domenica 31 ottobre 2021

Puglia, tesori greci nel mare di Otranto

 
Puglia, anfore dal golfo di Otranto
(Foto: Ministero della Cultura)
Un relitto che trasportava, nel VII secolo a.C., ceramiche greche, scoperto nel 2019 nell'Italia meridionale, getta nuova luce proprio sulla Magna Grecia. L'imbarcazione giaceva a 780 metri di profondità nel golfo di Otranto.
Il carico della nave comprendeva ventidue anfore in ceramica, recuperate con l'aiuto di un sommergibile Remotely Operated Vehicle, dotato delle ultime tecnologie per l'esplorazione subacquea.
Le anfore e gli altri reperti sono state avvistate per la prima volta nel 2018, durante le operazioni per la posa di un gasdotto che porta gas naturale dall'Azerbaigian all'Italia.
Le ventidue anfore rinvenute comprendono tre anfore di tipo corinzio A, dieci skyphoi corinzi, quattro idrie corinzie, tre oinochoai e una brocca in ceramica grossolana di tipo corinzio molto comune. Il carico straordinariamente intatto "mette in luce le prime fasi dell'insediamento greco antico nell'Italia meridionale, grazie anche al notevole stato di conservazione. Ci permette di capire cosa trasportavano i Greci", ha detto la Dottoressa Barbara Davidde, responsabile dello scavo.
Le anfore contenevano non solo cibo, come le olive, per esempio, ma anche vino, considerato un bene di pregio. I reperti saranno sottoposti ad analisi sia archeometriche che archeologiche e poi a restauro. Potrebbero essere ancora presenti, nel sedimento che riempie molte delle anfore, residui organici e vegetali. Una delle anfore conteneva, addirittura, numerosi ossi di olivo.
Tra tutti gli oggetti quello, forse, più interessante è un pithos, una grande giara in coccio con tutto il suo contenuto costituito da skyphoi impilati al suo interno in pile orizzontali ordinate. Almeno 25 di queste piccole coppe erano intatte, altre in frammenti, che si stanno ancora ripulendo e studiando.

Fonti:
Patrimonio Subacqueo
gazzettadelsud.it

Israele, trovata la Chiesa degli Apostoli?

Israele, uno dei mosaici rinvenuti
(Foto: CSAJCO)
Gli archeologi israeliani e statunitensi hanno scoperto due iscrizioni greche di 1500 anni fa durante lo scavo di El-Araj, il sito del biblico villaggio di Betsaida. Si tratta, in realtà, di un pavimento a mosaico che appartiene, con tutta probabilità, alla leggendaria Chiesa degli Apostoli.
Le iscrizioni menzionano la ristrutturazione di una chiesa e una dedica al vescovo Willibald, che dimostra che l'edificio religioso era la maggiore chiesa di Betsaida. Questa chiesa fu menzionata nel 724 d.C. dal vescovo Willibald, che si era recato in pellegrinaggio nei luoghi santi della zona e che aveva visto la chiesa.
La grande chiesa basilicale, di circa 432 metri quadrati, è stata portata alla luce dalla stessa squadra di archeologi nel 2019, sulla sponda settentrionale del Mar di Galilea. La chiesa venne edificata in epoca bizantina, intorno a 500 d.C., e fu distrutta nel 749 d.C., durante la dominazione musulmana, a causa di un forte terremoto che colpì la regione. Con grande sorpresa, sebbene le mura esterne della chiesa siano state conservate fino ad un'altezza di circa un metro, non è stata identificata alcuna porta di accesso. E' probabile che, sul muro della chiesa, durante il medioevo, sia stata inserita una fabbrica di zucchero e che l'area interna sia stata riempita, quindi, di terra, che ha sepolto l'intera chiesa. E' anche probabile che i resti della chiesa siano stati intenzionalmente circondati da un muro dopo che l'edificio venne distrutto da un terremoto.
Sebbene menzionata in diversi testi storici risalenti al 725 d.C., l'esistenza della Chiesa degli Apostoli è stata a lungo un mistero. Fino ad oggi vi è stata un mancanza di prove fisiche che ha portato molti a chiedersi se sia mai esistita realmente.
Gli archeologi Steven Notley e Mordechai Aviam sono convinti che le rovine che hanno scoperto siano quelle della Chiesa degli Apostoli e affermano che la nuova scoperta del mosaico potrebbe fornire una prova inconfutabile. "Abbiamo identificato un grande abside a est e scoperto due iscrizioni. Quella più piccola menziona un diacono e un progetto di costruzione. L'iscrizione più grande è un mezzo medaglione e parla del vescovo e della ricostruzione dell'edificio", ha spiegato Aviam. Nei documenti storici si dice che la chiesa sia stata costruita sull'ex casa dei discepoli di Gesù, Pietro e Andrea.

Fonti:
Agenzia di stampa Xinhua
oltre.tv

Perù, sanguinosi riti di rinascita

Perù, maschera trovata in una tomba di Sicàn con pigmenti
di sangue umano (Foto: Journal of Proteome Research)

Trent'anni fa gli archeologi hanno scavato la tomba di un uomo appartenente all'élite della cultura Sicàn, in Perù, che ha preceduto la cultura Incas, un uomo di circa 40-50 anni al momento della morte.
Lo scheletro dell'uomo è stato trovato seduto, con il teschio dipinto di rosso vivo, così come la maschera d'oro che che copriva il cranio, staccato dal corpo.
Ora i ricercatori hanno analizzato quella che si credeva essere vernice ed hanno scoperto che, oltre ad un pigmento rosso, contiene sangue umano e proteine di uova di uccello.
Quella di Sicàn era un cultura estremamente raffinata, che fiorì dal IX al XIV secolo lungo la costa meridionale dell'attuale Perù. Durante il Medio Periodo di Sicàn (900-1100 a.C.), i metallurgisti produssero una straordinaria gamma di oggetti d'oro, molti dei quali vennero sepolti nelle tombe della classe dominante.
Agli inizi degli anni '90 del secolo scorso, un team di archeologi e conservatori, guidati da Izumi Shimada, ha scavato una tomba in cui era stato sepolto, seduto, un uomo con il teschio staccato dal corpo. Accanto ai resti dell'uomo sono stati rinvenuti gli scheletri di due giovani donne, disposte come se una stesse partorendo e l'altra fungesse da ostetrica. Ad un livello superiore sono stati scoperti i resti scheletrici di due bambini.
Tra i molti manufatti d'oro trovati nella tomba c'era una maschera d'oro dipinta di rosso, che copriva il cranio dell'uomo. All'epoca i ricercatori identificarono il pigmento rosso come cinabro. Oggi il campione di questa sorta di vernice rossa è stata analizzata con la spettroscopia ad infrarossi ed ha rivelato che il colore conteneva proteine. I ricercatori hanno identificato sei proteine del sangue umano, nella vernice rossa, tra le quali l'albumina sierica e l'immunoglobulina G (un tipo di anticorpo sierico umano). Altre proteine, come l'ovoalbumina, provengono dagli albumi delle uova. Poiché le proteine sono altamente degradate, i ricercatori non sono stati in grado di identificare la specie esatta di uccello a cui appartenevano le uova. Un probabile candidato è l'anatra muta. L'identificazione delle proteine di sangue umano supporta l'ipotesi che la disposizione degli scheletri fosse correlata ad una "rinascita" del defunto eminente personaggio sepolto in questa misteriosa tomba.

Fonte:
eurekalert.org



Gran Bretagna, la conceria industriale dei monaci cistercensi

Inghilterra, foto aerea che mostra gli edifici trovati sulla riva
del fiume Skell (Foto: University of Bradford)
Sono le rovine "monastiche" più grandi e famose della Gran Bretagna ed evocano immagini bucoliche di pace, riflessione e poco rumore. In realtà, come hanno scoperto gli archeologi, l'Abbazia di Fountains, vicino a Ripon, era un tempo un luogo affollato, rumoroso ed industrializzato.
Il National Trust ha annunciato la scoperta delle fondazioni di una conceria medioevale presso l'abbazia. E' stata una scoperta straordinaria anche perché gli archeologi non pensavano che ci fosse poi molto altro da scoprire nel sito. L'unico dubbio rimasto era quale fosse l'utilizzo di una lunga estensione di terreno, una sorta di pista da bowling, presente nei pressi della riva del fiume Skell. Il radar ha individuato edifici monastici precedentemente sconosciuti, tra i quali uno largo 16 metri e lungo 32. La vicinanza di queste strutture all'acqua hanno subito indirizzato gli studiosi sulla presenza di una conceria, dove si producevano tessuti per vestiti, cinture, biancheria da letto e rilegature in pelle.
L'ampiezza di questi ambienti ha sorpreso gli archeologi, si tratta di una vera e propria attività condotta su scala industriale. Una conceria medioevale era un posto orribile. Le pelli degli animali dovevano essere rimosse da zoccoli e corna prima di essere lavate per togliere via lo sterco, lo sporco ed il sangue. Il grasso, i peli e la carne venivano rimossi in un secondo momento, solitamente immergendoli in una soluzione di calce o urina e raschiandoli con dei coltelli.
Il rumore, l'attività e lo sgradevole odore che emanava dalle concerie ha sempre fatto pensare che questi posti dovessero essere collocati lontani dai luoghi di culti. Le persone rimarrebbero stupite dal numero di dipendenti che vivevano e lavoravano a Fountains, con i monaci cistercensi che sono stati i primi ad organizzare questi luoghi su scala industriale.
I fratelli laici che operavano nel luogo non erano alfabetizzati come i monaci e venivano spesso reclutati per svolgere i lavori fisici. Questo lasciava il tempo ai monaci per studiare, pregare ed adorare. I fratelli laici, considerati "separati ma uguali" ai monaci, erano provvisti di mantelli di pelle animale resistenti alle intemperie per i lavori all'aperto e dormivano coprendosi con pelli di pecora.

Fonte:
theguardian.com

Iraq, il vino di Sargon...

Iraq, incisioni di 2700 anni fa con divinità, re e animali sacri
(Foto:phy.org)

In Iraq gli archeologi hanno scoperto una vera e propria "fabbrica" di vino su larga scala, risalente al regno dei re assiri, quasi 2700 anni fa. Sono emersi anche straordinari rilievi scolpiti nella roccia.
Unitamente a questo complesso industriale sono stati trovati anche straordinari bassorilievi in pietra che mostrano i sovrani assiri in atto di preghiera nei confronti delle divinità. Questi rilievi sono stati tagliati nelle pareti di un canale di irrigazione lungo 9 chilometri a Faida, nel nord dell'Iraq.
Si tratta di 12 pannelli larghi cinque metri e alti due che mostrano divinità, re e animali sacri, risalenti ai regni di Sargon II (721-705 a.C.) e di suo figlio Sennacherib. "Ci sono altri luoghi con rilievi rupestri, in Iraq, specialmente nel Kurdinstan, ma nessuno è così grande e monumentale come questo", ha detto l'archeologo italiano Daniele Morandi Bonacossi.
Il canale di irrigazione fu tagliato nella roccia calcarea per portare l'acqua dalle colline ai campi e le incisioni vennero fatte per ricordare alle persone che fu il re ad ordinare la costruzione di questa sorta di acquedotto. Le immagini scavate dalla roccia, pertanto, "Non erano solo scene religiose di preghiera, si trattava anche di politica, una sorta di scena propagandistica", ha aggiunto Morandi Bonacossi.
A Khinis, vicino a Dohuk, gli archeologi hanno portato alla luce giganteschi bacini di pietra ricavati che sono stati utilizzati, durante il regno di Sennacherib (fine VIII - inizio VII secolo a.C.) nella produzione di vino destinato all'esportazione. "Abbiamo trovato 14 impianti utilizzati per pigiare l'uva ed estrarre il mosto, che veniva poi trasformato in vino", ha detto Morandi Bonacossi, professore di archeologia del Vicino Oriente all'Università di Udine.

Fonte:
phys.org

Perù, resti di sacrifici umani Wari a Lambayeque

Perù, una delle sepolture reali di Sipan con uno dei 29
scheletri scoperti nell'antico sito cerimoniale di 
Lambayeque (Foto: Museo delle Tombe reali)

Nel nord del Perù un team di archeologi ha scoperto i resti di 29 persone, tra le quali tre bambini ed un adolescente, che potrebbero aiutare a riscrivere la storia della civiltà pre-incaica dei Wari.
Gli scheletri sono stati sepolti più di mille anni fa a Huaca Santa Rosa de Pucala, un antico centro cerimoniale nella regione costiera di Lambayeque, a 750 chilometri a nord di Lima.
I resti di tre bambini e di un adolescente sepolti nella parte anteriore di un tempio, indicavano che si trattava di sacrifici umani della cultura Wari. E' la prima volta che si fa una scoperta legata a questa antica civiltà in una località lontana dall'area sulla quale si estendeva l'influenza Wari.
La nuova scoperta permette agli studiosi di ripensare alla storia della regione di Lambayeque in relazione alle occupazione di Wari e Mochica nell'area. La cultura Wari fiorì nelle Ande peruviane centrali dal VII al XIII secolo. Il recinto di Huaca Santa Rosa de Pucala, che ha la forma della lettera "D", venne costruito tra l'800 ed il 900 d.C.
"Abbiamo trovato un tempio cerimoniale con 29 resti umani, 25 dei quali appartenenti alla cultura Mohica e 4 alla cultura Wari", ha dichiarato Edgar Bracamonte, ricercatore capo. La cultura Mochica, o Moche, si sviluppò dal 100 al 700 d.C. sulla costa settentrionale del Perù. I 25 resti di Mochica sono stati rinvenuti sepolti in tombe di argilla pressata all'interno di camere sepolcrali in stretta connessione con un tempio della cultura Wari. Gli archeologi hanno trovato anche frammenti di ceramica e resti di camelidi quali lama e alpaca unitamente a resti di porcellini d'India.
I corpi trovati sono tutti interi, tranne uno scheletro che non è completo.

Fonte:
phys.org

lunedì 25 ottobre 2021

Israele, l'ametista e il balsamo...

Israele, sigillo di ametista con l'incisione sul balsamo di
Galaad (Foto: Eliyahu Yanai/Città di David)

L'Autorità per le Antichità israeliane ha annunciato la scoperta a Gerusalemme orientale, di un antico sigillo di ametista recante la prima rappresentazione nota della pianta conosciuta come "balsamo di Galaad".
L'incisione sul sigillo di 2000 anni fa ritrae, apparentemente, la pianta biblica di cachi (il cui nome scientifico moderno è commiphora gileadensis), usata durante il periodo del Secondo Tempio come uno degli ingredienti più costosi per la produzione di incenso, profumo, medicine ed unguenti.
La pianta aveva molti nomi, oltre quello biblico di cachi, come bosem o balsamo ed anche balsamo di Galaad. Il balsamo di Galaad era anche noto per essere un componente del profumo preferito di Cleopatra, la leggendaria regina d'Egitto.
Il sigillo è stato rinvenuto durante gli scavi nel Parco Nazionale Emek Tzurim, lungo le fondamenta del Muro Occidentale nella Città Vecchia di Gerusalemme. L'ametista, di forma ovale, con un foro per l'inserimento di un filo metallico da utilizzare come anello, è lunga 10 millimetri, larga 5 e spessa 7. "Si tratta di un ritrovamento importante, perché potrebbe essere la prima volta al mondo che viene scoperto un sigillo con un'incisione della preziosa e famosa pianta, di cui fino ad ora si poteva leggerne la descrizione nelle pagine della storia", ha affermato l'archeologo Eli Shukron, che ha condotto gli scavi per conto dell'IAA e della città di David.
Shukron, con i ricercatori Shua Amorai-Stark e Malka Hershkovitz, pensano che le incisioni sul sigillo rappresentino un uccello, probabilmente una colomba, e un ramo con cinque frutti. Dopo aver esaminato le incisioni, inoltre, credono che quest'ultima sia la pianta di profumo menzionata nella Bibbia, nel Talmud e in varie fonti storiche. "La pianta del balsamo è un simbolo positivo", ha spiegato Shukron "perché le sono state attribuite proprietà magiche e cerimoniali".
"La colomba - ha detto Amorai-Stark - è anch'essa un motivo positivo nel mondo ellenistico, romano ed ebraico, simboleggiando la ricchezza, la felicità, la bontà ed il successo". Gli archeologi pensano che il proprietario di questo sigillo sia un ricco proprietario terriero che coltivava anche piante che fornivano il prezioso balsamo.

Fonte:
jns.org

Israele, identificato l'accampamento crociato alle sorgenti di Tzipori

Israele, veduta aerea degli scavi di Ein Tzipori
(Foto: Autorità delle Antichità israeliana)

Un gruppo di archeologi israeliani ha identificato un campo crociato nell'area delle sorgenti di Tzipori, in Galilea.
Perseguendo l'idea di liberare i luoghi santi dal dominio musulmano, incoraggiate dalla chiesa cattolica, le potenze europee avviarono, tra l'XI ed il XIII secolo, diverse campagne militari in Medio Oriente. Campagne che portarono alla creazione di un certo numero di stati cristiani nell'area di quelli che attualmente sono i Paesi di Israele, Libano e Siria.
Per un certo periodo Gerusalemme fu sotto il dominio cristiano. Questo periodo è stato ampiamente documentato da un vasto corpus di fonti storiche, oltre che da imponenti strutture quali castelli e fortezze lasciate dai crociati nella regione. Rimane, tuttavia, ben poca cosa sul terreno a documentare i momenti di transizioni quali le battaglie e la presenza di accampamenti crociati.
In questo ultimi anni, mentre si stavano portando avanti i lavori stradali sulla Route 79, che collega la costa con Nazareth, gli archeologi Nimrod Getzov e Ianir Milevski, del Dipartimento di Preistoria dell'Autorità per le Antichità israeliane, hanno condotto i necessari scavi di recupero e salvataggio.
L'area a ridosso e lungo la Route 79 era conosciuta come il luogo dove era stato posto un accampamento franco prima della battaglia di Hattin (1187). "Per questo motivo - ha affermato il Dottor Rafael Lewis, docente presso l'Ashkelon Academic College e ricercatore presso l'Università di Haifa - mi sono recato sugli scavi. E' stata un'opportunità davvero eccezionale di studiare un accampamento medioevale e per comprenderne la cultura materiale e l'archeologia".
Secondo le cronache dell'epoca, l'esercito cristiano si accampò nell'area delle sorgenti di Tzipori per circa due mesi prima della cruciale battaglia che permise alle truppe di Saladino di riconquistare gran parte della regione, compresa Gerusalemme. Gli archeologi hanno recuperato centinaia di manufatti metallici e sono stati in grado di studiare la relazione di questi oggetti con il paesaggio.
"Abbiamo utilizzato una tecnica conosciuta come 'analisi della distribuzione degli artefatti'. Abbiamo iniziato ricostruendo il paesaggio come appariva, approssimativamente all'epoca. - Ha dichiarato il Dottor Lewis. - Abbiamo considerato dove sono stati trovati i manufatti ed abbiamo confrontato quello che abbiamo scoperto con i documenti storici".
La maggior parte dei reperti rinvenuti sono chiodi per ferri di cavallo, sia di tipo locale che di tipo europeo. Più gli archeologi si avvicinavano all'acqua, più appariva ricca la cultura materiale. Se ne può dedurre che coloro che appartenevano ad uno status socio-economico più elevato si sono accampati entro la primavera. Cambiare i chiodi ai ferri dei cavalli sembra essere stata l'attività principale del campo. Nessuno voleva trovarsi in battaglia con un cavallo con un ferro in pessimo stato.
Gli archeologi sono rimasti sorpresi dalla scarsa presenza di resti di altre attività, normali per una vita di accampamento, quali pentole per cucinare. Probabilmente questa scarsità suggerisce anche quali oggetti sono stati riportati nei castelli e negli insediamenti permanenti quando l'accampamento è stato smantellato.

Fonte:
jpost.com

venerdì 22 ottobre 2021

Micene, luce sul passato di un antico impero

Micene, tomba a camera
(Foto: Università di Udine)

Una nuova scoperta potrebbe aiutare a definire, una volta per tutte, i confini del regno di Micene, nel Peloponneso, nella tarda Età del Bronzo, che coincidono in parte con quelli suggeriti di Omero nell'Iliade.
Sono state rinvenuto tre spade, nelle forme caratteristiche delle produzioni palaziali micenee, risalenti al XIV secolo a.C., periodo di pieno splendore dei palazzi di Micene, Tirinto e Pilo.
I reperti sono stati portati alla luce dagli archeologi dell'Università degli Studi di Udine, coordinati da Elisabetta Borgna, lo scorso agosto, durante la decima campagna annuale di scavo presso la necropoli di Trapezà di Aighion in Acaia, nel Peloponneso occidentale, dove opera il gruppo di Udine dal 2010, su un progetto più ampio del Ministero della Cultura greco.
Durante le indagini è stata scoperta una delle tombe apparentemente più semplici e modeste, nella quale erano custodite le spade, appartenenti molto probabilmente a guerrieri residenti in una comunità situata sulle propaggini montuose dell'Acaia orientale, da cui controllavano il centro di Aighion, la pianura costiera e il mare Corinzio.
Le scoperte di quest'anno fanno seguito a quelle delle campagne precedenti, quando l'indagine di un'altra tomba - la tomba n. 6, più ampia e profonda - ha portato alla luce ricchi manufatti di ceramica ed oreficeria, nonché un deposito di oggetti in bronzo tra i quali una grande punta di lancia, che è stata interpretata come l'equipaggiamento di un individuo illustre, un funzionario, un sovrintendente o un governatore locale, legato all'autorità centrale di Micene.
Lo scorso agosto gli archeologi hanno condotto indagini anche nell'antico borgo individuato nel 2015 poche centinaia di metri a sud della necropoli. Fondato in epoca pre-micenea, intorno all'inizio del II millennio a.C., l'insediamento fu piuttosto longevo. Quest'anno è stato riportato alla luce un imponente edificio con focolare centrale di tipo "megaron", caratteristico dell'architettura micenea.
Il gruppo di ricerca dell'Università degli Studi di Udine è stato invitato a collaborare al rilievo di campo a Trapezà dal direttore del Museo di Aighion, Andreas Vordos, nell'ambito di un progetto su larga scala del Servizio Archeologico Greco per il Ministero della Cultura greco nell'area archeologica dell'antica città di Rhypes.
Le campagne avviate nel 2010 e concentrate dal 2012 sui contesti funerari - un nucleo di tombe a camera scavate nel substrato sabbioso di una collina - sono sostenute, oltre che dall'Università degli Studi di Udine, dal Ministero degli Affari Esteri e dall'Istituto per la Preistoria dell'Egeo a Filadelfia.
Il sistema politico, sociale ed economico dei regni micenei era rigidamente centralizzato e quindi alcuni beni strategici, come le armi, avevano circolazione controllata e accesso limitato. "Prodotte nelle officine centrali - spiega Elisabetta Brogna - erano conservate in magazzini sontuosi e venivano per lo più distribuite secondo necessità a uomini chiamati alle armi o tenute da guerrieri e ufficiali con ruoli specifici all'interno dell'amministrazione palatina".
L'identificazione di un gruppo di guerrieri micenei nella necropoli achea oggetto di indagine è un fatto molto significativo per la ricostruzione storica dei confini politici del regno miceneo nella tarda Età del Bronzo. "Questa presenza", fa notare Borgna, "sembra confermare quanto dice Omero nel secondo libro dell'Iliade, quando, nel famoso Catalogo delle Navi, quantifica la potenza militare degli Achei impegnati nella spedizione a Troia, elencando i comandanti e l'origine dei contingenti. Il poeta greco narra che lo stesso Agamennone, re di Micene, avrebbe condotto un centinaio di navi di guerrieri, reclutati non solo nei territori immediatamente circostanti il palazzo di Micene, in Argolide e Corinzia, ma anche nella regione periferica dell'Aghialia, cioè la parte orientale dell'Acaia intorno ad Aighion, sede di vari insediamenti di cui parlerà poi Pausania".
L'edificio "megaron" nella Trapeza di Aighion, risalente all'inizio della civiltà micenea (XVII secolo a.C.), e quindi precedente alla fondazione dei palazzi, può essere confrontato con una serie di strutture coeve, interpretate in altri insediamento come le dimore di gruppi locali emergenti. Il focolare era costruito su imponenti fondazioni di grosse pietre, delimitate da grossi ciottoli e allestito con un'articolata serie di strati di ghiaia e ciottoli su cui poggiavano piastre di cottura in argilla.

Fonte:
Università degli Studi di Udine
 

Sicilia, il tempio perduto di Leontinoi

Sicilia, le fondazioni del tempio greco scoperto a Leontini
(Foto: Università degli Studi di Tor Vergata)

A Leontini, in Sicilia, gli scavi condotti dall'Università di Roma "Tor Vergata" hanno portato alla luce le fondamenta di un tempio greco. La campagna di scavo, svoltasi tra agosto e settembre, è stata condotta da Marcella Pisani, professore associato di archeologia classica presso l'Università di Roma "Tor Vergata", in collaborazione con il direttore del Parco Archeologico Leontinoi, Lorenzo Guzzardi, grazie ad una convenzione firmata dall'Assessorato Regionale ai Beni Culturali e Identità Siciliana, dal Parco Archeologico Leontino e dal Dipartimento di Storia, Beni Culturali, Educazione e Società dell'Università degli Studi di Roma "Tor Vergata".
In particolare le indagini hanno portato alla luce strutture e materiali che vanno dal periodo greco arcaico a quello medioevale e post-medioevale, a conferma della straordinaria ricchezza archeologica della città di Leontinoi, che è stata oggetto di scavi si in passato che negli ultimi anni, ma di cui molto resta ancora da scoprire e da indagare.
I lavori di scavo hanno interessato sia la zona A del Parco, a sud di Colle San Mauro, che ricade nel territorio di Carlentini, sia la zona B, più a nord della stessa collina, nel territorio di Lentini, in un'area di proprietà privata. Entrambe le aree hanno fornito importanti testimonianze della storia e dell'organizzazione urbanistica dell'antica città.
Il tempio greco è venuto alla luce nella zona B del parco e finora è stata esplorata solo la parte meridionale per una lunghezza di poco più di 10 metri. Da queste prime esplorazioni sono evidenti il crepidoma o stilobate (la base a gradoni della fondazione) e un tratto di parete del lato corto ovest della cella. I dati raccolti finora non consentono una precisa specificazione della pianata del tempio, forse un edificio periptero, né della sua cronologia, quello che si può dire con un certo margine di certezza è che il tempio sia stato edificato in epoca arcaica, nel VI secolo a.C.
All'estremità settentrionale della collina, lo scavo effettuato a settembre ha portato alla luce strutture di epoca greca, comprese le fondamenta del tempio greco, con evidenti tracce di riuso durante il medioevo. Il tempio, oramai da tempo abbandonato, fu trasformato con l'aggiunta di murature rinvenute sui lati corti e al suo interno.
In cima alla collina, dove negli anni '50 del secolo scorso furono intercettate le mura di un edificio medioevale, sono state rinvenute anche due lunghe mura di cinta. Su una di esse, che fungeva da muro di sbarramento sul lato occidentale della vetta, è presente una porta di accesso accanto alla quale è visibile un piccolo canale di scolo per il deflusso dell'acqua. Sulla parete interna si aprono le porte tra la parte superiore e quella inferiore del complesso. Una rampa conduceva dal cortile di accesso alla sommità.
"Il piano dell'edificio, i materiali rinvenuti e le caratteristiche dell'opera muraria", afferma il Direttore del Parco, Lorenzo Guzzardi, "consentono di riconoscere i resti di un castello in uso tra il XIII e il XIV secolo. Poiché la sua ubicazione coincide con quella del Castello Nuovo in uno schizzo su una mappa del 1584, è molto probabile che sia lo stesso castello costruito da Federico II".

Fonte:
Regione Siciliana


Israele, la spada del crociato

Israele, la spada che si ritiene appartenuta ad un crociato
(Foto: Ronen Zvulun/Reuters)

Una spada che si ritiene sia appartenuta ad un crociato salpato per la Terra Santa quasi un millennio fa, è stata recuperata dai fondali del Mediterraneo di fronte alla costa israeliana.
Sebbene sia la lama che l'elsa ed il manico siano incrostati da organismi marini, il reperto era abbastanza visibile e le correnti marine lo hanno ulteriormente posto in evidenza liberandolo dalle sabbie che lo avevano nascosto.
La posizione in cui era collocato il reperto, un'insenatura naturale vicino alla città portuale di Haifa, suggerisce che questa baia fosse servita come rifugio per le navi mercantili nel corso dei secoli, addirittura fin dall'Età del Bronzo, ben 4000 anni fa.
Si ritiene che la spada abbia circa 900 anni e sarà esposta non appena sarà pulita e restaurata. L'elsa è lunga 30 centimetri e la lama un metro. La spada è comunque in perfette condizioni. L'arma è stata trovata per caso dal sub Shlomi Katzin, che l'ha portata a riva, temendo che altri potessero rubarla o che la sabbia potesse di nuovo nasconderla.

Fonti:
theguardian.com
ilmessaggero.it


mercoledì 20 ottobre 2021

Turchia, scoperta e conservazione delle sepolture rupestri di Blaundos

Turchia, il restauro dei dipinti delle tombe a camera
(Foto: archivio del progetto di scavo di Baundos)

In Turchia gli archeologi hanno scoperto 400 tombe a camera scavate nella roccia che risalgono a 1800 anni fa e fanno parte di una delle più grandi necropoli scavate nella roccia che ci siano al mondo.
Le sepolture sono state trovate nell'antica città di Blaundos, a circa 180 chilometri ad est del mar Egeo, nell'attuale Turchia. La città venne ondata durante il regno di Alessandro Magno ed ha continuato la sua esistenza in periodo romano e bizantino.
Le tombe scavate nella roccia sono piene di sarcofagi, molti dei quali contengono più individui deceduti, un indizio che le famiglie hanno utilizzato queste sepolture per molte generazioni, una sorta di tombe di famiglia, riaperte per seppellire ogni membro della famiglia deceduto.
La città di Blaundos si trova su un collina circondata da una valle che, in realtà, è un ramo dei vasti canyon di Usak, uno dei sistemi di canyon più lunghi del mondo. Sebbene gli archeologi conoscessero la necropoli da più di 150 anni, non sono mai stati fatti scavi sistematici, motivo per cui questi ultimi sono iniziati nel 2018, con l'obiettivo di documentare le rovine e preparare i progetti di conservazione.
Finora sono stati identificati due templi, un teatro, un bagno pubblico, una palestra, una basilica, le mura, una porta, i resti di alcuni acquedotti, un santuario dedicato ad un antico eroe greco o romano (heroon).
Nel 2018, durante gli scavi di una delle tombe a camera ricavate nella roccia, gli archeologi hanno trovato ossa umane risalenti al II-III secolo d.C. Nel 2021 il team si è concentrato sulla necropoli, documentando circa 400 tombe a camera scavate nella roccia. I tombaroli, però, hanno devastato le sepolture rubando gioielli ed altri manufatti durante il corso dei secoli. Gli archeologi hanno trovato molti indizi sul fatto che gli individui sepolti in questa necropoli rupestre sono vissuti in epoca romana. Si tratta di frammenti di ceramica e monete che indicano che le sepolture risalgono al II-IV secolo d.C.
Alcune sepolture contenevano ancora manufatti che avrebbero dovuto aiutare il defunto nell'aldilà: si tratta di specchi, diademi, anelli, braccialetti, forcine per capelli, strumenti medici, cinture, coppe e lucerne che forniscono indizi sugli occupanti delle tombe quali il sesso, l'occupazione, le abitudini e il periodo in cui sono stati sepolti.
Le pareti ed i soffitti di queste camere funerarie sono decorati con dipinti colorati ed intricati, anche se molti si sono deteriorati nel corso dei millenni. Alcune delle sepolture, infatti, sono state utilizzate come rifugi per animali dai pastori dell'antichità. Gli affreschi erano ricoperti da uno strato denso e nero di fuliggine a causa dei fuochi accesi al loro interno nel corso dei secoli. Il restauro, però, è stato in grado di restituire alcuni dipinti che rivelano vivaci scene floreali, geometriche e figurative dipinte sulle pareti.

Fonte:
livescience.com

Ercolano, l'ultimo fuggiasco...

Ercolano, gli archeologi e lo scheletro dell'eruzione del
Vesuvio del 79 d.C. (Foto: Parco Archeologico di Ercolano)

I resti parzialmente mutilati di un uomo sepolto dall'eruzione del Vesuvio del 79  d.C. sono stati scoperti ad Ercolano, l'antica città vicino Pompei.
I resti appartengono ad un uomo di età compresa tra i 40 ed i 45 anni, ucciso mentre si trovava a pochi passi dal mare mentre cercava di fuggire dall'eruzione. Lo scheletro è stato rinvenuto su quella che un tempo era la spiaggia di Ercolano, con la testa rivolta all'indietro, in direzione del mare, ed era circondato da legno carbonizzato, tra cui una trave del tetto, forse quella che gli ha fracassato il cranio.
Era l'una di notte quando l'onda piroclastica prodotta dal vulcano ha raggiunto per la prima volta Ercolano con una temperatura di 300-400 gradi, o, addirittura, secondo alcuni studi, di 500-700 gradi. Una nuvola incandescente si diresse verso il mare ad una velocità di 100 chilometri l'ora.
Le ossa dell'uomo erano di un colore rosso vivo, dovuto alle macchie lasciate dal suo sangue. La scoperta è avvenuta durante il primo scavo archeologico di Ercolano in quasi tre decenni. Gli scavi degli anni '80 e '90 hanno portato alla luce gli scheletri di più di 300 vittime ammucchiate nei capannoni delle barche, dove si crede si siano rifugiate nella speranza di essere soccorse via mare.
I primi esami in situ, intanto, hanno rivelato le tracce accanto agli scheletri di quelli che sembrano essere tessuti e metalli. Potrebbe trattarsi di una borsa con gli attrezzi da lavoro, ma anche di armi e monete. Rimasto per secoli sotto un muro di pietra alto più di 26 metri, anche il fuggiasco, quindi, potrebbe aggiungere nuovi particolari al racconto di quella notta del 79 d.C., quando il Vesuvio eruttò distruggendo ogni cosa ci fosse nel territorio circostante.
Alcuni studiosi pensano che l'uomo possa essere un militare romano di vedetta alle navi della flotta di Plinio il Vecchio, che aveva il compito di imbarcare quante più persone possibile per sfuggire alla catastrofe. Poteva anche trattarsi di qualcuno rimasto indietro durante la disperata evacuazione di quei momenti.

Fonti:
theguardian.com
napoli.repubblica.it
fanpage.it


mercoledì 13 ottobre 2021

Grecia, nuove sepolture a Nea Styra, in Eubea

Grecia, vasi di profumo in vetro e una phiale rinvenuti
nella tomba tornata alla luce a Nea Styra
(Foto: Ministero della Cultura greco)

Una tomba a cista è stata localizzata durante lo svolgimento dei lavori di depurazione e trattamento delle acque reflue nei villaggi e frazioni di Nea Styra, nel comune di Karystos, in Eubea. La tomba è stata parzialmente disturbata da lavori precedenti ad una profondità di 0,65 metri dall'odierno piano stradale.
La tomba era fatta di ardesia grigia locale. In situ è conservata una parte della copertura della sepoltura, le lunghe lastre del lato sud e quelle dal lato della trincea. Le dimensioni esterne della tomba erano 2 metri per 0,45 metri ed era stata ricavata nella morbida ardesia naturale. All'interno sono state scoperte ed esaminate tre sepolture appartenenti ad altrettanti strati successivi e sono stati recuperati anche dei resti umani.
La prima sepoltura è posta a 1,10 metri di profondità rispetto all'attuale piano stradale ed aveva un orientamento Est-Ovest. Il defunto era stato deposto in posizione supina, il braccio sinistro leggermente piegato all'altezza del gomito. A nord rispetto al cranio del defunto è stata trovata parte di un vaso di vetro ed una piccola quantità di ceramica.
Dopo la rimozione delle ossa di una delle sepolture sono state localizzate le ossa di una seconda sepoltura con orientamento Est-ovest. Il defunto è stato posto in posizione supina ad una profondità di 1,20 metri. A sud rispetto alla mandibola del defunto è stata trovata una moneta di bronzo o charoneion ed una seconda moneta di bronzo. Ad ovest degli arti inferiori sono stati trovati un vaso di bronzo (kalathos), un vassoio di bronzo con fori sul perimetro e sei vasi di vetro conici e sferici. Dopo la rimozione delle ossa dalla sepoltura è stata localizzata una terza deposizione ed anche qui il defunto è stato deposto in posizione supina ed orientato in direzione Est-Ovest. Non lontano dalla sepoltura sono state rinvenute le ossa del bacino e degli arti inferiori, prova di un recupero di resti umani all'interno della tomba.
I reperti mobili della tomba sono stati trasferiti al Dipartimento di Conservazione del Museo Archeologico di Eretria per conservarne e documentarne la datazione.

Fonte:
Ministero della Cultura Greco



Israele, scoperta una grande azienda vinicola bizantina

Israele, il complesso vinicolo rinvenuto a Yavne
(Foto: Reuters)

Un complesso vinicolo di 1500 anni fa, forse il più grande dell'epoca, è stato scoperto a Yavne, a sud di Tel Aviv in Israele. Sono stati portati alla luce cinque torchi nell'enorme azienda di epoca bizantina. Si stima che il complesso fosse in grado di produrre due milioni di litri di vino all'anno.
I cinque torchi da vino sono distribuiti su una superficie di un chilometro quadrato. Ad essi si aggiungono forni per la cottura delle giare utilizzate per la conservazione, che avevano una particolare forma allungata di quelle che sono state già battezzate "giare di Gaza", nelle quali il vino veniva fatto invecchiare. Le vasche di pigiatura sono di 225 metri quadrati. Ci sono, inoltre, due grandi tini ottagonali per il mosto.
Il prodotto finale era conosciuto come vino di Gaza e Ashkelon, dal nome dei porti attraverso i quali veniva esportato in Europa, Nord Africa e Asia Minore. La bevanda aveva un'ottima reputazione in tutta la regione mediterranea ed era una delle principali fonti di nutrimento. Si trattava di una bevanda sicura, poiché l'acqua era spesso contaminata.
"Siamo rimasti sorpresi di aver scoperto un'azienda tanto sofisticata, capace di produrre vino in quantità industriali", hanno scritto in un comunicato congiunto gli archeologi Elie Hadad, Liat Nadav-Ziv e Jon Selingman.
Gli stessi scavi hanno permesso di rinvenire sul medesimo sito presse vinicole più antiche, risalenti a 2300 anni fa, il periodo in cui l'area, assieme ad una buona parte del Medio Oriente, era parte dell'impero della dinastia persiana achemenide: testimonianza di un continuum quasi millenario della produzione vinicola.

Fonti:
bbc.com
siviaggia.it

Turchia, riemerge un altare romano

Canakkale, Turchia, l'altare romano

Un altare di 2000 anni fa è stato portato alla luce nel nordovest della Turchia, vicino alla città di Ezine nella provincia di Canakkale.
Il ritrovamento è stato fatto nell'antica città di Alessandria Troas, nei pressi del Mar Egeo. Si tratta di una sala con podio, un tempio, un odeon ed un balneum.
Situata sullo stretto dei Dardanelli, Alessandria Troas ebbe un'economia forte e fiorente tra il I ed il IV secolo d.C., dopo essere diventata una colonia romana. La sua popolazione ammontava a circa 100.000 abitanti. La città venne probabilmente abbandonata nel IX secolo, dopo che la sua economia ebbe un tracollo.
Gli scavi hanno raggiunto quasi i sette metri di profondità. L'altare ritrovato ha perso tutti i suoi rivestimenti architettonici. La struttura sarà aperta ai visitatori una volta che saranno adottate le misure di protezione ambientale per la sicurezza. I visitatori potranno vedere le immagini dell'altare in 3D proiettate su una lastra trasparente e potranno accedere alle informazioni relative alle strutture scansionando un codice QR sul proprio smartphone.

Fonte:
aa.com.tr

domenica 10 ottobre 2021

Baviera, antiche sepolture di altolocati

Baviera, la sepoltura di un uomo dai 40 ai 50 anni
(Foto: Ufficio Archeologico Dr. Woidich)

Durante gli scavi nella città bavarese di Deiningen, gli archeologi hanno scoperto, in due sepolture, preziosi manufatti del VI secolo d.C., tra i quali un pettine d'avorio decorato su entrambi i lati con scene di animali in una sorta di borsa da toilette altomedioevale e una preziosa ciotola in ceramica proveniente dall'Africa. Si tratta di ritrovamenti senza precedenti per la zona a nord delle Alpi.
All'epoca il paese era popolato dagli Alemanni ed era posto sotto il dominio dei Franchi. Gli oggetti potrebbero essere doni di un sovrano ad un importante subalterno. Oppure potrebbe trattarsi di tributi o del bottino di una campagna di guerra. Gli Alemanni furono coinvolti nelle contese tra gli Ostrogoti e l'impero romano d'Oriente per la supremazia sul territorio italiano.
Il pettine proviene dalla sepoltura di un uomo di circa 40-50 anni che doveva essere considerato una persona di spicco tra i suoi contemporanei. La deduzione è suggerita dagli altri elementi del corredo funebre, che comprendono una spada lunga, una lancia, uno scudo, un'ascia da battaglia. Speroni e resti di briglie indicano che si trattava, con tutta probabilità, di un cavaliere il cui cavallo è stato sepolto accanto a lui.
All'estremità destra della tomba c'erano i resti di una borsa contenente un paio di forbici e il pettine d'avorio sopra menzionato. Entrambi erano probabilmente utilizzati per prendersi cura dei capelli e della barba. I pettini, all'interno dei corredi funerari dell'alto medioevo, sono piuttosto comuni ma non hanno la qualità del pettine trovato nella sepoltura dell'uomo. Il pettine è stato completamente frammentato, così che i motivi riportati su di esso sono diventati riconoscibili solo dopo un accurato restauro.
La ciotola è stata trovata nella sepoltura di una donna di circa 30-40 anni, deposta con gioielli ed offerte di cibo, tra le quali uova, ed una spoletta che doveva servire per intrecciare i fili su un telaio. La ciotola, a differenza degli altri vasi, non è stata prodotta localmente ma in un laboratorio dell'attuale Tunisia, rinomato per produrre questo tipo di ceramica rossa di alta qualità, ampiamente commercializzato in tutto il Mediterraneo. Si tratta del primo ritrovamento del genere in Baviera.

Fonte:
Der Standard


Ischia, nuove scoperte nella tomba della Coppa di Nestore

Ischia, la coppa di Nestore, custodita nel
Museo Archeologico di Pithecusae
(Foto: Soprintendenza Archeologica di Napoli)

Di recente gli archeologi hanno scoperto che un'antica sepoltura greca a cremazione, risalente a quasi 3000 anni fa, era più "affollata" del previsto. Si pensava, infatti, che la tomba avesse un unico occupante, un bambino, ma una nuova analisi delle ossa contenute nella sepoltura ha rivelato, invece, che conteneva i resti di almeno tre adulti.
Questa scoperta potrebbe svelare un antico mistero: la presenza nella tomba di una coppa con un'iscrizione piuttosto audace, che è parsa subito fuori luogo nella sepoltura di un bambino. Il vaso di argilla noto come Coppa di Nestore, reca inciso, su tre righe, una vanteria che promette a chiunque beva dalla coppa, i favori di Afrodite, della della bellezza e dell'amore. Gli esperti si sono a lungo interrogati sul perché un messaggio del genere sia stato preservato nella sepoltura di un bambino e solo le recenti scoperte potrebbero offrire una risposta.
La sepoltura fa parte di un antico sito chiamato Pithekoussai, un'antica città greca con relativa necropoli, che sorgeva sull'isola di Ischia. La città risale all'VIII secolo a.C. e gli archeologi hanno scavato circa 1.300 tombe tra il 1952 ed il 1982. Una delle sepolture, identificata come "Cremazione 168" è più nota come la "Tomba della Coppa di Nestore" dopo il ritrovamento, al suo interno, di una coppa per il vino, nota come kotyle. Questa reca uno dei più antichi esempi conosciuti di scrittura greca.
Nell'Iliade Omero ha descritto una bellissima coppa d'oro che solo il proprietario, l'eroe Nestore, poteva sollevare. Secondo la leggenda, al suo interno si versava una bevanda fortificante. Il vaso d'argilla rinvenuto nella sepoltura 168 è una semplice coppa, ma l'iscrizione presente sulle sue pareti afferma il contrario e fa cenno al mitico Nestore.
La scritta, di tre righe, è in esametri, pensata per alludere alla poesia di Omero. Il testo recita: "Io sono la coppa di Nestore, buona per bere. Chi beve da questa coppa, subito il desiderio di Afrodite dalla bella corona lo afferrerà".
La sepoltura conteneva 195 frammenti ossei ed i ricercatori hanno utilizzato la microscopia per esaminare i dettagli sulle superfici e nei tessuti interni, con alcuni risultati conclusivi su 175 frammenti. Con loro sorpresa hanno scoperto che solo 130 delle ossa erano umane; 45 frammenti ossei provenivano da animali. Alcune di quelle ossa appartenevano a pecore ed altre, forse, a cani ed uccelli, ma i frammenti erano così sminuzzati che gli scienziati non sono stati in grado di identificare con certezza a che specie appartenessero.
Nell'esaminare le ossa umane, per lo più frammenti di ossa grandi di braccia e gambe, hanno notato che appartenevano a tre individui adulti. Non è stato possibile determinare l'età ed il grado di parentela tra loro dei defunti. Sia i resti umani che quelli animali hanno mostrato un uguale livello di bruciatura, suggerendo che siano stati posti tutti insieme su dei roghi. Gli animali potrebbero rappresentare offerte di cibo per i morti o compagni nel viaggio verso l'aldilà.

Fonte:
livescience.com

Norvegia, tracce di sciatori preistorici

Norvegia, gli sci di 1300 anni fa (Foto: science.org)

Nel 2014 gli archeologi norvegesi hanno trovato uno sci in legno sulla cima di una montagna, dove era rimasto intrappolato nel ghiaccio per 1300 anni.
Lo sci era ben conservato fino ad un attacco, anch'esso intatto, fatto di corda di betulla e cinghie di cuoio. Gli archeologi hanno monitorato la banchisa per il disgelo estivo per trovare l'altro sci. Sette anni dopo la loro pazienza è stata ripagata: quest'anno è stato trovato il secondo sci, lungo 187 centimetri e largo 17 centimetri, parzialmente immerso nel ghiaccio a soli 5 metri dal primo ritrovamento.
Si tratta del paio di sci preistorici meglio conservato mai registrato. Frammenti di sci e arte rupestre raffigurante gli sci sono stati ritrovati, ma mai con attacchi intatti che mostrano come venivano usati questi attrezzi. Quelli ritrovati in Norvegia sono più antichi.
Probabilmente gli sci sono stati utilizzati come strumenti di trasporto invernale. Appaiono molto riparati, segno che erano molto preziosi per poter essere sostituiti frequentemente. Non sono identici e questo suggerisce che siano stati presi da due coppie di sci. 
Ma cosa è successo al proprietario degli sci? Forse l'uomo li aveva portati con sé e li aveva persi nella neve. O, forse, un incidente ha lasciato il cacciatore troppo ferito per scendere in salvo dalle alture ghiacciate. Si attendono altre sorprese dai ghiacci.

Fonte:
science.org

sabato 9 ottobre 2021

Tribune "VIP" nell'anfiteatro di Pergamo...

Turchia, resti dell'anfiteatro di Pergamo
(Foto: aa.com)

Aree private con nomi incisi sono state rinvenute in un anfiteatro di 1800 anni fa nell'antica città di Pergamo, nella provincia occidentale di Izmir, in Turchia.
Gli scavi nell'anfiteatro di Pergamo sono in corso dal 2018 e le nuove scoperte fanno parte di un progetto denominato TransPergMicro, condotto dall'Istituto Archeologico Tedesco e dall'Istituto di Architettura dell'Università Tecnica di Berlino, sotto gli auspici del Ministero della Cultura e del Turismo turco.
L'anfiteatro è noto per aver ospitato combattimenti di gladiatori ed animali nel II secolo d.C., oltre ad essere un luogo in cui avvenivano sia esecuzioni che rievocazioni di battaglie navali.
Le aree che possono definirsi riservate ai privilegiati del tempo, erano simili ai moderni palchi negli stadi sportivi. Costruito in epoca romana, l'anfiteatro di Pergamo aveva un'arena molto grande che lo poneva in concorrenza con Efeso e Smirne. I Romani volevano costruire a Pergamo una replica del Colosseo, dando alle famiglie più importanti della città posti riservati in sezioni speciali, con incisi i loro nomi. 
Un dettaglio che ha attirato l'attenzione degli archeologi è che i nomi latini erano scritti in lettere greche. Finora sono stati trovati cinque posti a sedere privati e sono ancora in corso gli scavi volti a determinare le dimensioni ed il numero esatto dei posti a sedere nell'antico anfiteatro che dagli iniziali 25.000 potrebbero salire a 50.000.

Fonte:
aa.com




Spagna, il tesoro degli ultimi giorni dell'impero romano

Spagna, le monete d'oro trovate
(Foto: Xàbia City Council, University of Alicante)

Due subacquei dilettanti che si sono immersi lungo la costa spagnola, hanno scoperto un tesoro di monete d'oro risalente a 1500 anni fa, uno dei tesori più grandi mai trovati risalenti all'impero romano. La scoperta è stata fatta a Xàbia, una città costiera del Mediterraneo.
Un team di archeologi dell'Università di Alicante, del Museo Archeologico ed Etnologico di Soler Blasco e della Brigata subacquea speciale della Guardia Civil spagnola, in collaborazione con il comune di Xàbia, si è riunito per scavare ed esaminare il tesoro.
In questo modo è stato scoperto un grosso vaso nel quale erano state raccolte almeno 53 monete d'oro datate tra il 364 ed il 408 d.C., quando l'impero romano d'Occidente era in declino. Ogni moneta pesa circa 4,5 grammi.
Le monete sono così ben conservate che gli archeologi hanno potuto facilmente leggere le iscrizioni su di esse ed identificare gli imperatori romani che vi erano raffigurati tra i quali Valentiniano I (su tre monete), Valentiniano II (su 7 monete), Teodosio I (su 15 monete), Arcadio (su 17 monete), Onorio (su 10 monete) ed una moneta non identificata. Il tesoro comprendeva anche tre chiodi, probabilmente di rame, e resti di piombo deteriorato di quello che potrebbe essere stato un baule.
Il tesoro è uno dei più grandi in monete d'oro romane che si sia rinvenuto in Europa. Le monete costituiscono un prezioso aiuto per far luce sulla fase finale dell'impero romano d'Occidente prima che cadesse. Forse queste monete furono volutamente nascoste durante le violente lotte di potere che seguirono alle ultime fasi dell'impero romano d'Occidente.
Le serie di monete d'oro non sono comuni. La baia di Portitxol è il luogo in cui le navi in partenza dalle provincie iberiche di Roma si fermavano prima di salpare per le Isole Baleari, che includono le moderne Maiorca e Ibiza, dirette a Roma. Dal momento che gli archeologi non hanno trovato prove di una nave affondata nelle vicinanze, è possibile che qualcuno abbia intenzionalmente sepolto lì il tesoro, forse per nasconderlo ai barbari.
Il periodo al quale appartengono le monete fu un periodo buio e difficile. Il commercio era notevolmente diminuito e le maggiori fonti di ricchezza erano l'agricoltura e l'allevamento. I barbari, poi, premevano ai confini dell'impero e li valicarono sciamando in quello che un tempo era l'impero romano d'Occidente. Forse uno dei proprietari terrieri del luogo raccolse queste monete d'oro, che non circolavano normalmente come le monete normali ma venivano raccolte dalle famiglie come segno di ricchezza, e le fece seppellire in una cassa in fondo al mare.

Fonte:
livescience.com



La Venere del Gloucestershire...

Gran Bretagna, la statuetta di Venere appena scoperta
(Foto: bbc.com)

Nel Gloucestershire, a Gloucester, in Gran Bretagna, è stata scoperta una statuetta di 1800 anni fa. Si tratta di uno dei tanti ritrovamenti nel sito risalenti all'epoca romana e si crede che rappresenti Venere, la dea romana dell'amore.
La statuetta, alta 17 centimetri, si trova in buone condizioni di conservazione. Gli archeologi ritengono che sia stata realizzata nella Francia centrale o nella regione tedesca della Renania/Mosella tra il I ed il II secolo d.C. Probabilmente era stata collocata in un santuario o nella casa di un abitante del luogo.
Insieme alla statuetta sono state scavate le testimonianze dell'antico patrimonio della città, comprese le fondamenta in pietra di una serie di edifici che facevano, forse, parte di un grande sobborgo romano situato al di fuori della mura cittadine.
La scoperta è stata fatta durante lo scavo di un nuovo percorso per un canale sotterraneo. La statuetta era coperta di fango e si trovava in quella che, forse, era una discarica romana.

Fonte:
bbc.com

Il guerriero dalla mascella d'oro...

La mascella del guerriero bizantino
(Foto: Anagnostis P. Agelarakis)

Secondo un nuovo studio, un guerriero bizantino, decapitato in seguito alla cattura del forte in cui era di stanza da parte degli Ottomani, durante il XIV secolo, aveva una mascella filettata d'oro.
Un'analisi della mascella inferiore dell'uomo, infatti, ha rivelato che si era gravemente fratturata in un incidente precedente, ma che un medico piuttosto bravo aveva usato un filo (probabilmente realizzato in oro) per legare la sua mascella finché non fosse guarita.
"La mascella è stata frantumata in due pezzi", ha affermato Anagnostis Agelarakis, professore di antropologia nel Dipartimento di Storia dell'Adelphi University di New York. La scoperta di questo raro esempio di mascella fratturata e guarita risalente a quasi 650 anni fa, è una scoperta sorprendente perché mostra l'accuratezza con cui il medico è stato in grado di mettere insieme i due principali frammenti della mascella, seguendo i consigli di Ippocrate, medico greco vissuto nel V secolo a.C. Ippocrate scritte proprio un trattato sulle lesioni alla mascella circa 1800 anni prima che il guerriero bizantino venisse ferito.
Agelarakis ed i suoi colleghi hanno scoperto il cranio del guerriero e la mascella inferiore nel 1991, all'interno del forte di Polystylon, un sito archeologico della Tracia Occidentale. All'epoca in cui il guerriero era vivo, nel XIV secolo, l'impero bizantino stava affrontando gli attacchi degli Ottomani. Dato che il guerriero fu decapitato, è probabile che abbia combattuto fino a che gli Ottomani hanno sconfitto il presidio del forte di Polystylon.
Quando il forte cadde, gli Ottomani probabilmente catturarono e poi decapitarono il guerriero. Poi qualcuno ha probabilmente preso la testa del guerriero e l'ha sepolta di nascosto, all'insaputa degli stessi conquistatori, dato che il corpo del guerriero non è stato mai ritrovato. La testa dell'uomo venne sepolta nella preesistente tomba di un bambino di 5 anni che era stato deposto al centro di un cimitero. Non è noto se ci fosse qualche legame familiare o di altro tipo tra il guerriero e il bambino. 
Il guerriero morì tra i 35 ed i 40 anni e subì la ferita alla mascella circa dieci anni prima della morte. Un'analisi dei denti della mascella inferiore ha rivelato una linea di tartaro dentale, accumulatosi dove era stato inserito il filo d'oro. Quest'ultimo è sparito da tempo ma sembra suggerire che il guerriero fosse una persona molto importante, forse un capo militare.

Fonte:
livescience.com


Scoperto un nuovo tempio a Tiro

Libano, l'area scavata a sudovest dell'antica Tiro
(Foto: U. Wicenciak-Nunez)

Gli archeologi hanno scoperto, nell'antica città di Tiro, un tempio romano. Lo scavo è guidato da Marìa Eugenia Aubert (Università Pompei Fabra di Barcellona), Ali Badawi (Direzione Generale delle Antichità del Libano) e Francisco J. Nùnez (Centro Polacco di Archeologia del Mediterraneo, Università di Varsavia).
Sono state identificate due fasi di costruzione, che collocano il tempio nel primo periodo romano (dal 31 a.C. al 193 d.C. circa), con una modifica importante nel periodo tardo romano (dal 284 al 476 d.C.).
Il tempio si trova sull'acropoli di Tiro il punto più alto della città, che le iscrizioni sia greche che fenicie descrivono come un'area sacra. I ricercatori ritengono che molti rituali ed attività di culto abbiano avuto luogo in questo tempio. "La sua posizione su un podio nella zona più elevata dell'antica isola, evidenzia lo status particolare di questo edificio", ha affermato Nùnez.
L'edificio rettangolare è orientato est-ovest, con un vestibolo fiancheggiato da due colonne ed un podio sull'altro lato. Le pareti del tempio erano originariamente costituite da blocchi di arenaria e l'edificio sorgeva su una piattaforma di calcare e arenaria. Le colonne erano realizzate in granito rosa egiziano e l'ingresso a gradini era decorato con lastre incise con motivi geometrici. "E' uno dei pochi edifici di questo tipo trovati a Tiro fino ad oggi", ha scritto Nùnez. "La nostra conoscenza di Tiro nell'antichità, nonostante la grande importanza della città, è purtroppo piuttosto limitata".
I ricercatori ritengono che potrebbe esserci stata una camera sotterranea situata a sud dell'ingresso. L'esatto oggetto di venerazione per cui era stato costruito l'imponente tempio, rimane un mistero. La via porticata che scende dal tempio si interseca con una via più stretta che conduce ad un vicino santuario, con due ambienti ed un cortile. Questa struttura più piccola è orientata nord-sud, con una stanza con un rilievo egizio che ritrae la dea Iside che allatta suo figlio Horus bambino.
Tiro è una delle più antiche città abitate ininterrottamente al mondo, con una lunga storia di insediamenti che risale al III millennio a.C. E' stata a lungo un importante porto e centro commerciale nella regione del Mediterraneo. Durante l'Età del Bronzo e l'Età del Ferro, intorno al 1200 a.C., Tiro era una città fenicia indipendente e un sito di grande importanza economica. Originariamente situata su un'isola al largo del Libano, Tiro era collegata alla terraferma da una strada rialzata costruita da Alessandro Magno.
L'area intorno al tempio fu gravemente danneggiata e ricostruita in epoca protobizantina. Il tempio stesso fu smantellato e sostituito da una grande basilica, che alla fine fu distrutta insieme ad altre parti della città durante uno tsunami nel VI secolo d.C.

Fonte:
artnews.com

martedì 5 ottobre 2021

Egitto, trovati antichi strumenti da cerimonia

Egitto, alcuni degli oggetti rituali trovati
(Foto: english.ahram.org.eg)

Gli archeologi egiziani hanno portato alla luce una collezione di antichi strumenti utilizzati nei rituali religiosi del Tempio dei Faraoni situato nel governatorato di Kafr el-Sheikh a nord del Cairo.
La scoperta è stata fatta nell'ambito di un piano di scavi archeologici condotto dal Supremo Consiglio delle Antichità egiziano in diversi siti del Paese. Il ritrovamento è importante perché include strumenti utilizzati effettivamente nell'esecuzione dei rituali religiosi quotidiani in onore di Hathor.
Tra gli strumenti vi sono una parte di un pilastro calcareo con le sembianze di Hathor ed un gruppo di incensieri in maiolica, uno dei quali decorato con la testa del dio Horus
Sono stati anche rinvenuti dei vasi di argilla, anch'essi utilizzati nei rituali religiosi e cerimoniali della dea Hathor, una collezione di statuette raffiguranti le divinità Tawart e Djehuty, una piccola sedia per la maternità, un grande porta offerte, un occhio Udjat in oro puro e i resti di scaglie d'oro utilizzate nella doratura di alcuni pezzi.
Aymen Ashmawy, capo del settore delle antichità dell'Antico Egitto, ha sottolineato che gli archeologi hanno scoperto un meraviglioso gruppo di scene incise sull'avorio e raffiguranti delle donne che trasportano offerte, scene di vita quotidiana, piante, uccelli ed animali, un grande architrave in pietra calcarea con testi geroglifici, insieme al frammento di un dipinto raffigurante un sovrano che esegue rituali religiosi in un tempio. Sono state anche scoperte iscrizioni geroglifiche recanti i cinque titoli di re Psammetico I e i nomi dei due re Waha Ip-Ra e Ahmose II della XXVI Dinastia.
Hossam Ghoneim, direttore generale delle antichità di Kafr el-Sheikh e capo della missione, ha affermato che sono stati anche scoperti un grande pozzo in calcare per l'acqua sacra ed un bagno tolemaico in mattoni di fango, costituito da una vasca da bagno, un bacino d'acqua e un luogo per il riscaldamento della stessa.

Fonte:
english.ahram.org.eg


Libano, trovate fosse comuni di soldati crociati

Libano, le fosse comuni con i resti di almeno 25 uomini
(Foto: Claude Doumet-Serhall)

Gli archeologi che scavano nei pressi di un castello in Libano hanno portato alla luce due fosse comuni, contenenti i resti di soldati cristiani sconfitti durante le crociate. Alcuni di loro potrebbero essere stati sepolti personalmente da Luigi IX di Francia.
I resti appartengono ad almeno 25 giovani uomini e ragazzi adolescenti, deposti in un fossato asciutto nei pressi delle rovine del castello di St. Louis a Sidone. La datazione al radiocarbonio suggerisce che si tratti dei resti di giovani europei che, tra l'XI ed il XIII secolo, furono spinti da sacerdoti e governanti ad imbracciare le armi nel tentativo, poi fallito, di riconquistare la Terra Santa.
"Quando abbiamo trovato così tante ferite da arma sulle ossa, sapevamo che avevamo fatto una scoperta particolare", ha detto Richard Mikulski, un archeologo della Bournemouth University, in Gran Bretagna, che ha scavato ed analizzato i resti.
Gli archeologi hanno analizzato il DNA insieme con gli isotopi radioattivi presenti in natura nei denti degli esseri umani per confermare che alcuni dei resti appartengono ad uomini nati in Europa. L'analisi degli isotopi di carbonio nelle loro ossa suggerisce che questi uomini siano morti nel XIII secolo. I crociati catturarono per la prima volta il castello di di St. Louis subito dopo la prima crociata, nel 1110. Essi tennero Sidone, porto strategico, per più di un secolo, ma i documenti storici mostrano che il castello cadde dopo essere stato attaccato e distrutto due volte, all'inizio dai Mamelucchi nel 1253 ed in seguito dai Mongoli nel 1260.
I ricercatori hanno affermato che è altamente probabile che i soldati siano morti durante una delle battaglie che coinvolsero le guarnigioni del castello. Le ossa recano tutte ferite da taglio di spade e ascia ed anche prove di traumi da corpo contundente. Le ferite sono state inferte per lo più alla schiena, suggerendo che molti di loro furono assaliti alle spalle, forse mentre fuggivano in seguito ad una disfatta. La distribuzione dei corpi suggerisce che gli aggressori li abbiano caricati a cavallo. Alcuni scheletri hanno ferite di lama nella parte posteriore del collo, segno che potrebbero essere stati catturati vivi prima di essere decapitati.
La carbonizzazione presente su alcune ossa suggerisce che qualcuno abbia cercato di bruciare i corpi degli uomini all'indomani della loro morte brutale. Successivamente i corpi sono stati trascinati in una fossa comune. Una fibbia da cintura, trovata su alcune ossa, indica che i soldati erano Franchi e provenivano da una regione che, al tempo, comprendeva il Belgio e la Francia moderni. La loro origine e la data in cui gli uomini sono stati uccisi, sembra far intendere che i soldati potrebbero essere stati sepolti dal re Luigi IX di Francia.
Piers Mitchel, antropologo dell'Università di Cambridge, esperto in crociate, ha dichiarato: "I documenti crociati dicono che il re Luigi IX di Francia era in crociata in Terra Santa al momento dell'attacco a Sidone del 1253. Andò in città dopo la battaglia ed ha aiutato personalmente a seppellire i cadaveri in decomposizione in fosse comuni".

Fonte:
livescience.com


Spagna, i resti dell'eremita...

Spagna, la tomba ispano-visigota di Ojo Guarena
(Foto: Miguel Angel Martìn Merino)

L'estate scorsa è stata scavata una sepoltura incastrata nella roccia all'ingresso principale dell'Eremo di San Tirso e San Bernabé, situato nel complesso carsico di Ojo Guarena. La struttura a listoni conteneva lo scheletro di un individuo adulto sepolto in posizione supina, con la testa rivolta ad ovest, posta tra due blocchi di calcare.
Lo scavo è stato iniziato in seguito alle nuove cronologie offerte dal progetto di datazione per il patrimonio culturale del complesso carsico di Ojo Guarena. Una delle date evidenziate nel 2020 richiama la cronologia del periodo ispano-visigoto legata al passaggio di questa popolazione tra la fine del VII secolo e l'inizio dell'VIII. I resti umani nel livello inferiore, invece, sono stati associati ad una fase di transizione tra la fine del VII secolo e l'inizio dell'VIII secolo, nell'Alto Medioevo.
In entrambi i casi, queste scoperte spostano all'indietro di diversi secoli le prove dell'inizio del culto cristiano in questo luogo. Gli studi antropologici, in particolare le analisi degli isotopi stabili dell'idrogeno, del carbonio e dello stronzio, insieme alla datazione dei resti, offrono uno sguardo sulla vita di questa persona che, con tutta probabilità, può essere associata ai primi eremiti che cercarono rifugio in questo luogo idilliaco, per poter vivere in isolamento durante i secoli di grandi turbolenze sociali legate all'arrivo dei Mori, così come avvenne altrove, vicino all'alto corso del fiume Ebro e dei suoi affluenti nel sud della provincia di Cantabria, a nord di Burgos.
La grotta di San Bernabé divenne fulcro della cristianità durante l'Alto Medioevo, come centro religioso e di pellegrinaggio. Vi venne fondata una chiesa dedicata ai Santi Tirso e Bernabé, edificata su un santuario pagano situato nelle grotte dell'enclave carsica di Ojo Guarena, legato strettamente al processo che diede origine al Regno di Castiglia.

Fonte:
phys.org

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