelle, spighe di grano, piccoli teschi, scarabei, bottoni in osso, bamboline oltre a specchi e collane, appartenuti forse alla padrona di casa. Ma è probabile anche che quello scrigno fosse di proprietà di una persona legata al mondo della magia, una sorta di fattucchiera: l'ipotesi è stata avanzata perché lo scrigno si trovava in un ambiente di servizio, lontano dalla camera da letto e dall'atrio della domus, dove gli archeologi hanno ritrovato gli scheletri di dieci persone, tutta la famiglia, sterminate dalla violenza dell'eruzione mentre tentavano di mettersi in salvo; inoltre si è notata l'insolita assenza di ori, fatto da non sottovalutare poiché tutte le donne a Pompei amavano portare gioielli. Le collane contenute nel forziere non hanno un grandissimo valore economico.
Pompei, cristalli dal tesoro della fattucchiera
(Foto: Cesare Abbate/Ansa)
Si tratta, dunque, di oggetti preziosi ma in un senso diverso dai gioielli. Una raccolta di piccole cose legate al mondo della magia, forse l'armamentario di una persona, forse una schiava, dotata di particolari qualità taumaturgiche. Si potrebbe spiegare così la presenza di tanti strani oggetti, dai falli alle pigne, dalla spiga alle ambre. Anche gli specchi potevano avere una funzione rituale.
Tutti questi oggetti, poi, risultano legati a simboli del mondo romano che rimandano alla fertilità, al matrimonio, al parto, alla seduzione. Intanto tutti gli oggetti, amuleti e portafortuna, sono stati ripuliti e restaurati e adesso si procederà al loro studio.
"Gli esami sui resti delle dieci persone ritrovate nell'atrio - racconta Massimo Osanna, direttore del Parco Archeologico di Pompei - hanno dimostrato che si tratta di un gruppo interamente composto da donne e fanciulli". Gli uomini erano andati in avanscoperta, due sono morti a pochi metri dalla porta di casa. "Stiamo cercando di ricostruire il Dna di tutti e i rapporti di parentela. Pensiamo si trattasse di un'intera familia nel senso romano del termine, comprensiva, quindi, degli schiavi al servizio", aggiunge Osanna.

Fonti:
finestresullarte.info
ansa.it

Antichi rituali di sacrifici umani: l'incaprettamento femminile

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