domenica 28 novembre 2021

Egitto: il tempio di Hatshepsut non cessa di stupire

Egitto, frammento di una bara dalla successiva sepoltura
di una donna (Foto: M. Jawornicki)

Gli archeologi polacchi che stanno lavorando alla ricostruzione della Cappella della dea Hathor, facente parte del complesso del tempio di Hatshepsut, in Egitto, hanno scoperto una discarica di 3500 anni fa, all'interno di una tomba posta sotto il tempio del faraone egiziano. Dalla discarica sono emerse figure di divinità e donatori che costituivano le offerte ad Hathor insieme a tazze, contenitori in ceramica con disegni di seni, piatti dipinti e ciotole con motivi vegetali, tutti a rappresentare la rinascita dalla Terra dei Morti.
Sotto un cumulo di spazzatura, rimasto intatto dai tempi antichi, sono state recuperate dozzine di figure femminili.
Il Dottor Patryk Chudzik, del Centro Polacco di Archeologia mediterranea dell'Università di Varsavia, responsabile degli scavi presso il tempio di Hatshepsut, ha dichiarato: "Avevamo paura che il lavoro che stavamo facendo potesse causare il crollo del soffitto della tomba, quindi volevamo proteggerlo. Una volta all'interno, tuttavia, si è scoperto che la tomba non era mai stata ispezionata e pulita, poiché si trovava a mezzo metro di altezza sopra altre sepolture".
Quindi, prima di iniziare a rafforzare il soffitto era necessario scavare. Sono state così scoperti centinaia di oggetti tra le macerie, alcuni dei quali sono corredi funerari del primo Medio Regno. Quindi questi oggetti erano più antichi di 500 anni rispetto al tempio di Hatshepsut. La maggior parte dei resti trovati appartengono ad epoche successive, forse all'inizio della XVIII Dinastia, vale a dire il periodo del Nuovo Regno.

Egitto, statuetta in legno di un uomo ritenuto il proprietario della sepoltura ritrovata nei
pressi del tempio di Hatshepsut (Foto: M. Jawornicki)

I ricercatori hanno scoperto anche piccole statue in pietra raffiguranti donne, probabilmente offerte per compiacere la dea Hathor. Il Dottor Chudzik ritiene che questi oggetti siano stati collocati nella Cappella di Hathor dalla popolazione locale migliaia di anni fa, ma che, a causa del gran numero, siano stati tolti dalla cappella dall'amministratore del tempio e siano poi stati sommersi dalla spazzatura.
A chi appartenesse esattamente la tomba rimane un mistero. Nell'antichità le sepolture venivano frequentemente svaligiate. In questo caso il corredo del defunto doveva essere prezioso perché pare fosse una persona strettamente imparentata con il faraone Mentuhotep II, forse suo figlio o sua moglie.
Interessante notare che tra le macerie che giacevano nella tomba c'erano blocchi del santuario di Amon, una delle parti più importanti del tempio di Hatshepsut. I ricercatori non hanno idea del perché siano stati posti nella sepoltura e sperano di ricollocarli nella loro sede originaria, nell'area del tempio.
Il tempio di Hatshepsut era un tempio funerario ed è considerata una meraviglia dell'architettura antica. Si trova nei pressi della città di Luxor. Gli archeologi polacchi lavorano nel tempio di Hatshepsut da quasi 60 anni.

Fonte:
archeonews.net

Turchia, la grotta delle meraviglie...

Turchia, l'interno della grotta che è stata scavata
(Foto: Alman arkeoloji enstitusu - DAI)

Durante uno scavo di salvataggio effettuato in una grotta a Dikili, Izmir (Smirne), nella Turchia occidentale, sono stati rinvenuti strumenti in pietra e resti ossei risalenti al Tardo Paleolitico (14000 anni fa). I ricercatori turchi e tedeschi che hanno effettuato lo scavo e gli studi sul materiale sostengono che la grotta sia stata utilizzata anche come centro di culto dedicato alla dea madre Kybele.
I lavori di scavo sono stati eseguiti dal team dell'Istituto Archeologico tedesco e dalla facoltà di Lingue, Storia e Geografia dell'Università di Ankara e sono stati guidati dal Professor Harun Taskiran
Gli archeologi turchi e tedeschi, dopo aver studiato la stratificazione esistente all'interno del cantiere di scavo, hanno rivelato che la grotta è stata anche utilizzata come luogo di culto di Kybele, dal VI secolo a.C. fino al periodo romano.
Durante gli scavi effettuati in parallelo a quelli di Pergamo da parte dell'Istituto Archeologico Germanico, sono stati individuati, nella regione, strati appartenenti al periodo epipaleolitico. In questi strati sono stati rinvenuti strumenti in pietra ed ossa. La datazione al radiocarbonio ha restituito una datazione, per questi oggetti, risalente a 14000 anni fa.
Il direttore dell'Istituto Archeologico tedesco, Professor Felix Pirson, ha affermato che nell'ambito dello scavo di salvataggio sono stati scoperti i primi resti appartenenti al periodo epipaleolitico nell'Anatolia occidentale. 
A Gobeklitepe l'umanità ha creato le prime opere architettoniche monumentali. L'Età Neolitica, che include Gobeklitepe nelle sue fasi iniziali, è relativamente nota mentre meno conosciuta è la precedente Età Paleolitica. Ad oggi, alcuni reperti paleolitici sono stati identificati e sono ancora in corso di scavo nell'Anatolia meridionale e sudorientale. Per quel che riguarda l'Anatolia occidentale, sulle coste dell'Egeo, non è stato finora fatto nessun ritrovamento o stratificazione del Paleolitico o delle fasi di transizioni al Neolitico.
La grotta esplorata a Dikili era utilizzata come insediamento a breve tempo o come campo stagionale da gruppi di cacciatori-raccoglitori epipaleolitici, piuttosto che come insediamento permanente. Sono stati recuperati anche attrezzi in selce e residui di limatura che fanno pensare che all'interno della grotta si siano lavorati oggetti in selce tramite limatura con pietra focaia. Si può considerare possibile che la selce sia stata raccolta dal letto del torrente che scorre poco lontano dalla grotta mentre resta un mistero dove sia stata reperita la pietra focaia.
Gli ultimi reperti raccolti dalla grotta risalgono al periodo bizantino ed ottomano.

Fonte:
Istituto Archeologico Germanico (DAI) via archeonews.net

Grecia, emergono i resti di un santuario ellenistico a Skiathas

Grecia, alcuni resti del santuario ellenistico di Larissa
(Foto:arkeonews.net)
Il Ministero Ellenico della Cultura e dello Sport ha riferito della scoperta di antiche strutture di epoca greca ed ellenistica nel sito archeologico di Skiathas, vicino Larissa, nella Grecia centrale.
I dati di scavo finora effettuati indicato che si tratta di un santuario di epoca ellenistica (III-II secolo a.C.), realizzato in pietra locale. Sono stati rinvenuti elementi architettonici quali parte della trabeazione e cinque capitelli dorici. All'interno dell'area del santuario sono stati rinvenuti il basamento di una statua, una sezione di colonna e due teste di bambino in marmo, una appartenente ad una ragazza, l'altra ad un ragazzo.
Il sito di scavo si trova vicino al porto di Agiokampos, nella regione costiera di Kato Polydendri, nel comune di Agia, nella prefettura di Larissa. Gli scavi sono stati effettuati presso l'acropoli, fittamente boscosa e quasi inaccessibile. Parti dell'edificio di epoca ellenistica, tuttavia, erano già emersi a causa del maltempo e dell'interferenza delle attività umane nel corso del tempo. La ricerca è stata condotta sotto la supervisione dell'archeologo Nektaria Alexiou.
Gli scavi hanno permesso di recuperare anche altri interessanti reperti come chiodi di ferro, una punta di freccia anch'essa in fero, anelli di bronzo, frammenti di rame, vari oggetti in piombo e monete di rame della Tessaglia e della Macedonia.
Grecia, la testa di fanciullo emersa durante gli scavi del tempio ellenistico di Larissa
(Foto: Ministero della Cultura e dello Sport ellenico)

Molti manufatti in argilla, tra cui pesi da telaio, lampade, contenitori per bere e resti di anfore commerciali, sono stati ritrovati insieme ai manufatti in metallo. Tra i frammenti fittili sono state rinvenuti dei sigilli con i nomi dei titolari dei laboratori di ceramica, nonché una tegola con la scritta "MELIVOIAS". Questo ha portato gli archeologi a concludere che l'antico villaggio greco di Skiathas e la grande metropoli antica di Magnesia Melivoia fossero in qualche modo collegati.

Fonte:
arkeonews.net




sabato 27 novembre 2021

Gran Bretagna, scoperto un importantissimo mosaico di una villa romana

Gran Bretagna, uno dei pannelli del mosaico ritrovati da un contadino
(Foto: Historic England)

In Gran Bretagna gli archeologi hanno portato alla luce un mosaico romano primo del suo genere nel Paese. Il mosaico come il complesso di ville circostanti sono stati protetti dalle autorità.
La scoperta eccezionale è stata effettuata nel 2020 da un contadino che ha immediatamente contattato il team archeologico del Leicestershire County Council.
L'opera d'arte è un pavimento musivo che si pensa sia appartenuto ad una grande sala da pranzo oppure ad un'area di intrattenimento. I mosaici erano utilizzati in diversi edifici privati e pubblici in tutto l'impero romano e spesso recavano rappresentazioni di personaggi famosi sia della storia che della mitologia. Il mosaico di Rutland è unico in Gran Bretagna e raffigura Achille che combatte con Ettore verso la fine della guerra di Troia. Si tratta di uno dei pochi esempi trovati in Europa.
La stanza fa parte di un grande edificio di una villa, occupato in epoca tardo romana, tra il III ed il IV secolo d.C. La villa è circondata da una serie di altri edifici tra i quali quelli che sembrano fienili, alcune strutture circolari ed un probabile stabilimento termale. E' probabile che il complesso fosse occupato da un individuo facoltoso, con una certa conoscenza della letteratura classica.
Danni provocati dal fuoco ed altri danneggiamenti suggeriscono una successiva rioccupazione del sito. Sono stati scoperti anche resti umani all'interno delle macerie che ricoprivano il mosaico. Si pensa che si tratti di sepolture interrate dopo il definitivo abbandono dell'edificio.
I resti del mosaico misurano 11 metri per quasi 7 metri. Il sito è stato accuratamente esaminato ed ora è stato ricoperto, come da prassi, per proteggerlo. Il complesso della villa è stato trovato all'interno di un campo dove i resti archeologici poco profondi erano stati disturbati dall'aratura e da altre attività agricole.

Fonti:
Università di Leicester via archaeologynewsnetwork.blogspot.com
finestresullarte.it



Turchia, portato alla luce il tempio di Zeus

Turchia, i resti del tempio di Zeus
(Foto: Ferdi Uzun/Anadolu Agency)

Durante gli scavi archeologici nel distretto di Germencik, nella provincia turca di Aydin, sono stati scoperti due terzi del tempio di Zeus. Gli scavi sono stati condotti da Gorkem Kokdemir, professore associato del Dipartimento di Archeologia dell'Università di Ankara.
Gli archeologi hanno raggiunto il cancello d'ingresso del tempio di Zeus dopo aver scavato ben 26.000 metri quadrati di quella che era conosciuta come "agorà sacra".
La facciata del tempio ha quattro colonne ed è stata portata completamente alla luce. Aveva gradini ed un pronao, portati anch'essi completamente alla luce. Si sta scavando per portare alla luce la parte posteriore del tempio. Gli archeologi sperano di portare alla luce l'intero complesso entro la fine dell'anno.
A Berlino è esposta la copia di questo tempio, realizzata dai tedeschi con il 5% dei materiali originali. Il tempio è estremamente importante, dal punto di vista architettonico. Gli archeologi pensano che questo edificio sacro sia opera del famoso architetto Hermogenes, che aveva già realizzato il tempio di Artemide a Magnesia.

Fonte:
Agenzia Anadolu via archaeologynewsnetwork.blogspot.com

Turchia, la maschera di ferro...

Turchia, la maschera in ferro romana ritrovata
(Foto: Ahmet Ozler/Anadolu Agency)

Una maschera facciale in ferro, forse indossata da un membro della cavalleria romana circa 1800 anni fa, è stata rinvenuta nella Turchia centro-settentrionale. Il ritrovamento è stato effettuato durante gli scavi di una struttura fortificata nell'antica città di Adrianopoli, in Paflagonia, vicino l'attuale Eskipazar, nella provincia di Karabuk. 
La città di Adrianopoli era conosciuta anche come Cesarea e Proseilemmene. Essa affonda le sue origini a 5500 anni fa ed ha restituito tracce di insediamenti abitati in modo continuativo dal I secolo a.C. all'VIII secolo d.C.
Gli archeologi stanno scavando il sito dal 2003 e finora hanno scoperto 14 strutture tra le quali due terme, due chiese, un teatro, tombe rupestri, una nicchia monumentale, una villa ed una piazza con un edificio porticato nel quale è stata trovata la maschera.
Dal muro di fortificazione di quest'edificio si pensa che si tratti di una struttura militare. La storia delle regioni interne della regione del Mar Nero occidentale non è stata ancora completamente chiarita e gli scavi hanno proprio il compito di portare luce sulla storia della regione.
Probabilmente ad Adrianopoli, secondo gli archeologi, vi era una guarnigione romana con il compito di difendere i confini dell'impero. La maschera ritrovata appartiene al periodo imperiale e risalirebbe al III secolo d.C.
La maschera di ferro ritrovata mostra una forma del naso, un profilo delle labbra ed il contorno dei fori per gli occhi scolpiti in un rilievo in metallo e perfettamente aderente al volto. Lo scavo è stato guidato da Ersin Celikbas, docente del Dipartimento di Archeologia dell'Università di Karabuk. Maschere simili a quella trovata in Turchia, era un accessorio indossato dai cavalieri romani per proteggere i loro volti.

(Fonte: notizie.it)



Fonte:
archaeologynewsnetwork.blogspot.com

Turchia, riemerge una madrassa medioevale

Turchia, gli scavi della madrassa medioevale
(Foto: aa.com.tr

Le rovine di una madrassa (scuola islamica) risalente al XII secolo, sono state scoperte nel sudest della Turchia. Si tratta di uno degli insediamenti più antichi del mondo, inserito nella lista provvisoria del patrimonio mondiale dell'UNESCO.
I lavori di scavo ad Harran, nella provincia di Sanliurfa, sono in corso da otto anni. Un tempo Harran era stata capitale assira ed omayyade, situata a 44 chilometri a sudest della città di Sanliurfa, vicino al confine siriano. Era un importante centro commerciale mesopotamico sulla strada che correva a sud di Ninive, nell'odierno Iraq.
Gli scavi hanno rivelato una madrassa che appartiene all'era Zaengid. Si sapeva, in precedenza, che Harran aveva cinque madrasse, ma questa è la prima volta che ne è stata scoperta una. La struttura aveva 24 vani ed un portone monumentale. Ne sono stati portati in luce, oltre a questi ultimi, anche il portico, una cucina con grandi stufe ed un forno in argilla.
All'interno della cucina sono state rinvenute molte ossa di pecore e capre all'interno dei focolari e dei forni. Qui veniva preparato il cibo e ci sono tracce che le persone che qui vivevano devono aver lasciato in fretta la madrassa nella convinzione che i mongoli avrebbero preso il controllo della città. La madrassa, secondo gli archeologi, risale al XII secolo.
Un funzionario locale ha affermato che la storia dell'istruzione ad Harran risale al 3000 a.C. Nelle scuole musulmane si studiavano l'astronomia, la matematica, la filosofia e la teologia. Harran ha aperto la strada alla scienza e all'educazione scientifica.

Fonte:
aa.com.tr


Turchia, il sigillo del principe sconosciuto...

Turchia, il sigillo del principe
(Foto:yenisafak.com)

Un sigillo di più di tremila anni fa, appartenente ad un principe ittitta, ed una tavoletta cuneiforme dello stesso periodo, sono stati scoperti nella provincia meridionale di Hatay, in Turchia.
Murat Akar, capo del team di scavo e presidente del Dipartimento di Protostoria e Archeologia del Vicino Oriente all'Università Mustafa Kemal, ha affermato che sul luogo sono state fatte diverse, interessantissime, scoperte.
La tavoletta scoperta, ha detto Mustafa Kemal, ha circa 3400 anni. I sigilli cilindrici offrono informazioni sull'amministrazione e le pratiche amministrative della regione, specialmente durante il periodo di dominio Mitanni.
Quanto rinvenuto è utilissimo per meglio indagare le pratiche amministrative ed archivistiche dell'antica città di Alalakh, capitale del regno di Mukish nella media e tarda Età del Bronzo. Le impronte sui sigilli cilindrici sottolineano l'esistenza di una classe dirigente nella regione e riportano il nome di un principe ittita non compreso in altri documenti scritti provenienti da Alalakh. Il nome del principe non è stato rivelato perché l'analisi e la decifrazione del reperto sono ancora in corso.

Fonte:
yenisaf.com


domenica 21 novembre 2021

Russia, trovato un importante gioiello dell'antica civiltà Scita

Il piatto con la raffigurazione delle divinità degli Sciti
(Foto: Institute of Archaeology RAS)

Gli archeologi hanno rinvenuto, durante gli scavi nel cimitero di Devitsa V, nel distretto di Ostrogozhsky, in Russia, una lastra raffigurante divinità scite alate circondate da grifoni. Si tratta del primo ritrovamento del genere sul medio corso del Don. Nessun altro oggetto raffigurante il pantheon degli Sciti è stato finora trovato in quest'area.
"La scoperta ha dato un importante contributo allo studio della religione degli Sciti. In primo luogo, non si è mai verificato che un oggetto con la raffigurazione di divinità scite sia stato trovato così lontano dai principali centri sciti", ha affermato il capo della spedizione archeologica, il Professor Valeriy Gulyaev.
La necropoli di Devitsa V, che prende nome dal vicino villaggio, è stata scoperta nel 2000 dalla spedizione archeologica del Don di IA RAS. Il sito è situato sulla collina posta sulla riva destra del fiume Devitsa e comprende 19 tumuli collocati su due direttrici parallele che si estendono da est ad ovest. Una parte significativa dei tumuli è tuttavia scomparsa dal momento che l'area della necropoli è situata in un terreno agricolo sottoposto ad intensa attività di aratura.
Il sito è stato studiato sistematicamente dagli archeologi dello IA RAS a partire dal 2010. Durante gli scavi sono state già fatte interessanti ed importanti scoperte. Nel 2019, nel tumulo numero 9, è stata trovata una sepoltura contenente i resti di una donna guerriero e di un'anziana con un copricapo cerimoniale femminile noto come calathus.
Nella stagione di scavo del 2021, la spedizione archeologica ha continuato a studiare la necropoli e gli archeologi hanno iniziato lo scavo del tumulo numero 7, situato nella parte centrale della necropoli di Devitsa V, vicino al tumulo numero 9.
La tomba principale, di epoca scita e risalente al IV secolo a.C., è situata quasi al centro di un tumulo. Si trattava di una cassa lignea di 7,5 x 5 metri, anticamente ricoperta da mezze travi di quercia sorretta da 17 grandi pilastri anch'essi di quercia. Questa è la sepoltura più grande finora scoperta a Devitsa V. Il tumulo è risultato essere stato già saccheggiato in tempi antichi. I tombaroli hanno praticamente effettuato un'ampia fossa attraverso la quale hanno letteralmente svuotato la parte centrale della sepoltura, scheletro compreso. Tuttavia al momento del saccheggio il tetto della tomba era già crollato, permettendo la conservazione, al di sotto della terra e dei tronchi di quercia, di parte del corredo funerario.
In un'altra sepoltura, appartenente ad un guerriero, sono stati rinvenuti l'equipaggiamento di quest'ultimo nonché manufatti di vario genere. Nella sepoltura c'era lo scheletro di un uomo di 40-50 anni di età, accanto alla sua testa gli archeologi hanno rinvenuto molte piccole piastre semisferiche in oro, che decoravano il letto funerario. Insieme allo scheletro sono stati rinvenuti un coltello di ferro ed una costola di cavallo, probabilmente residui di un banchetto cerimoniale, una lancia e tre teste di giavellotto. Gli scienziati hanno potuto ricostruire la lunghezza dell'arma basandosi sui contrappesi della parte inferiore della stessa. La lancia era lunga circa 3,2 metri, mentre la lunghezza dei giavellotti era di circa 2,2 metri.
Nell'angolo sudest della tomba c'erano i frammenti di tre finimenti per cavalli: morsi, fibbie per il sottopancia, frontalini in ferro nonché pendenti sciti in ferro, bronzo ed osso. Gli archeologi hanno anche rinvenuto sei lastre di bronzo che servivano a decorare i guanciali dei cavalli. Accanto alle bardature per gli equini c'era una mascella tagliata di un giovane orso che testimonia, secondo i ricercatori, il culto dell'animale nella regione del delta del Don. Oltre alla mascella di orso ed ai finimenti di cavallo sono stati ritrovati una grande coppa sagomata ed un grande vaso invetriato di colore nero.
Nella parte nordest della sepoltura, separata dagli altri oggetti e posta a pochi metri dallo scheletro, è stata trovata una lastra quadrata d'argento con tanti piccoli chiodini dello stesso materiale che la fissavano ad una base di legno. La lunghezza di questa lastra è di 37,7 centimetri per una larghezza, nella parte centrale, di 7,5 centimetri. In quest'ultima compare una figura alata fronteggiante una divinità femminile della fertilità animale ed umana. La divinità è conosciuta con il nome di Argimpasa, corrispondente alla greca Cibele. La parte superiore del suo corpo è nuda e sulla testa è presente un copricapo, probabilmente una corona adorna di corna. La dea è circondata, su entrambi i lati da figure di grifoni alati dalla testa di aquila. Raffigurazioni di questo tipo, nelle quali si mescolano tradizioni dell'Asia Minore e dell'antica Grecia, si trovano spesso negli scavi dei tumuli sciti della regione del Mare del Nord, nella regione della steppa del Dnepr e del Caucaso settentrionale.
Il lato sinistro della lastra è formato da due piccole lastre quadrate decorate con due figure in piedi nella cosiddetta posa araldica, una di fronte all'altra. Nel lato sinistro sono attaccate due fibbie tonde su ciascuna delle quali è raffigurato un personaggio antropomorfo con una corona sul capo, in piedi, circondato da due grifoni. Si spera di riuscire presto a scoprire chi sono questi personaggi raffigurati sulla lastra. Le ipotesi sono tuttora aperte.

Fonte:
Istituto di Archeologia dell'Accademia Russa delle Scienze via archaeologynewsnetwork.blogspot.com

giovedì 18 novembre 2021

Germania, un nuovo tesoro d'argento riemerge ad Augusta

Germania, tesoro di denari d'argento rinvenuto ad Augusta
(Foto: Andreas Brucklmair, Art Collections & Museums)

Durante gli scavi nel distretto di Berhausen, in Germania, condotti sotto la supervisione del dipartimento archeologico della città di Augusta, è stato scoperto il più grande tesoro romano d'argento mai rinvenuto finora nell'attuale Baviera. Il tesoro è composto da quasi 5600 monete d'argento (denari) risalenti al I e II secolo d.C., del peso di circa 15 chilogrammi.
Le monete sono state rinvenute non lontano dal luogo dove, un tempo, sorgeva un accampamento romano in Baviera. Si suppone che il tesoro sia stato sepolto all'inizio del III secolo d.C. fuori dalla città di Augusta Vindelicum, vicino alla via Claudia e che non sia stato poi recuperato.
Il nascondiglio rimase sconosciuto per molti secoli, anche grazie ad un'inondazione del vicino fiume Wertach che disperse le monete nella ghiaia del fiume.
Le monete più antiche sono state coniate sotto l'imperatore Nerone (54-68 d.C.), quelle più recenti risalgono a Settimio Severo (poco dopo il 200 d.C.). Particolarmente comuni sono le monete degli imperatori Traiano, Adriano, Antonino Pio e Marco Aurelio. Il pezzo più raro è quello risalente all'imperatore Didio Giuliano, assassinato nel 193 d.C., dopo soli due mesi dal suo insediamenti.
Augusta vanta più di duemila anni di storia. Già tra l'8 ed il 5 a.C., sotto il regno di Augusto, i Romani costruirono un accampamento militare ai piedi delle Alpi.  Numerosi ritrovamenti recenti, presentati dal dipartimento di archeologia della città, sembrano confermare questa datazione che caratterizza la città di Augusta come la più antica base romana in Baviera.
Scavando nella ghiaia che si trovava nell'alveo di epoca romana del fiume Wertach, sono emerse non solo le monete ma anche armi, utensili, strumenti, gioielli, stoviglie e molto altro. I manufatti recuperati, per un peso di oltre 400 chilogrammi, provengono tutti dal campo militare romano. Alcuni reperti sono molto corrosi ed incrostati.
Gli scavi sono stati condotti in un'area ex industriale e secondo l'archeologo Sebastian Gairhos, si tratterebbe del patrimonio sepolto da un grossista di vino o tessuti attivo nell'allora capitale della provincia di Raetia. Gairhos ha fatto presente che il valore totale del denaro rinvenuto dovrebbe equivalere a circa 11 anni di stipendio di un legionario: una vera e propria dote.

Fonte:
archaeologynewsnetwork.blogspot.com

Egitto, trovato un antico tempio del sole al di sotto di un altro tempio

Egitto, il nuovo tempio emerso nel deserto
(Foto: cnn.com)

Gli archeologi italiani e polacchi hanno scoperto quello che credono essere uno dei templi dedicati al sole che si pensava fosse perduto. Il tempio risale alla metà del XXV secolo a.C.
I resti del tempio sono stati rinvenuti al di sotto di un altro edificio sacro ad Abu Ghurab, a sud del Cairo. Nel 1898, gli archeologi che lavoravano nel sito scoprirono il tempio del sole di Nyuserra, noto anche come Neuserre o Nyuserre, sesto faraone della V Dinastia, che governò l'Egitto tra il 2400 ed il 2370 a.C.
Gli archeologi del XIX secolo scavarono solo una piccolissima parte di questo edificio in mattoni di fango posto sotto il tempio di pietra di Nyuserra ed conclusero che doveva trattarsi di una precedente fase costruttiva dello stesso edificio. I ritrovamenti attuali, invece, dimostrano che l'edificio trovato al di sotto del tempio di Nyuserra è una costruzione completamente diversa, eretta prima di questo faraone.
I reperti rinvenuti comprendono sigilli incisi con i nomi dei faraoni che precedettero Nyuserra, un tempo usati come tappi per vasi, ma anche le basi di due colonne di calcare che facevano parte di un portico d'ingresso ed una soglia in calcare.
La costruzione originale era interamente composta da mattoni di fango. Alcuni dei vasi ritrovati sono pieni di fango rituale, utilizzato per specifici riti religiosi. La ceramica è stata datata al XXV secolo a.C., due generazioni prima del regno di Nyuserra. Quest'ultimo distrusse completamente l'edificio precedente, che era di dimensioni incredibili, per erigervi al di sopra il suo tempio in pietra. Entrambi gli edifici sacri erano riservati al culto del dio sole Ra.
Le fonti storiche parlano di ben sei templi costruiti al dio sole Ra, ma solo due di questi sono stati riportati alla luce. Tutti questi edifici, secondo le fonti, dovrebbero trovarsi intorno ad Abu Ghurab. Gli archeologi sperano di reperire materiale che possa chiarire chi fosse il committente del primo tempio, quello in mattoni di fango, che si trova al di sotto di quello fatto edificare da Nyuserra.
Lo scavo è condotto da una missione congiunta dell'Università degli Studi di Napoli l'Orientale e dell'Accademia polacca delle Scienze.

Fonte:
edition.cnn.com

martedì 16 novembre 2021

Brescia, trovati resti di un acquedotto romano nella frazione di Covelo

Franco Di Prizio mostra il luogo del ritrovamento dei resti
archeologici dell'acquedotto (Foto: ilgiorno.it)

Franco Di Prizio, del Gruppo Speleo Montorfano ha scoperto i resti di un acquedotto di età romana che serviva uno dei mulini di Covelo e parte dell'abitato di Iseo mentre puliva parte di una palestra a cielo aperto. E' così che si è imbattuto nei resti di una pavimentazione apparentemente di epoca romana.
Il ritrovamento è stato fatto nella zona chiamata "palestra bassa". Si tratta di una pavimentazione parzialmente nascosta sotto il masso di una frana che l'ha preservata in parte. La direzione della pavimentazione va verso i resti di un antico mulino tuttora esistenti.
Che in quella zona esistesse un acquedotto è stato dimostrato dagli studiosi, che pensano servisse la zona della Pieve di Iseo. Nel tempo la zona ha restituito reperti fittili e metallici in parte preistorici, in parte di età gallica ed altri di epoca medioevale. In prossimità dell'uscita dell'acqua da una grotta, collegata con il bacino idrico delle piane di San Martino, sono stati trovati dei fori che prefigurerebbero la presenza nella cavità di abitazioni pensili.

Fonte:
ilgiorno.it

Armenia, trovati i resti di un acquedotto romano incompiuto

Armenia, la trincea di scavo che mostra un pilastro
dell'acquedotto incompiuto (Foto: Progetto Artaxata)

Gli archeologi dell'Università di Munster e dell'Accademia Nazionale delle Scienza della Repubblica Armena hanno scoperto i resti dell'arco di un acquedotto romano durante i lavori di scavo nella città ellenistica di Artashat/Artaxata, in Armenia. Si tratta dell'acquedotto più orientale dell'impero romano. I lavori di scavo sono iniziati nel 2019.
Le fondamenta monumentali sono la prova della presenza di un arco incompiuto costruito dai Romani tra il 114 ed il 117 d.C. All'epoca Artaxata era destinata a diventare la capitale della provincia romana di Armenia. Durante questo periodo l'impero romano aveva raggiunto la sua massima espansione, anche se fu un periodo piuttosto breve. Fu sotto l'imperatore Traiano (98-117 d.C.) che i Romani tentarono di incorporare la provincia dell'Armenia nell'impero.
L'acquedotto rimase incompiuto a causa della morte di Traiano, nel 117 d.C. Il suo successore Adriano rinunciò ad annettere all'impero l'Armenia prima che l'acquedotto venisse terminato. Gli archeologi, pertanto, vedono nella loro scoperta una prova del fallimento dell'imperialismo romano.
Nello scavo gli archeologi hanno utilizzato una combinazione multidisciplinare di metodi di scavo, dalla geofisica alla geochimica all'archeoinformatica. L'area dove sorgeva la metropoli ellenistica di Artaxata, nella pianura dell'Ararat, è stata esaminata per la prima volta geomagneticamente e sono state rilevate e registrate le eventuali anomalie. Le immagini hanno mostrato una lunga linea tratteggiata che è stata poi analizzata attraverso dei sondaggi documentati, in seguito, tridimensionalmente dagli archeologi. Si è riusciti, in questo modo a ricostruire il tracciato che avrebbe dovuto percorrere l'acquedotto se fosse stato ultimato, attraverso un'analisi computerizzata del percorso tra le possibili sorgenti d'acqua e la destinazione finale dell'opera.
Un'analisi dei campioni di terreno prelevati in loco ha permesso di datare la costruzione dell'acquedotto ad un periodo compreso tra il 60 ed il 460 d.C. I ricercatori ritengono che il periodo più verosimile per l'inizio della costruzione sia quello in cui regnò Traiano.

Fonte:
Università di Munster - archaeologynewsnetwork.blogspot.com

lunedì 15 novembre 2021

Cina, scoperto un omicidio di 1300 anni fa...

Cina, i resti della vittima di un omicidio
di 1300 anni fa (Foto: Qian Wang)

Un uomo venne assassinato 1300 anni fa nel nordovest della Cina e, secondo gli studiosi, gli assassini ne scaricarono il corpo in un antico cimitero per coprire le tracce del loro crimine. Lo scheletro del giovane maschio è stato rinvenuto nel 2011, quando sono iniziati gli scavi nel cimitero di Shiyanzi, scoperto pochi anni prima.
Lo scheletro della vittima è stato rinvenuto all'interno di una sepoltura a pozzo nella quale erano stati deposti i corpi di un uomo, di una donna e di un bambino. Inizialmente si è pensato ad un tombarolo morto accidentalmente mentre si apprestava a depredare la sepoltura. Ma un team di scienziati ha appurato che i resti risalgono ad un tempo di molto posteriore alla depredazione della tomba. Inoltre l'uomo visse durante la Dinastia Tang, che aveva l'abitudine di impiccare o decapitare coloro che erano ritenuti colpevoli di omicidio o di aggressione con conseguenze gravi nei confronti della vittima.
Il cimitero di Shiyanzi è stato scoperto nel 2002 da alcuni operai edili che stavano lavorando ad un oleodotto che attraversa la regione di Ningxia. Gli scavi sono iniziati nel 2009 ed hanno portato alla scoperta di 11 tombe.
Nel corso dell'analisi della tomba in cui sono stati rinvenuti i resti del giovane uomo assassinato, i ricercatori hanno appurato che gli scheletri che giacevano nel pozzo funebre erano correlati tra loro mentre i resti del giovane non appartenevano geneticamente al gruppo famigliare ed, inoltre, erano più recenti di circa 700 anni.
Sullo scheletro dello sfortunato ragazzo sono stati identificati 13 tagli a forma di "V", il peggiore dei quali si trova sul volto. Tuttavia si tratta di tagli che non erano abbastanza profondi da causare la morte della vittima. Ad uccidere quest'ultima potrebbero essere state le coltellate inferte alle costole che possono aver perforato organi vitali quali il cuore o i polmoni.
I ricercatori sono stati in grado di identificare anche dei segni sulla parte posteriore del cranio che sembrano suggerire che l'uomo sia stato attaccato mentre si allontanava, il che potrebbe suggerire che stesse tentando di sfuggire alla cattura. In seguito gli assassini hanno sommariamente scavato il pozzo sepolcrale gettandovi dentro il corpo dell'uomo e riempiendo la fossa di terra.

Fonte:
Daly Mail - archaeologynewsnetwork.blogspot.com


Israele, gli Assiri e la rampa d'assedio a Lachis

Lachis, la rampa assira in pietra
(Foto: Yosef Garfinkel)

In passato gli Assiri furono una delle più grandi superpotenze del Vicino Oriente, che controllavano un'estensione di territorio che andava dall'Iran all'Egitto.
Le tecnologie militari in possesso degli Assiri hanno permesso loro di vincere moltissime battaglie e di penetrare all'interno di cittadelle ben fortificate. Nel IX-VII secolo a.C. tutta la strategia si può dire che ruotasse intorno alle rampe d'assedio, delle strutture elevate che permettevano di trasportare le macchine di assedio fino alle mura della città da espugnare.
La rampa d'assedio assira rinvenuta a Lachis, in Israele, è l'unico esempio sopravvissuto dell'abilità militare degli Assiri e di tutto il Vicino Oriente. Un gruppo di archeologi ha ricostruito, per la prima volta, le modalità utilizzate dall'esercito assiro per costruire la rampa ed utilizzarla per conquistare Lachis.
Gli archeologi, guidati dal Professor Yosef Garfinkel e dalla Dottoressa Madelein Mumcuoglu, dell'Istituto di Archeologia dell'Università ebraica di Gerusalemme, coadiuvati dai Professori Jon W. Carrol e Michael Pytlik dell'Università di Oakland, hanno attinto ad un gran numero di fonti per avere un quadro completo delle modalità con le quali venne portato l'assedio alla città di Lachis. L'eccezionale quantità di dati include testi biblici (2Re 18,9 e 19,37; 2Cronache 32; Isai 36-37), iconografie rappresentate da rilievi in pietra raffiguranti scene di battaglia che coinvolgevano gli Assiri e iscrizioni accadiche, nonché scavi archeologici e fotografie ricavate dai droni.
Lachis era una fiorente città cananea del II millennio a.C. ed era la seconda città più importante del regno di Giuda. Nel 701 a.C. Lachis venne attaccata dall'esercito assiro guidato dal re Sennacherib. L'analisi di Garfinkel fornisce un vivido resoconto della costruzione della rampa d'assedio da parte degli Assiri che se ne servirono per portare, vicino alle mura della città, gli arieti in grado di risolvere l'assedio. Il metodo rigoroso impiegato da Garfinkel e dai suoi collaboratori, comprendente l'analisi fotogrammetrica delle fotografie aeree e la creazione di una mappa digitale dettagliata del paesaggio, ha prodotto un modello pratico che tiene conto di tutte le informazioni disponibili sull'assedio di Lachis.
Gli Assiri avevano un esercito potente e ben equipaggiato che, all'inizio dell'VIII secolo a.C. sedò rapidamente la crescente ribellione nel Levante meridionale. Nel 721 a.C. venne conquistato il regno d'Israele. Vent'anni dopo l'esercito assiro attaccò il regno di Giuda, assediando la sua città più importante, Gerusalemme e lanciando, nel contempo, un assalto diretto alla seconda città più importante della regione, Lachis appunto. Sennacherib in persona si recò a Lachis per sovrintendere all'assedio che iniziò proprio con la costruzione, da parte dell'esercito assiro, della rampa che consentisse di superare il dislivello del terreno.
Secondo Garfinkel le prove raccolte sul sito chiariscono che la rampa era fatta di piccoli massi di circa 6,5 chilogrammi ciascuno. Ma dove avevano raccolto gli Assiri i tre milioni di pietre che, è stato calcolato, furono necessarie per completare la rampa? La soluzione migliore potrebbe essere stata quella di estrarre le pietre il più vicino possibile all'estremità opposta della rampa. "A Lachis c'è una scogliera esposta del substrato roccioso locale esattamente nel punto in cui ci si aspetterebbe che ci sia", ha confermato Garfinkel.
I ricercatori ritengono che la costruzione della rampa sia iniziata a circa 80 metri di distanza dalle mura di Lachis, vicino al luogo di estrazione delle pietre necessarie alla costruzione. Queste ultime sarebbero state trasportate attraverso catene umane, passate di mano in mano; l'ipotesi è che fossero state costituite quattro catene umane che lavoravano in parallelo, ventiquattro ore su ventiquattro. Garfinkel ha calcolato che ogni giorno venivano spostate circa 160.000 pietre. "Il tempo era la principale preoccupazione dell'esercito assiro. Centinaia di operai lavoravano giorno e notte, trasportando le pietre in due turni di 12 ore ciascuno. La manodopera era formata, probabilmente, da prigionieri di guerra e dalla riduzione della popolazione locale ai lavori forzati. Gli operai erano protetti da massicci scudi posti all'estremità settentrionale della rampa, che venivano fatti avanzare verso la città di pochi metri al giorno", ha dichiarato Garfinkel.
In circa 25 giorni la rampa aveva assunto la forma di un gigantesco cuneo triangolare ed era arrivata alle mura della città. Il profeta Isaia, vissuto alla fine dell'VIII secolo a.C. e testimone oculare degli eventi, si riferisce agli Assiri come soldati dotati di un potere quasi soprannaturale: "Nessuno di loro è stanco, nessuno di loro inciampa, nessuno di loro si addormenta o è assonnato, nessuno di loro ha la cintura slacciata, nessuno di loro ha i sandali rotti" (Isaia 5,27).
Gli assediati, ovviamente, cercarono di difendersi lanciando frecce e pietre sul nemico. Garfinkel suggerisce che gli operai che lavoravano indefessamente alla rampa utilizzassero enormi scudi di vimini a forma di L, simili a quelli che, nei rilievi assiri, proteggono i soldati in battaglia. Nella fase finale vennero portate sulla rampa delle travi di legno sulle quali vennero posizionati gli arieti, massicce macchine d'assedio di circa una tonnellata di peso.
Per avere ulteriore conferma alle sue scoperte Garfinkel sta pianificando di effettuare degli scavi all'estremità della rampa nell'area della cava. Scavi che potrebbero fornire ulteriori prove dell'attività dell'esercito assiro e potrebbero portare a nuove conoscenze sulle modalità di costruzione della rampa.

Fonte
eurekalert.or

Israele, trovato un prezioso anello con ametista

Israele, anello in oro e ametista trovato in una cantina
(Foto: IAA/Dafna Gazil)

Nel grande scavo condotto a Yavne dalla Israel Antiquities Authority, è stato recentemente rinvenuto uno spettacolare anello d'oro decorato da una pietra. L'esame del gioiello, condotto dal Dottor Yotam Asher presso il laboratorio di analisi della Israel Antiquities Authority, ha rivelato che la pietra è composta prevalentemente da silice, un materiale che è parte di molte pietre preziose. Questo risultato ha escluso che la pietra sia semplicemente vetro colorato ma che si tratta di un'ametista. L'anello pesa 5,11 grammi.
Sicuramente la persona che possedeva questo anello doveva essere piuttosto benestante. Anelli del genere potevano essere indossati sia da uomini che da donne. L'ametista è menzionata nella Bibbia come una delle dodici pietre indossate dal sommo sacerdote del Tempio sulla sua veste cerimoniale. Alla gemma venivano attribuite diverse virtù, quali, per esempio, la protezione contro gli effetti collaterali dell'ubriachezza. Praticamente agiva sui postumi della sbornia.
La pietra è stata rinvenuta in un sito nel quale sorgeva una grandissima azienda vinicola, la più grande del mondo bizantino. L'anello giaceva a 150 metri dai resti di un magazzino pieno di giare vuote che attendevano di essere portate ai torchi per essere riempite di vino. Probabilmente il gioiello apparteneva al proprietario dell'azienda vinicola, oppure al caposquadra o ad un visitatore al quale sfuggì dal dito.
I ricercatori stanno cercando, ora, di stabilire una datazione per questo gioiello. E' stato rinvenuto in un riempimento datato alla fine del periodo bizantino e all'inizio del periodo protoislamico (VII secolo d.C.) ma è possibile che l'anello, per la sua bellezza e per il prestigio che lo accompagnava, sia stato trasmesso di generazione in generazione nel corso dei secoli. Anelli d'oro intarsiati con ametista erano conosciuti nel mondo romano ed è possibile che il prezioso gioiello risalga al III secolo d.C.

Fonte:
mfa.gov.it

Egitto, scoperte nel tempio di Nectanebo I

Egitto, uno dei blocchi del tempio di Nectanebo I
(Foto: Ministero delle Antichità Egiziano)

Una missione archeologica tedesco-egiziana ha scoperto dei blocchi decorati pertinenti il tempio del faraone Nectanebo I. La scoperta è stata fatta duranti i lavori di scavo nell'area centrale del tempio.
I blocchi ed i frammenti sono in basalto e appartengono alla facciata occidentale e settentrionale. Un prolungamento settentrionale probabilmente collegava il santuario con l'asse principale del recinto del dio Sole. Sono stati trovati diversi blocchi con la raffigurazione di una processione.
Aymen Ashmawy, capo del settore delle antichità egizie e capo della missione egiziana ha spiegato che le iscrizioni menzionano gli anni tredicesimo e quattordicesimo (366-365 a.C.) del regno del faraone Nectanebo I nonché le dimensioni e i materiali utilizzati per la costruzione di questo tempio. "Nessun lavoro di decorazione sembra essere stato commissionato dopo la morte di Nectanebo I nel 363 a.C.", ha detto. Gli altri elementi architettonici attestano i progetti costruttivi di Ramses II (1279-1213 a.C.), Merenptah (1213-1201 a.C.) e Apries (589-570 a.C.). L'attività del periodo ramesside è rappresentata anche da un intarsio di un rilievo dell'inizio della XIX Dinastia. Un frammento di statua di Seti II (1204-1198 a.C.) si aggiunge alle prove archeologiche attribuibili a questo faraone.
Dietrich Raue, capo della missione tedesca, ha sottolineato che l'asse processionale principale è stato studiato più ad ovest del sito. Frammenti sparsi indicano unità edilizie separate del Medio Regno, della XXII Dinastia (Osorkon I, 925-890 a.C.) ed un santuario dedicato a Shu e Tefnut dal re Psammetico I (595-589 a.C.). Sono stati rinvenuti anche frammenti di una statua di Ramses II, una parte della statua di un babbuino, la base di una statua e frammenti di un obelisco in quarzite di Osorkon I.

Fonte:
english.ahram.org.eg

sabato 6 novembre 2021

Gran Bretagna, la stanza del gladiatore...con gatto

Gran Bretagna, il cranio di un gatto sepolto nella cella
di un gladiatore (Foto: bbc.com)

E' stata scoperta, in Gran Bretagna, una cella per persone o animali che dovevano esibirsi o essere giustiziati in un anfiteatro romano. La scoperta arriva 172 anni dopo la scoperta dell'anfiteatro romano di Richborough, vicino a Sandwich, nel Kent.
Gli archeologi hanno anche trovato lo scheletro completo di un gatto che era stato sepolto di proposito, che hanno soprannominato Maxipus.
Le scoperte hanno fornito ulteriori prove del fatto che Richborough fosse uno dei siti più importanti della Gran Bretagna romana. La cella, chiamata "carceriere", avrebbe ospitato gladiatori in procinto di combattere, animali selvatici o prigionieri che rischiavano l'esecuzione. Sarebbero stati tutti il fulcro dell'intrattenimento pubblico nell'anfiteatro, che poteva ospitare fino a 5.000 spettatori. Fu scoperto dagli archeologi vittoriani nel 1849.
La costruzione dell'anfiteatro, utilizzando gesso e torba, ha portato gli esperti a ritenere che potrebbe essere stato edificato nel I secolo d.C. Altri reperti - come ossa di animali, monete e frammenti di ceramica - suggeriscono che la città fu abitata fino alla fine del IV secolo, coprendo quasi l'intero periodo della dominazione romana in Britannia.
Tracce di pittura appena scoperte mostrano che sarebbe stato decorato in vivaci colori rossi e blu, rendendolo unico tra gli anfiteatri costruiti in Gran Bretagna. Il gatto, sepolto con cura, è stato trovato sul bordo di un fossato fuori dall'anfiteatro.

Fonte:
bbc.com

Pompei, nuovissime, eccezionali scoperte: la stanza degli schiavi

Pompei, Civita Giuliana, le ultime scoperte archeologiche
(Foto: pomeiisites.org)

Ultima scoperta a Pompei-Civita Giuliana, si tratta della stanza degli schiavi, un ambiente in stato di conservazione eccezionale che fa parte della villa del territorio di Pompei dove venne rinvenuto il carro cerimoniale e la stalla con i cavalli bardati.
La villa suburbana si trova a nord di Pompei ed è stata indagata nel 2017. I ritrovamenti precedenti sono stati fatti nel quartiere servile. A completare questi ritrovamenti e gli ambienti che sono emersi, arriva ora il rinvenimento di una stanza destinata agli schiavi che lavoravano nella villa.
Uno sguardo straordinario su una parte del mondo antico che normalmente rimane all'oscuro: la stanza offre uno spaccato rarissimo della realtà quotidiana degli schiavi, grazie allo stato di conservazione eccezionale dell'ambiente e alla possibilità di realizzare calchi in gesso di letti ed altri oggetti in materiali deperibili che hanno lasciato la loro impronta nella cinerite che ha coperto le strutture antiche.
Il rinvenimento è avvenuto non lontano dal portico dove, nel mese di gennaio 2021, fu scoperto un carro cerimoniale che attualmente è oggetto di interventi di consolidamento e restauro. A pochi passi dal luogo in cui il prezioso veicolo fu parcheggiato e non lontano dalla vicina stalla scavata nel 2018, ora emerge uno degli alloggi modesti degli addetti che si occupavano del lavoro quotidiano in una villa romana, inclusa la manutenzione e la preparazione del carro.
Nell'ambiente, dove sono state trovate tre brandine in legno, infatti, è stata rinvenuta una cassa lignea contenente oggetti in metallo e in tessuto che sembrano far parte dei finimenti dei cavalli.
I letti sono composti da poche assi lignee sommariamente lavorate che potevano essere assembrate a seconda dell'altezza di chi li usava. Mentre due hanno una lunghezza pari a 1,70 metri circa, un letto misura appena 1,40 metri per cui potrebbe essere di un ragazzo o di un bambino.
La rete dei letti è formata da corde di cui le impronte sono parzialmente leggibili nella cinerite e al di sopra delle quali furono messi coperte in tessuto, anch'esse conservate come cavità nel terreno e restituite attraverso il metodo dei calchi. Al di sotto delle brandine si trovavano pochi oggetti personali tra cui anfore poggiate per conservare possedimenti privati, brocche in ceramica e il vaso da notte. L'ambiente era illuminato da una piccola finestra in alto e non presentava decorazioni parietali.

Pompei, Civita Giuliana, il quartiere rustico della villa suburbana
(Foto: pompeiisites.org)


Oltre a fungere da dormitorio per un gruppo di schiavi, forse una piccola famiglia come lascerebbe intuire la brandina a misura di bambino, l'ambiente serviva come ripostiglio, come dimostrano otto anfore stipate negli angoli lasciati appositamente liberi per tale scopo.
Oggetto di un saccheggiamento sistematico per anni, dopo un'indagine della procura, la villa di Civita Giuliana è dal 2017 oggetto di scavi stratigrafici che hanno restituito una serie di nuovi dati e scoperte a cui si aggiunge ora la stanza degli schiavi. Purtroppo, anche in questo ambiente, una parte del patrimonio archeologico è andato perduto a causa dei cunicoli scavati dai tombaroli che, in tutta la villa, hanno creato un danno complessivo che è stato stimato in quasi due milioni di euro.
"Si tratta di una finestra nella realtà precaria di persone che appaiono raramente nelle fonti storiche, scritte quasi esclusivamente da uomini appartenenti all'élite, e che per questo rischiano di rimanere invisibili nei grandi racconti storici. - dichiara il Direttore Generale, Gabriel Zuchtriegel. - E' un caso in cui l'archeologia ci aiuta a scoprire una parte del mondo antico che conosciamo poco, ma che è estremamente importante. Quello che colpisce è l'angustia e la precarietà di cui parla questo ambiente, una via di mezzo tra dormitorio e ripostiglio di appena 16 metri quadrati, che possiamo ora ricostruire grazie alle condizioni eccezionali di conservazione create dall'eruzione del 79 d.C. E' sicuramente una delle scoperte più emozionanti della mia vita di archeologo, anche senza la presenza di grandi tesori: il tesoro vero è l'esperienza umana, in questo caso dei più deboli della società antica, di cui questo ambiente fornisce una testimonianza unica."

Fonte:
pompeiisites.org

lunedì 1 novembre 2021

Egitto, la splendida tomba del "notaio"...

Egitto, la sepoltura dello scriba reale
(Foto: stilearte.it)
Ptah-M-Wia, che aveva il titolo di scriba reale, cioè notaio, che conosceva molto bene scrittura e calcolo, era il responsabile di quello che oggi definiremmo Ministero del Tesoro. Era anche sovrintendente del bestiame e responsabile delle offerte al tempio di Ramses II a Tebe.
La sua tomba è stata portata alla luce dagli archeologi in una zona della necropoli nella quale venivano sepolti i grandi burocrati e gli alti funzionari della XVIII e XIX Dinastia. In quest'area sorgeva anche la tomba di Horemheb, generale dell'esercito egiziano.
Le tombe degli alti burocrati erano costruite seguendo lo stesso modello architettonico, probabilmente ispirato alle abitazioni di rango. Il modulo costruttivo utilizzato per costoro presentava un edificio che conteneva l'atrio-ingresso e aveva diversi cortili interni. Le decorazioni variavano secondo la persona che vi era sepolta. 
La tomba di Ptah-M-Wia termina sul lato ovest con un santuario degli dei, coronato da un pyramidion, cioè una cuspide piramidale realizzata in un blocco di pietra monolitica. La stessa punta che veniva messa in cima alle piramidi e agli obelischi. Nella zona d'ingresso sono incise scene che raccontano la vita e le imprese del proprietario della tomba. Nella sala successiva le pareti sono intonacate e dipinte con scene sacrificali, che culminano con il dipinto parietale che raffigura la macellazione di un vitello. Alcuni pilastri della tomba sono caduti e ora giacciono nella sabbia. Saranno recuperati e assemblati nei prossimi. Quindi verranno ricollocati nei punti occupati in origine.

Fonte:
stilearate.it



Turchia, Dioniso ed Afrodite riemergono dal fango

Turchia, la testa di Afrodite appena rinvenuta
(Foto: Daily Sabah)

Ad Aizanoi, un'antica città della Turchia occidentale, a 50 chilometri dal centro di Kutahya, sono emerse due teste di divinità greche. Si tratta di due splendide teste di Afrodite e Dioniso.
Il coordinatore degli scavi, il professor Gokhan Coskun, dell'Università DUmlupinar, ha dichiarato che i corpi delle statue erano stati rinvenuti in uno scavo precedente e che le teste sono state dissotterrate durante le recenti indagini nel letto di un torrente dell'antica città.
Secondo il Professor Coskun "questi sono risultati importanti, poiché mostrano che la cultura politeista dell'antica Grecia è esistita per molto tempo senza perdere la sua importanza in epoca romana. I risultati suggeriscono che potrebbe esserci stato un laboratorio di scultura nella regione".
Sede di uno dei templi meglio conservati della Turchia, dedicato al dio greco Zeus, la città di Aizanoi è facilmente paragonabile ad Efeso per grandezza ed importanza. Inizialmente abitata dai Frigi, i Romani ne fecero una vera e propria città nel I secolo a.C. Possiamo tuttora ammirare luoghi unici come il tempio, quattro ponti romani (due dei quali ancora oggi in uso, il primo mercato al coperto conosciuto al mondo con i prezzi delle merci vendute ancora visibili sulle pareti grazie a delle iscrizioni perfettamente leggibili, teatri, terme romane e un'antica grotta sacra.
Turchia, la testa marmorea di Dioniso emersa dagli scavi recenti
(Foto: Daily Sabah)

Fonte:
mediterraneoantico.it




Gran Bretagna, le sorprese della chiesa normanna...


Gran Bretagna, uno dei reperti rinvenuti nel cantiere
dell'Alta Velocità (Foto: stilearte.it)

Gli archeologi inglesi hanno scoperto una sbalorditiva serie di sculture romane lungo il percorso del collegamento ferroviario HS2. Lo scavo è avvenuto all'interno dei resti della chiesa di St Mary a Stoke Mandeville, in un terreno che ospitava, in precedenza, un edificio romano.
I reperti consistono in due sculture che rappresentano un uomo e una donna. Dalla stessa area è emersa la testa scolpita di un bambino. La cultura che le ha prodotte è indubitabilmente legata alla nostra penisola.
La Dottoressa Rachel Wood, capo archeologo per l'appaltatore dei lavori ferroviari di HS2 Fusion JV, ha affermato che si tratta di "reperti davvero rari nel Regno Unito. Sono ancora più significativi per noi, archeologicamente, perché hanno contribuito a cambiare la nostra comprensione del sito, prima che la chiesa medioevale fosse costruita".
Durante lo scavo preventivo è stato scoperto anche un vaso di vetro, che potrà essere facilmente restaurato perché è scomposto in grossi lacerti. Si ritiene che prima della costruzione della chiesa normanna esistesse, in quel punto, un mausoleo romano.
Gli archeologi hanno rimosso circa 3.000 corpi dalla chiesa, che risale al 1080, e dall'area circostante. Dall'inizio dei lavori, nel 2018, sono state rivelate le pareti ben conservate e le caratteristiche strutturali della chiesa, insieme ad insolite sculture in pietra e graffiti medioevali, tra cui segni ritenti essere meridiane o quelli che, nel Regno Unito, vengono definiti "segni di streghe", probabilmente collegati a riti pagani che qui si svolgevano.

Fonte:
stilearte.it

Valle dei Templi, scoperta una domus del II secolo a.C.

Sicilia, la valle dei templi
(Foto: Andreas Solaro/AFP)

Una casa con i mosaici e il pavimento intatti, di un periodo tra il III ed il II secolo a.C. E' l'eccezionale scoperta fatta nel Parco archeologico della Valle dei Templi di Agrigento, dove è stata riportata alla luce una serie di straordinarie pitture parietali ed una pavimentazione in cocciopesto e a mosaico, perfettamente integro, parte di un'abitazione nel cosiddetto quartiere ellenistico-romano.
La casa era crollata, o era stata demolita per qualche motivo, e sono state le macerie accumulate a salvare mosaici e pavimenti in stile pompeiano.
La scoperta è stata fatta durante la sesta campagna di scavo dell'Università di Bologna nel quartiere ellenistico-romano di Agrigento, là dove è stato scoperto il teatro, un progetto di ricerca avviato in collaborazione con il Parco archeologico, sotto la direzione di Giuseppe Lepore, del Dipartimento di Beni culturali del Campus di Ravenna, che dal 2016 insiste negli scavi di un intero isolato (il terzo del quartiere), con particolare attenzione alla Casa III M.
"E' - ha detto Lepore - una scoperta unica nel suo genere. Questa casa è stata ristrutturata, insieme al resto del quartiere, tra la fine del III e gli inizi del II secolo a.C. ed è stata dotata di un complesso sistema di pitture parietali e di pavimenti in cocciopesto e in mosaico, articolati addirittura su due piani. Ben presto, però, forse già nella prima età imperiale, la casa crolla (oppure viene demolita intenzionalmente), cosa che ha determinato il suo straordinario stato di conservazione visto che le macerie hanno protetto il pavimento".
L'abitazione, estesa per circa 400 mq, presenta una monumentale pastàs (uno spazio porticato), dal quale si accede ai tre vani principali, tutti disposti sul lato nord: è stato l'ambiente centrale a riservare le maggiori sorprese durante questa campagna di scavo. Ha, infatti, restituito, al piano terra, il pavimento in cocciopesto con inserti di pietre colorate che formano una decorazione a meandro; il crollo e le macerie che occupavano interamente lo spazio del vano, hanno restituito numerose porzioni del pavimento del piano superiore (un mosaico policromo sempre con motivo a meandro) e le relative pitture parietali in stile pompeiano.
"Speriamo possano continuare le ricerche. - Spiega l'architetto Roberto Sciarratta, direttore della Valle dei Templi. - Il quartiere ellenistico-romano deve diventare un punto di forza del nuovo percorso che stiamo allestendo nel Parco archeologico, che collegherà la Collina dei Templi direttamente con le terrazze superiori della città antica, che ospitano il quartiere da una parte e il museo archeologico Pietro Griffo dall'altra, oltre all'area degli edifici pubblici dell'area centrale, fino all'ipogeo Giacatello".

Fonte:
agi.it


Grecia, scoperta una sepoltura nobile nell'antica capitale della Macedonia

Vergina, la tomba appena rinvenuta (Foto: allthatsinteresting.com) La costruzione di un nuovo sistema fognario nell'antica città macedon...