domenica 29 settembre 2019

Sequestro di reperti etruschi e romani a Ginevra

Uno dei pezzi recuperati, un sarcofago etrusco raffigurante un uomo
disteso (Foto: Ministèe public genevois)
Sono già in Italia centinaia di eccezionali reperti etruschi e romani sequestrati a Ginevra. Erano conservati in 45 casse in depositi di proprietà del mercante inglese Robin Symes che è stato arrestato in Inghilterra. L'indagine compiuta dal Nucleo Tutela Beni Culturali dei Carabinieri è partita a marzo 2014. La notizia è pubblicata dal quotidiano britannico The Telegraph.
Il giudizio del tribunale svizzero ha consentito di riportare in Italia tutti gli oggetti trovati nei depositi. Oltre a numerosi vasi di grande valore, tra i capolavori ritrovati due eccezionali sarcofagi probabilmente scavati illegalmente a Tarquinia: il coperchio di uno dei due reperti raffigura un uomo disteso che conserva i colori originali; l'altro è una figura di donna, anch'essa policroma.
Robin Symes, 75 anni, è ben noto per essere da decenni al centro del traffico illecito di archeologia. Da lui il Getty Museum di Malibù e il Metropolitan di New York, tra gli altri, avevano acquistato gran parte dei reperti restituiti al nostro Paese negli ultimi anni; si calcola che il valore dei prezzi venduti durante l'attività di Symes sia di almeno 170 milioni di euro.
L'antiquario, che possiede case a New York, Londra, Atene e una magnifica villa nell'isola di Schinoussa, nell'arcipelago delle Cicladi, era già stato condannato nel 2005 in Inghilterra a due anni di prigione, ma liberato sette mesi dopo.

sabato 28 settembre 2019

Bulgaria, trovato un balsamario a testa di pugile

Il balsamario a forma di testa di pugile rinvenuto in Bulgaria
(Foto: Daniela Agre)
Lo scheletro di un appassionato di sport è stato scoperto accanto ad un contenitore di 1800 anni fa a forma di testa di lottatore o di pugile. Il balsamario, un contenitore utilizzato per conservare liquidi come balsami o profumi, è stato trovato in una sepoltura nel sudest della Bulgaria, l'antica Tracia.
Il balsamario risale ad un'epoca in cui l'impero romano controllava la Tracia, una regione che comprendeva parti della Bulgaria, della Grecia e della Turchia. Realizzato in ottone, il balsamario raffigura un uomo con un capretto. L'uomo ha il naso che sembra storto o piegato, come se fosse stato rotto e non fosse completamente guarito. Indossa un berretto ricavato dalla pelle di un felino, probabilmente una pantera o un leopardo.
Esempi di balsamari con caratteristiche simili sono stati trovati altrove nell'impero romano e sono spesso interpretati come riproduzioni di pugili o lottatori. Il berretto felino indossato dall'uomo può alludere al leone di Nemea, una creatura che il dio greco Ercole ha combattuto e sconfitto.
Lo scheletro rinvenuto nella sepoltura apparteneva ad un uomo morto all'età di 35-40 anni. Sepolta con l'uomo, gli archeologi hanno rinvenuto anche una lama per raschiare il sudore e la sporcizia dalla pelle. "A nostro parere la tomba appartiene ad un aristocratico Trace, che ha praticato sport nella sua vita quotidiana, piuttosto che ad un atleta professionista", ha detto Daniela Agre, archeologa dell'Istituto Archeologico Nazionale e del Museo dell'Accademia Bulgara delle Scienze, che ha guidato gli scavi nel sito.
La tomba dell'uomo fa parte di un complesso funerario più grande, trovato all'interno di un tumulo di tre metri. "Pensiamo che il tumulo sia stato usato come necropoli familiare e che il defunto facesse parte di questa famiglia", ha detto la Dottoressa Agre. Gli scavi del tumulo sono iniziati nel 2015.

Norvegia, trovato un calderone sepolcrale

Norvegia, lo scavo della necropoli e del calderone
(Foto: Astrid Kviseth/Museo Universitario NTNU)
Intorno al 150-300 d.C. una persona morì in una località chiamata ora Gylland, nella valle del fiume Gaula, nella contea di Tràndelag, nella Norvegia centrale. Dopo la cremazione del corpo, i resti furono deposti in un calderone di bronzo, coperto o avvolto in corteccia di betulla che venne, poi, sepolto sotto un cumulo di pietre.
La deposizione è rimasta indisturbata fino a questa estate, quando gli archeologi del Museo Universitario NTNU hanno sollevato la copertura di pietra. Il calderone di Gylland, come viene chiamato, appartiene a un tipo di vasellame in bronzo chiamato sstlandskjele. Il nome è legato al fatto che molti oggetti di questo tipo sono stati rinvenuti nelle sepolture della Norvegia orientale.
Gli oggetti del corredo funerario sono stati fabbricati in Italia o nelle provincie romane della regione del Reno ed è arrivato in Norvegia a seguito del commercio o di uno scambio di doni. Il vasellame era prodotto in serie e destinato all'esportazione nell'area scandinava, dove veniva utilizzato come urne funerarie.
"L'ultimo ritrovamento di una ciotola di bronzo nel parte centrale della Norvegia risale agli anni '60. A livello nazionale conosciamo circa 50 recipienti di questo tipo", ha affermato Moe Henriksen, archeologo e responsabile del progetto di scavo a Gylland. Merci importate come vasi in bronzo e brocche di vetro erano riservati alle classi superiori della società. La scoperta di Gylland testimonia il potere e la prosperità di questa regione in epoca romana.
La ciotola era in pessime condizioni, al momento del ritrovamento. E' probabile che la pressione delle pietre l'abbia danneggiata. Prima di essere collocata nella sepoltura era stata utilizzata: tracce di riparazioni sono visibili in diversi parti della ciotola.
I tumuli sepolcrali di Gylland sono grandi e la datazione ha dimostrato che vennero utilizzati per diverse centinaia di anni. Anche se le ossa contenute nella ciotola sono state datate al 150-300 d.C., sono state scoperte, a livelli più profondi, ossa molto più vecchie, risalenti al 490-360 a.C.

Perù, da dove venivano i bambini sacrificati dagli Incas?

Perù, resti di un bambino avvolto in vesti (Foto: Dagmara Socha)
I bambini che sono stati sacrificati agli dei dagli Incas e che sono stati ritrovati dagli archeologi sulle cime dei vulcani, potrebbero provenire da diverse parti dell'impero. Gli archeologi, in particolare quelli polacchi che stanno occupandosi di questa ricerca, conoscono almeno una dozzina di località del Perù dove, circa 500 anni fa, sulle cime di montagne o vulcani, gli Incas offrivano in sacrificio i bambini nel rituale del capacocha.
Dagmara Socha, bioarcheologa del Centro di Studi Andini dell'Università di Varsavia a Cuzco, ha studiato i resti di questi bambini per diversi anni, come parte di un progetto realizzato congiuntamente con Rudi Chavez Perea, direttore del Museo Santuarios Andinos dell'Università Cattolica di Santa Maria ad Arequipa (Perù).
Quest'anno i ricercatori si sono concentrati sui resti di bambini deposti sulle cime di due vulcani, l'Ampato e il Pitchu Pitchu. Diversi decenni fa il Dottor Johan Reihard trovò le mummie di questi bambini in posizione seduta, su piattaforme di pietra. Attualmente queste mummie sono conservate in celle frigorifere al Museo Sancturios Andinos.
Secondo la Dottoressa Socha, gli Incas credevano che al momento del sacrificio i bambini sarebbero diventati intermediari tra le divinità e l'umanità. "Gli Incas consideravano i bambini puri ed intatti; il loro status avrebbe dovuto facilitare l'azione di convincimento delle divinità affinché prendessero decisioni specifiche", spiega la Dottoressa Socha.
Gli scienziati ancora non sanno quale fosse la chiave nella scelta dei bambini sacrificati. "Dovevano avere sicuramente dei tratti eccezionali, come la bellezza o l'ascendenza sociale", ha detto la Dottoressa Socha. Nel caso di una delle bambine, i cui resti sono stati trovati su una piattaforma sul Pichu Pichu, i ricercatori hanno notato una deliberata deformazione della testa, che è stata intenzionalmente allungata. E' noto che questa pratica è stata utilizzata non nella zona delle montagne, ma piuttosto in pianura e sulle coste dell'impero Inca. Questo potrebbe dire che questa fanciulla sia stata prelevata da una famiglia che viveva in una regione molto lontana.
Sui denti della ragazza, inoltre, sono stati riscontrati cambiamenti visibili nella struttura dello smalto sotto forma di una linea chiaramente distinta dal resto dei denti. Tracce come queste indicano una persona che ha sofferto la fame per un certo periodo della sua vita. Si possono formare anche a causa di forti traumi. Nella ragazza presa in esame si è accertato che questi segni si sono formati intorno all'età di tre anni. "Suppongo che sia stato allora che la ragazza è stata portata via dai suoi genitori e portata a Cuzco, la capitale dell'impero Inca, dove è stata preparata per tre anni per essere sacrificata in cima al vulcano", ha detto la Dottoressa Socha.
Alcuni dei resti appartenenti a sei bambini esaminati quest'anno dalla Dottoressa Socha, erano mummificati, anche se non tutti. Altri resti sono mal conservati ed alcuni recano i segni di una combustione. la Dottoressa Socha spiega che gli Inca avevano eretto le piattaforme sacrificali in luoghi esposti ai fulmini e ci sono molte prove che questi abbiano ripetutamente colpito queste piattaforme. Ecco perché i tessuti molli ed i vestiti indossati dai bambini al momento della morte non sono arrivati fino a noi. Secondo gli Incas, una persona colpita da un fulmine ha ricevuto un grande onore, poiché un dio ha espresso interesse per lei.
Le mummie esaminate dalla Dottoressa Socha sono ora mantenute in una condizione simile a quella nella quale si trovavano prima della loro scoperta. La ricerca non ha richiesto lo sbendamento delle mummie, gli scienziati, per ridurre al minimo l'interferenza con i resti, hanno utilizzato i raggi X (radiografie). Questo ha permesso di scoprire i numerosi oggetti che accompagnavano i piccoli defunti: oggetti metallici quali spille d'oro che fissavano le vesti, ma anche oggetti in legno come tazze rituali. C'erano anche altri tipi di decorazioni, quali un tubo d'oro ed anche petali di fiori.

Grecia, continuano le scoperte nella necropoli di Ahlada

Grecia, sepoltura di un guerriero di Ahlada (Foto: ekathimerini.com)
Nel nord della Grecia gli archeologi hanno esplorato più di 200 sepolture di una vasta e antica necropoli, già saccheggiata nell'antichità, ma che sta restituendo ancora dei ricchi reperti, tra i quali una maschera d'oro ed elmi in bronzo.
Il Ministero della Cultura ha affermato che i reperti più impressionanti provengono dalle tombe di guerrieri morti nel VI secolo a.C., che erano anche membri di una potente aristocrazia militare. Tra i manufatti recuperati ci sono una preziosa maschera mortuaria realizzata appositamente per il defunto, quattro elmi in bronzo, punte di lancia in ferro, spade di ferro frammentate, una grande urna di bronzo con maniglie decorate, un modello di carro agricolo e delle protezioni per le gambe in bronzo.
La necropoli di Ahlada, vicino alla città di Florina, dove sono stati rinvenuti questi tesori, ha restituito finora 1.300 sepolture risalenti a varie epoche.

Turchia, trovata statua di leone di 2200 anni fa

Turchia, la statua del leone di 2200 anni fa (Foto: hurriyetdailynews.com)
Gli archeologi che operano nel nordovest della Turchia, hanno riportato alla luce una statua raffigurante un leone e risalente al periodo ellenistico della città di Assos, circa 2200 anni fa.
Nurettin Arslan, professore che dirige il Dipartimenton di Archeologia presso l'Università Onsekiz Mart di Canakkale, ha affermato che la stagione di scavo ad Assos, una delle più importanti città portuali dell'antichità, sono iniziati a luglio di quest'anno e termineranno ad ottobre. La scultura è tornata alla luce durante gli scavi di un complesso che, in epoca ellenistica, era una locanda.
Gli scavi archeologici hanno individuato anche un forno in pietra di 1500 anni fa (periodo romano-bizantino). E' stata rinvenuta, nei pressi, anche una sorta di stufa per la cottura con tre pentole. Questa scoperta può fornire ulteriori indizi sulla vita in epoca bizantina.
Assos è stata scavata ininterrottamente da l981. La città si trova su una collina rocciosa che domina il Mar Egeo ed è stata densamente abitata nel corso dei secoli.


Israele, il mosaico con la moltiplicazione dei pani e dei pesci

Israele, particolare del mosaico appena scoperto
(Foto: Università di Haifa)
Un mosaico colorato del V secolo d.C. raffigurante uno dei più famosi miracoli di Gesù, è stato portato alla luce in Israele, perfettamente conservato sotto le ceneri di un antico focolare. Il mosaico, che probabilmente rappresenta Gesù che nutre le masse con pani e pesci, un tempo adornava il pavimento di una chiesa costruita alla fine del V o all'inizio del VI secolo d.C. di una città chiamata Ippos. Questa città, costruita su una cima di montagna che si affaccia sul Mar di Galilea, era molto importante durante l'età romana e bizantina.
La struttura, chiamata "chiesa bruciata", fu probabilmente rasa al suolo durante la conquista sasanide della città all'inizio del VII secolo d.C. Tuttavia i suoi pavimenti musivi si sono ben conservati sotto la cenere. Il mosaico è molto colorato e presenta due iscrizioni greche che parlano degli antichi padri della chiesa, padri che edificarono l'edificio religioso dedicandolo ad un martire di nome Teodoro.
Il mosaico presenta raffigurazioni di uccelli, pesci e frutta. Alcuni pani e pesci sono collocati in ceste, probabile allusione ad uno dei miracoli descritti nel Nuovo Testamento: la moltiplicazione dei pani e dei pesci. Il mosaico presenta anche 12 cesti di pane e di pesce che, secondo le Scritture, furono quelli avanzati dalla distribuzione miracolosa.
Il racconto biblico non indica il luogo dove Gesù compì il miracolo. Alcuni ricercatori ritengono che la Bibbia descriva il luogo dove si trova la Chiesa della Moltiplicazione sul lato nordovest del Mar di Galilea, mentre altri ritengono che si tratti della regione a nord di Ippos, non lontano dal sito appena scoperto.
La chiesa si trova sul bordo occidentale del monte Sussita ed è il punto più occidentale della città. Si affaccia, oggi come allora, sul mar di Galilea dove si svolse la maggior parte del ministero pubblico di Gesù e dove egli fece la maggior parte dei miracoli. E' logico, quindi, supporre che chiunque abbia commissionato il mosaico volesse alludere ad un'affinità con un miracolo che era avvenuto nelle vicinanze.
Malgrado le similitudini con il racconto biblico, ci sono anche molte differenze: alcuni cesti non sono riempiti solo di pane, ma anche di frutta. Inoltre, in alcune parti del mosaico, ci sono tre pesci invece di due. I pesci hanno molti significati simbolici nel mondo cristiano.

sabato 21 settembre 2019

Modena, nuove teorie sui due "amanti"

La sepoltura dei cosiddetti "amanti di Modena"
(Foto: Università di Bologna/EPA/Shutterstock)
I cosiddetti "amanti di Modena", due scheletri di 1600 anni trovati che si tengono per mano all'interno della loro sepoltura, sono entrambi uomini, come risulta da una ricerca. Ci sono pochi esempi noti nel mondo antico di scheletri sepolti insieme e che si tengono per mano. La maggior parte di questi sono maschio e femmina.
Il rinvenimento degli "amanti di Modena", nel 2009, ha attirato l'attenzione dei media a causa della loro posizione nella sepoltura, che apparentemente alludeva ad un legame amoroso tra i due defunti. Gli archeologi, però, all'epoca non potevano determinare il sesso degli amanti, a causa delle cattive condizioni degli scheletri. Ora questi ultimi sono stati meglio analizzati, soprattutto è stato studiato lo smalto dei denti, e sono stati identificati come due defunti di sesso maschile.
Gli archeologi pensano che la sepoltura degli "amanti di Modena" rappresenti un'espresso di volontario impegno tra i due individui, anche se non sono in grado di stabilire se questo impegno fosse di natura romantica.
Nello stesso cimitero dove sono stati sepolti i due uomini, gli archeologi hanno rinvenuto altri 11 scheletri, alcuni con delle ferite, che sembrano suggerire che questi individui abbiano combattuto in qualche battaglia. I due "amanti", dunque, avrebbero potuto essere dei commilitoni, oppure degli amici morti in battaglia e sepolti nella stessa tomba. In alternativa potrebbero essere parenti: forse cugini o fratelli della stessa età, che condividevano la sepoltura a causa del legame familiare.
All'epoca nella quale hanno vissuto i due defunti, l'Impero Romano era diviso in due: Modena era controllata dall'Impero Romano d'Occidente, che stava crollando sotto gli attacchi dei barbari ed anche a causa di dissidi interni. L'Impero Romano d'Occidente perse gradualmente territorio e potere dopo le invasioni dei Vandali e degli Unni e finì per crollare completamente nel 476 d.C.
Le ricerche sono guidate da Federico Lugli, ricercatore presso il Dipartimento dei Beni Culturali dell'Università di Bologna, e Giulia Di Rocco, ricercatrice presso il Dipartimento di Scienze Chimiche e Geologiche dell'Università di Modena e Reggio Emilia.

Roma, rinvenuto uno scheletro nei pressi della stazione della metro

Lo scheletro trovato a piazzale Ostiense
(Foto: roma.repubblica.it)
Uno scheletro è stato ritrovato a Roma, in piazzale Ostiense, proprio davanti all'uscita della stazione metropolitana Piramide. I tecnici Acea, azienda partecipata multiutility di Roma Capitale, durante uno scavo di sottoservizi nell'area di fronte l'ingresso della stazione Piramide della linea metro B, si sono imbattuti in un ritrovamento fuori dal comune: uno scheletro umano, all'apparenza ben conservato e probabilmente di età antica.
L'area è stata immediatamente presa in consegna e transennata dagli addetti della sovrintendenza capitolina, che ora sono al lavoro per cercare di risolvere il mistero della "Mummia di Piramide". Secondo la Soprintendenza Speciale di Roma lo scheletro è di epoca romana ma è molto difficile stabilirne l'età con maggiore precisione. La sepoltura potrebbe far parte della necropoli ostiense e si ipotizza che si tratti di una tomba trafugata, perché a copertura del corpo non sono state trovate tegole né corredo.
I resti ossei sono stati trovati alla profondità di un metro nel terreno. Il ritrovamento è avvenuto davanti agli occhi di passanti e passeggeri della metro.

Fonti:
roma.repubblica.it

domenica 15 settembre 2019

Tracce di monete bizantine sulla Sindone

Le microparticelle aspirate dalla Sindone di Torino, composte da una
lega di oro e di argento con residui di rame (elettro bizantino)
(Foto: Giulio Fantia & Claudio Furlan 2019)
Tracce di monete bizantine sono state rinvenute sulla Sacra Sindone di Torino, retrodatando la datazione al carbonio del 1988 al XIV secolo, secondo uno studio dell'Università di Padova e di ricercatori americani. All'epoca i risultati dei test affermarono che la datazione del lenzuolo risaliva a una data compresa tra il 1260 e il 1390, periodo compatibile con le prime testimonianze storiche certe dell'esistenza della Sindone.
Lo studio è stato condotto da Giulio Fanti e Claudio Furlan ed ha rilevato la presenza di elettro, una rara e antica lega d'oro e d'argento con tracce di rame. Nello stesso studio è stata esaminata la percentuale di questi elementi nelle monete bizantine dell'XI e del XII secolo ed è stata trovata una piena correlazione. Pertanto la contaminazione del lino con gli elementi componenti le monete è stata ufficializzata.
Monete bizantine in elettro (Foto: Giulio Fantia & Claudio Furlan 2019)
L'ipotesi è che i pellegrini bizantini usassero strofinare il lino, ritenuto quello in cui venne avvolto Gesù, per ricavarne delle reliquie ad uso di venerazione personale. La Sacra Sindone è un telo lungo 4,4 metri e largo 11, recante la doppia immagine di un uomo morto a seguito di una serie di torture culminate nella crocifissione. Le prime notizie storiche della Sindone risalgono al XV secolo, quando il cavaliere francese Geoffroy de Charny costruì una piccola chiesa a Lirey, vicino a Troyes per custodirla. Testi del V-VI secolo d.C. affermano che ad Edessa (odierna Urfa, in Turchia) era conservato un ritratto di Gesù che, con termine greco, viene chiamato Mandylion, impresso su un panno. Si dice che il Mandylion sia stato trasportato a Costantinopoli nel X secolo.
Dopo il sacco di Costantinopoli ed il furto di numerosissimi oggetti preziosi, si presume che la Sindone sia stata trasportata in Grecia, dove era presente la famiglia Charny. Nella prima metà del XV secolo Marguerite de Charny prese la Sindone dalla chiesa di Lirey. Nel 1453 il prezioso lino venne consegnato ai Savoia, che ne rimasero proprietari fino al 1983, anno in cui la Sindone venne ceduta alla Santa Sede.
L'annuncio della presenza di tracce di possibili monete bizantine fatte con una lega formata da oro e argento, confutano di fatto il risultato del radiocarbonio, aprendo nuovi interrogativi e dimostrando che la reliquia era conosciuta ben prima del periodo medioevale e che (questa sarebbe la novità) i test del C14 non erano affatto precisi, proprio come continua a sostenere un gruppo di scienziati, secondo i quali il radiocarbonio non avrebbe tenuto conto della presenza di monossido di carbonio dovuto all'incendio disastroso avvenuto a Chambery nel 1532, nella cappella del castello in cui all'epoca era conservata la reliquia, dentro uno scrigno di argento massiccio.

Turchia, rinvenuto un tempio ellenistico

Turchia, i resti del tempio ellenistico appena scoperto (Foto: AA)
Nella Turchia occidentale, nell'antica città di Thyateira, nella provincia di Manisa, gli archeologi hanno portato alla luce un antico tempio ellenistico. Gli scavi sono iniziati otto anni fa. La città di Thyateira è conosciuta anche come Pelopia.
Il tempio appena scoperto ha una pianta rettangolare. Il Professor Engin Akdeniz, del Dipartimento di Archeologia dell'Università di Adnan Menderes, che dirige gli scavi, ha affermato che il tempio si trova nell'area chiamata Hospital Settlement Mound, utilizzata in passato anche come cimitero. Ha aggiunto che sono stati rinvenuti anche frammenti di un'architettura bizantina, nelle sepolture, frammisti ai frammenti del tempio.
Fonte:
Daily Sabah

Priverno, torna alla luce una necropoli medioevale

Priverno, le sepolture medioevali tornate recentemente alla luce
(Foto: roma.repubblica.it)
Nel parco archeologico di Privernum, che comprende la città romana di Priverno e le diverse strutture che successivamente in quell'area della provincia di Latina sono state realizzate fino a circa il XII secolo, i lavori di pulizia compiuti dopo l'alluvione dello scorso anno hanno riportato alla luce una vasta area cimiteriale di epoca medioevale. E su questa necropoli e quegli scheletri ancora intatti è partito uno studio di un'equipe spagnola di antropologi e archeologi dell'Università di Valencia, volto a ricostruire i dettagli della vita nell'antica città durante il medioevo.
Nel corso delle attività per ripulire la zona, l'archeologa Federica Colaiacomo e altri suoi colleghi della coop Archeologia, impegnati soprattutto nell'area vicina ai templi romani, hanno fatto riemergere le sepolture medioevali, tra cui una sepoltura doppia e quella di un bambino di 8-9 anni. "L'area è molto vasta e l'abbiamo ripulita solo in parte", evidenzia l'archeologa Colaiacomo.
Tutte sepolture realizzate ai margini nordorientali delle imponenti opere idrauliche della città romana. Un'area che riserva, dunque, sempre nuove sorprese e dove in passato sono state recuperate anche delle coperture sepolcrali di grande bellezza, che a breve verranno esposte e dove sono state riportate alla luce opere come un dipinto di una Madonna bizantina del XII secolo, che è andato ad arricchire il vicino museo di Fossanova.
"Le novità sono tante e solo di sepolture nel tempo ne abbiamo individuate numerose. Ora è importante la collaborazione con l'Università di Valencia, che dovrebbe consentirci di conoscere i diversi aspetti della vita a Privernum nel Medioevo, in una città che dall'età romana al XII secolo non è mai stata abbandonata", assicura Margherita Cancellieri, direttrice dei musei di Priverno.
Grande attesa, dunque, per l'analisi che sugli scheletri e la necropoli verrà compiuta dal Professor Llorenç Alapont Martin e dal suo staff, in passato impegnati anche a Pompei e che da luglio si stanno dedicando al parco archeologico pontino.
L'area archeologica si trova a Mezzagosto, frazione di Priverno. Dodici ettari che racchiudono le vestigia della Privernum romana, una colonia fondata nel II secolo a.C., posta tra i monti Lepini, la valle del Sacco e il litorale tirrenico.

sabato 14 settembre 2019

Kythnos, nuove scoperte sull'isola attraversata dal tempo

Grecia, muro di mantenimento di epoca ellenistico-classica
(Foto: MOCAS)
Importanti reperti sono stati rinvenuti negli scavi sull'isolotto di Vryokastraki, di fronte Vryokastron, l'antica città di Kythnos. Tra questi un vasto insediamento bizantino con parte delle mura che davano sulla costa ed una porta, un'antica basilica cristiana e strutture monumentali appartenenti ad un importante santuario antico.
Sull'altopiano meridionale dell'isolotto è stata scoperta una terrazza monumentale lunga quasi 22 metri, databile ad epoca classica, sia per la sua muratura isodomica che per la ceramica raccolta all'interno di uno strato di ghiaia facente parte della sua struttura. La ceramica trovata è di ottima qualità ed è stata datata all'epoca geometrica ed arcaica, al pari di altri ritrovamenti di natura votiva, quali vasi in miniatura e figurine femminili in argilla.
Grecia, fotografia aerea della basilica di Kythnos
(Foto: Kostas Xenakis)
Ad una distanza di 5 metri ad est della terrazza, la roccia scolpita forma un affioramento rettangolare, oggi fortemente eroso, che sembra essere stato un altare monumentale. La terrazza forma una piattaforma alta 4,50 metri, ad ovest della quale la roccia ospita antiche incisioni, alcune delle quali sembrano essere legate ad un tempio monumentale che qui sorgeva. Un attento studio di queste incisioni potrebbe aiutare a chiarire, in qualche modo, la forma del tempio ellenistico. Al momento rimane sconosciuta l'identità della divinità che era adorata in questo luogo.
L'attività umana all'inizio del periodo bizantino, era qui piuttosto intensa e gli edifici edificati precedentemente vennero notevolmente trasformati, spazi e mura vennero parzialmente riutilizzati dalla popolazione. La ceramica successiva risale alla fine del VI e alla prima metà del VII secolo d.C. Dopo questo periodo la città di Kythnos sembra essere stata abbandonata. I suoi abitanti si trasferirono nel Castello di Oria, la capitale medioevale dell'isola.
Grecia, resti del tavolo in marmo trovato all'interno della basilica di
Kythnos (Foto: MOCAS)
Le fortificazioni costiere della tarda antichità proteggevano la parte orientale, piuttosto debole, dell'isolotto. Gli altri lati erano inaccessibili a causa delle formazioni rocciose verticali. All'interno delle fortificazioni c'erano numerosi vani, in uno dei quali venne trovata una moneta in bronzo. Più a nord le indagini archeologiche hanno rivelato l'ingresso principale della fortificazione, probabilmente protetta da una torre. Le fortificazioni della tarda antichità sono state costruite su quelle precedenti, probabilmente arcaiche, ricavate in parte dalla roccia naturale.
Quest'anno è stata completata anche l'esplorazione dell'interno della basilica paleocristiana a tre navate, posta su una terrazza più alta rispetto al sito della città. La pianta dell'antica chiesa è quasi quadrata ed il suo abside è posto ad est. Gli ingressi si aprono sulle pareti laterali del nartece. I diversi livelli del pavimento della basilica sono dovuti alla morfologia del suolo. Ogni navata aveva accesso diretto al nartece. La basilica è affiancata da edifici sia a nord che a sud. Quello settentrionale è stato studiato ed aveva accesso direttamente all'interno dell'edificio religioso. Quest'ultimo ha una storia piuttosto complessa e presenta diverse fasi di costruzione, come è indicato dall'alternarsi di pilastri e colonne per separare le navate o come la muratura che caratterizza le navate, aggiunta successivamente alla costruzione. Conservato in situ è il presbiterio ed anche parti della decorazione architettonica.
Grecia, anfora in bronzo trovato all'interno della basilica di Kythnos
(Foto: MOCAS)
Un vaso è stato rinvenuto nella navata meridionale della chiesa, a contatto con la partizione del presbiterio. Due iscrizioni frammentarie sono state trovate nel nartece, una in stile del IV secolo a.C., l'altra incisa su tabula ansata, del I secolo d.C., che commemorava l'imperatore Vespasiano o Domiziano. Un synthronon con il trono di un vescovo è stato ricavato nell'abside. Sono stati rinvenuti anche elementi della mobilia e di altri oggetti presenti nella chiesa: una piccola colonna di marmo, un tavolo circolare in marmo, parte di una croce in ferro, una lampada ad olio a forma di cantharos in bronzo con catena, della seconda metà del VI-VII secolo d.C. ed una tazza in piombo dallo stelo lungo con una decorazione incisa.
Sotto il pavimento danneggiato dell'abside è stato trovato uno strato di vasi bizantini frammentari, si tratta di vasi piuttosto grossolani risalenti al V secolo d.C., tra cui un'anfora con il bordo a forma di imbuto. Sotto questo strato è stato rinvenuto un piccolo vano rettangolare ricavato dalla roccia naturale, una sorta di cassa coperta da una lastra. Si tratta di un elemento relativo alla consacrazione della basilica, dal momento che al suo interno è stato rinvenuto un oggetto in piombo di forma tubolare, il cui contenuto è ora oggetto di indagine.
La basilica rimase in funzione fino al VII secolo d.C., ma non si esclude un suo uso più prolungato.

Paestum: nuova, importantissima, scoperta

Paestum, la testa tardo arcaica in pietra rinvenuta durante la campagna
di scavo 2019 dell' Università di Salerno (Foto: ansa.it)
"Una scoperta totalmente inattesa che apre nuovi scenari". Sono le parole di Gabriel Zuchtriegel, direttore del Parco Archeologico di Paestum, a proposito del ritrovamento di un frammento di scultura in pietra, una testa in arenaria risalente al VI-V secolo a.C., emerso durante la campagna di scavo dell'Università di Salerno nell'area archeologica dell'antica Poseidonia, nei pressi del tempio dorico di Athena. Il frammento potrebbe provenire da una delle "metope" che ornavano i lati lunghi del tempio.
"La novità sta nella scarsità di ritrovamenti del genere nell'area interessata dallo scavo - prosegue Zuchtriegel - Finora, la scultura in pietra a Paestum è nota soprattutto dal santuario dedicato ad Hera, presso la foce del Sele. Il ritrovamento potrebbe aprire nuovi scenari. Tra l'altro, è da tenere presente che il tempio di Athena era circondato da porticati, altari e sacelli, e dunque solo in futuro potremmo capire da dove proviene il frammento. C'è ancora tanto da scavare". Il direttore del Parco Archeologico di Paestum rivela un particolare curioso. "Il frammento è stato rinvenuto negli strati più superficiali dello scavo, in un'area che era già stata oggetto di indagine durante gli anni '20 e '30 del secolo scorso. E' possibile che allora sia stato confuso per una pietra di nessun valore".
"Anche quest'anno - aggiunge Fausto Longo, direttore della Scuola di Specializzazione in Beni Archeologici dell'Università di Salerno e responsabile dello scavo - l'equipe di ricerca salernitana sta scavando l'edificio sudest al quale erano state attribuite le terrecotte architettoniche esposte nel Museo, tra i documenti più antichi provenienti da questa zona dell'area archeologica". Solo a giugno, sempre nell'area archeologica di Paestum, ma questa volta sul versante occidentale delle mura della polis magno-greca, gli archeologi del Parco si erano imbattuti in una scoperta del tutto inattesa: capitelli, colonne, cornicioni e triglifi di un edificio dorico. La scoperta più sorprendente era consistita in un pannello in arenaria decorata con tre rosette a rilievo.
Intanto fervono i preparativi per la mostra che aprirà i battenti il 4 ottobre dal titolo "Poseidonia città d'acqua: archeologia e cambiamenti climatici", la prima che integra il discorso sui cambiamenti climatici con una prospettiva storica ed archeologica. L'obiettivo è di attirare l'attenzione sulla capacità delle società umane di comprendere i cambiamenti imprevisti, di adattarsi e ricostruirsi.

Fonte:
ansa.it

Israele, scoperto un antico avamposto egizio

Israele, gli scavi dell'Università polacca (Foto: Università Jagellonica)
Gli archeologi polacchi hanno riportato alla luce, nel sito di Tel Erani, in Israele, una struttura ed oggetti che fanno pensare che qui vi fosse uno dei primi avamposti egiziani. Hanno anche ipotizzato che il muro scoperto un anno fa possa avere ben 5300 anni.
Per sei anni i ricercatori dell'Università Jagellonica di Cracovia hanno esplorato gli edifici di Tel Erani, risalenti all'Età del Bronzo e quelli dell'avamposto egiziano che qui era allocato. Secondo le recenti scoperte, la locale comunità aveva un livello di organizzazione molto più evoluto di quanto si sia pensato finora.
Quest'anno si è scoperto che vi era un'altra struttura al di sotto di un edificio precedentemente esplorato; secondo il Dottor Marcin Czarnowicz, si tratta di un edificio riferibile alla presenza di egiziani. Questa affermazione si basa sulle forme di pane che sono state scoperte assieme ad altri oggetti e ceramiche. L'archeologo è convinto che appartengano alla precedente fase di occupazione egizia di Nagada, che si protrasse dal 3150 al 3050 a.C.
Gli archeologi hanno scoperto ceramiche importate e il primitivo livello di occupazione del suolo. Durante l'attuale stagione di scavo i ricercatori hanno raggiunto la base del muro portato alla luce un anno fa ed hanno potuto confermare che la struttura ha più di 5300 anni. La presenza di frammenti di missili e proiettili riferibili alle battaglie del 1948-1949 hanno impedito agli archeologi di esplorare meglio la struttura con l'utilizzo del GPR.
Il capo della spedizione polacca, il Professor Krzysztof Ciaowicz, sospetta che le ceramiche rinvenute siano state prodotte in loco, ma gli archeologi non sono riusciti ancora a trovare il forno sebbene si siano imbattuti in diversi residui di cenere e tracce di combustione nei pressi degli edifici sovrastanti quelli egiziani. "Sono certamente i resti di un edificio bruciato. - Ha detto Ciaowicz. - Ci sono molti tipi di scorie. I test di laboratorio hanno dimostrato che non sono presenti tracce di rame, per cui pensiamo che queste ceneri siano il risultato della produzione di vasi in ceramica".
Tel Erani è considerato uno dei principali centri levantini in cui siano presenti antiche influenze egizie. Recenti studi dell'Università di Cracovia hanno dimostrato che gli abitanti del Basso Egitto avevano relazioni molto intense con il Levante meridionale. Nel IV millennio a.C. le due regioni cooperarono a stretto contatto e materie prime come il rame presero spesso la via dell'Egitto, mentre animali e pesce vennero inviati nel Levante.

giovedì 12 settembre 2019

Bulgaria, trovato un deposito votivo

Bulgaria, la statuina appena trovata (Foto: sofiaglobe.com)
Gli archeologi hanno rinvenuto una statuetta di bronzo a testa di ariete sull'isola di St Cyricus, al largo della costa di Sozopol, sul Mar Nero. Si pensa che la statuetta risalga al VI secolo a.C. e che sia stata portata dai fondatori della città di Apollonia, antico nome di Sozopol, fondata nel VII secolo a.C. dai coloni greci di Mileto.
Il capo del team di scavo, la Professoressa Krustina Panayotova, dell'Istituto Archeologico Nazionale presso l'Accademia Bulgara delle Scienze, ha affermato che la statuetta è stata trovata in una fossa dove erano presenti anche vasi potori rituali, la prova che le prime generazioni di abitanti di Apollonia offrì doni alle loro divinità in questo luogo.
Finora non erano rinvenuti oggetti in bronzo, anche se Apollonia è vicina a miniere di rame utilizzate dai primi coloni. Il bronzo era un metallo molto utilizzato: la statua di Apollo, alta 12 metri, dalla quale la città prese il nome, potrebbe essere stata fusa per essere utilizzata per ricavare cannoni nei secoli successivi.
L'ariete era un animale sacrificale, offerto in dono alle divinità. Secondo gli archeologi è molto probabile che la statuetta sia stata portata qui da Mileto. Anche le capre selvatiche dipinte sui vasi potori suggeriscono la provenienza degli oggetti.

Uzbekistan, trovati petroglifi antichissimi

Uzbekistan, le rocce con i petroglifi (Foto: J. Kràlikowski)
Un team di archeologi di Varsavia ha scoperto un notevole gruppo di incisioni rupestri in Uzbekistan. Ci potrebbero essere migliaia di raffigurazioni animali, principalmente di stambecchi. I ricercatori hanno condotto ricerche sui monti Chatkal, nel nordovest dell'Uzbekistan per diversi anni ed hanno scoperto le tracce di campi di 40.000 anni fa.
Il gruppo di petroglifi scoperto si trova sulle pendici del monte Kyzyl Dara. Sono realizzati su enormi rocce piatte situate tra i 2500 ed i 3100 metri. Si tratterebbe di uno dei luoghi posti più in alto con arte rupestre in Uzbekistan. Nelle incisioni predominano le rappresentazioni di stambecco, riconosciuto dalle enormi corna curve. Attualmente, nella valle di Kyzyl Dara i residenti dei vicini villaggi pascolano in estate le pecore. L'area non è facilmente accessibile ed è stato molto difficile, per gli archeologi, raggiungerla e lavorarvi.
Le raffigurazioni erano, forse, legate alla magia della caccia. Al momento non è possibile dare una risposta certa, vista la vastità della superficie coperta dai petroglifi. Alcune corna degli stambecchi raffigurati sulla parete rocciosa sono fortemente curve. Nel cerchio formato dalle carne appare inciso una croce o una ragnatela. Anche questi simboli, secondo i ricercatori, potrebbero rimandare ad un simbolismo solare o a stati di trance.
Meno numerose sono le raffigurazioni di archi, cervi, cani e lupi. Le incisioni più antiche risalirebbero alla metà del II millennio a.C., al pari dei vicini cimiteri. Ci sono anche incisioni successive, alcune delle quali potrebbero risalire al medioevo.

Georgia, il pavimento musivo del comandante

Georgia, i frammenti del pavimento musivo appena scoperti
(Foto: Agata Trzop-Szczypiorska)
Gli archeologi hanno scoperto i frammenti di un pavimento musivo di duemila anni fa che ornava la casa del comandante della guarnigione romana della ex fortezza di Apsaros, vicino Batumi, in Georgia.
Gli scavi nel forte romano di Apsaros vanno avanti da diversi anni. L'antico forte si trova non lontano dalla località turistica di Batumi, nella Georgia occidentale. Quest'anno gli scavi hanno interessano i resti dell'antica villa del comandante della guarnigione romana.
In una delle stanze della villa, situata sul retro della stessa, sono stati scoperti i resti di un pavimento fatto di piccoli cubi che formavano un mosaico. Ad occuparsi dello scavo è la Professoressa Shota Mamuladze, direttrice del Museo della Riserva di Gonio-Apsaros. Si pensa che la stanza fosse una camera da letto.
Al momento sono stati rinvenuti diversi frammenti del mosaico, ciascuno costituito da una dozzina di cubetti di pietra. Questi ultimi hanno diversi colori: verde, nero, bianco, rosso e giallo il che significa che probabilmente i cubetti formavano un motivo decorativo ma il pessimo stato di conservazione non permette, al momento, di comprendere come si articolasse.
Georgia, il mosaico scoperto nel 2018 ad Apsaro
(Foto: R. Karasiewicz-Szczypiorski)
I mosaici pavimentali erano rari, nelle strutture militari romane. Persino le case dei comandanti di guarnigione erano prive di questi lussi. Ad oggi sono noti solo alcuni esempi di mosaici georgiani, compresi quelli trovati a Dzalisi, dove c'era una magnifica residenza reale.
Il pavimento che ospitava il mosaico era posto su un ipocausto. Sotto il pavimento c'era un sistema di riscaldamento tipico delle case romane e dei balnea. Nel tempo il pavimento finì per sprofondare nell'ipocausto e il mosaico pavimentale andò distrutto. Una parte significativa della stanza scavata quest'anno è ancora in attesa di essere indagata.
Durante le precedenti stagioni di scavo, gli archeologi hanno trovato un pavimento musivo molto ben conservato, decorato con motivi geometrici, nella stanza adiacente a quella interessata dagli scavi odierni. L'opera è stata datata alla prima metà del II secolo d.C.
Nella dimora lussuosa oggetto di scavo si pensa abitasse Arriano, governatore della provincia romana di Cappadocia, che visitò personalmente Apsaros durante il regno di Adriano (117-138 d.C.). Arriano non era solo un funzionario, ma anche un noto intellettuale e storico che lasciò ai posteri una descrizione delle campagne di Alessandro Magno.

Fonte:
scienceinpoland.pap.pl

venerdì 6 settembre 2019

Le gru degli antichi Greci...

Grecia, le tracce delle corde utilizzate per sollevare e posizionare le pietre
del tempio di Isthmia (Foto: Alessandro Pietrattini)
Le gru per costruzione sono apparse per la prima volta nell'antica Grecia più di 2500 anni fa, ma una nuova ricerca sembra suggerire che una primitiva macchina per il sollevamento, una sorta di precursore della gru, era in uso circa 150 anni prima.
Gli antichi Greci sono noti per l'edificazione di strutture monumentali in pietra, che riuscirono ad elevare senza l'aiuto di attrezzature moderne. Queste attrezzature vennero utilizzate per la prima volta alla fine del VI secolo a.C. Si pensava che in precedenza i Greci sollevassero i pesanti blocchi di pietra per le loro costruzioni utilizzando rampe di terra o mattoni di fango, simili a quelle di cui si servivano gli antichi Egizi e gli Assiri prima di loro.
Una nuova ricerca, pubblicata nell'Annual of the British School di Atene ha scoperto che i costruttori dei primi templi in pietra della storia greca, compresi quelli di Isthmia e di Corinto, impiegarono una macchina di sollevamento primitiva già nel VII secolo a.C. Questa macchina anticipò quella che noi conosciamo come gru, ed era in grado di sollevare blocchi del peso di oltre 200-400 chilogrammi.
Alessandro Pierattini, autore dello studio, dell'Università di Notre Dame, sostiene che questa macchina per il sollevamento è stata originariamente inventata dai Corinzi, che la utilizzarono per costruire navi e per permettere ai sarcofaghi di essere calati in fosse strette e profonde.
Le prove dell'utilizzo di queste macchine sono state ricavate dalla presenza di scanalature incise sulla parte inferiore delle pietre utilizzate per costruire i templi di Corinto e di Isthmia. Gli storici dell'antichità avevano familiarità con queste scanalature, ma non è noto se queste ultime siano dovute al sollevamento di blocchi durante il processo di costruzione o per spostare gli stessi nelle cave.
Utilizzando pietre e corde, Pierattini ha dimostrato che le scanalature potevano essere dovute ad una duplice motivazione, permettendo ai costruttori sia di sollevare i blocchi che di posizionare gli stessi uno sull'altro.

Francia, scoperti dei menhir risalenti al 6000 a.C.

Le pietre scoperte ad Auvergne (Foto: connexionfrance.com)
Circa trenta pietre monolitiche ed uno scheletro umano, che si pensa risalga al 6000 a.C., sono stati rinvenuti nella Francia centrale. La scoperta è stata effettuata durante gli scavi preventivi all'ampliamento dell'autostrada A75, nei pressi di Veyre-Monton, tra Clermont-Ferrand e Issoire, a Puy-de-Dàme.
A confermare l'autenticità dei reperti e la loro collocazione in età preistorica, sono stati i ricercatori dell'Institut National de Recherches Archéologiques Préventives (INRAP). Si tratta delle prime strutture simili a menhir rinvenute nel centro della Francia. Purtroppo ci sono poche tracce che possano aiutare i ricercatori a datare queste pietre con precisione.
Le pietre sono state, purtroppo, danneggiate. Alcune sono state abbattute per far sì che venissero inghiottite dalla vegetazione, altre sono state gettate in grandi fosse, a volte deliberatamente sepolte nel terreno.

Egitto trovato il busto di una statua di Ramses scoperta nel 1930

Egitto, il busto di Ramses II appena rivenuto (Foto: finestresullarte.info) Un team di archeologi egiziani e di ricercatori dell'Univers...