domenica 25 febbraio 2024

Turchia, scoperto un pavimento musivo con due leoni

Turchia, il mosaico con i leoni appena scoperto
(Foto: Omer Orer/AA)

Gli archeologi hanno scoperto un mosaico con motivi di leoni durante gli scavi nell'antica città di Prusias ad Hypium, in Turchia. Lo scavo che ha restituito il prezioso reperto si trova nell'area sovrastante il teatro, in una struttura collegata al colonnato.
E' stato accertato che le pareti interne della stanza, delle dimensioni di circa 4,51x6,42 metri, erano rivestite da lastre di marmo con uno spesso strato di malta. L'ambiente aveva pianta rettangolare con orientamento nord-sud.
E' stata anche osservata una piattaforma di fondazione a nord della stanza. L'intera stanza era coperta da un pavimento a mosaico composto da tessere finemente lavorate, di colore bianco, blu, giallo, verde e marrone. Il mosaico, decorato con motivi geometrici, presenta un contorno di tessere più grandi e colorate disposte a cornice. Al centro, entro una cornice quadrata più piccola, composta da tessere più piccole, è raffigurata la scena con i leoni. Gli oggetti raffigurati nella stanza, tamburi e flauti, fanno pensare che possa trattarsi di un santuario di Dioniso.
Prusias ad Hypium fu edificata su una collina che si estendeva da est ad ovest e terminava in una pianura. Nel II secolo a.C. i Bitini, guidati dal re Prusia I, presero Kieros e lo stato di Eraclea. Prusia apportò dei miglioramenti alla città e la adornò con numerosi monumenti. La fortificò e le cambiò il nome in Prusias. L'antico teatro della città, detto dei Quaranta Gradini, fu costruito in epoca ellenistica (300-30 a.C.) e mostra aggiunte di epoca romana (30 a.C.-300 d.C.).

Fonte:
Agenzia Anadolu

sabato 24 febbraio 2024

Bulgaria, trovata la sepoltura di una famiglia di coloni romani

Bulgaria, la tomba con le due sepolture
(Foto: Kalin Chakarov)
Due grandi tombe scoperte nel nord della Bulgaria raccontano la storia di una famiglia di ricchi proprietari terrieri romani, il cui figlio morì prima dei genitori nel III secolo d.C.
Nel dicembre 2023 un contadino scoprì le sepolture mentre arava il suo campo nel villaggio di Nova Varbovka. Dal momento che nell'antichità questa regione era una provincia romana chiamata Mesia, gli archeologi del Museo storico regionale di Veliko Tarnovo sono intervenuti per effettuare lo scavo.
Entrambe le sepolture erano costruite in mattoni, con l'intonaco che rivestiva le pareti ed una grande lastra di pietra calcarea che le ricopriva. La sepoltura più grande misurava tre metri di lunghezza e conteneva i resti di due adulti, un uomo ed una donna, entrambi di età compresa tra i 45 ed i 60 anni, sepolti con gioielli, moneti e vasi di ceramica e vetro.
La tomba più piccola, realizzata prima della sepoltura più grande, conteneva lo scheletro di un bambino di 2-3 anni di età ed un raro medaglione in bronzo raffigurante la visita dell'imperatore Caracalla nel 214 d.C. a Pergamo, in Asia Minore, l'attuale Turchia. Le due tombe - quella più grande e quella più piccola - rappresentano il luogo dell'ultimo riposo di una famiglia.
Parte del calcare utilizzato per realizzare le sepolture sembra provenire da una cava vicino a Nicopolis ad Istrum, una città romana e paleobizantina fondata dall'imperatore Traiano all'inizio del II secolo. Il medaglione raffigurante Caracalla potrebbe indicare un'origine dall'Asia Minore degli occupanti delle tombe, il che è coerente con il fatto che Nicopolis ad Istrum fu costruita principalmente da coloni dell'Asia Minore.
Forse le sepolture appena scoperte in Bulgaria appartengono a ricchi proprietari terrieri poiché era consuetudine nella Mesia inferiore che i proprietari terrieri vivessero nei mesi più caldi dell'anno e fossero sepolti nelle loro proprietà.
Tra gli oggetti ritrovati ed utilizzati in vita dai defunti vi sono gioielli in perle di vetro e oro, monete datate tra il 200 ed il 225 d.C., oltre a una lampada, una scarpa di cuoio e diverse bottiglie di vetro, tre delle quali erano lacrimatoi, piccole fiaschette per raccogliere le lacrime dei parenti dei defunti.

Fonte:
livescience.com


Gran Bretagna, il ritorno di Mercurio...

Gran Bretagna, il reperto rinvenuto nel Kent
(Foto: National Trust Images/James Dobson)
Lo scavo di un sito medioevale a Samllhythe Place, nel Kent, in Gran Bretagna, un tempo utilizzato per le costruzioni navali, ha portato gli archeologi inglesi ad un livello stratigrafico inferiore nel quale hanno trovato le prove dell'esistenza di un precedente insediamento romano.
Nell'ambito della scoperta, tra i reperti provenienti da un insediamento romano attivo tra il I e il III secolo d.C. figura anche la testa di una statuina del dio Mercurio, realizzata in argilla da pipa, che gli esperti ritengono "incredibilmente rara". Un'argilla chiara, così chiama perché, dopo l'arrivo del tabacco, sarebbe stata utilizzata, grazie alla sua resistenza, per la realizzazione di pipe. In precedenza essa era impiegata nell'ambito della produzione di ceramiche resistenti e di statuette devozionali con centri di produzione nell'attuale Francia, da dove - con elevata probabilità - fu importata anche questa immagine tridimensionale della divinità romana.
Il cappello che reca in mano la statuina è un petaso, uno dei copricapi più diffusi nella Grecia antica, caratterizzato da falde larghe realizzate per proteggere soprattutto contadini e viaggiatori, dalla pioggia e dal sole. Mercurio, rapido viaggiatore e messaggero degli dei, ne indossava uno con dotazione divina: le ali.
Le statuine realizzate con argilla da pipa erano realizzate con argille locali della Gallia centrale (l'odierna Francia) e della regione del Reno-Mosella e venivano importate, tuttavia la maggior parte delle figurine trovate in Gran Bretagna rappresentano divinità femminili, la maggior parte delle quali rappresentano Venere.
La statuetta completa raffigurava, con tutta probabilità Mercurio in piedi, drappeggiato con una clamide (un corto mantello), o nudo, con in mano un caduceo (un bastone con due serpenti intrecciati). In Gran Bretagna si conoscono poche teste in argilla da pipa, alcune delle quali potrebbero essere state offerte votive. Reperti come quello rinvenuto a Samllhythe forniscono una visione estremamente preziosa delle credenze e delle pratiche religiose delle popolazioni culturalmente miste delle province romane.
Smallhythe si trovava su un ramo dell'estuario del Rother e nel XV secolo era un attivo porto di costruzione navale, prima dell'insabbiamento e del prosciugamento delle paludi di Romney. Le banchine e i magazzini della piccola Hythe furono distrutti in un incendio nel 1514 e non furono mai ricostruiti. L'area di Smallhythe si trovava ancora sulla costa, in epoca romana. A quel tempo (dal I al III secolo d.C.) esistevano già un importante porto da cui presumibilmente venivano spediti legname e ferro verso il continente, e un piccolo insediamento, in cui sono stati trovati mattoni romani e la statuetta di terracotta di Mercurio.

Fonte:
stilearte.it

Emilia Romagna, riemergono i resti della grandiosa villa di Fiumana

Predappio, foto aerea della struttura sepolta
(Foto: stilearte.it)
I resti di una vasta e ricchissima villa romana - tra i quali il padiglione termale a forma di "fiore" - sono stati trovati a Fiumana, frazione del comune di Predappio, che conta 1.250 abitanti e sorge sulle rive del fiume Rabbi, lungo la strada statale 9ter del Rabbi, che unisce Forlì, a circa 10 chilometri, e Predappio, a circa 5 chilometri.
Dopo sessant'anni dalle due brevi campagne di scavo condotte da Giovanna Bermond, nelle quali furono localizzati i resti di una villa romana, le nuove indagini archeologiche dirette da Riccardo Villicich hanno confermato quanto emerso da quegli scavi e quanto osservato nelle immagini satellitari acquisite nel 2021 e 2022 sull'area ad ovest del quartiere artigianale di Fiumana, in località Co' di Mezzo.
Si tratta di un insediamento riferibile ad una villa romana caratterizzata da almeno due imponenti fasi costruttive: una prima fase alto imperiale (I secolo d.C.) e una di età tardoantica (IV secolo d.C.). Entrambe le ville dovevano essere ricche dimore contraddistinte da ampi spazi e arredi di prestigio.
In particolare l'impianto tardoantico, per le sue dimensioni eccezionali (strutture distribuite in un'area sicuramente superiore ai 25.000 metri quadrati) e per l'articolazione complessa e fantasiosa delle forme architettoniche (vasti padiglioni polilobati a pianta centrale), si configura come un progetto edilizio ambizioso, sfarzoso e celebrativo delle fortune di un ricco dominus, esponente illustre, probabilmente dell'aristocrazie di Forum Livi (attuale Forlì).
Grazie agli scavi del 2022 è stato possibile individuare alcuni ambienti pertinenti a due padiglioni della villa tardoantica, distanti 150 metri uno dall'altro: il primo attribuibile al settore di rappresentanza ed il secondo a un impianto termale, come dimostra il rinvenimento di un ambiente riscaldato. Impressionanti sono le file di pilastrini dell'ipocausto - alte quasi 80 centimetri - destinate a sorreggere un pavimento in lastre di marmo, spogliato nei secoli successivi all'abbandono del complesso.
Nel luglio 2023 è stata aperta una seconda campagna di scavo a Fiumana che ha fornito nuovi particolari sugli edifici. In particolare desta grande curiosità l'indagine svolta sui padiglioni dell'area termale.

Fonti:
stilearte.it
forlitoday.it


Emilia Romagna, trovata fornace romana

Ostellato, i resti della fornace romana
(Foto: Ministero della Cultura, Segretariato Regionale
per l'Emilia Romagna)

Ad Ostellato, ini provincia di Ferrara, in seguito agli interventi di scavo per la posa della nuova condotta idrica, sono stati portati alla luce interessanti evidenze del periodo romano.
L'area scoperta era nota per l'interesse archeologico, infatti gli scavi sono stati svolti sotto il costante controllo di un archeologo e con la direzione scientifica della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara.
Le indagini di archeologia preventiva hanno così permesso di salvaguardare i resti ritrovati, ampliando la conoscenza e l'interesse per il territorio di Ostellato, consentendo di proseguire i lavori per la messa in funzione di servizi di primaria importanza: la tutela del patrimonio archeologico e le necessità contingenti dell'opera si sono fuse in maniera estremamente sinergica.
Quello che è emerso dalle ricerche è la presenza, in loco, di una zona produttiva per la lavorazione del materiale da costruzione di epoca romana, probabilmente da datarsi al I secolo d.C. L'area era di grandi dimensioni e ha avuto più fasi di vita, sempre riconducibili però all'attività di preparazione e cottura dei laterizi. Si ritrovano i resti di più strutture, come porticati, che potevano avere una funzione nelle fasi di preparazione o di stoccaggio del materiale e soprattutto ciò che rimane di una fornace per la cottura del materiale da costruzione.
L'area doveva beneficiare di particolari requisiti logistici: vie di acqua vicine e percorribili per trasportare il materiale pronto e un vicino approvvigionamento di legname per cuocerlo, oltre che un'area dove era possibile prendere la giusta argilla per produrlo.
La particolarità di questo ritrovamento consiste nel fatto di aver rinvenuto nel corso degli scavi molto materiale laterizio "marchiato": mattoni ed embrici sui quali sono stati apposti bolli che rimandavano a diverse officine produttive. E' plausibile pensare cioè che in questo grande impianto produttivo si creassero e cuocessero laterizi per diversi produttori.
I bolli ritrovati sono noti nella letteratura archeologica e ampiamente attestati nell'area nord adriatica, anche se non erano stati rintracciati impianti produttivi certi. La scoperta è importante non solo per il territorio di Ostellato, che conferma la sua rilevanza nel periodo romano, ma apre anche importanti scenari di ricerca sul sistema produttivo romano e sulla storia economica e sociale del mondo antico.

Fonte:
Ministero della Cultura - Segretariato Regionale per l'Emilia Romagna

Venezia, tombe medioevali sotto piazza San Marco

Venezia, gli scavi in piazza San Marco
(Foto: artribune.com)

I primi scavi sotto il pavimento di piazza San Marco a Venezia datano al 1885 e al 1889 e furono condotti da Federico Berchet e Giacomo Boni
Gli archeologi, all'epoca, individuarono alcune murate e fecero una precisa pianta degli scavi che è stata utile anche ai moderni archeologi impegnati negli scavi di restauro dei masegni (i blocchi di pietra squadrati utilizzati nella pavimentazione delle strade) sotto le Procuratie Vecchie, promossi dalla Soprintendenza e diretti dalla Dottoressa Sara Bini.
Gli scavi avevano già fatto emergere una serie di murature e livelli pavimentali, in parte attribuibili all'antica chiesa di San Gemignano, conosciuta come la chiesa dei Dogi, di cui si erano perse le tracce perché demolita nel XII secolo. Una chiesa simile venne, in seguito, ricostruita da Jacopo Sansovino nel XVI secolo, per poi essere abbattuta da Napoleone nel 1807 per far posto all'Ala Napoleonica.
Un'ipotesi mossa con cautela, ma che trova fondamento nelle fonti archivistiche che nominano la chiesa proprio in questo punto di piazza San Marco, nonché nella recente scoperta di una sepoltura di spallette in laterizio all'interno del quale sono emersi i resti di sette individui e il cranio di un bambino risalenti all'Alto Medioevo. Uno dei crani presenta ancora la mandibola connessa. I corpi rinvenuti nello scavo di restauro dei masegni a Venezia, probabilmente fanno parte di una tomba comune.
"Era una pratica comune per l'epoca quella delle sepolture collettive - sottolinea la Dottoressa Sara Bini. - Erano tombe che venivano riaperte: il defunto precedente, ormai scheletro, veniva spostato per far posto al nuovo arrivato". Inoltre, il fatto che non si tratti di una semplice fossa, ma una tomba in muratura con una certa monumentalità per l'epoca, fa presagire che le persone sepolte all'interno facessero parte dell'aristocrazia dell'epoca.
Pochi i punti fermi finora per gli esperti: si tratta per lo più di "anziani" per l'epoca, con occupazioni relativamente sedentarie. Piazza San Marco non è sempre stata così come la vediamo oggi e ora non è facile immaginarla con canali che la attraversavano e con chiese che la caratterizzavano.

Fonte:
artribune.com
ansa.it

Friuli Venezia Giulia, l'urna romana del fiume...

San Vito al Torre, il monumento funerario
romano recuperato dal fiume
(Foto: Soprintendenza Archeologia, Belle
Arti e Paesaggio del Friuli V.G.)

Nel comune di San Vito al Torre, in provincia di Udine, nel greto dell'omonimo fiume, è stato recuperato un importante manufatto antico, un monumento funerario di epoca romana. La direzione delle operazioni di recupero è stata affidata alla Dottoressa Serena Di Tonto della Soprintendenza ABAP FVG.
Il recupero è stato particolarmente articolato a causa delle dimensioni e del peso dell'ara funeraria: 6,26 tonnellate. Dopo i primi scavi, realizzati per liberare il manufatto dalle ghiaie, per determinarne le esatte dimensioni e lo stato di conservazione e chiarire se fossero presenti altri reperti o stratigrafie archeologiche ancora conservate, si è proceduto a scavare nella zona antistante per creare un'area sufficiente a raddrizzarlo e a posizionare le imbragature di tela e lo si è quindi avvolto nel tessuto non tessuto per prepararlo al trasporto.
Il monumento in calcare, quasi completamente sommerso dalle ghiaie del letto del Torre, era stato fortuitamente individuato e segnalato alle autorità di competenza.
L'ara funerari è quasi integra, ad eccezione dell'angolo in alto a destra, rotto presumibilmente in antico, ed è ora in fase di studio scientifico. E' composta da una parte frontale che presenta un'iscrizione, riferibile alla gens Apinia, posta all'interno di una cornice modanata, e da due lati, uno dei quali integro, che riporta una decorazione con Eroti alati con in mano rispettivamente una fiaccola rovesciata ed un fiore di papavero, simboli del sonno eterno. Il lato posteriore è solo sbozzato e parzialmente rovinato e sfaldato, probabilmente a causa della giacitura nell'acqua per un lungo periodo.
Una prima, veloce, lettura dell'iscrizione, che sarà in seguito analizzata più approfonditamente, e la tipologia della decorazione permettono di ipotizzare una datazione all'epoca alto imperiale. Nell'area, oltre al monumento, sono stati individuati anche un'urna funeraria in pietra senza coperchio, due basi in calcare, alcuni mattoni e pezzi di tegole un volto maschile in calcare.

Fonte:
Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio del Friuli Venezia Giulia

sabato 17 febbraio 2024

Egitto, la tomba dello scriba Djehutyemhat

Egitto, la sepoltura di un dignitario finora sconosciuto
(Foto: Petr Kosarek, Czech Institute of Egyptology)

La tomba di un dignitario finora sconosciuto, ricca di iscrizioni ed opere d'arte, è venuta alla luce ad Abusir, tra Giza e Saqqara. Gli archeologi dell'Istituto Ceco di Egittologia hanno affermato che la tomba risale al I millennio a.C. Si tratta di una tomba a pozzo di medie dimensioni, riccamente decorata, il cui proprietario, un certo Djehutyemhat, ricopriva la carica di scriba reale.
Gli archeologi sottolineano che questo ritrovamento, unitamente alle precedenti scoperte tra le quali la tomba a pozzo del generale Wahibrameryneith, getterà ulteriore luce sui cambiamenti storici in atto in Egitto nei tempi turbolenti del VI-V secolo a.C.
La camera funeraria è ampiamente decorata, compresa una parete d'ingresso con una lunga sequenza di incantesimi per scongiurare i morsi di serpenti. Curiosamente, sottolineano gli archeologi, il serpente serviva anche come protettore del defunto e della sua mummia nell'aldilà. Alcune pareti sono ornate da offerte rituali e il soffitto è decorato con raffigurazioni del viaggio del sole nel cielo. Un sarcofago in pietra reca iscrizioni geroglifiche all'interno e all'esterno, oltre a raffigurazioni di divinità.
Djehutyemhat morì a circa 25 anni di età e i suoi resti indicano un'usura della colonna vertebrale dovuta alla sedentarietà. Per quanto sia antica, la struttura di questa tomba guarda in realtà molto più indietro nel tempo, a un'epoca precedente della società egizia. Le tombe a pozzo rappresentano un tipo specifico di tombe del Periodo Tardo e un tentativo di rinascita delle antiche élite egizie. Riflettono la forma e il simbolismo della tomba del re Djoser, il fondatore dell'Antico Regno, l'epoca dei costruttori di piramidi del III millennio a.C.

Fonte:
meteoweb.eu


Gran Bretagna, trovato un uovo di epoca romana intatto

Uovo gettato in una fossa acquosa come parte di un rito
funebre romano (Foto: bbc.com)

Gli archeologi ritengono che un uovo di gallina intatto trovato nella Britannia romana, sia davvero unico nel suo genere nel mondo intero, specialmente dopo che gli scienziati hanno scoperto che conteneva ancora, al suo interno, del liquido.
L'uovo, che ha circa 1700 anni, è stato rinvenuto durante uno scavo archeologico ad Aylesbury, nel Buckinghamshire. I ricercatori sono rimasti sbalorditi, di recente, dalla scoperta che l'uovo conteneva, al suo interno, il tuorlo e l'albume.
La scoperta risale ad uno scavo condotto dal 2007 al 2016 dinanzi ad un complesso residenziale a Berryfields, ad Aylesbury. E' stato l'unico uovo rimasto intatto, altri si sono rotti durante lo scavo, rilasciando un forte fetore. I risultati dello scavo e degli studi sono stati resi pubblici nel 2019. Anni dopo, però, l'uovo aveva da svelare ancora altri misteri.
Un lavoro recente è stato condotto dalla conservatrice Dana Goodburn-Brown, che ha portato il prezioso reperto all'Università del Kent per essere scansionato. La scansione ha prodotto un'immagine sorprendente: l'uovo, oltre ad essere intatto, conservava anche il suo liquido all'interno. L'uovo è stato portato anche al Museo di Storia Naturale di Londra
L'uovo è stato rinvenuto in una fossa piena d'acqua che conteneva materiali risalenti al IV secolo d.C., quanto la fossa venne trasformata in una buca di discarica. Qui gli archeologi hanno trovato, oltre al cesto con 4 uova, ossa di animali e scarpe di cuoio. Tre uova si sono disintegrate al contatto.
L'unico altro uovo di epoca romana sopravvissuto intatto è stato trovato nella tomba di un bambino nella necropoli vaticana sotto la via Triumphalis a Roma. Il bambino, che aveva meno di un anno quando morì tra il 50 ed il 150 d.C., fu sepolto con un uovo di gallina nella mano destra. Il guscio era intatto ma vuoto. Probabilmente non si trattava di un'offerta di cibo perché in quel periodo i cibi offerti per i defunti erano solitamente liquidi versabili come latte, miele e vino che venivano usati nel rituale di sepoltura. Gli archeologi ritengono che fosse simbolico, che l'uovo rappresentasse la rinascita dopo la morte tragicamente prematura del bambino.

Fonti:
bbc.com
stilearte.it


Verona, trovate sepolture di animali da compagnia accanto ai loro padroni

Verona, sepoltura di un cane posta accanto a quella di un
bambino (Foto: Soprintendenza Archeologia, Belle Arti
e Paesaggio per le province di Verona, Rovigo e Vicenza)
Il legame tra animale domestico e proprietario potrebbe essere stato, in passato, forte quanto adesso. Alcuni esseri umani sono stati sepolti con i loro compagni animali già più di 2000 anni fa.
Gli archeologi, in Veneto, hanno indagato i resti di 161 persone sepolte tra il III ed il I secolo a.C. ed hanno scoperto che almeno 16 di queste erano accompagnate da resti di animali.
Queste sepolture sono state rinvenute a Verona, nel sito del Seminario Vescovile. Con gli umani erano sepolti maiali, polli e mucche che potrebbero aver fatto parte di offerte funerarie, ma sono stati rinvenuti anche resti di cani e cavalli.
Cani e cavalli non erano parte della dieta delle persone che vivevano in questo luogo, il che indica che erano animali domestici che venivano seppelliti con i loro padroni quando questi morivano. Il contesto in questione viene attribuito alla cultura cenomana. All'interno del contesto funebre sono stati rinvenuti resti di cavalli o cani.
Lo scheletro di un bambino è stato rinvenuto accanto allo scheletro completo di un cane, mentre un giovane uomo è stato sepolto con parti di un cavallo, un uomo di mezza età era accompagnato da un cagnolino mentre una donna, anch'essa di mezza età, era sepolta accanto ai resti completi di un cavallo, ad un cranio di cane e a parti di altri cavalli.
I ricercatori, ora, stanno analizzando la genetica sia degli esseri umani che degli animali rinvenuti nelle sepolture, unitamente alla dieta e alle condizioni fisiche, là dove possibile. Hanno scoperto che non esisteva alcuna correlazione significativa tra le persone sepolte insieme agli animali, il che vuol dire che le persone non erano imparentate tra di loro e non erano parte di un'unica famiglia. Probabilmente queste persone vennero seppellite con i loro animali da compagnia.
Per quel che riguarda i cani, la loro comparsa nelle sepolture umane è documentata archeologicamente almeno dal Tardo Paleolitico. La prima prova di questa usanza si è rinvenuta nelle sepolture di Bor-Oberkassel, in Germania (12290-12050 circa a.C.).

Fonte:
newsweek.com

venerdì 16 febbraio 2024

Israele, emergono i possenti resti del campo della VI Legio Ferrata

Israele, gli scavi della base militare romana
(Foto: stilearte.it)

I resti architettonici di una possente base militare romana di 1800 anni fa, sono stati scoperti in un recente scavo condotto dall'Autorità per le antichità israeliane ai piedi di Tel Megiddo, vicino all'antico villaggio di Kfar Othanay (il greco Capercotnai). Le strutture portate alla luce appartenevano al comando della Legio VI Ferrata, così chiamata per le armature e per le protezioni pesanti che portavano i soldati. Un'unità militare corazzata.
Lo scavo è stato diretto da Yotam Tepper e Barak Tzin e finanziato dalla Netivei Israel National Infrastructure Company. Nel corso dell'indagine archeologica sono stati scoperti estesi e impressionanti resti architettonici della via Pretoria (la strada principale del campo), oltre ad un podio a forma semicircolare e aree pavimentate in pietra che facevano parate di un grande edificio pubblico monumentale.
Quella della VI Legione è l'unica base militare romana di queste dimensioni che è stata localizzata e scoperta in Israele. Una cittadella militare costruita come una "piccola Roma". 
"Il campo della VI Legio romana fu una base militare permanente per oltre 5.000 soldati romani per più di 180 anni, dal 117-120 al 300 d.C. circa. - Ha affermato il Dottor Yotam Tepper, direttore degli scavi. - Due strade principali si incrociano al centro del campo. Una ha 550 metri di lunghezza, l'altra, che segna la larghezza del campo stesso, è di 350 metri. All'incontro tra le due strade sono stati eretti gli edifici di comando (e fu stabilito l'umbilicus). Fu da questo punto base che tutte le distanze lungo le strade imperiali romane fino alle principali città del nord del Paese, furono misurate e segnate con pietre miliari. Gli antichi resti dell'edificio non furono conservati in altezza poiché la maggior parte delle pietre da costruzione furono rimosse, nel corso del tempo, per essere riutilizzate in progetti edilizi realizzati durante il periodo bizantino e primo islamico".
Il Dottor Tepper ha sottolineato che la scoperta della base legionaria non è stata accidentale, poiché nell'ultimo decennio sono stati condotti sondaggi e sei stagioni di scavi archeologici nell'ambito di un progetto di ricerca geografica-storica congiunto diretto dal Dottor Tepper e dal Dottor Matthew J. Adams, nell'ambito del Jezreel Valley Research Project, realizzato per conto dell'Albright Institute of Arcaheology di Gerusalemme.
Sondaggi preliminari dell'area del campo hanno indicato che l'intera base romana e tutti i suoi componenti erano alla base degli attuali campi di grano del kibbutz Megiddo. "Il contributo unico dei risultati di questo progetto di ricerca risiede nella rarità di tali scoperte archeologiche. - Ha affermato il Dottor Tapper. - Ciò che è stato portato alla luce è notevole. Fino ad oggi i campi militari romani conosciuti in Israele sono campi d'assedio temporanei o piccoli accampamenti di divisioni ausiliarie. Nessuno è paragonabile all'intero complesso della base legionaria. Fonti storiche e alcune informazioni parziali indicano l'esistenza di una base legionaria romana permanente della X Legio Fratensis a Gerusalemme, ma il campo rimane da scoprire".
Nello scavo sono state portate alla luce monete, parti di armi, frammenti di ceramica e frammenti di vetro. E tegole, trovate in enormi quantità. Le tegole del tetto, alcune delle quali recano i timbri della VI Legione, furono utilizzate per vari scopi. Oltre che per i tesse, vennero usate per la pavimentazione delle stanze e per il rivestimento delle pareti.
La Legio VI Ferrata - che dal 193 d.C. fu chiamata Legio VI Ferrata Fidelis Constans Felix - aveva radici antiche. Fu adonata nell'agosto del 47 a.C. da Cesare, nelle province della Gallia Cisalpina e dell'Illirico. Deve il suo nome al pesante armamento metallico dei soldati e, - nell'estensione più tarda del suo nome stesso - alla fedeltà verso l'imperatore Settimio Severo. La legione aveva come simbolo un toro, non disgiunto dalla presenza dell'effigie della Lupa Capitolina.
La VI Ferrata aveva svolto un ruolo notevolissimo nella battaglia di Zela (47 a.C.), in Turchia, combattuta contro Farnace II, figlio di Mitridate VI re del Ponto, che era dilagato in Armenia manifestando altre mire espansionistiche. La Legio si scontrò anche con i soldati di Pompeo in Hispania, poi fu al seguito di Marco Antonio e definitivamente nell'esercito di Augusto, con base in Siria.
Nel 35 d.C. aveva varcato il fiume Eufrate e si era poi mossa contro i Giudei che avevano rifiutato di collocare l'immagine di Caligola nel Tempio di Gerusalemme. Dal 50 al 60 d.C. la Legio VI Ferrata seguì Corbulone in Armenia per arginare la minaccia partica; nel 67 d.C. fu accorpata all'esercito con il quale Cestio Gallo mosse contro i Giudei insieme alla Legio XII Fulminata.
Nel 72 d.C. ebbe parte predominante nell'invasione del regno della Commagene. Con Traiano mosse contro i Parti e nel 105 conquistò la nuova provincia d'Arabia, posta tra il fiume Giordano e il Mar Morto, area importantissima per i commerci con la Persia, l'India ed altri ricchi centri quali Petra e Bosra.
Adriano la spostò dislocandola in Palestina per combattere la terza guerra giudaica, che ebbe fine nel 135, con la distruzione del Tempio di Gerusalemme da parte della Legione. Nel 193 la VI Ferrata si dimostrò favorevole a Settimio Severo contro Pescennio Nigro  e per tale motivo fu chiamata Fidelis Constans. Alla fine del III secolo d.C. le notizie relative alla Legio diminuiscono drasticamente e alcuni studiosi avevano ipotizzato il suo scioglimento o la distruzione in combattimento, anche se studi recenti paiono aver identificato tracce della sua sussistenza ancora nel 303-304, presso la fortezza legionaria di Udruh, non lontano da Petra.

Fonte:
stilearte.it

Capri, riemergono dai fondali i resti di parte dell'arredamento di un ninfeo imperiale

Capri, resti di pietra lavorata parte dell'arredo del
ninfeo imperiale (Foto: Arma dei Carabinieri Napoli)

La Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l'Area Metropolitana di Napoli, in stretta collaborazione con la Direzione Regionale Musei Campania, il Comando Carabinieri Nucleo Tutela Patrimonio Culturale di Napoli e il Comando Carabinieri Nucleo Subacqueo di Napoli, ha recuperato preziose evidenze archeologiche nel mare della Grotta Azzurra, sull'isola di Capri.
Dopo un'attenta indagine condotta in seguito a segnalazioni pervenute alla Soprintendenza nel corso degli anni e allo studio approfondito della documentazione d'archivio, la Soprintendenza ha deciso di eseguire rilievi sul fondale della Grotta Azzurra, che in antico era un sontuoso ninfeo imperiale, legato alla soprastante villa romana di Gradola, i cui resti sono ancora ben visibili anche dal mare.
I nuovi rilievi hanno permesso di individuare sul fondale alcuni blocchi in pietra lavorata, presumibilmente parte dell'arredo scultoreo del ninfeo imperiale. Nel 1964 e nel 1975 il Soprintendente Alfonso de Franciscis aveva già recuperato cinque statue e numerosi frammenti che rappresentavano Nettuno e il suo corteo composto di mostri marini, i Tritoni. Le cinque sculture sono oggi esposte all'interno del Museo della Grotta Azzurra presso la Casa Rossa di Anacapri.
Quest'anno, davanti alla Grotta Azzurra, i sommozzatori hanno individuato uno dei reperti scultorei già individuati dagli archeologi della Soprintendenza, parte di una statua in marmo e, grazie a due palloni, hanno portato il blocco fuori dalla grotta attraverso l'apertura posta a circa 3 metri di profondità. Il recupero effettuato è relativo ad un blocco sagomato, forse pertinente ad una base di statua.

Fonte:
Ministero della Cultura - Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l'Area Metropolitana di Napoli

venerdì 9 febbraio 2024

Londra, rinvenuto un letto funebre romano in legno

Londra, il ritrovamento del letto funerario romano in
legno di quercia (Foto: Museum of London Archaeology)
A Londra gli archeologi hanno scoperto un letto funerario completo in legno di quercia, il primo ritrovato in Gran Bretagna. Il letto, straordinariamente conservato e definito dagli esperti "senza precedenti", è stato scavato nel sito di un ex cimitero romano vicino al viadotto di Holborn, nel centro della capitale inglese, insieme a cinque bare di quercia.
Prima di questo scavo, nella capitale inglese erano state trovate solo tre tombe romane in legno. I resti in legno dell'epoca romana in Gran Bretagna raramente si sono conservati fino ai giorni nostri ma, poiché il luogo di sepoltura, sommerso dall'acqua, confina con il fiume Fleet, ora interrato, le sue tombe si sono ben conservate. Il letto funerario fu realizzato in quercia di alta qualità, con i piedi intagliati e giunti fissati con piccoli chiodi di legno. Fu smontato prima di essere deposto nella tomba di un uomo adulto tra i 20 ed i 30 anni.
"Fu smontato e riposto con molta cura, quasi come un mobile impacchettato per la vita successiva", ha dichiarato Michael Marshall, specialista di manufatti presso gli archeologi del Mola (Museum of London Archaeology), sottolineando però che le sepolture sono molto diverse tra loro. Una parte del sito, al di fuori delle mura della città romana e a 6 metri di profondità rispetto al livello del suolo moderno, era stata scavata negli anni Novanta del secolo scorso. Tuttavia il letto è stato una sorpresa assoluta, perché i ricercatori non avevano mai visto nulla di simile.
Sebbene esistano testimonianze di persone trasportate su letti durante i cortei funebri, e talvolta raffigurazioni di queste persone sulle lapidi, non si sapeva affatto che le persone fossero sepolte su questo tipo di letti per sepolture romane. E' una cosa di cui non esistono prove precedenti in Gran Bretagna.
Il defunto era quasi certamente di una persona di alto rango. Si tratta di un mobile incredibilmente ben fatto, un pezzo di falegnameria vera e propria, non di qualcosa che è stato messo insieme in modo approssimativo. E' uno dei mobili più eleganti che siano mai stati recuperati nella Britannia romana. Accanto ai resti scheletrici, gli archeologi hanno recuperato oggetti personali, tra i quali perline, una fiala di vetro apparentemente ancora contenente residui e una lampada decorata, che si pensa risalga al primissimo periodo di occupazione romana, tra il 43 e l'80 d.C.
Il letto è decorato con il disegno di un gladiatore sconfitto. Immagini simili sono state già trovate in precedenza in contesti funerari a Londra e Colchester. "C'è qualcosa nel simbolismo del gladiatore sconfitto che ha senso in un contesto funerario. Un gladiatore sconfitto è colui che sta morendo, ovviamente, ma combatte anche contro la morte. - Ha affermato Marshall. - Quindi l'analisi di queste sepolture dimostra che ci sono scelte molto sottili sul modo in cui la gente onorava i propri morti".
"Sappiamo che i romani seppellivano i loro morti lungo le strade, fuori dai centri urbani. - Ha detto Heather Knight, Project Officer del Mola. - Non è stata quindi una grande sorpresa scoprire sepolture in questo sito che, durante il periodo romano, sarebbe stato situato a 170 metri ad ovest delle mura della città e vicino alla principale strada romana di Watling Street. Tuttavia i livelli di conservazione riscontrati, ed in particolare la scoperta di una così vasta gamma di reperti in legno, ci hanno davvero sbalorditi".

Fonti:
avvenire.it
finestresullarte.info

Turchia, trovato il luogo di un antico "ospedale" e molti strumenti medici

Turchia, gli antichi strumenti medici rinvenuti ad
Allianoi (Foto: Danis Baykan)

Centinaia di strumenti medici di epoca romana, esaminati di recente dagli scienziati, potrebbero provenire da uno dei luoghi in cui gli antichi medici si riunivano per curare le persone, uno dei primi esempi conosciuti di "ospedale".
Si tratta di 348 manufatti legati al mondo della medicina, trovati nel sito di Allianoi, antica città della Turchia che ospitava anche un grande balneum. Il gran numero di manufatti, risalenti a 1800 anni fa, potrebbe indicare che un tempo la città ospitava un antico centro medico. 
Gli strumenti sono stati rinvenuti durante scavi di salvataggio svolti tra il 1998 ed il 2006, prima della costruzione di una diga che ha allagato il sito del ritrovamento. La maggior parte dei manufatti sono stati rinvenuti all'interno di due edifici di un più ampio complesso.
Allinoi è stato, forse, uno dei primi esempi conosciuti di una pratica medica organizzata un pò come un moderno ospedale. La varietà degli strumenti chirurgici indicano che gli interventi medici dovevano essere piuttosto sofisticati. Tra gli strumenti rinvenuti vi erano quelli per estrarre calcoli vescicali e renali, altri che dovevano - forse - essere utilizzati per interventi agli occhi o per rimuovere il cristallino opacizzato e suturare le ferite.
I ricercatori non sanno quanti medici operavano nel sito in contemporanea, anche se si pensano che fossero molti, più di una dozzina. Il Professore Danis Baykan, dell'Università di Trakya, in Turchia, ha affermato di aver già fatto scoperte simili. Ha scoperto, anche, che gli strumenti venivano utilizzati in una varietà di procedure. Il Professor Baykan ha anche suggerito che il medico romano Galeno, vissuto dal 129 al 216 d.C. circa e che risiedeva nella vicina città di Pergamo, potrebbe aver esercitato ad Allianoi. Antichi documenti indicano che Galeno eseguì, con successo, interventi chirurgici su gladiatori feriti e potrebbe averli eseguiti proprio nell'antica città turca.
La Professoressa Patty Baker, docente di studi classici e archeologici all'Università del Kent, ha affermato che non sorprende che la struttura fosse situata vicino ad un balneum. Nel mondo romano molti strumenti medici sono stati rinvenuti proprio negli edifici termali, luoghi in cui le persone andavano per ricevere assistenza sanitaria.

Fonte:
livescience.com


domenica 4 febbraio 2024

Vergina, nuovi sviluppi sull'identità dei sepolti nella necropoli reale

Vergina, l'urna funeraria contenente le spoglie del re
Filippo II di Macedonia (Foto: Wikipedia)

Sono stati identificati gli occupanti delle sepolture reali incontaminate risalenti al IV secolo a.C. e situate nella città di Vergina, nel nord della Grecia
Le sepolture contengono i resti del padre, della matrigna, dei fratellastri e del figlio di Alessandro Magno, unitamente ad armature e ad altri oggetti.
Anche se non vi è mai stato alcun dubbio sull'identità dei resti scheletrici umani trovati nelle tombe reali, appartenenti a parenti stretti di Alessandro Magno, gli studiosi hanno trascorso quasi mezzo secolo a disputare su chi effettivamente giacesse in ciascuna sepoltura.
I ricercatori hanno esaminato gli elementi scheletrici con l'ausilio della macrofotografia, delle radiografie e della dissezione anatomica. Sono state effettuate analisi osteologiche, nonché raggi X degli antichi resti.
Sullo scheletro maschile della tomba I è stata accertata la presenza di una fusione del ginocchio, coerente con la prova storica della zoppia di re Filippo II. I ricercatori hanno scoperto che la tomba I conteneva le ossa di un uomo con un ginocchio ferito, di una donna e di un bambino di pochi giorni o settimane. I ricercatori hanno concluso che il primo scheletro appartenga al padre di Alessandro Magno, Filippo di Macedonia, che le fonti tramandano fosse zoppicante. L'età estremamente giovane del bambino rinvenuto nella medesima tomba è coerente anche con la storia dell'assassino di Filippo nel 336 a.C.
Secondo la maggior parte delle fonti, Filippo II fu assassinato dalla sua guardia del corpo solo pochi giorni dopo che sua moglie Cleopatra aveva partorito. Si pensa che l'omicidio sia stato commissionato dalla precedente moglie di Filippo, Olimpia, madre di Alessandro Magno. Quasi immediatamente dopo la morte di Filippo, Olimpia fece uccidere anche Cleopatra ed il suo bambino, forse facendoli bruciare vivi, garantendo a suo figlio Alessandro la successione al trono.
In precedenza alcuni studiosi hanno sostenuto l'ipotesi che Filippo II fosse stato sepolto nella tomba II, che ospita anch'essa i resti di un uomo e di una donna. Tuttavia, l'assenza in quest'ultima sepoltura di un bambino, unitamente all'assenza di segni di evidenti traumi fisici sullo scheletro maschile, ha portato all'esclusione di questa possibilità.
Gli archeologi hanno concluso che la tomba II apparteneva alla "donna guerriera" Adea Euridice, moglie del fratellastro di Alessandro, Arrhidaeus. Sono giunti a questa conclusione sulla base di prove scheletriche che indicano un uomo che é praticamente vissuto a cavallo. Arrhidaeus, secondo le fonti, era un uomo mentalmente disabile.
I ricercatori non hanno, però, trovato alcuna prova della diffusa convinzione che Alessandro IV, figlio di Alessandro Magno, sia stato sepolto nella tomba III.

Fonte:
akreonews.net

Grecia, l'enoteca di Sikyon...

Grecia, l'enoteca di epoca romana (Foto: Scott Gallimore)
In Grecia gli archeologi hanno scoperto un'enoteca di 1600 anni fa, distrutta ed abbandonata dopo un evento improvviso, forse un terremoto o il crollo dell'edificio, lasciando vasi rotti e 60 monete sparse sul pavimento.
Il negozio era operativo quando l'Impero Romano controllava la regione. E' stato rinvenuto nell'antica città di Sikyon, sulla costa settentrionale del Peloponneso, nel sud della Grecia. All'interno di questa enoteca, gli archeologi hanno trovato monete sparse, resti di tavoli in marmo e vasi in bronzo, vetro e ceramica.
L'enoteca è stata trovata all'estremità settentrionale di un complesso che aveva una una serie di officine contenenti forni e impianti utilizzati per spremere l'uva o le olive. Purtroppo non si ha alcuna prova diretta dei tipi di vino che potrebbero essere stati venduti all'interno dell'esercizio commerciale.
Nel negozio, oltre al vino, potrebbe essere stato venduto anche l'olio di oliva. La maggior parte delle monete trovate risalgono al regno di Costanzo II (337-361 d.C.). L'ultima moneta è stata coniata tra il 355 ed il 361.
Sembra che l'enoteca abbia subìto un evento improvviso che ne ha causato la distruzione e l'abbandono. Le monete sparse sul pavimento rappresentano gli ultimi momenti di vita dell'esercizio commerciale. Gli archeologi ritengono che le monete fossero custodite in un vaso di ceramica oppure in una sorta di borsa. Il complesso di cui fa parte la bottega appena scavata, sembra essere stato abbandonato agli inizi del V secolo d.C. quando, forse, avvenne l'evento naturale.

Fonte:
livescience.com



Serbia, rinvenuto un arco trionfale dedicato a Caracalla

Serbia, il luogo del rinvenimento dell'arco trionfale
(Foto: Istituto Archeologico della Serbia)

Gli archeologi serbi hanno portato alla luce un antico arco trionfale romano risalente al III secolo d.C. nella città di Viminacium, che si trova nei pressi dell'attuale Kostolac, a 70 km ad est di Belgrado.
Viminacium o Viminatium era una città importante, capoluogo di provincia, nonché un accampamento militare nella provincia romana della Mesia (attuale Serbia), nonché capitale della Mesia Superiore. Comprendeva gran parte del territorio della moderna Serbia orientale, del Kosovo, dell'Albania nordorientale, della parte settentrionale della Macedonia, della Bulgaria, della Dobrugia rumena e di piccole parti dell'Ucraina meridionale (Mesia inferiore).
Il Professor Miomir Korac, uno dei più importanti archeologi serbi, ha detto che la scoperta è avvenuta durante gli scavi della strada principale di Viminacium. "Questo è il primo arco di trionfo rinvenuto in questa zona", ha affermato il Professor Korac.
A chi era dedicato questo arco di trionfo? gli archeologi lo hanno scoperto scavando parte di una lastra di marmo con il nome del sovrano scolpito sopra: si trattava dell'imperatore Caracalla, cresciuto negli accampamenti militari al seguito del padre Settimio Severo nelle campagne militari. Sulla base del materiale già rinvenuto, gli archeologi hanno stabilito che l'arco trionfale fu costruito alla fine del II o al più tardi all'inizio del III secolo d.C.
Le fonti storiche riferiscono che a Viminacium avvenne un evento straordinario: Marco Aurelio Antonino, meglio conosciuto con il nome di Caracalla, venne proclamato nel 195 d.C. Cesare, sovrano e successore del padre Settimio Severo, dal quale ereditò il titolo di Augusto tre anni dopo.

Fonte:
arkeonews.net


sabato 3 febbraio 2024

Turchia, gli archeologi italiani scoprono gli archivi di Doliche

Turchia, gli scavi dell'archivio della città di Doliche
(Foto: finestresullarte.info)
Gli archeologi dell'Università di Pisa hanno fatto un'importante scoperta in Turchia: da uno scavo è riemerso l'archivio dell'antica città di Doliche, fondata dai Seleucidi. A far riconoscere l'edificio come un archivio, sono state le numerose impronte di sigillo in terracotta ritrovate dagli archeologi. In questo edificio erano conservati i documenti in papiro e pergamena. La città di Doliche fu fondata sotto i successori di Alessandro Magno, i Seleucidi, e chiamata come molte altre fondazioni di quella zona con il nome della città greca da cui i coloni provenivano: Doliche in Tessaglia, vicino al monte Olimpo.
"Il sito dell'antica Doliche è stato oggetto di indagini tedesche già dagli anni Settanta del secolo scorso. - Ha spiegato Margherita Facella, Professoressa di Storia greca nell'Ateneo di Pisa e direttrice della missione pisana. - Dal 2015 un team internazionale sotto la guida del Professor Engelbert Winter ha condotto prospezioni e scavi, portando alla luce i resti di alcuni edifici pubblici, tra i quali delle terme romane. Accanto a queste terme, erano state identificate le tracce di un'altra costruzione, ora parzialmente scavata dai nostri archeologi. Si tratta di un archivio cittadino, come rivelano le numerose impronte di sigillo in terracotta qui trovate: più di 2000 impronte (cosiddette bullae) sono state recuperate nell'area e sottoposte, laddove possibile, a pulizia e restauro. Le impronte di sigillo indicano chiaramente che qui venivano conservati documenti scritti su papiro e pergamena andati poi distrutti a causa di un incendio".
Gli antichi documenti venivano sigillati con cordicelle attorno alle quali erano posti grumi di argilla di piccole dimensioni (0,5-2 cm), spesso frammentate e difficili da riconoscere ad occhio nudo. Su questa argilla venivano impressi anelli, decorati o iscritti, così da poter sigillare i documenti ed impedirne l'apertura. Solo nel caso in cui un archivio sia stato distrutto da un grave incendio, le impronte dei sigilli si possono conservare, in quanto cotte e dunque indurite, mentre i documenti periscono nel fuoco. Nel 253 d.C. il re persiano Shapur I distrusse numerose città nella provincia romana della Siria, inclusa Doliche, come conseguenza di una sanguinosa guerra tra l'Impero Romano e quello dei Sasanidi.
Uno studio preliminare di questi materiali rivela che si tratta sia di sigilli privati come di sigilli ufficiali della città. "Le immagini sui sigilli ufficiali della città sono direttamente collegate alla città. - Ha spiegato Michael Blomer, Professore dell'Università di Munster e visiting professor dell'Università di Pisa nel 2023, che ha co-diretto gli scavi. - Di solito mostrano le divinità più importanti come Giove Dolicheno, il dio principale della città. Le impronte dei sigilli privati più piccoli mostrano una vasta gamma di immagini e simboli che dicono molto sul patrimonio culturale e religioso degli abitanti di Doliche. Figure mitiche e rari ritratti privati indicano una forte influenza greco-romana su questa regione a metà tra Oriente ed Occidente."

Fonte:
finestresullarte.info


Sicilia, riemerge dalle acque un frammento del tempio di Giove

Sicilia, un'immagine in 3D del ritrovato frammento del
tempio di Giove che giaceva nel fondale marino
(Foto: BCsicilia)

Importante recupero nel mare di Agrigento: i sommozzatori del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale, con la Soprintendenza del Mare e l'associazione BCsicilia, hanno recuperato un frammento dell'antico tempio di Zeus che giaceva sul fondale.
Le operazioni hanno avuto luogo nello specchio d'acqua antistante San Leone, poco lontano dalla foce del fiume Akragas.
Il reperto recuperato ne mare di Agrigento è, molto probabilmente, un decoro frontale in marmo appartenente al celebre Tempio di Zeus: il frammento di un cavallo rampante, elemento iconico nelle rappresentazioni artistiche del periodo greco. Ricoperto di concrezioni, il reperto, quasi certamente di marmo proconnesio, della dimensione di 2 metri per 1,6 e 35 centimetri di spessore, giaceva a circa 300 metri dalla costa, a 9 metri di profondità ed era noto agli archeologi già da lungo tempo, ma era segnato nella carta archeologica come una banale ed anonima "vasca". Il riconoscimento come una vasca non aveva mai convinto il Gruppo Subacqueo di BCsicilia, guidato dall'Ingegner Gaetano Lino, che nell'ottobre 2022 ha effettuato, insieme al sub volontario Salvatore Ferrara e grazie anche al contributo esterno di Francesco Urso, della sede BCsicilia di Agrigento, un rilievo in 3D.
Dall'elaborazione delle foto utili al rilievo tridimensionale subacqueo è dunque emersa l'immagine di quello che sembra il particolare di un fregio del timpano di un tempio. L'associazione ha subito dato notizia della scoperta alla Soprintendenza del mare al fine del recupero dell'eccezionale reperto, che è stato finalmente riportato a riva dopo due tentativi resi nulli dalla torbidità dell'acqua.

Fonte:
finestresullarte.info


Francia, sepolture gallo-romane raccontano la loro storia

 
Francia, uno dei reperti rinvenuti
nella necropoli gallo-romana di
Plaine de L'Ain
(Foto: stilearte.it)
Si è conclusa la prima fase di studio della necropoli scoperta durante gli scavi preventivi svolti nel contesto dello sviluppo del Parco Industriale Plaine de l'Ain, in Francia. L'Inrap ha condotto l'operazione su un ampio complesso funerario risalente dalla metà del I secolo a.C. alla metà del VII secolo d.C. Notevole il quantitativo di corredi - anche particolarmente preziosi - portati alla luce dagli archeologi.
Questo complesso è posizionato lungo un'antica strada, a 400 metri dall'insediamento antico, coincidente con il villaggio di Sain-Vulbas. Il sito ha rivelato un totale di 1091 strutture, tra le quali 554 tombe, 212 cremazioni, 30 recinti funerari e 195 strutture funerarie di natura indefinita.
Gli approfondimenti successivi agli scavi forniscono oggi numerosi risultati riguardo all'evoluzione delle pratiche funerarie antiche. La lunga occupazione dell'area con fini cimiteriali consente di vedere uniti, nello stesso luogo, i diversi passaggi culturali che ebbero importanti riflessi sulle modalità di accompagnamento dei defunti nell'Aldilà.
L'area sepolcrale scoperta dagli archeologi si trova ad est di una strada preesistente e dei fossati che le scorrevano accanto. Nel corso del tempo, altri elementi sembrano aver contribuito a strutturare lo spazio funerario. In particolare si evidenzia un fossato curvilineo che delimita la parte settentrionale a partire dall'età augustea (27 a.C.-14 d.C.), persistendo per l'intera durata dell'utilizzo del complesso funerario.
Nei pressi di una strada "accompagnata" da corsi d'acqua, a 400 metri dal villaggio, i gallo romani, intorno al 20 a.C. circa, consolidarono un luogo di sepoltura in un campo attiguo alla strada, delimitandolo con un fossato. Questo fossato di delimitazione, che fungeva da protezione del luogo sacro, fu utilizzato anche per lo smaltimento di pentole e brocche, che probabilmente erano state utilizzate per portare cibi e bevande destinati al pasto funebre e alle commemorazioni.
Il fossato doveva segnare, radicalmente, un passaggio fortemente contrassegnato sotto il profilo spirituale. Un fossato tra la vita e la morte. Qui, infatti, oltre alle stoviglie, che probabilmente non venivano regolarmente riportate a casa, sono stati trovati anche materiali votivi, tra i quali una statuetta in piombo, che forse furono eliminati durante le varie fasi di ristrutturazione degli spazi di sepoltura. Il fossato, pertanto, ha svolto anche una funzione di luogo di scarico di materiali rituali.
L'area cimiteriale mostra la presenza di numerose sepolture di bambini di età inferiore ad un anno, circa 160 individui. Una tale porzione di defunti molto giovani si trova raramente in un contesto archeologico. La stragrande maggioranza di loro sono sepolti (solo quattro sono stati certamente cremati). Per i bambini piccoli, infatti, il mondo romano prevedeva il seppellimento del corpo e non la cremazione. Durante il periodo augusteo la maggior parte dei bambini veniva sepolta in un contenitore e mai direttamente nel terreno.
Le pratiche della sepoltura e della cremazione coesistevano nel sito fin dall'inizio della sua occupazione funeraria alla fine del I secolo a.C. La percentuale delle sepolture è, però, molto più elevata delle cremazioni, poiché rappresentano poco meno dei tre quarti della popolazione. Questo rapporto cambiò poco fino alla fine del primo terzo del I secolo.
In seguito l'uso della cremazione divenne prevalente e raggiunse il suo apice tra il 60 e il 100 d.C. Poi il suo utilizzo diminuì rapidamente a partire dal II secolo d.C. Attestata ancora nel III secolo d.C., la cremazione sembra essere scomparsa dallo spazio funerario all'inizio del IV secolo a beneficio della sepoltura.

Fonte:
stilearte.it

Pompei, scoperti graffiti con i turni di lavoro degli operai

Pompei, graffito con turni di lavoro trovato recentemente
in un antico cantiere (Foto: grandenapoli.it)

Proseguono i lavori di scavo e ricerca nella domus IX, 10, 1 all'interno della quale, qualche mese addietro, erano state rinvenute iscrizioni elettorali.
Un team di archeologi ha scoperto, sempre in questo luogo, una nuova area di lavoro a Pompei, ancora intatta dopo duemila anni. L'area, situata nei pressi del Foro, era utilizzata per la produzione di tegole e altri materiali da costruzione.
A seguito del forte terremoto del 62 d.C., a Pompei vi erano diversi cantieri di ristrutturazione della città. Ad esempio il tempio di Iside, venne ristrutturato nelle fattezze attuali proprio in seguito ai danni causati dal sisma. Nella domus della Regio IX, in un angolo dell'atrio, sono emerse tracce evidenti dei lavori di ristrutturazione.
La scoperta è particolarmente importante perché ha permesso di ricostruire le attività quotidiane degli operai che costruirono la città romana. I ricercatori hanno, infatti, trovato circa 300 tegole in ottimo stato ed i turni di lavoro scritti dagli operai. Questi numeri, che rappresentano i giorni del mese, venivano scritti di solito sugli stipiti delle porte. Nel caso specifico indicavano i turni di lavoro degli operai, lavoro che iniziava praticamente all'alba.
Sembrerebbe che i turni fossero di solito assegnati in base all'età ed all'esperienza degli operai. I più giovani erano impiegati nei turni di notte, mentre i più esperti lavoravano durante il giorno.
La scoperta dell'area di lavoro a Pompei e un'importante testimonianza della vita quotidiana nella città romana. Consente di conoscere meglio il lavoro degli operai che costruirono la città e le loro condizioni di vita.

Fonti:
grandenapoli.it
mediterraneoantico.it

Antichi rituali di sacrifici umani: l'incaprettamento femminile

Francia, le sepolture neolitiche rinvenute in grotta (Foto: stilearte.it) Uno studio, pubblicato da Science advances , ha portato alla luce ...