sabato 15 giugno 2019

Gli egizi e...l'anguria

Egitto, raffigurazione tombale di un'antica anguria
(Foto: Renner, Perez-Escobar, Silber, Nesbitt, Preick, Hofreiter, Chomicki)
Grazie ad un accurato studio del Dna sappiamo per certo che gli antichi egizi amavano mangiare angurie dalla polpa rossa. I cocomeri selvatici che si trovano in molte parti dell'Africa sono differenti dalla varietà "domestica" di questi frutti. Essi hanno un sapore piuttosto amaro e la polpa bianca.
Immagini sulle pareti di almeno tre antiche tombe egizie raffigurano, invece, come doveva essere l'aspetto delle angurie gradite agli antichi egizi. Questi frutti sono simili in modo sorprendente alle varietà moderne e nel XIX secolo foglie di anguria sono state rinvenute collocate su una mummia di 3500 anni fa.
La botanica Susanne Renner, dell'Università di Monaco di Baviera, una volta osservate queste foglie ha capito che il Dna in esse contenuto poteva rivelare il sapore e l'aspetto di questi frutti. Il Dna antico, quindi, è stato parzialmente sequenziato, compresi due geni cruciali, uno dei quali controlla il sapore amaro dovuto alla produzione di una sostanza chiamata cucurbitacina. Nel melone di 3500 anni fa è stata riscontrata una mutazione che ha "disabilitato" questo gene, il che vuol dire che il frutto aveva una polpa dolce al pari delle varietà moderne.
L'altro gene è una codifica dell'enzima che converte il pigmento rosso licopene - lo stesso che dà il colore ai pomodori - in un'altra sostanza. Anche questo gene, per mutazione, nelle foglie dell'antico frutto è stato disattivato. Dunque questi antenati delle angurie che conosciamo dovevano essere grandi e dalla forma allungata, così come è rappresentato nelle antiche raffigurazioni egizie. Gli antichi agricoltori coltivavano, pertanto, un frutto molto simile all'attuale anguria.
Lo studio del Dna delle foglie ha, inoltre, rivelato che l'antico melone era "imparentato" con un cocomero dolce, dalla polpa bianca, ancora coltivato nella regione sudanese del Darfur. Il che suggerisce che l'anguria sia stato il primo frutto coltivato dagli agricoltori di questa regione e che la sua coltivazione si sia, poi, diffusa verso nord, lungo il Nilo, parallelamente ad un miglioramento dell'aspetto e del sapore della gustosa polpa.

Fonte:
newscientist.com

Gran Bretagna, trovata moneta di un imperatore effimero

Gran Bretagna, la moneta del 57 a.C. trovata sulla A14
(Foto: Highways England) 
In Inghilterra, durante i lavori di ammodernamento dell'autostrada tra Huntingdon e Cambridge, è stata scoperta una rarissima moneta di un imperatore romano che regnò per soli due mesi.
La moneta raffigura Ulpio Cornelio Leliano ed è la seconda del genere rinvenuta in Inghilterra. L'imperatore è raffigurato con la corona radiata. Il ritrovamento riveste una notevole importanza, dal momento che Leliano venne ucciso durante l'assedio di Magonza e che del suo regno rimangono scarse prove e documentazioni. Gli archeologi ritengono che la moneta sia arrivata in Gran Bretagna dopo la morte dell'imperatore.
La moneta è stata rinvenuta in un fosso pertinente una piccola fattoria romana. Julian Bowsher, specialista numismatico e archeologo, ha affermato: "Gli imperatori romani erano molto ansioni di coniare monete. Leliano regnò per soli due mesi, che è un tempo sufficiente per coniare monete simili, che venivano prodotte dalla zecca di Mainz, in Germania. Il fatto che una di queste monete abbia raggiunto le coste della Gran Bretagna dimostra la notevole efficienza della circolazione umana e monetaria dell'epoca".
Una moneta ancora più antica, risalente al 57 a.C., è stata trovata sempre lungo il percorso dell'A14 e si ritiene provenga dalla Francia, dove si pensa che monete simili siano state coniate per sostenere coloro che si opponevano ai Romani di Giulio Cesare.

Fonte:
huntspost.co.uk
Gran Bretagna, la moneta di Leliano trovata sulla A14

Mitilene, trovato un tempio dedicato a Nemesi

Mitilene, vista degli scavi del tempio nella parte sud del teatro
(Foto: Sto Nisi)
Un antico tempio greco dedicato alla dea Nemesi è stato scoperto tra le rovine di un antico teatro a Mitilene. I resti sono tornati alla luce nell'entrata sud (pàrodos) del teatro, sotto una serie di blocchi di calcare di grandi dimensioni.
Gli archeologi che stanno conducendo gli scavi nella zona ritengono che il teatro sia stato completato in due fasi diverse di costruzione: durante l'epoca ellenistica (III secolo a.C.) e in epoca romana (I secolo d.C.). La sua notevole dimensione porta a credere che potesse contenere più di 10.000 spettatori.
Il tempio dedicato a Nemesi risale anch'esso al I secolo d.C. ed è stato identificato grazie alla presenza di un altare per le offerte in pietra e ad una serie di iscrizioni dedicatorie di sacerdoti e persone di spicco dell'epoca. Pavlos Triantafylledes, archeologo capo dell'Eforato di Lesbo, ha fatto notare che la posizione stessa del tempio, a sud del pàrodos, non è arbitraria, poiché venne costruita, in epoca romana, un'arena per i combattimenti gladiatori proprio là dove un tempo vi era l'orchestra. "Dal momento che queste gare dovevano concludersi con un omaggio alla giustizia e l'assegnazione della vittoria al miglior gladiatore, l'esistenza di un tempio dedicato a Nemesi era praticamente obbligatoria", ha dichiarato Triantafylledes.
Lo scavo sta procedendo con il contributo dell'Università di Bari e della sua scuola di ingegneria civile. Nemesi, alla quale era dedicato il tempio appena scoperto era una divinità greca che richiedeva un tributo da coloro che cedevano alla hybris, il peccato di orgoglio estremo, sciocco e pericoloso che si concretizzava in un'eccessiva sicurezza di sé al punto da sconfinare, a volte, nell'arroganza. Il nome di questa divinità deriva dal verbo greco "némein", che significa "dare ciò che è dovuto".

Fonte:
greece.greekreporter.com

Orme degli antenati in nord Italia

Grotta della Bàsura, le impronte del gruppo umano che vi penetrò nel
Paleolitico superiore (Foto: Isabella Salvador)
Circa 14000 anni fa, un gruppo di persone, a piedi nudi, due adulti e tre bambini, sono avanzati strisciando attraverso un buio corridoio in una grotta. Recentemente gli studiosi hanno esaminato le loro impronte. Per illuminare il percorso, questo gruppetto primitivo ha, probabilmente, bruciato fasci di pino che gli archeologi hanno rinvenuto nella grotta, conosciuta con il nome di Bàsura, che si trova nel nord Italia.
Il soffitto di questa grotta è così basso che questi antichissimi esploratori furono costretti letteralmente a strisciare, lasciandosi alle spalle la prima prova mai lasciata di uno spostamento di tal genere, vale a dire le impronte di persone che procedevano accovacciate.
Della presenza umana all'interno della Grotta della Bàsura si sapeva fin dal 1950, ma le nuove analisi con strumentazione all'avanguardia, tra cui il laser, hanno permesso di riprodurre e modellare le impronte di questi nostri antenati in 3D. Le orme "parlano" della presenza di cinque persone nella grotta, durante il Paleolitico superiore. Si tratta di tre bambini e di due adulti che procedevano a piedi scalzi e, probabilmente, senza avere indosso vestiti (almeno che non abbiano lasciato tracce nella grotta).
I ricercatori hanno trovato ben 180 orme nella Grotta della Bàsura, tutte
risalenti a 14000 anni fa (Foto: Marco Avanzini)
Il gruppetto è avanzato per almeno 150 metri arrivando a quello che è stato chiamato "il corridoio delle impronte", procedendo, da questo punto in poi, in fila indiana con il bambino più piccolo in coda al gruppo. I cinque individui hanno camminato molto vicini alla parete della grotta, un modo di procedere molto simile a quello utilizzato dagli animali quando si spostano in ambienti scarsamente illuminati e sconosciuti.
Poco dopo aver imboccato "il corridoio delle impronte", il percorso si è fatto più difficile, dal momento che il soffitto della grotta si è abbassato fino a raggiungere gli 80 centimetri dal suolo, costringendo questi antichissimi esploratori a procedere mettendo le mani e le ginocchia sul substrato di argilla che funge da pavimentazione del corridoio.
Grotta della Bàsura, sala del laghetto
(Foto: Wikipedia)
Il gruppetto ha sfiorato, poi, delle stalagmiti, e, attraversato un piccolo stagno, è salito su un piccolo pendio oltre il cosiddetto "cimitero degli orsi" giungendo alla "sala dei misteri" dove si è fermato. Qui i tre bambini (tra loro sembra esserci stato un adolescente) hanno iniziato a raccogliere argilla dal terreno per spalmarla su una stalagmite. Le torce utilizzate dal gruppo hanno lasciato numerose tracce di carbone sulle pareti. Al termine di questa operazione il gruppetto ha lasciato la cavità.
Questo studio dimostra che anche i bambini molto piccoli erano membri attivi delle popolazioni del Paleolitico superiore. La Grotta della Bàsura, che si trova nella provincia di Savona, è nota dal secolo scorso per le esplorazioni dello studioso don Nicolò Morelli, canonico di Pietra Ligure, sebbene fosse conosciuta fin dalla fine dell'Ottocento e scavata già nel 1889 dallo stesso canonico. E' composta da una serie di sale interne che seguono un percorso di circa 450 metri. Qui trovò rifugio l'orso delle caverne, la cui presenza è stata attestata dal ritrovamento di numerosi resti ossei nonché da impronte di zampe sul suolo e dalle tracce di unghie alle pareti.
Le ricerche, iniziate già dal 1960, sono state riprese nel 2014 con una revisione completa delle emergenze umane ed animali. Ad occuparsene un gruppo di ricercatori delle Università di Genova e di Pisa, unitamente a studiosi del Museo Archeologico del Finale.

Fonti:
livescience.com
toiranogrotte.it

Antichi rituali di sacrifici umani: l'incaprettamento femminile

Francia, le sepolture neolitiche rinvenute in grotta (Foto: stilearte.it) Uno studio, pubblicato da Science advances , ha portato alla luce ...