domenica 31 maggio 2020

Israele, tracce di cannabis ed incenso su due altari

Israele, il santuario di Tel Arad con i due altari con incenso
e cannabis (Foto: Museo di Israele, Laura Lachman)
Le analisi del materiale rinvenuto su due altari dell'Età del Ferro scoperti all'ingresso del Santo dei Santi di un santuario a Tel Arad, nella valle di Beersheba, in Israele, hanno rivelato la presenza di cannabis e incenso. In passato gli scavi hanno rivelato, in questo luogo, la presenza di due fortezze sovrapposte, datate al IX-VI secolo a.C., che sorvegliavano e difendevano il confine meridionale della Giudea biblica. All'epoca vennero rinvenuti molti interessanti reperti dell'Età del Ferro, tra i quali anche un santuario ben conservato datato al 750-715 a.C.
Gli altari rinvenuti sono in calcare. Il più piccolo è alto 40 centimetri, con i lati di circa 20 centimetri; il più grande ha un'altezza di circa 50 con lati di circa 30 centimetri. Sono stati trovati all'ingresso del Santo dei Santi del santuario. Evidentemente devono aver svolto un ruolo molto importante nelle pratiche del culto locale. I ricercatori hanno identificato anche un materiale organico solidificato conservato sulla superficie dei due altari. Si tratta, per quel che riguarda l'altare più piccolo, di cannabis mescolata con sterco animale per facilitarne la combustione. Sull'altare più grande, invece, sono state riscontrate tracce di incenso mescolato con grasso animale per agevolarne l'evaporazione.
Questi risultati aggiungono nuova luce sulle pratiche di culto nella Giudea biblica, arrivando a suggerire che qui la cannabis era utilizzata deliberatamente come uno psicoattivo per stimolare l'estasi, parte delle cerimonie di culto. Secondo Eran Arie, del Museo di Israele a Gerusalemme, "Questa è la prima volta che è stato identificato l'utilizzo della cannabis nel Vicino Oriente antico. Il suo utilizzo nel santuario deve aver costituito un ruolo centrale nei rituali di culto che vi si svolgevano".
L'incenso era importato dall'Arabia e la sua presenza a Tell Arad indica la partecipazione di Giuda nel commercio dell'Arabia meridionale ancor prima dell'avvento dell'impero assiro. L'incenso è menzionato come parte degli aromi bruciati nel Tempio di Gerusalemme.

Fonte:
popular-archaeology.com

Israele, prove di un'infezione auricolare di 15000 anni fa

Israele, scheletro di donna con infezione auricolare
(Foto: archaeologynewsnetwork.blogspot.com)
Ricercatori dell'Università di Tel Aviv hanno scoperto le evidenze di un'infezione alle orecchie nel cranio di alcuni individui vissuti nel Levante circa 15000 anni fa. Gli scienziati hanno rilevato un calo della morbilità a seguito di infezioni alle orecchie sopravvenute dopo la transizione da un regime di caccia a quello agricolo. Un picco di morbilità è stato rilevato nella popolazione sedentaria del Calcolitico (circa 6000 anni fa).
Gli individui, durante il Calcolitico, vivevano in zone comuni dove venivano svolte tutte le attività quotidiane, dalla cucina all'allevamento del bestiame. La densità di popolazione in ogni abitazione era, pertanto, piuttosto elevata, l'igiene era scarsa e l'aria interna alle case era inquinata. Altri fattori noti di questo periodo sono il cambiamento nella dieta con il sempre maggiore utilizzo di prodotti lattiero caseari e il cambiamento climatico, con un abbassamento delle temperature ed un aumento delle precipitazioni. Fattori, questi, che hanno provocato un aumento delle infezioni dell'apparato auricolare.
Per meglio studiare il fenomeno, gli scienziati hanno inserito un videoscopio, una piccola telecamera montata su un un tubo flessibile, attraverso il condotto uditivo di alcuni crani, in modo da osservare le pareti ossee interne. Hanno anche scansionato i resti di un cranio con una micro TC ad alta risoluzione. Lo studio ha rivelato che un miglioramento delle condizioni di vita ha portato ad una diminuzione delle infezioni dell'orecchio. Le abitazioni cominciarono ad ingrandirsi, presentando diverse stanze nonché aree specifiche per la cucina, separata dall'esterno, e per la custodia del bestiame.

Fonte:
archaeologynewsnetwork.blogspot.com

Israele, trovata una tavoletta di 3500 anni fa

Israele, la tavoletta trovata a Tel Jemmeh 
(Foto: Emil Aladjem, Israel Antiquities Authority)
Lo scorso marzo un bambino di sei anni ha trovato, nel sito archeologico di Tel Jemmeh, nel sud di Israele, un piccolo oggetto di argilla quadrata di 2,80 x 2,80 centimetri, con incise due figure. L'oggetto è stato consegnato all'Autorità delle Antichità Israeliane.
Gli archeologi ritengono che si tratti di una scoperta unica e rara per uno scavo in Israele. Secondo gli archeologi Saar Ganor, Itamar Weissbein e Oren Shmueli, dell'Autorità delle Antichità Israeliane. La tavoletta raffigura la scena di un uomo che conduce un prigioniero. La figura indossa una sorta di gonna e tiene il prigioniero, completamente nudo, per le mani, piegate dietro la schiena. 
I ricercatori stimano che il manufatto risalga alla tarda Età del Bronzo (tra il XII ed il XV secolo a.C.). In questo periodo la terra di Canaan era governata dall'Egitto. Canaan era divisa in città stato amministrate da re locali. Dalle famose lettere di El Amarna risulta che all'epoca ci fossero lotte e conflitti interne tra le diverse città stato.
I ricercatori ritengono che la scena raffigurata sulla tavoletta descriva simbolicamente le lotte per il potere tra la città di Yurza (oggi Tel Jemmeh) - una delle più forti città cananee nel sud del Paese - ed i suoi vicini.

Fonte:
archaeologynewsnetwork.blogspot.com

Veneto, scoperto pavimento musivo di III secolo d.C.

Verona, parte del pavimento musivo della villa romana di
III sec. d.C. (Foto: Comune di Negrar)
Un pavimento musivo di origine romana, perfettamente conservato, è stato scoperto in provincia di Verona. Si tratta del pavimento di una villa che si ritiene risalga al III secolo d.C. e che si trovava nei pressi della cittadina di Negrar di Valpolicella.
La scoperta della villa risale al 1922 ma in seguito i resti vennero abbandonati e furono occultati dalla vegetazione. La scorsa estate la Sovrintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Verona ha ripreso gli scavi, riportando alla luce le fondamenta della villa romana ed il pavimento musivo al di sotto di un vigneto. Il mosaico, ben conservato, presenta motivi ad incastri dai vivaci colori blu e vermiglio.
Il pavimento musivo va ad aggiungersi agli altri dati già in possesso dei tecnici per capire la precisa collocazione della villa e le sue dimensioni. A questo proposito i tecnici della Sovrintendenza stanno effettuando carotaggi mirati del suolo. I terreni in cui si trova quest'ultima sono di proprietà privata ed i proprietari hanno mostrato sensibilità e disponibilità ad una prosecuzione degli scavi archeologici.

Fonti:
theguardian.com
artribune.com

sabato 30 maggio 2020

Messico, trovate ossa di mammut

Messico, un archeologo al lavoro sul luogo del
ritrovamento (Foto: INAH)
Gli archeologi messicani hanno rinvenuto le ossa di circa 60 mammut in un aeroporto in costruzione a nord di Città del Messico. La scoperta fa pensare che un tempo l'area fosse un lago poco profondo, dove andavano ad abbeverarsi questi grandi animali.
L'Istituto Nazionale di Antropologia e Storia ha iniziato a scavare in tre grandi aree poco profonde già da ottobre 2019, quando sono iniziati i lavori per convertire una vecchia base aerea militare in aeroporto civile. In circa sei mesi sono state rinvenute le ossa di 60 mammut e gli archeologi pensano che altre siano ancora in attesa di essere portate alla luce.
Gli scavi si sono concentrati sulle rive di quello che un tempo era un lago, conosciuto come Xaltocan, ora scomparso. Questo specchio d'acqua era particolarmente ricco di erba e canne che attiravano i mammut lungo le sue rive. A circa 10 chilometri dal luogo sono stati rinvenuti, lo scorso anno, anche due pozzi costruiti dall'uomo 15000 anni fa, che fungevano da trappole per i grandi mammiferi. In queste trappole, oltre ai resti di altri mammut, sono state rinvenute ossa di almeno altri 14 animali, tutti macellati, tra i quali un cavallo ed un cammello, vissuti in un periodo compreso tra i 15000 ed i 20000 anni fa.
Da studi recenti risulta che i mammut siano rimasti bloccati nel fango dell'antico lago e siano stati divorati, pertanto, da altri animali. Si pensa, anche, che questi grandi animali siano stati inseguiti e intrappolati in questo luogo proprio dagli uomini. 
Le ossa di mammut furono rinvenute già all'epoca degli Aztechi, che abitavano e governavano la Valle del Messico tra il 1325 ed il 1521. Questo ingente ritrovamento permetterà agli scienziati di indagare ulteriormente sulla vita e le abitudini di questi grandi mammiferi.

Fonte:
apnews.com

venerdì 29 maggio 2020

Nuove scoperte a Paestum

Area archeologica di Paestum
Paestum, area archeologica (Foto: Napoli post)
In questi giorni è stata fatta un'importante scoperta a Paestum, nel corso dei lavori pubblici per il rifacimento della linea elettrica condotti, per conto di Enel SpA, dalla Sogea lungo via Magna Grecia e seguiti sotto la direzione scientifica della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Salerno e Avellino.
Nei pressi di Porta Aurea, accesso settentrionale della città antica, parzialmente distrutta dall'attuale via Magna Grecia nel 1829, ex SS 18, sono riemersi parte della pavimentazione e blocchi in calcare locale  di uno dei due pilastri su cui poggiava l'arco della porta. Gli archeologi hanno immediatamente posto in essere un sopralluogo dal quale è emersa una porzione delle mura di Paestum finora sconosciute se non da piante dell'Ottocento.
Paestum, Porta Aurea
Paestum, Porta Aurea
"Questo rinvenimento - ha dichiarato Francesca Casule, Soprintendente Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Salerno e Avellino. - testimonia che anche la realizzazione di opere pubbliche costituisce un'occasione importante non solo per la tutela del patrimonio archeologico ma anche per la sua conoscenza. D'intesa con la Direzione del Parco si sta elaborando un progetto di valorizzazione dell'accesso settentrionale della città antica".
La scoperta di queste ore rinforza il lavoro di ricerca, restauro e valorizzazione della cinta muraria condotto dal Parco Archeologico di Paestum e Velia nell'ambito dei progetti PON che vedono l'investimento di circa 6 milioni di euro per la riqualificazione e riammodernamento dell'area archeologica di Paesum. "Da circa un anno stiamo lavorando intensamente lungo le mura di Paestum, uno dei complessi difensivi meglio conservati dell'Italia antica, lungo circa 5 chilometri. - Ha dichiarato il direttore Gabriel Zuchtriegel. - I lavori di pulizia e restauro del tratto ovest delle mura ci hanno fatto scoprire un tempietto dorico in una zona periferica della città antica. E' il momento di unire tutti i tasselli in un più ampio progetto di valorizzazione della città antica che coinvolga anche le altre istituzioni territoriali, innanzitutto Soprintendenza e Comune, ma anche i colleghi dell'Università di Salerno che da tempo stanno portando avanti un progetto di ricerca sulle fortificazioni di Paestum".
L'amministrazione comunale di Capaccio-Paestum, guidata dal sindaco Alfieri, ha confermato l'impegno preso già qualche mese fa di restituire alla comunità l'anfiteatro di Paestum, promuovendo un progetto di scavo unitamente alla riorganizzazione della viabilità intorno alle mura.

Fonte:
zerottonove.it

sabato 23 maggio 2020

Bulgaria, scoperte sepolture romano-tracie

Bulgaria, il vaso ricavato da un uovo di struzzo
(Foto: Veliko Tarnovo, Museo Regionale di Storia)
Diversi, interessanti, manufatti, quali un vaso ricavato da un uovo di struzzo ed uno sperone d'oro con la raffigurazione di un cavaliere tracio, sono stati scoperti nello scavo di recupero di un tumulo pertinente una sepoltura tracia di età romana in Bulgaria. Il tumulo si trova vicino al monastero di San Pietro e Paolo, nel comune di Lyaskovets, nel distretto di Veliko Tarnovo.
Il tumulo ha un diametro di 50 metri ed un'altezza di di un metro e risalirebbe, secondo la datazione ufficiale, al II-III secolo d.C. Tutta l'antica Tracia a sud del Danubio venne conquistata dai Romani nel 46 d.C. Sia l'aristocrazia tracia che la popolazione si integrarono perfettamente con i Romani. Il team guidato dall'archeologo Kalin Chakarov, del Museo Regionale di Storia di Veliko Tarnovo, ha scavato un totale di 19 tombe nel tumulo funerario, la maggior parte delle quali risalgono alla metà del III secolo d.C. I defunti sono stati cremati e le loro ceneri sono state deposte in camere appositamente progettate, con molti corredi funebri ed effetti personali.
I reperti più importanti ed interessanti provengono dalla tomba centrale del tumulo, lunga 3 metri e profonda 1,2 metri. Al suo interno gli archeologi hanno trovato un vaso ricavato da un uovo di struzzo ed un perone d'argento rivestito d'oro. Quest'ultimo è l'unico artefatto del genere scoperto in Bulgaria. Un altro manufatto molto interessante, rinvenuto sempre nella sepoltura principale, è una brocca con la rappresentazione di una maschera.
Bulgaria, vaso decorato con volto umano
(Foto: Veliko Tarnovo Museo Regionale di Storia)
Tra i reperti gli archeologi bulgari hanno incluso una cintura decorata con appliques d'argento, due orecchini d'oro, vasi in ceramica, diverse fiale per raccogliere le lacrime di coloro che piangevano i defunti, 30 monete di rame e bronzo della prima metà del III secolo d.C. ed una moneta mal conservata dell'inizio del II secolo d.C. La maggior parte di queste monete erano oboli, solitamente posti sotto la lingua del defunto e destinati a Caronte, il traghettatore dell'Ade, secondo la mitologia greca e romana.
La maggior parte dei vasi in ceramica scoperti sono piuttosto deformati e non erano certamente più in uso, al momento in cui i defunti a cui appartenevano vennero sepolti. Gli archeologi pensano che l'uomo sepolto nella tomba principale del tumulo sia stato un guerriero di origine tracia che aveva completato il suo servizio nell'esercito romano, tornato nel suo luogo d'origine.
Lo sperone rinvenuto doveva essere estremamente costoso. E' stato sicuramente realizzato dall'atelier di qualche artigiano dell'Egeo. Si tratta di un ornamento tipico di un cavaliere tracio. L'uovo di struzzo, trovato sempre nella sepoltura di quello che si pensa essere un capo, è l'unico del suo genere finora scoperto negli scavi archeologici in Bulgaria. E' stato certamente importato dalle provincie africane o asiatiche dell'Impero Romano ed era certamente ritenuto un ornamento esotico. L'uovo di struzzo risale alla fine del II secolo d.C. - inizio del III secolo d.C. Prima di essere collocato nella tomba, il vaso è stato smontato ritualmente e le sue parti metalliche sono state rimosse.

Fonte:
archaeologyinbulgaria.com

Roma, i segreti di piazza della Rotonda...

Roma, l'archeologa Marta Baumgartner sul sito della scoperta al Pantheon
(Foto: Maurizio Brambatti/Ansa)
Una pavimentazione di epoca imperiale sotto una voragine, quella che si è aperta in piazza della Rotonda, di fronte al Pantheon, il 27 aprile scorso. Le indagini archeologiche hanno portato alla luce sette lastre di travertino, che si trovano ad una quota di circa 2,30/2,70 metri sotto il piano stradale, con dimensioni di circa 80 per 90 centimetri per uno spessore di 30 centimetri. Queste lastre sono state trovate per la prima volta negli anni '90 del secolo scorso, in occasione della costruzione di una galleria di sottoservizi.
"Dopo oltre vent'anni dal loro rinvenimento - spiega Daniela Porro, Soprintendente Speciale di Roma - riemergono intatte le lastre della pavimentazione antica della piazza antistante al Pantheon, protette da uno strato di pozzolana fine. Una dimostrazione inequivocabile di quanto sia importante la tutela archeologica, non solo una occasione di conoscenza, ma fondamentale per la conservazione delle testimonianze della nostra storia, un patrimonio inestimabile in particolare in una città come Roma".
Tra la pavimentazione imperiale, intatta e allineata come in origine, una piccola parte mancante apre uno spiraglio per proseguire lo scavo in profondità e conquistare un pezzetto in più della storia di piazza della Rotonda. "E' un'emozione rivederle, per noi e per chi ha la fortuna di passare di qua in questi giorni. - Racconta Marta Baumgartner, archeologa della Soprintendenza speciale responsabile dello scavo. - Questa pavimentazione occupa quasi tutta la piazza. Adesso faremo un confronto con i dati che i colleghi hanno archiviato negli anni '90". Dice.
In epoca imperiale la piazza era molto più grande dell'attuale e si apriva di fronte al Pantheon, il tempio dedicato a tutti gli dei fatto costruire da Agrippa tra il 27 ed il 25 a.C. L'area è stata interamente ristrutturata nel II secolo d.C. dall'imperatore Adriano e anche la piazza è stata rialzata e nuovamente pavimentata. "Le quote cui si trovano le lastre, oggi rimesse in luce, appaiono pertinenti alla fase adrianea del complesso. - Spiega Marta Baumgartner. - Questi reperti saranno confrontati con quelli riferiti alla scoperta degli anni '90. Fanno parte della pavimentazione antistante al Pantheon e che proseguiva verso nord fino al Mausoleo di Augusto".

Fonti:
romatoday.it
roma.corriere.it

Egitto, emerge un'altra necropoli a Saqqara

Egitto, Saqqara, sepoltura rinvenuta dalla missione tedesco-egiziana
(Foto: english.ahram.org.eg)
Durante i lavori di scavo della missione tedesco-egiziana dell'Università di Tubinga che lavora a Saqqara, è stata scoperta una nuova camera sepolcrale sul fondo di un pozzo funerario di 30 metri di profondità, collegato ad un laboratorio per la mummificazione scoperto, assieme ad un grande complesso funerario composto da cinque camere sepolcrali, nel 2018.
Dopo più di un anno di scavo e documentazione, la missione ha scoperto una sesta camera sepolcrale nascosta dietro un muro di pietra di 2600 anni fa. Mustafà Waziri, Segretario Generale del Consiglio Supremo delle Antichità, ha annunciato che la camera appena scoperta conteneva quattro sarcofagi in legno in cattivo stato di conservazione.
Ramadan Badri Hussein, supervisore archeologico del Ministero degli Affari delle Antichità, ha dichiarato che uno dei sarcofagi appartiene ad una donna di nome Didibastet. La donna venne sepolta con sei vasi canopi nei quali erano contenute le viscere del defunto poste sotto la protezione delle divinità. La missione archeologica ha esaminato il contenuto di due dei vasi di Didibastet utilizzando la tomografia computerizzata ed ha individuato la presenza di tessuti umani al loro interno.
Egitto, Saqqara, gli scavi della missione tedesco-egiziana
(Foto: english.ahrama.org.eg)
Queste analisi hanno portato a pensare che Didibastet abbia avuto una speciale forma di mummificazione che prevedeva la conservazione di sei organi del suo corpo. La missione ha identificato, nello scavo, anche le sepolture di sacerdoti e sacerdotesse di una misteriosa dea-serpente, conosciuta come Niut-Shaes. Le indicazioni raccolte indicano che i sacerdoti di questa divinità vennero sepolti insieme e che Niut-Shaes assurse all'Olimpo egiziano intorno alla XXVI Dinastia.
Un sacerdote ed una sacerdotessa di Niut-Shaes, inoltre, sembrano essere stati degli immigrati egizi. I loro nomi - Ayput e Tjanimit - erano popolari nella comunità libica che si stabilì in Egitto a partire dalla XXII Dinastia (943-716 a.C. circa). L'antico Egitto era una società multiculturale che accoglieva immigrati da diverse parti del mondo antico, tra i quali greci, libici e fenici.
La missione archeologica ha condotto anche test non invasivi con metodi di fluorescenza a raggi X sulla maschera d'argento presente sul volto della mummia di una sacerdotessa della dea Niut-Shaes. Il test ha provato la purezza dell'argento della maschera, pari al 99,07%. Si tratta della prima maschera d'argento scoperta in Egitto dal 1939 e la terza di questo tipo trovata in Egitto.
Un team internazionale di archeologi e chimici dell'Università di Tubinga, dell'Università di Monaco e del Centro Nazionale di Ricerca egiziano del Cairo ha effettuato test chimici sui residui di oli e di resine conservati in tazze, ciotole e vasi trovati nel laboratorio di mummificazione. I primi risultati di questi test forniscono un elenco di sostanze utilizzate per il processo di conservazione, tra i quali bitume, olio di cedro, resina di cedro, resina di pistacchio, cera d'api, grasso animale, olio d'oliva ed olio di ginepro.
Nel 2018 Khaled El-Enany, ministro del turismo e delle antichità, ha annunciato al mondo la scoperta senza precedenti, a Saqqara, di un complesso di laboratori per la mummificazione dell'epoca della XXVI Dinastia (664-525 a.C. circa) che includeva una cachette in ceramica appartenente ad un addetto alla mummificazione e un pozzo funerario profondo 30 metri. Le sepolture trovate alla fine del pozzo contenevano i resti di circa 54 defunti, cinque grandi sarcofagi, una dozzina di vasi canopi in calcite (alabastro egiziano), migliaia di ushabti ed una rara maschera funeraria in argento dorato.

Fonte:
english.ahram.org.eg

Gran Bretagna, il capo e lo sciamano

Gran Bretagna, la sepoltura del capo della cultura Becher
(Foto: Archaeologica Foundations)
Gli archeologi hanno riportato alla luce, nel sudovest dell'Inghilterra, a Skate Park, i resti di un capo vissuto nell'Età del Bronzo, sepolto con i segni di molta ricchezza. Un'altra sepoltura, scoperta accanto ai resti di questo esponente importante di una comunità locale, è quella di un uomo anziano, sepolto in posizione seduta e con uno scarso corredo funebre. Gli archeologi pensano che i due uomini avessero avuto, in vita, un legame sociale particolare.
Le sepolture sono state rinvenute nel 2017 e la datazione al radiocarbonio ha rivelato che i due uomini sono vissuti nel 2200 a.C. circa. Nella sepoltura più ricca vi erano i crani e gli zoccoli di quattro diversi bovini. Offerte di teste e zoccoli di bovini erano usuali in Europa durante l'Età del Bronzo, ma erano molto poco comuni in Gran Bretagna.
Sia i reperti che i l'età e lo stile delle sepolture suggeriscono che questi uomini appartenevano alla cultura Becher, dal nome di una tipologia di vasi in ceramica. Secondo recenti studi sul Dna le persone di questa cultura arrivarono dall'Europa continentale intorno al 2400 a.C. e, probabilmente, furono i primi ad utilizzare il rame ed il bronzo in Gran Bretagna. La cultura Becher seppelliva i suoi morti con una sorta di "corredo standard" di beni: un vaso, un pugnale in rame, una protezione da polso per arcieri, perline d'ambra e a volte anche teste di bestiame e zoccoli. In questo caso solo quello identificato come capo aveva tutti questi beni, tranne il vaso in in ceramica.
Gli archeologi pensano che il proprietario della sepoltura più ricca fosse un uomo molto onorato in vita. Nel suo corredo funerario spiccano un pugnale in rame con pomo in osso di balena, una selce e pirite in ferro per il fuoco e ricche offerte di bestiame. Era sepolto al centro di un fossato circolare e su di lui era stato deposto anche un carro. All'interno del recinto circolare di sepoltura era stato, in seguito, deposto il corpo di un uomo più anziano, di circa 50-60 anni di età. Probabilmente, secondo i ricercatori, si trattava di uno sciamano che venne sacrificato per poter essere utile all'uomo più importante nell'aldilà. Al momento, però, non ci sono prove a sostegno di questa ricostruzione.
Indubbiamente la sepoltura dell'uomo più anziano è piuttosto insolita per l'epoca. L'uomo è stato sepolto in posizione seduta. Le gambe, entrambe conservate, si estendevano verso il basso mentre la maggior parte dei morti dell'Età del Bronzo era disposta in posizione accovacciata, su un lato del corpo.

Fonte:
livescience.com

Messico, trovati resti di schiavi africani

Città del Messico, i crani dei tre individui di origine africana analizzati
dagli antropologi (Foto: R. Barquera e N. Bernal)
Alla fine degli anni '80 del secolo scorso, alcuni operai che stavano lavorando alla nuova linea di metropolitana di Città del Messico si imbatterono in un'antica necropoli. Documenti storici collegano questa necropoli ad un ospedale coloniale costruito tra il 1529 ed il 1531 per gli ammalati indigeni.
Nello scavo sono stati attenzionati, dagli archeologi, tre scheletri i cui denti erano simili a quelli degli schiavi africani del Portogallo e delle popolazioni dell'Africa occidentale. Le analisi genetiche hanno confermato che questi individui sono la prima generazione di africani arrivata nelle Americhe.
Tra il XVI ed il XVII secolo vivevano in Messico migliaia di schiavi africani. Oggi quasi tutti i messicani hanno una parte di eredità genetica africana nel loro sangue. Rodrigo Barquera, laureato in archeogenetica presso il Max Planck Institute for the Science of Human History, unitamente al Dottor Johannes Krause, hanno estratto il Dna dagli scheletri trovati a Città del Messico ed hanno analizzato gli isotopi chimici, tra i quali lo stronzio, il carbonio e l'azoto, estratti dai denti. Le analisi sul Dna hanno rivelato che gli scheletri ritrovati appartenevano tutti ad uomini con ascendenza dell'Africa occidentale. L'analisi chimica dei denti ha confermato che il cibo e l'acqua che questi individui hanno consumato in età infantile erano coerenti con gli ecosistemi dell'Africa occidentale.
Tutti e tre gli scheletri analizzati dalla Scuola Nazionale di Antropologia e Storia di Città del Messico, mostrano segni di traumi e violenze. Gli scheletri appartengono ad esseri umani di sesso maschile di età compresa tra i 20 ed i 30 anni. Uno di questi individui sembra essere sopravvissuto a diverse ferite da arma da fuoco. Questo scheletro ed un altro mostrano un assottigliamento delle ossa del cranio, associabile a malnutrizione ed anemia. Lo scheletro del terzo uomo mostra segni di stress da lavoro fisico, tra i quali una gamba rotta non perfettamente guarita. Questi segni di abusi e violenze parlano chiaramente di schiavitù.
Gli scheletri dei due uomini con segni di malnutrizione hanno rivelato anche la presenza di agenti patogeni legati a malattie croniche. Uno degli scheletri ha restituito prove della presenza del virus dell'epatite B mentre l'altro recava segni di una malattia simile alla sifilide. Entrambi i ceppi patologici hanno rivelato strette connessioni con i ceppi africani delle malattie. I ricercatori non sono ancora in grado di dire cosa abbia ucciso queste persone. Resta il fatto che tutti sono stati sepolti in una fossa comune nel cimitero dell'ospedale, il che fa pensare ad un'epidemia, forse di vaiolo.

Fonte:
sciencemag.org.

venerdì 1 maggio 2020

Israele, la lastra dello sciamano della grotta di Raqefet

Israele, graffito di una figura umana su una lastra (Foto: Eli Crater Gerstein)
Una figura umana è stata identificata su una lastra di sepoltura di 14000 anni fa, trovata in Israele. I Natufiani furono i primi a seppellire i loro morti in veri e propri cimiteri, anche se in tombe poste a poca profondità nel terreno e con misteriose lastre dentro e sopra alcune tombe.
L'incisione appena identificata sembra rappresentare uno sciamano danzante ed è stata rinvenuta su una lastra sepolcrale posta all'interno di un cimitero natufiano nel nord di Israele. Nella grotta sono stati rinvenuti, inoltre, i resti di diversi individui morti tra i 14000 ed i 12000 anni fa, almeno a quanto risulta dalle analisi al radiocarbonio degli scheletri.
Israele, il punto in cui è stato ritrovata la lastra incisa nella grotta di
Raqefet (Foto: Dani Nadel)
L'immagine sulla lastra è un esempio estremamente raro di una figura umana identificabile sicuramente incisa dai Natufiani. Questa antica cultura esisteva già 15000 anni fa e si era installata su un'area che si estendeva dal Sinai alla Siria settentrionale. Il periodo prolungato di transizione dalla società paleolitica dei cacciatori-raccoglitori agli agricoltori neolitici, iniziata circa 15000 anni fa nella regione del Mediterraneo, è detto periodo Natufiano. Piccoli gruppi di nomadi hanno lasciato il posto a complesse comunità sedentarie o semi-sedentarie che sussistevano ancora alle soglie della società agricola.
Quando i Natufiani si stanziarono stabilmente ed iniziarono a coltivare la terra, cominciarono anche a creare dei luoghi precisi di sepoltura per i loro congiunti. Le pratiche mortuarie dei Natufiani erano piuttosto elaborate. I loro riti funerari erano, forse, caratterizzati da raduni e banchetti ed anche da danze. La figura riconosciuta sulla lastra sepolcrale potrebbe essere uno sciamano vestito, con tutta probabilità, di pelle animale. Si spera di trovare altre lastre da esaminare con i moderni metodi a disposizione per ricavare maggiori informazioni su questa misteriosa popolazione.
Israele, grotta di Raqefet, masso scavato a formare un mortaio
(Foto: haaretz.com)
Le lastre della grotta di Raqefet, dove è stata rinvenuta la lastra con l'incisione di uno sciamano, contiene diverse lastre, trasportate non senza sforzo. Le sepolture natufiane si trovano nella prima grande sala all'ingresso della grotta. Al momento sono stati rinvenuti circa 30 individui di tutte le età: bambini, adulti, uomini, donne, alcuni deposti in sepolture multiple, altri sepolti individualmente. Sono state trovate anche dieci lastre ma è anche impossibile dire a chi sia appartenuta la lastra con l'enigmatica incisione, poiché non si trovava all'interno di una sepoltura.
Gli archeologi si sono anche chiesti, vista l'esiguità degli individui sepolti nella grotta di Raqefet, che fine avessero fatto gli altri defunti della comunità che qui viveva. In realtà non si sa ancora molto sullo scopo di questo cimitero né sull'esistenza di altre sepolture in qualche altro luogo. Si presume, al momento, che le sepolture in grotta appartenessero ad un'élite sociale.
I Natufiani usavano seppellire i morti con beni funerari tra i quali carne, utensili in pietra e pesanti mortai di pietra. La sepoltura di una donna di circa 12000 anni fa, trovata dagli archeologi dell'Università Ebraica nella grotta di Hilazon Tachtit, nella Galilea occidentale era talmente elaborata da far pensare ad una sciamana. I suoi beni funerari comprendevano 86 gusci di tartaruga, un'ala di aquila, un osso pelvico di leopardo, una gamba di maiale e il coccige di una mucca.

Fonte:
haaretz.com

Egitto trovato il busto di una statua di Ramses scoperta nel 1930

Egitto, il busto di Ramses II appena rivenuto (Foto: finestresullarte.info) Un team di archeologi egiziani e di ricercatori dell'Univers...