sabato 31 dicembre 2022

Norvegia, trovata una sepoltura vichinga ad Oslo

Norvegia, l'archeologa Marianne Bugge Kraemer ed il
luogo del ritrovamento (Foto: Byantikvaren, Oslo)

Per la prima volta ad Oslo, capitale della Norvegia, è stata trovata una sepoltura vichinga contenente anche dei reperti: i resti di uno scudo e di una fibbia per mantello.
La sepoltura è stata trovata sul lato superiore di un piccolo stagno, l'Holmendammen che, probabilmente, in era vichinga, era una zona tranquilla. Si trovava sotto un sottile strato di terriccio e torba, in una valle dove, in tempi antichi, scorreva il torrente Holmenbekken.
Nella sepoltura risalente all'epoca vichinga sono stati rinvenuti frammenti di un vaso in pietra ollare ed una spilla celtica. Oltre a questi sono stati rinvenuti una falce, due coltelli ed il necessario per una cavalcatura. Al momento la tomba è stata datata in base ai reperti ritrovati. La spilla, in particolare, dotata di sfere, appare intorno all'850 d.C. e si diffonde intorno al X secolo d.C. Questa tipologia di spilla per mantello era usata prevalentemente per abiti maschili ed insieme ad un accessorio di scudo ha fatto pensare agli archeologi che la sepoltura fosse quella di un uomo.

Fonte:
lifeinnorway.net

Turchia, ancora ritrovamenti interessanti ad Aizanoi

Turchia, una delle teste rinvenute negli scavi
(Foto: hurriyetdailynews.com)

Durante gli scavi archeologici in corso nell'antica città di Aizanoi, nella provincia occidentale turca di Kutahya, sono venute alla luce delle teste pertinenti delle divinità della mitologia greca: Eros, Dioniso ed Eracle. E' stata anche rinvenuta la statua di un uomo di altezza di 2,10 metri.
Le statue risalgono a duemila anni fa. Alla statua maschile mancano metà del piedistallo ed un piede, mentre le altre parti sono ben conservate.
Gli scavi nell'antica città di Aizanoi sono stati effettuati, in particolare, nel torrente Penkalas. La città risale al 3000 a.C. ed è ritenuta una delle metropoli dell'epoca, con strutture quali il teatro, lo stadio, l'agorà ed il tempio di Zeus.
Nella precedente stagione di scavo sono stati rinvenuti, nella stessa area, molti grandi frammenti di sculture in marmo, alcuni dei quali hanno fatto pensare a statue di altezza variabile dai 3 ai 3,5 metri. Nell'attuale stagione di scavo, oltre alle teste di antiche divinità, è stata rinvenuta anche una meridiana.
La testa della statua di Dioniso è alta 40 centimetri. Nel 2020 è stato rinvenuto il corpo di una statua di Eracle, ma la testa ritrovata di recente non appartiene al resto del corpo rinvenuto in precedenza. La testa di Eros è alta 20 centimetri.
Le teste sono state rinvenute mentre degli operai stavano lavorando ad un ponte romano sul fiume Penkalas. Ad Aizanoi è stato rinvenuto un imponente tempio dedicato a Zeus, situato su una collina, che ha restituito ceramiche ed iscrizioni impresse nella pietra. Particolarmente affascinanti sono sia il teatro romano che lo stadio, costruiti in un unicum che rappresenta una rarità per l'epoca.

Fonte:
hurriyetdailynews.com


lunedì 26 dicembre 2022

Egitto, l'opera della missione archeologica salentina presso Soknopaiou Nesos

Egitto, la missione archeologica dell'Università del Salento
che ha operato nel Fayyum (Foto: archeomedia.net)
Si è conclusa la diciannovesima missione archeologica del Centro di Studi Papirologici dell'Università del Salento a Dime es-Seba (Fayyum), dove dal 2004 ricercatori dell'Ateneo dedicano almeno un mese all'anno allo scavo dell'insediamento di epoca ellenistica e romana (III secolo a.C. - III secolo d.C.) dell'antica Soknopaiou Nesos, nel deserto del Fayyum, a nord del lago Qarun, in un ambiente arido che ha conservato particolarmente bene gli edifici in mattoni crudi e il loro contenuto.
Il sito è molto noto agli studiosi per il gran numero di papiri scritti in greco e in demotico che vennero rinvenuti soprattutto alla fine dell'Ottocento. Iniziata sotto la guida di Mario Capasso, ora professore emerito di Papirologia, la missione è attualmente guidata da Paola Davoli, professoressa di Egittologia alla UniSalento.
Quest'anno la missione, possibile grazie al finanziamento dell'Università del Salento, del Ministero Italiano per gli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e dell'American Endowment Fund, ha avuto come obiettivi lo scavo di alcune strutture di servizio del tempio dedicato al dio Soknopaios ed il restauro di alcuni monumenti.
L'area templare è racchiusa da un alto muro (temenos) in mattoni crudi, che si conserva in alcuni tratti per circa 15 metri di altezza e che venne costruito all'inizio dell'epoca romana (fine del I secolo a.C.). All'interno del recinto sacro sono ancora visibili diverse strutture oltre ai tre templi, di cui due già scavati dal team salentino. Tra questi edifici di servizio ci sono case dei sacerdoti, come testimoniato dai papiri, cappelle per il culto, e strutture di servizio, come ad esempio le cucine in cui veniva preparata l'offerta giornaliera destinata gli dei.
Lo scavo di quest'anno ha posto in luce due ambienti usati per cucinare cibi e pane, situati a ridosso delle mura del temenos. Il loro stato di conservazione non è ottimale ma, nonostante questo, lo spesso strato di cenere diffuso sui pavimenti dei due ambienti ha conservato molti materiali, tra i quali monete di Nerone, Antonino Pio e Traiano, papiri in greco contenenti testi documentari datati in alcuni casi all'epoca dello stesso Antonino Pio e di Commodo, strumenti in osso, vasellame in ceramica e ostraka scritti in demotico con elenchi di sacerdoti suddivisi in philae, ovvero in gruppi di servizio.
I papiri erano probabilmente stati raccolti insieme con cesti e sandali in fibre vegetali e legni di vario tipo per essere usati come combustibile per forni e fornelli. Piuttosto interessante, in questo contesto, è la presenza di vasellame in vetro finissimo, trasparente bianco, di probabile importazione da centri di produzione egiziani e forse impiegato per la tavola degli dei.
L'altro edificio indagato si è conservato solo nel suo piano interrato, in cui vi sono tre cantine coperte con volta a botte, di cui una completa e ben conservata. Si tratta verosimilmente di una casa di sacerdoti di epoca romana, rimaneggiata più volte e costruita al di sopra di edifici di epoca ellenistica, di cui rimangono alcuni muri. Le tre cantine hanno restituito materiali di uso comune molto interessanti ed in ottimo stato di conservazione, come anfore, di cui una con gran parte del suo contenuto ancora sul fondo, costituito da una conserva di pesce salato; un siga, ovvero un grande vaso globurale per liquidi importato dall'Oasi di Baharia, piatti e tazze in ceramica e in faience azzurra, mortai, bicchieri e vasellame fine in vetro soffiato.
Livelli abitativi e di uso di epoca ellenistica sono stati raggiunti anche al di sotto di un altro edificio di culto, situato nell’angolo nord-ovest del temenos e scavato nel 2021. In questo caso si tratta di un’area utilizzata per il taglio di blocchi in calcare giallo che dovettero servire per la costruzione di edifici di epoca tolemaica. Successivamente la zona, che all’epoca doveva trovarsi all’esterno del temenos sacro, ospitò per lungo tempo pecore e capre, per poi essere inglobata nel temenos di epoca romana. I rinvenimenti di epoca ellenistica sono di particolare interesse per la ricostruzione delle fasi costruttive e abitative di Soknopaiou Nesos, di cui si conosce ancora troppo poco. I rinvenimenti di quest’anno aprono nuove prospettive di interpretazione dell’evoluzione dell’area sacra.
I lavori di restauro si sono concentrati in alcuni punti delle mura del temenos, là dove vi era un pericolo di crollo dovuto all’erosione alla base dei setti murari. Sono quindi stati rinforzati due setti del muro ovest con mattoni di nuova fabbricazione, ma secondo le tecniche e le dimensioni antiche. Tale restauro è stato anche l’occasione per lo studio di dettaglio delle tecniche costruttive impiegate nel temenos.
Inoltre, sono state consolidate le mura ai lati del portale d’ingresso principale all’area templare, situato a sud e di fronte alla strada pavimentata (dromos) che attraversa da nord a sud l’abitato e che era usata per le processioni religiose. Anche in questo caso la costruzione dei nuovi corsi di mattoni crudi ha offerto l’occasione per uno scavo nell’area del portale, che ha posto in luce la base degli stipiti costruiti in blocchi di calcare giallo del portale monumentale. È stato così possibile capire che la pavimentazione originale si trova due metri al di sotto dell’attuale piano di calpestio costituito da sabbia e detriti. Purtroppo, il portale è stato demolito in antichità e si è dunque solo in parte conservato. Esso venne costruito con il reimpiego di blocchi, rocchi di colonne e fregi, recuperati da un precedente chiosco tolemaico.
Una cantina di un edificio di servizio costruito a ridosso del portale è stata indagata. Si tratta di un vano sotterraneo per la conservazione di derrate alimentari ancora coperto con volta a botte e pertinente ad un edificio che sarà scavato nel 2023. Al suo interno c’erano ancora monete di Vespasiano, ostraka in demotico e sigilli in argilla con stampiglia figurata, che dovevano sigillare contenitori in legno. Nello scavo di questa zona sono stati recuperati tra sabbia e detriti, e quindi privi del loro contesto originario di uso, alcuni papiri arrotolati e chiusi da sigilli, un frammento di statua raffigurante un personaggio maschile di epoca romana e un’anta in legno di cofanetto, dipinta con una immagine di giovane donna. Purtroppo, la mancanza di iscrizioni impedisce di identificare il soggetto così come l’uso del mobiletto a cui apparteneva.
Il restauro si è quindi esteso al tempio di epoca tolemaica in particolare stato di degrado, essendo in gran parte costruito con pietre locali irregolari. L’edificio si conserva per un alzato di una decina di metri e molti muri sono parzialmente crollati. La ricostruzione e consolidamento dei muri sono iniziati da un ambiente centrale, una scala, particolarmente pericolante. Lo scavo dell’ambiente ha consentito di mettere in luce due rampe di gradini ben conservate e di ricostruire parte della terza. L’edificio aveva due livelli di stanze e un terrazzo sul tetto, accessibili per mezzo di questa scala.

Fonte:
stilearte.it


Israele, trovata una sepoltura ritenuta quella di Salome

Israele, incisioni in greco antico all'interno di un sepolcro
(Foto: Menahem Kahana/AFP/Getty Images)
Gli archeologi israeliani hanno scoperto delle lampade di pellegrini ed altri interessanti reperti all'interno della tomba di Salome, un luogo di sepoltura che prende il nome da una delle donne che, secondo la tradizione cristiana, assistette alla nascita di Cristo.
La tomba è stata scoperta dai tombaroli negli anni '80 del secolo scorso, in quello che oggi è il parco nazionale di Tel Lachish, ad ovest di Gerusalemme. Successivi scavi da parte degli archeologi hanno portato alla luce una camera sepolcrale ebraica risalente al periodo romano, occupata in seguito da una cappella cristiana in epoca bizantina. Un'iscrizione rinvenuta sulle pareti della grotta ha portato i ricercatori a concludere che questo luogo fosse dedicata a Salome, una figura associata comunemente alla nascita del Cristo nella tradizione ortodossa orientale.
Il ruolo di Salome come assistente dell'ostetrica alla nascita di Cristo è raccontato nel Vangelo di Giacomo, un testo abbandonato dalle versioni del Nuovo Testamento utilizzate nella maggior parte delle chiese occidentali.
Fuori dalla grotta gli archeologi hanno trovato i resti di un cortile colonnato di 350 metri quadrati, che fa pensare ad un vero e proprio culto della figura di Salome. Attorno al cortile sorgevano delle botteghe che vendevano lampade di argilla ed altri oggetti ad uso dei pellegrini, alcuni dei quali risalenti al IX secolo d.C., duecento anni dopo la conquista musulmana. Alcune iscrizioni all'interno della grotta sono in arabo e questo ha sorpreso molto gli studiosi.

Fonte:
theguardian.com


Romania, la sepoltura del guerriero e del suo cavallo

Romania, la tomba del guerriero
(Foto: romania-insider.com)
Un'importante scoperta archeologica è stata fatta sul tracciato stradale Poiesti-Buzau della futura autostrada A7 in Romania: una tomba principesca di un guerriero sepolto insieme al suo cavallo. Con lui un corredo di armi e ornamenti, alcuni dei quali in oro.
Durante gli scavi preventivi alla costruzione del tratto stradale sono stati individuati quattro siti archeologici. In uno di questi siti si trovava la tomba del guerriero.
Gli studi sulla sepoltura e sul suo contenuto sono portati avanti dagli specialisti dell'Istituto di archeologia "Vasile Parvan" di Bucarest. Il corredo e le ossa finora rinvenuti si trovano attualmente presso il laboratorio dell'Istituto in attesa di essere ripulite, conservate e restaurate.

Fonte:
romania-insider.com


Sicilia, nuove scoperte nella necropoli di Milazzo

Sicilia, area archeologica della necropoli dell'antica Milazzo
(Foto: stilearte.it)

Milazzo continua a restituire importanti testimonianze del suo passato, contribuendo ad arricchire la conoscenza sullo sviluppo topografico dell'antica necropoli greca. Grazie al lavoro della Soprintendenza di Messina, emergono nuovi tasselli che aiutano gli archeologi a ricostruire la storia del territorio per una lettura sempre più completa del passato.
Ultimamente sono emersi dal terreno della cittadina siciliana nuovi e interessanti elementi per la conoscenza dei riti funerari nel periodo tra gli inizi del VI e gli inizi del V secolo a.C., emersi durante la campagna di scavo in corso a Milazzo in contrada San Giovanni-Vico Malta, che integrano la conoscenza relativa alle 198 sepolture pluristratificate finora indagate.
Nel centro urbano di Milazzo, in un'area già nota per l'interesse archeologico, è emerso, infatti, uno dei pochi lembi non ancora indagati della necropoli di età greca. La ricerca si svolge sotto la direzione di Giuseppe Natoli e la direzione scientifica di Annunziata Ollà ed è interessato da un'indagine della Soprintendenza dei Beni culturali di Messina diretta da Mirella Vinci.
Sono stati rinvenuti nuovi ed interessanti elementi per la conoscenza dei riti funerari nel periodo tra gli inizi del VI e gli inizi del V secolo a.C., che integrano la conoscenza relativa alle 198 sepolture pluristratificate, finora indagate.

Fonte:
stilearte.it




Francia, il signore della torque...

Francia, la torque metallica scoperta intorno al collo
di uno scheletro (Foto: Denis Dubesset, Inrap)

La torque è un collare o girocollo, o più raramente un bracciale, solitamente d'oro o di bronzo, torto - forse da qui l'etimologia - a partire da una verghetta di metallo. Si tratta di un cerchio aperto in un punto, che si avvicina all'immagine di un serpente che sta cercando di mordersi la coda.
La torque veniva usata dai Celti, dagli Sciti e da altri popoli antichi, tra i quali i Reti, i quali ultimi conoscevano e utilizzavano la torque come dimostrano alcune incisioni di divinità della Valcamonica, in cui compare il dio Cernunnos.
La tomba trovata dagli archeologi dell'Inrap durante uno scavo di archeologia preventiva, è stata portata alla luce a Camp de Sarlier, nel territorio comunale di Aubagne, presso il dipartimento delle Bocche del Rodano, nell'estremo sud della Francia, nella regione della Provenza.
Durante le campagne del 2022 sono state indagate tre sepolture, una delle quali si trova al di sotto di un tumulo di circa 10 metri di diametro, circondato da un fossato. In origine, secondo gli archeologi dell'Inrap, il tumulo era probabilmente circondato da un anello di pietre. Le altre due sepolture non erano contrassegnate da un tumulo, ma il mobilio che contenevano è di enorme importanza.
Per la prima volta è stato rinvenuto un defunto con al polso un anello ritorto in lega di rame ed una perla in materiale litico sulla spalla sinistra. All'interno della sepoltura erano collocati anche due vasi in ceramica. L'ultima sepoltura è quella che ha restituito il maggior numero di suppellettili metalliche in lega di rame. Il defunto che vi era deposto, infatti, indossava una torque con anello tubolare ed estremità arrotondate, tre braccialetti su ciascuna caviglia e tre anelli per le dita dei piedi. Accanto al defunto sono stati trovati uno spillone ed una grande urna in ceramica.
L'epoca è quella dell'Età del Bronzo. Gli studiosi, che per ora parlano di necropoli protostorica, giungeranno presto a una datazione molto precisa delle sepolture, grazie alle indagine su materiale organico, che saranno compiute in laboratorio.
Gli spazi sepolcrali del tumulo ed un'altra sepoltura erano delimitati da un allineamento di buche per pali. Una struttura lineare delimitava l'area dedicata ai defunti. Per la terza sepoltura, spazialmente distante dalle altre due, blocchi allineati su circa due metri potrebbero aver avuto la stessa funzione.

Fonte:
stilearte.it

Roma, trovata una tomba romana ed un sarcofago a Villa Gordiani

Roma, parte del sarcofago rinvenuto a Villa Gordiani
(Foto: stilearte.it)

Edoardo Annucci, assessore del Municipio V di Roma, ha annunciato un importante ritrovamento archeologico avvenuto nei giorni scorsi, sotto il prato del parco pubblico di Villa Gordiani.
Durante le indagini archeologiche propedeutiche all'installazione di una nuova area fitness nel parco di Villa Gordiani, lato via Venezia Giulia, è stata rinvenuta un'ara funeraria in buone condizioni. L'ara risale all'età imperiale (I-III secolo d.C.).
Il ritrovamento è avvenuto la mattina del 6 dicembre. A pochi metri sotto terra è stato rinvenuto prima un muro, risultato essere il perimetro di una tomba romana e di fianco l'ara funeraria.
Il reperto, una volta estratto dal terreno e ripulito, è stato trasferito nei magazzini della Soprintendenza e messo in sicurezza. Le autorità pensano di trovare un luogo in prossimità del ritrovamento per valorizzare non solo il manufatto ma anche il territorio.
La Villa dei Gordiani è situata al terzo miglio della via Prenestina. Si tratta della villa degli imperatori romani Gordiano I, che divenne imperatore a 80 anni, Gordiano II e Gordiano III. All'interno del complesso venne costruita, a metà del XIII secolo, Tor de' Schiavi, che poggia su strutture antiche. nel 1422 la zona divenne possedimento dei Colonna.
Il parco archeologico di Villa Gordiani venne istituito nel 1938 e restaurato nel 1960. Si divide in due settori separati dalla via Prenestina. Tor de' Schiavi e il Mausoleo dei Gordiani sono sul lato sinistro. Sul lato destro della stessa strada sono presenti i ruderi di una grande cisterna a pianta quadrata, del II secolo d.C., di metri 21,80 per lato. La cisterna ha due piani con sei ambienti ciascuno.
Lungo la strada sorgevano alcune tombe, come il colombario all'angolo di via Olevano Romano, dell'inizio del I secolo d.C. Di epoca successiva alla villa, databili tra il II e il IV secolo d.C., sono il colombario, le cisterne piccole e il vestibolo. L'ingresso monumentale alla villa, che dà su via Prenestina, è un'aula ottagona.
L'aula ottagonale, del III secolo d.C., è l'ambiente più caratteristico di tutto il complesso per via della sua pianta ottagonale, di cui resta in piedi solo la parte orientale, sulla quale, nel medioevo, venne costruita una torre ancora in piedi. Le pareti interne, contenenti nicchioni rettangolari e curvilinei, uno per ogni lato, erano decorati con stucchi che formavano cerchi intrecciati con animali fantastici al centro. Questi nicchioni erano aperti e mettevano in comunicazione con ambienti esterni, mentre quelli curvi erano ornati da statue.
Il mausoleo rotondo, detto Tor de' Schiavi, era simile al sepolcro di Romolo sulla via Appia e venne studiato, tra gli altri, da Pirro Ligorio e Giovanni Antonio Bosi. Ha due piani, di cui quello inferiore, semisotterraneo è un vasto ambiente coperto da volte a botte rette da un pilastro centrale. Sulle pareti si aprivano nicchie alternativamente semicircolari e rettangolari, nelle quali erano sistemati i sarcofagi. L'accesso al piano superiore, riservato ai riti in onore dei defunti, avveniva attraverso un pronao rettangolare, con quattro colonne sulla fronte e tre sui lati, preceduto da una scalinata. I bolli impressi sui mattoni della costruzione fanno datare il monumento all'età costantiniana (inizio IV secolo d.C.), certamente sepoltura per personaggi di alto rango, della famiglia di Costantino, venuto in possesso di un vastissimo territorio tra la Prenestina e la Labicana fino al Mausoleo di Sant'Elena a Tor Pignattara.

Fonti:
stilearte.it
romatoday.it
romanoimpero.com

venerdì 23 dicembre 2022

Iraq, missione italiana scopre il muro di Hammurabi a Baghdad

Iraq, il team di ricercatori dell'Università di Catania
(Foto: Università di Catania)

Nel trentottesimo anno del suo regno, nel secondo millennio prima di Cristo, Hammurabi aggiungeva un altro pezzo al suo impero e lo consolidava, a nord di Babilonia, con un avamposto militare. La conferma arriva dalla scoperta di una porta e di una cinta muraria monumentali, quest'ultima di sei metri di spessore, nel sito iracheno di Tell Muhammad a Baghdad.
"Hammurabi - spiega l'archeologo Nicola Laneri, che ha diretto gli scavi - porta la capitale a Babilonia e inizia una serie di campagne militari verso sud, nord ed est: è una conquista territoriale importante, anche se non si può propriamente parlare di impero. Nella fase finale del suo regno, Hammurabi conquista questi territori a nord di Babilonia".
Hammurabi fu re dal 1792 al 1750 a.C., sesto sovrano della prima Dinastia di Babilonia, ricordato soprattutto per aver promulgato una raccolta di leggi nota come il Codice di Hammurabi, una serie di norme sul "buon comportamento" sociale che rappresenta uno dei primi esempi di leggi scritte nella storia.
Indagato dal leggendario archeologo Austen Henry Layard, il sito di Tell Muhammad mostra già la sua importanza intorno al 1850, quando l'inglese trova degli intarsi con iscrizioni hammurabiche. Negli anni '70 e '80 del secolo successivo gli iracheni portano alla luce l'area sacra e 300 tavolette in cui viene menzionata la formula "38 anni dopo" e una serie di iscrizioni successive a questa interpretate come "...la caduta di Babilonia".
"Era - spiega Laneri - l'unica iscrizione in grado di definire quando la Babilonia hammurabica crollò ad opera di un sovrano hittita". E' molto probabile, invece, che quel "38" si riferisca alla realizzazione dell'insediamento nel trentottesimo anno del regno di Hammurabi.
"La nostra scoperta - dice Laneri - sembra confermare questa ipotesi". Gli scavi indicano anche altre direzioni in cui indirizzare la ricerca, che potrebbe tracciare Baghdad come una città d'acqua. "Tell Muhammad - dice Laneri - sta all'interno di un reticolo di insediamenti collegati probabilmente da canali. Abbiamo notato che al di fuori della cinta muraria vi era un canale che collegava Tell Muhammad con il Tigri e un altro che lo collegava con la Diyala, altro affluente del Tigri. Studi recentissimi stanno dimostrando che la città mesopotamica era segnata fortemente dai canali, che la dividevano disegnando dei quartieri. I canali, verosimilmente, entravano all'interno delle porte urbiche, che non servivano dunque solo come limite per le strade: su questo versante inizieremo una ricerca attraverso le fotografie aeree degli anni '50 e '60, che ci permetteranno di avere contezza del paesaggio urbano di Baghdad prima dell'esplosione urbana, che ancora oggi distrugge molti insediamenti antichi. Le autorità irachene ci chiedono di salvaguardarle".
La porta monumentale scoperta da Laneri, docente di Archeologia e Storia dell'Arte del Vicino Oriente all'Università di Catania, e dalla sua squadra di ricercatori è "in realtà una porta d'acqua, che si trovava sul canale, con una canaletta di scolo in ceramica che proveniva dall'area del tempio e la collegava probabilmente ad altre aree della città. Più della porta è monumentale il muro che Hammurabi crea lungo la frontiera settentrionale del territorio di Babilonia".
L'obiettivo primario del progetto, grazie all'interesse del ministero degli Affari Esteri e al supporto dell'ambasciata italiana, è quello di creare, attraverso il restauro degli edifici in mattoni crudi e la creazione di coperture e pannelli esplicativi, un parco archeologico a Baghdad dedicato all'epoca di Hammurabi.

Fonti:
agi.it/cultura/news
palermo.repubblica.it

Turchia, trovata la misteriosa città santa di Zippalanda?

Turchia, i ritrovamenti della struttura circolare
(Foto: repubblica.it)

Gli archeologi dell'Università di Pisa hanno fatto un misterioso ritrovamento: una struttura circolare nel sito di Usakli Hoyuk, nell'altopiano anatolico. La struttura è stata realizzata durante l'epoca degli Hittiti. Potrebbe trattarsi dell'antica città sacra di Zippalanda, centro di culto di un potente dio della tempesta, sede di un santuario e di una residenza reale, menzionata in diverse feste cui prendeva parte il re.
"L'interpretazione di questa struttura circolare", ha spiegato il direttore degli scavi, il Professor Anacleto D'Agostino, dell'Università di Pisa, "è molto difficile al momento e sarà necessario un'estensione dei lavori per farsi un'idea di cosa ci sia attorno ad essa. La sua collocazione a nord i quello che, probabilmente, è il principale tempio della città, non lontano dal fiume che scorre vicino alla base degli spalti, ci fa però propendere un'interpretazione in chiave rituale di questo ritrovamento, la cui importanza è data anche dal fatto che non ne sono documentati di simili in altri siti contemporanei".
Se così fosse questa struttura, insieme ad altri reperti scoperti nel corso degli anni, contribuirebbe a rafforzare l'identificazione di quest'area con l'importante città hittita di Zippalanda. In quindici anni di scavi, nell'area sono stati riportati alla luce anche i resti di una grande cinta muraria a gradoni che circonda la cittadella dell'Età del Ferro e alcune tombe di età tardoantica. Non solo. Il lavoro degli archeologi ha permesso di far riemergere i resti di edifici monumentali e frammenti di tavolette con iscrizioni in scrittura cuneiforme, contribuendo alla ricostruzione di un periodo di primaria importanza per il Vicino Oriente ed il bacino orientale del Mediterraneo, quando cioè gli Hittiti, popolazione che parlava una lingua appartenente alla famiglia delle lingue indoeuropee, fecero la loro comparsa tra i protagonisti della grande storia, costituendo il potente regno di Hatti.
Architetture e materiali ritrovati durante gli scavi, oltre a rendere sempre più solida l'identificazione tra Usakli Hoyuk e la città santa di Zippalanda, mostrano anche come questo sito sia stato occupato in maniera estesa a partire dalla fine del Bronzo Antico fino all'epoca romano-bizantina, con sporadiche tracce più recenti che arrivano al periodo ottomano.
Il progetto archeologico della missione archeologica italo-turca in Anatolia Centrale (Usakli Hoyuk Archaeological Project), iniziato nel 2008 e in cui è impegnato l'Ateneo pisano, è l'unico a direzione italiana che opera su un insediamento ittita nell'area che fu centro del regno prima e dell'impero poi.

Fonti:
repubblica.it
avvenire.it


giovedì 22 dicembre 2022

Gran Bretagna, la signora della collana...

Gran Bretagna, alcuni dei gioielli rinvenuti in una tomba
(Foto: MOLA/Andy Chopping)

Gli archeologi hanno scoperto un vero e proprio tesoro che può portare indizi su un periodo della storia medioevale inglese in cui le tradizioni pagane e cristiani si sono fuse. In questo periodo le donne hanno ricoperto posizioni di potere all'interno della chiesa.
I manufatti sono stati scoperti in una sepoltura di 1400 anni fa, trovata appena fuori Northampton, in Inghilterra.
Gli scavi hanno portato alla luce una collana composta da trenta monete di età romana, granati, vetro e pietre semipreziose. Si tratta della collana più preziosa mai trovata in Inghilterra. Lo scheletro posto all'interno della sepoltura era del tutto decomposto ad eccezione dei denti. Il fatto che le collane siano prerogativa delle sepolture femminili ha indotto gli studiosi a ritenere che i resti sepolti con il tesoro fossero quelli di una donna benestante o di alto rango. Con i gioielli è stata ritrovata anche una grande croce in argento, due vasi decorati ed un piatto di rame. La croce è piuttosto deteriorata ed è decorata con insoliti volti umani sopravvissuti al tempo trascorso.
Gli oggetti ritrovati suggeriscono che la donna sepolta sia vissuta tra il 630 ed il 670 d.C., quando credenze ed usanze pagane si mescolavano a credenze ed usanze cristiane. Seppellire le persone con i loro gioielli è, infatti, un'usanza pagana fortemente legata ad un'iconografia cristiana. Probabilmente la donna era una ricca esponente della classe dominante cristiana oppure una badessa od una principessa.
Gli esperti pensano si tratti di una delle prime donne, in Gran Bretagna, a ricoprire un ruolo di potere all'interno della chiesa. In Inghilterra sono state rinvenute circa una dozzina di altre donne di alto rango, alcune contenenti una collana simile a quella appena ritrovata. Pochi di questi siti, però, risalgono ad un periodo antecedente al VII secolo d.C.

Fonte:
sciencealert.com

Egitto, scoperte sepolture del periodo tardo

Egitto, Tel e-Deir, le sepolture appena scavate
(Foto: english.ahram.org.eg)
La missione archeologica egiziana che opera a Tel el-Deir, nei pressi di Damietta, ha scoperto 20 sepolture del periodo tardo, in mattoni di fango
E' stata trovata anche una notevole quantità di frammenti d'oro che un tempo ricoprivano i resti degli individui sepolti. Questi frammenti raffigurano divinità quali Iside, Bastet ed Horus sotto forma di falco alato. Oltre a questi frammenti aurei sono stati portati alla luce amuleti funerari di diverse forme e dimensioni, un poggiatesta, numerosi vasi canopi raffiguranti i quattro figli di Horus ed una serie di statue di Iside, Neftis e Djehuti.
Precedentemente la missione archeologica aveva portato alla luce una serie di sepolture appartenenti ad epoche diverse, che indicavano vari riti di sepoltura compiuti dagli abitanti della zona nel corso della storia.
Realizzate con mattoni di fango e semplici fosse, si ritiene che le sepolture risalgano alla tarda era di el-Sawy, tra il 664 ed il 525 a.C. (XXVI Dinastia). La missione sta continuando il suo lavoro nel sito nel tentativo di scoprire i segreti della necropoli di Tel el-Deir. Nel 2019, gli archeologi hanno portato alla luce sette monete d'oro di epoca bizantina ed un gruppo di ushabti, incise con il cartiglio di Psammetico II, uno dei faraoni della XXVI Dinastia.

Fonte:
english.aharam.org.eg

Israele, cotone...Neolitico

Israele, un timbro-sigillo di 7000 anni
(Foto: Vladimir Nayhin)

Circa 7000 anni fa, qualcuno giunse in un villaggio preistorico nell'attuale Israele del nord con una merce di pregio: il cotone.
Il cotone non era noto alle prime civiltà del Vicino Oriente, perché non è originario di quella regione. Ora a Tel Tsaf sono state rilevate tracce di questa pianta, la prima traccia di cotone trovata nel Vicino Oriente da secoli. Si pensa che questo cotone sia venuto dalla valle dell'Indo ma non si esclude un'origine africana.
Il cotone è arrivato a Tel Tsaf con il commercio. Tel Tsaf presenta le rovine di un villaggio che sorse tra i 7300 ed i 7200 anni fa e prosperò per 500 anni. Dopo venne abbandonato per ragioni che rimangono ancora sconosciute.
I ritrovamenti in mezzo secolo di scavi comprendono il più antico oggetto di rame presente in questa parte del Medio Oriente (ve n'è uno più antico rinvenuto in Iraq), un modello in argilla per un silos per il grano, che si pensa essere legato ad un rituale sulla coltivazione e conservazione del cibo, e un sigillo a timbro di 7000 anni fa. Il che sembra suggerire che Tel Tsaf fosse un luogo straordinariamente ricco tra gli insediamenti del tardo Neolitico.
Alcune fibre di cotone rinvenute a Tel Tsaf sono state tinte e questo potrebbe fornire un'ulteriore indicazione delle relazioni commerciali nella regione, all'apice della transizione dal tardo Neolitico al primo Calcolitico. Il cotone più antico ritrovato sinora si trovava a Dhuweila, nella Giordania orientale, e risale ad un periodo compreso tra 6400 e 5000 anni fa.
Prima del cotone, le persone della regione utilizzavano fibre di lino. Il cotone viene da lontano e giunse a Tel Tsaf prima che la pianta venisse addomestica. E, per giunta, le fibre arrivarono già tinte. Il cotone trovato a Tel Tsaf era tinto nei toni del blu, del rosa, del viola, del verde e del marrone/nero.
La pianta del cotone prospera nei climi tropicali e subtropicali se ha a disposizione molta acqua. Questo esclude che sia stato coltivato nell'Israele preistorico, ma nel contempo conferma che sicuramente venne coltivato nella valle dell'Indo e nel nord Africa.
La prima attestazione dell'utilizzo del cotone nel periodo Neolitico pre-ceramico è stata attestata nel sito sepolcrale di Mehrgarh, nel Balochistan centrale, in Pakistan. I fili di cotone erano prevalentemente utilizzati per infilare perline di rame. Il più antico tessuto di cotone conosciuto è un minuscolo frammento di tessuto reale attaccato al coperchio di un vaso d'argento rinvenuto a Mohenio-daro, sempre in Pakistan. Si tratta di un tipo di cotone "selvaggio", apparentemente la pianta non sarebbe stata addomesticata subito. Sulla base principalmente delle prove dei semi, si pensa che l'addomesticamento sia avvenuto durante il periodo della civiltà Harabba (2600-1900 a.C.).

Fonte:
haaretz.com

domenica 18 dicembre 2022

Pantelleria, il percorso subacqueo delle anfore...

Pantelleria, anfora greco-italica sull'itinerario subacqueo
di Cala Tramontana (Foto: Salvo Emma)
L'attività di ricognizione dei fondali dell'isola di Pantelleria ha regalato altre sorprese. Durante le prospezioni subacquee, effettuate con l'ausilio del Rov (un robot subacqueo filoguidato), è stata individuata una zona di concentrazione di anfore che coprono un ampio ventaglio cronologico. I reperti identificati saranno inseriti nel database del Sistema Informativo territoriale della Soprintendenza del mare della Regione Siciliana.
"Gli interventi di tutela e monitoraggio del patrimonio culturale subacqueo - sottolinea l'assessore ai Beni Culturali Elvira Amata - sono frutto della collaborazione continuativa tra le forze dell'ordine che operano in mare: Guardia costiera, Carabinieri, Guardia di finanza e Polizia di Sato e gli uffici dell'assessorato.".
La campagna di monitoraggio dei beni culturali sommersi, nell'area che va da Cala Cottone fino a Cala Tramontana, nella parte settentrionale dell'isola, si è appena conclusa. Lungo il tratto di costa ispezionato, già da alcuni anni sono stati istituiti itinerari archeologici sommersi visitabili dai sub in possesso di brevetto di immersione.

Fonte:
storiearcheostorie.com


Napoli, Parco Archeologico del Pausilypon, nuove scoperte nella villa del crudele Pollione

Napoli, Parco archeologico del Pausilypon, villa di
Publio Vedio Pollione (Foto: Armando Mancini)
E' una scoperta che, ironia della sorte, ribalta un tentativo di damnatio memoriae che risale ai tempi dell'impero romano, quella fatta a Napoli, al Parco Archeologico del Pausilypon: all'interno della villa appartenuta a Publio Vedio Pollione, commerciante di vini e politico molto influente, vissuto nel periodo augusteo, è stato ritrovato un pavimento a mosaico rimasto nascosto per duemila anni sotto le terme.
Il mosaico faceva parte della villa di Pollione che, dopo la morte del proprietario, venne completamente ritrasformata da Augusto che l'aveva ereditata, molto probabilmente per cancellare ogni traccia di memoria del commerciante che, in non poche occasioni, aveva messo in imbarazzo l'imperatore.
Attraverso i racconti di Tacito, Cassio Dione e Seneca (quest'ultimo con il suo De Ira) sappiamo che Publio Vedio Pollione fu un uomo molto noto non solo per i suoi successi imprenditoriali e politici, ma anche e soprattutto per la sua ferocia, soprattutto nei modi in cui trattava i suoi schiavi. Ad assistere ad uno degli scatti d'ira di Pollione fu anche Augusto: una volta, durante un banchetto in cui era presente anche l'imperatore, Pollione ordinò che un suo schiavo venisse dato in pasto alle murene da lui allevate in una piscina perché aveva rotto un calice di cristallo. Lo schiavo implorò la pietà di Augusto, che lo soccorse con un'abile mossa diplomatica: ordinò che gli venissero portati tutti i calici di cristallo presenti nella villa per poi ordinare di romperli tutti. A quel Punto Pollione non potette più punire lo schiavo, dato che lo stesso affronto era stato commesso anche da Augusto. Essendo comunque molto vicino all'imperatore, Pollione alla sua morte - avvenuta nel 15 a.C. - lasciò gran parte delle sue ricchezze ad Augusto, compresa la villa a Posillipo. L'imperatore, però, la fece radere al suolo, per costruirci sopra le terme ed un portico dedicato alla moglie Livia.
"La nostra è ancora un'ipotesi. Manca ancora una datazione stratigrafica, ma in base allo stile quel salone potrebbe risalire all'età tardo repubblicana o al massimo Augustea", spiega Marco Giglio, dell'Università L'Orientale di Napoli, che ha condotto lo scavo con la concessione del Ministero della Cultura ed in accordo con la Soprintendenza all'Archeologia, belle arti e paesaggio del comune campano, impegnata in un progetto di valorizzazione del Parco Archeologico di Posillipo.
Si tratta di un pavimento composto da tessere bianche con una cornice nera, collocato all'interno di un grande salone che si affacciava sul mare. Nell'opera di "riedificazione" voluta da Augusto, proprio sopra questo salone l'imperatore fece realizzare i locali di servizio delle sue terme personali.
Oltre alla villa, il Parco Archeologico Ambientale del Pausilypon, cui si accede attraverso l'imponente Grotta di Seiano, traforo di epoca romana lungo più di 700 metri che congiunge la piana di Bagnoli con il vallone della Gaiola, conserva i resti del Teatro, dell'Odeion e di alcune sale di rappresentanza della villa, le cui strutture marittime fanno oggi parte del limitrofo Parco Sommerso di Gaiola, su cui si affacciano i belvedere a picco sul mare del Pausilypon.
Il complesso rappresenta uno dei primi esempi di villa costruita adeguando l'architettura alla natura dei luoghi comprendendo, oltre alla parte abitativa, impianti termali, giardini, quartieri per gli addetti ai servizi, aree per gli spettacoli e, verso il mare, le strutture portuali con gli edifici connessi e il complesso sistema di peschiere ancora ben conservato.

Fonti:
artribune.com
storiearcheostorie.com





Egitto, i gioielli della "figlia della Signora delle Due Terre"

Egitto, uno dei gioielli recuperati in una tomba appena
scoperta (Foto: english.ahram.org.eg)

Una missione archeologica britannica dell'Università di Cambridge che lavora presso la necropoli di Tell el-Amarna, nel governatorato di Minya, nell'Alto Egitto, ha scoperto un piccolo tesoro in gioielli d'oro e steatite (pietra ollare) in una necropoli della XVIII Dinastia (1550-1292 a.C.).
I gioielli sono stati rinvenuti nella sepoltura di una giovane donna che indossava una collana formata da ciondoli a forma di petalo e portava tre anelli su un dito. La donna era stata avvolta in una stuoia di tessuto e fibre vegetali e sepolta in una piccola tomba a pozzo insieme ad altri individui.
Ann Steven, vicedirettore della missione, ha affermato che questa sepoltura si trova presso una necropoli a nord di Amarna, che comprende un piccolo numero di pozzi funerari e tombe. Il progetto Amarna ha indagato le necropoli dell'antica città dal 2005, con l'obiettivo di acquisire informazioni sulla vita e le usanze funerarie dell'antica città del faraone Akhenaton.
La collana rinvenuta nella sepoltura
(Foto: english.ahram.org.eg)
Gamal el-Samastawy, direttore generale delle antichità dell'Egitto centrale, ha affermato che il ritrovamento consiste, più precisamente, in tre anelli ed una collana. Il primo anello presenta un'immagine del dio Bes, considerato un potente amuleto. Bes, con la sua controparte femminile Bastet, è un'antica divinità venerata come protettrice delle famiglie e, in particolare delle madri, dei bambini e del parto. Una divinità benevola, venerata anche come dea dei gatti, della casa e della fertilità. Il secondo ed il terzo sono, invece, decorati con numerosi geroglifici e riportano un'incisione che si può tradurre come "la figlia della Signora delle Due Terre", cosa che potrebbe dare un indizio sull'identità della ragazza sepolta. 
La missione dell'Università di Cambridge ha iniziato gli scavi a Tell el-Amarna nel 1977, in diversi siti tra i quali il grande tempio di Aton, il villaggio di al-Ahgar, il palazzo settentrionale e le dimore di Ra e Banehsi. La missione ha anche effettuato lavori di restauro al piccolo tempio di Aton ed al palazzo settentrionale.
Nell'area si possono ammirare 25 tombe direttamente scolpite nella montagna, dove furono sepolti alti statisti e sacerdoti e che recano incisi temi religiosi. A queste sepolture si aggiungono quelle del cimitero reale, che nella loro disposizione ricordano quelle della Valle dei Re.
Tell el-Amarna si trova a circa 12 chilometri a sudovest della città di Minya, custodisce le rovine della città fatta edificare dal faraone Akhenaton e da Nefertiti per essere il luogo di culto di Aton. Tra le rovine sono riconoscibili quelle di templi un tempo magnifici, palazzi e sepolture.

Fonti:
english.ahram.org.eg
tecnologia.libero.it


sabato 17 dicembre 2022

Israele, rinvenuti proiettili con iscrizioni

Israele, un proiettile greco con la dicitura greca "Vittoria"
(Foto: Dafna Gazit, Israel Antiquities Authority)

Un proiettile da fionda in piombo di 2200 anni è stato recentemente scoperto dall'Autorità Israeliana per le Antichità (IAA) nella città israeliana di Yavne, recante un'iscrizione magica, in greco, evocativa di vittoria e che forse apparteneva ad un soldato greco.
Sul proiettile c'è l'iscrizione greca "Vittoria di Eracle e Hauronas", una coppia che era considerata i "divini patroni di Yavne" nel periodo ellenistico.
L'iscrizione su un proiettile da fionda è la prima prova archeologica dell'esistenza dei due patroni di Yavne scoperta all'interno della città. Finora la coppia era conosciuta solo da un'iscrizione rinvenuta sull'isola greca di Delo. Il proiettile è lungo 4,4 centimetri e doveva essere lanciato per mezzo di alcune imbracature.
Le iscrizioni trasmettono un messaggio di unità dei guerrieri con l'obiettivo di sollevare il morale delle truppe e spaventare il nemico. Erano parti della guerra psicologica, il cui scopo principale era terrorizzare l'avversario.

Fonte:
i24news.tv

Turchia, rinvenuti due antichissimi rilievi

Turchia, una figura umana che si tiene il pene
(Foto: gizmodo.com)
A Syburc, in Turchia, non lontano dal famoso sito di Gobekli Tepe, un archeologo ha scoperto una scena di 11000 anni fa scolpita su un muro. Si tratta di una delle raffigurazioni più antiche nella documentazione archeologica.
La scena presenta cinque figure: due umani, un toro e due leopardi. Uno degli umani tiene un serpente nella mano destra. L'altra figura umana tiene in mano il suo pene.
"Abbiamo pochissime informazioni sulla comunità che ha prodotto questo rilievo", ha dichiarato Eylem Ozdogan, archeologo dell'Università di Instabul. Secondo Ozdogan, i ricercatori stanno ancora aspettando i risultati della datazione al radiocarbonio del sito, ma ritengono che le raffigurazioni scoperte risalgano alla fine di Gobekli Tepe, nel IX millennio a.C.
L'antico sito di Sayburc è stato in gran parte coperto dalla moderna città nel 1949. Gli scavi sono iniziati lo scorso anno ed hanno portato alla luce un edificio del periodo Neolitico ed un muro sul quale sono state individuate le figure oggetto di particolare attenzione da parte degli archeologi. Finora solo la metà dell'edificio è stata scavata.
La scena identificata non è l'opera d'arte più antica conosciuta. Questo dipende molto da quello che si intende per arte. Un dipinto di 43900 anni fa di un maiale, rinvenuta in Indonesia nel 2021, potrebbe essere l'opera d'arte figurativa più antica conosciuta, così come in Tibet, una serie di impronte di mani e piedi di bambini risalenti a 1690000 anni fa.
Sulla base dell'orientamento delle figure, Ozdogan ritiene che nel rilievo siano raffigurate due scene. Una comprendente un essere umano ed il toro, l'altra con la figura umana affiancata da due leopardi. Entrambe le figure umane sono maschili. L'edificio che presenta le due scene era destinato ad un uso comune. Vi erano delle panche in pietra che fiancheggiavano le pareti, corredate da schienali. L'opera d'arate può essere considerata un riflesso della memoria collettiva delle comunità, qualcosa che serviva a rafforzarne e sostenerne i valori. Quali fossero questi valori richiede un'analisi più approfondita.

Fonte:
gizmodo.com

sabato 10 dicembre 2022

Egitto, scoperto un tempio tolemaico nel Fayoum

Egitto, la struttura funeraria tolemaica appena rinvenuta
(Foto: english.ahram.org.eg)
Durante la decima stagione di scavo, gli archeologi egiziani hanno rinvenuto, nel Fayoum, una grande struttura funeraria di epoca tolemaica. La scoperta è stata effettuata nei pressi del villaggio di Garza, noto precedentemente come Filadelfia, fondato nel III secolo a.C. come stanziamento all'interno del progetto di bonifica agricola di Tolomeo II nella regione del Fayoum. Il suo scopo era quello di garantire risorse alimentari per il regno egizio ed ospitava una popolazione mista di greci ed egiziani.
Il pavimento dell'edificio funerario e costituito da malta di calce colorata ed è decorato con piastrelle di diverso colore. Nelle vicinanze del complesso sono stati, inoltre, scoperti i resti di quattro colonne. Basem Jihad, capo della missione archeologica, ha aggiunto che sono stati rinvenuti anche numerosi sarcofagi in stile sia dell'antico Egitto che dell'antica Grecia.  Le nuove scoperte permettono di delineare meglio la diversità nella qualità dell'imbalsamazione durante la dinastia tolemaica ed in epoca romana.
Durante la missione sono stati scoperti anche numerosi ritratti conosciuti come ritratti del Fayoum. Questi ritratti sono i primi ad essere rinvenuti da quando l'archeologo inglese Flinders Petrie, nel 1907, ne scoprì alcuni e dopo gli scavi dell'archeologo tedesco Von Kaufmann, che scoprì la cosiddetta "Tomba di Aline".
In uno dei sarcofagi lignei è stata scoperta una rara statuetta in terracotta della dea Iside-Afrodite, oltre ad una serie di papiri, iscritti sia in caratteri demotici che greci, che riflettono le condizioni sociali e religiose degli abitanti.
Fayoum (Shedet in antico egiziano) è stata fondata nell'Antico Regno ed era un centro di culto del dio coccodrillo Sobek. Durante il regno tolemaico, Fayoum venne chiamata Ptolemais Euergétis, in seguito ribattezzata Arsinoe, e divenne un centro per il culto tolemaico di Alessandro Magno. Gli archeologi hanno scavato nel sito archeologico di Garza dal 2016.

Fonti:
english.ahram.org.eg
scienzenotizie.it

Roma, dalle fogne del Colosseo frammenti di vita romana

Roma, l'arena del Colosseo (Foto: Reuters)
Gli archeologi hanno scoperto che gli spettatori che assistevano agli spettacoli gladiatori al Colosseo, si deliziavano di spuntini a base di olive, frutta e noci. Nel sito, infatti, sono stati rinvenuti frammenti di cibo: fichi, uva, ciliegie, more, noci ed altro ancora. Sono state trovate anche le ossa di orsi e grandi felini che, probabilmente, erano "ospiti" nei giochi di caccia nell'arena.
Queste scoperte sono state fatte durante le ispezioni all'interno del sistema fognario del Colosseo e sono "reliquie" che fotografano "l'esperienza e le abitudini di chi frequentava questo luogo durante le lunghe giornate dedicate alle rappresentazioni", ha affermato Alfonsina Russo, direttrice del Parco Archeologico del Colosseo.
I ricercatori ritengono che le ossa di orsi e leoni siano state lasciate, con tutta probabilità, da animali costretti a combattere tra loro e contro i gladiatori. Sono state rinvenute anche altre ossa, più piccole, appartenenti, forse, a cani.
Parte finale del collettore sud (Foto: Archivio del
Parco Archeologico del Colosseo)
Sono stati ritrovati anche cuticole e frammenti di foglie di bosso e di alloro, piante che venivano utilizzate per decorare l'arena durante gli spettacoli. Ed, inoltre, dadi da gioco, oggetti d'uso personale come uno spillone in osso lavorato, elementi di vestiario come borchie, chiodini da scarpe e frammenti di cuoio.
Lo scavo ha permesso anche il recupero di antiche monete, tra le quali 50 monete di bronzo risalenti al periodo tardo romano, intorno al 250-450 d.C. e una moneta commemorativa d'argento del 170-171 d.C. circa che celebra i dieci anni di regno di Marco Aurelio. Il ritrovamento di queste monete potrebbe ipotizzare l'uso del denaro per ingraziarsi il favore del popolo. Un reperto "sorprendente da parte degli archeologi contemporanei per raccontare, più di 1500 anni dopo, il fascino di quei giochi e di quei giorni", spiegano gli esperti.
Lo studio è iniziato nel gennaio 2021 ed ha comportato lo sgombero di 70 metri di scarichi e fognature che corrono al disotto dell'arena romana. Architetti ed archeologi hanno utilizzato robot guidati da fili per navigare nel complesso sistema di drenaggio. Il Colosseo era il più grande anfiteatro dell'Impero romano, caduto in disuso intorno al 523 d.C. Ospitava combattimenti di gladiatori e altri spettacoli pubblici.
Il gruppo di ricerca ha lavorato all'indagine sotto la direzione scientifica di Martina Almonte, Federica Rinaldi e Barbara Nazzano. Lo studio ha coinvolto gli speleologi di Roma Sotterranea Srl. Tra gli obiettivi primari dell'attività di ricerca, la necessità di comprendere il funzionamento delle fogne antiche e dell'idraulica del Colosseo. Nasce da qui lo studio sistematico del sistema di regimentazione delle acque, con ispezioni realizzate nei collettori al di sotto della piazza, al fine di indagare e conoscere l'attuale modalità di smaltimento delle acque del comparto ipogeo del monumento.

Fonti:
bbc.com
artribune.com
agi.it

Inghilterra, nuove interessanti scoperte nella lussuosa villa di Rutland

Rutland, i resti del fienile convertito in balneum
(Foto: theguardian.com)
Gli archeologi hanno raccolto nuove prove del grandioso stile di vita dei proprietari della lussuosa villa romana scoperta a Rutland, nelle Midlands orientali, in Gran Bretagna.
I proprietari del complesso delle Midlands hanno trasformato un fienile agricolo in legno in un'abitazione in pietra dotata di un balneum, un bagno turco ed una piscina di acqua fredda (frigidarium). Queste scoperte arrivano a due anni di distanza dal ritrovamento di antiche ceramiche da parte dei proprietari del terreno agricolo di Rutland.
Gli archeologi dell'Università di Leicester, in collaborazione con l'Historic England e il consiglio della contea di Rutland, hanno successivamente portato alla luce un raro mosaico raffigurante scene tratte dall'Iliade di Omero. Il ritrovamento è stato definito come "la più entusiasmante scoperta di mosaici romani avvenuta nel Regno Unito nel secolo scorso". Ora lo stesso team di archeologi ha svelato ulteriori scoperte nel sito, inclusa la conversione di un fienile delle dimensioni di una piccola chiesa.
Il fienile era sostenuto da grandi pali di legno e poteva, forse, avere due piani. Venne trasformato in edificio in pietra intorno al III-IV secolo d.C., con una delle estremità adibita ad abitazione a più piani mentre l'altra era destinata a piccola officina artigianale. La caratteristica principale dell'abitazione era un bagno in stile romano con un sofisticato sistema di riscaldamento che correva sotto il pavimento e condotti di riscaldamento che erano inseriti nelle pareti. Un serbatoio all'esterno dell'edificio potrebbe essere stato utilizzato per raccogliere l'acqua piovana.
Gli archeologi hanno nuovamente analizzato l'area che ospita il pavimento musivo che, forse, era collocato in un triclinio all'interno dell'edificio principale della domus. Hanno scoperto frammenti in marmo levigato, colonne in pietra spezza e intonaco dipinto il quale ultimo suggerisce la presenza di una grande decorazione. Il triclinio era stato concepito come un'estensione della villa principale.
I nuovi scavi hanno portato alla luce anche altri mosaici presenti nei corridoi che portano al triclinio, tra questi mosaici uno rappresenta un disegno geometrico caleidoscopico.

Fonte:
theguardian.com

giovedì 8 dicembre 2022

Egitto, la necropoli delle mummie dalle lingue d'oro


Egitto, una delle mummie dalla lingua d'oro
(Foto: english.ahram.org.eg)

Durante gli scavi effettuati nel governatorato del Delta centrale del Nilo sono state scoperte delle mummie molto particolari. Sono stati recuperati anche vasi in terracotta, foglie d'oro a forma di scarabeo e fiori di loto, una serie di amuleti funerari in pietra, scarabei e vasi risalenti al periodo tolemaico e romano.
"Le mummie con lingue d'oro sono in cattive condizioni di conservazione", ha dichiarato Mustafa Waziri, Segretario Generale del Consiglio Supremo delle antichità. Waziri ha aggiunto che sono stati trovati anche scheletri, resti di mummie ricoperte di foglie d'oro, sarcofagi antropoidi in legno e tracce di rame che un tempo era utilizzato per fabbricare le bare.
Ayman Ashmawi, capo del settore delle antichità dell'Antico Egitto, ha affermato che la parte della necropoli recentemente scoperta ha uno stile architettonico diverso. Ashmawi ha spiegato che questa parte è fatta in mattoni di fango ed è composta da una sala principale a volta con tre camere funerarie a volta e un pozzo funerario con due camere laterali.
I primi studi sulle sepolture, sulle mummie e sulla collezione funeraria rinvenuta indicano che questa necropoli è stata utilizzata durante tre periodi: il tardo antico egiziano, il tolemaico e parte del periodo romano.
La necropoli di Quweisna è uno dei siti archeologici più importanti del Delta del Nilo ed ospita una serie di tombe e camere sepolcrali di diverse epoche archeologiche. Queste sepolture rivelano i cambiamenti nello stile architettonico delle tombe e i metodi di sepoltura utilizzati nelle diverse epoche. Quweisna ospita anche una necropoli per uccelli sacri
Nelle campagne di scavo passate, la missione archeologiche ha riportato alla luce tombe, resti di edifici, mummie, bare e sarcofagi, tra i quali uno enorme antropoide, scolpito nel granito nero per uno degli anziani sacerdoti di Atribis, l'odierna Banha a Qalioubiya, governatorato a nord del Cairo.

Fonte:
english.ahram.org.eg

Georgia, rinvenuto un torchio per vino


Georgia, i resti del torchio dopo la ripulitura del terreno
(Foto: R. Karasliewicz-Szczyplorski)
I resti ben conservati di un antico torchio sono stati trovati vicino al forte romano di Apsaros, l'odierna Gonio, vicino a Batumi, in Georgia.
Secondo il team di archeologi polacco-georgiani, l'installazione faceva quasi certamente parte di un'azienda agricola che produceva vino per le truppe romane.
Vicino l'accampamento romano vennero costruiti anche dei bordelli ed altre strutture commerciali tra i quali, appunto, il torchio.
Le attività vicino ai campi militari erano di solito di proprietà di veterani che, grazie ai buoni contatti con il comando del campo, avviavano attività redditizie. Sia i legionari che le truppe ausiliarie (soldati che non avevano la cittadinanza romana) erano probabilmente di stanza ad Apsaros.
Gli archeologi sono riusciti anche ad individuare che tipo di vino si produceva. Si tratta di un tipo di vino, il Kvevri, che viene tuttora consumato nell'odierna Georgia. Il vino fermentava in vasi di argilla sepolti sotto terra. Aveva un sapore molto diverso dell'attuale vino, piuttosto terroso e dolce. 
L'installazione venne utilizzata nel II-III secolo d.C., quando la guarnigione romana era di stanza ad Apsaros. Gli archeologi ritengono che quasi certamente l'impianto facesse parte di un'azienda agricola che produceva vino non solo per le truppe romane ma anche per i bisogni locali. Il torchio ha caratteristiche strutturali tipiche della tradizione enologica locale, ma per sigillare il piano di lavoro e la vasca del mosto è stata utilizzata la malta idraulica caratteristica delle costruzioni romane. Il torchio è, pertanto, una testimonianza dello scambio di tecniche ed idee al confine tra l'Impero Romano e il locale Regno di Iberia.
Asparos, come era conosciuta la fortezza tra le antiche popolazioni, venne costruita circa 2000 anni fa al confine della provincia romana della Cappadocia. Per la sua posizione strategica, il forte ebbe un ruolo importante nel sistema difensivo dei confini orientali dell'Impero romano. Oggi ne rimangono solo rovine. Vicino alla fortezza un tempo correva l'unica strada che conduceva dalla Colchide (Georgia occidentale) alle provincie romane dell'Asia Minore.

Fonte:
PAP - Scienza in Polonia via scienceinpoland.pap.pl

Egitto, trovata una sala colonnata nel tempio di Butu

Egitto, panoramica sugli scavi della sala colonnata
(Foto: english.ahram.org.eg)

Una missione archeologica egiziana ha riportato alla luce, nel tempio di Butu, nel delta settentrionale del Nilo, i resti di una sala colonnata di un tempio della XXVI Dinastia. Sono stati riportati alla luce anche dei vasi utilizzati, con tutta probabilità, durante i rituali religiosi e pietre decorate con incisioni raffiguranti scene che risalgono al periodo Saita della XXVI Dinastia.
La sala presenta tre colonne allineate, in rovina, con un probabile capitello papiriforme che potrebbe essere associato alla divinità Wadjet, adorata nel tempio di Butu.
E' stato rinvenuto, anche, un rilievo calcareo che mostra una divinità con testa di uccello che indossa una corona bianca circondata da piume, forse si tratta di Nekhpet o Mut
L'area della sala era circondata da un enorme muro di mattoni e fango costruito durante il Nuovo Regno, ulteriormente elevato in altezza durante il periodo Saita. Nell'area del tempio sono stati scoperti anche un piccolo santuario in pietra calcarea ed una notevole quantità di vasi. Si pensa che il tempio sia stato costruito per preservare piccole statue. Precedentemente erano stati scoperti un enorme edificio in pietra, strumenti utilizzati durante i rituali religiosi e scene scolpite nell'avorio e intarsiate con oro e iscrizioni geroglifiche.
La missione archeologica egizia opera a Tel al-Farayeen. Gli scavi continueranno allo scopo di rivelare altri segreti del sito. 

Fonte:
english.ahram.org.eg


Antichi rituali di sacrifici umani: l'incaprettamento femminile

Francia, le sepolture neolitiche rinvenute in grotta (Foto: stilearte.it) Uno studio, pubblicato da Science advances , ha portato alla luce ...