martedì 28 marzo 2023

Macerata, rinvenute tombe romane nei pressi dell'anfiteatro

Macerata, la necropoli nel campo da rugby
(foto: stilearte.it)

Una necropoli tardoromana è emersa a Macerata durante gli interventi per la realizzazione di un campo di rugby, tra il centro Fiera e le vestigia del teatro romano. 
L'origine di Macerata viene fatta risalire alla città romana Helvia Recina, che divenne una città italica - forse risalente al III secolo a.C. - abitata dal popolo dei Piceni
I resti del teatro romano del II secolo d.C. sono oggi la testimonianza più importante dell'antica città ed evidenziano la prosperità dell'insediamento. Nel IV o V secolo le invasioni dei Goti costrinsero la maggior parte degli abitanti a ritirarsi sulle colline dove furono fondati i centri medioevali di Macerata e Recanati. Ecco il motivo per il quale teatro e necropoli sono nella piana, nei pressi dell'attuale Centro Fiera.
L'intervento di archeologia preventiva si è reso necessario per la presenza, non distante, dell'antico centro romano. La verifica, compiuta attraverso un saggio a trincea, ha permesso di portare alla luce numerose tombe - almeno una quarantina - ad una profondità compresa tra i 40 ed i 60 centimetri, non distanti dal fiume Potenza.
Le tombe non sono ancora state ancora aperte, ma si ritiene che facciano parte di una necropoli romana, sia per la struttura delle diverse unità affioranti che per la presenza, in zona, di importanti vestigia, come il teatro romano.
Tra il corso d'acqua e la strada correva, ai tempi dei romani, la strada principale dell'abitato. Poco fuori il centro, come era d'uso all'epoca, le tombe con i loro segnacoli proteggevano la comunità e ne narravano la storia.

Fonte:
stilearte.it

Romani in Svezia?

Svezia, la spiaggia dove sono state rinvenute le monete
romane (Foto: stilearte.it)

Due monete romane sono state trovate su una minuscola isola situata nel mare aperto, in territorio svedese. Si riteneva che fosse un luogo fuori dal mondo, invece sembra che contenga tracce di alcuni focolari che indicano un'antica frequentazione.
Gotska Sandon dista 1888 chilometri in linea d'aria da Roma ed occupa una superficie di 4.490 ettari. E' parco nazionale dal 1909 ed è composta da un'immensa cresta di sabbia e ghiaia che fa parte di un grande spostamento risalente all'ultima era glaciale. L'isola è in costante mutamento e, nel nordovest, cambia aspetto ogni giorno. L'Università di Sodertorn, in collaborazione con Campus Gotland ed il Gotland Museum, sta conducendo un progetto archeologico su Gotska Sandon. Nel corrente mese di marzo sono stati realizzati un paio di ritrovamenti speciali: due denari romani, monete d'argento dell'epoca di Traiano (98-117 d.C.) e Antonino Pio (161 d.C.).
Si tratta dei resti di un naufragio sparsi sulla spiaggia? Lungo la costa di Sandon si trova anche un gran numero di focolari I ritrovamenti di monete romane dovrebbero essere, invece, collegati in qualche modo a queste attività. Quest'anno sono previsti studi di ricerca in grado di fornire risposte ad alcune di queste domande.

Fonte:
stilearte.it
 


Arabia saudita, il tesoro del portatore d'acqua...

Arabia Saudita, i gioielli rinvenuti nello scavo
(Foto: stilearte.it)

Rari reperti archeologici e iscrizioni Musnad - appartenenti alla cultura che precedette la diffusione dell'Islam - sono stati portati alla luce nel sito archeologico di al-Ukhdud, nella regione di Najfran, in Arabia saudita.
Durante i lavori è stata rinvenuta una pietra di granito di circa 230 cm di larghezza e 48 cm di altezza, sulla quale è inciso, in caratteri preislamici, il nome del defunto ed il mestiere che esercitava.
Il corredo funebre e la pietra di granito apparteneva ad uno degli abitanti di al-Ukhdud, di nome Wahib Eilbin Magan. Di professione era portatore d'acqua, un mestiere che, se organizzato con dei lavoranti, doveva consentire a chi la praticava una certa agiatezza.
Nello stesso sito sono stati rinvenuti tre anelli-orecchini d'oro di dimensioni simili, ciascuno sormontato da un lobo dorato a forma di farfalla con un piccolo ciuffo che ne unisce le due estremità.
E' stata recuperata anche una testa di bronzo raffigurante un toro. Il toro apparteneva all'olimpo delle popolazioni arcaiche. La devozione al grande e possente animale era una caratteristica comune e diffusa tra gli antichi regni preislamici dell'Arabia Meridionale.

Fonte:
stilearte.it

domenica 19 marzo 2023

Francia, trovati i resti di un balneum romano

Francia, il complesso termale romano scoperto in Savoia
(Foto: finestresullarate.info)

Importante scoperta archeologica in Francia, a circa 3 chilometri a nordest del comune di Yenne (Savoia), dove nel corso degli scavi di archeologia preventiva imposti dalla Directìon Régionale des Affaires Culturelles, omologa della nostra Soprintendenza, dell'Alvernia e del Rodano-Alpi, in vista della costruzione di una casa unifamiliare, è stato rinvenuto un complesso termale del II secolo d.C. Sono emersi bagni termali occupati per almeno due secoli, fino all'abbandono del sito alla fine del IV secolo d.C.
Questo stabilimento termale si trova ai piedi del massiccio del Giura, sulle rive del letto principale del Rodano. Si trova, inoltre, nelle immediate vicinanze di una cascata le cui acque, cariche di tufo (roccia calcarea) servivano ad alimentarlo, come dimostrano i depositi inerti contro le pareti delle strutture idrauliche ritrovate. L'uso del marmo bianco venato di calcare grigio e da bianco a giallastro sembra prevalere senza che sia stato possibile stabilire se questi colori fossero già presenti nella costruzione originaria o se siano stati adoperati durante il restauro dei locali. Il pavimento di almeno una stanza è decorato con piastrelle di calcare bianco-rosa o rosso.
Il sito appare conservato in modo irregolare. Dopo l'abbandono, il complesso fu, infatti, probabilmente utilizzato come cava di materiale da costruzione. Inoltre, essendo queste terme costruire su un terreno in pendenza, se nel suo tratto a valle sono rimaste solo le strutture interrate, in questo caso la piscina, i pavimenti degli ipocausti (cioè i basamenti degli ambienti riscaldati) e le fondazioni delle mura.
La planimetria generale permette di poter stabilire quale fosse l'uso di tutti i locali portati alla luce. L'intero edificio può essere suddiviso in quattro parti di superficie comparabile. Nell'area settentrionale del sito, la presenza di alcuni pali rinvenuti denota la presenza degli ambienti riscaldati. L'allineamento delle tre stanze osservate in questo luogo è comune per questo tipo di stabilimento: una stanza calda adiacente ad un'altra più temperata, che da' accesso ad una stanza fredda. Un vasto bacino con funzione di piscina occupa la parte orientale, mentre uno spazio aperto, probabilmente un giardino, copre la parte occidentale.
Infine, un edificio con solai in cemento lisciato e pareti rivestite da decorazioni pittoriche coincide con il settore meridionale. Le decorazioni sono di due ordini. Le pareti di un corridoio sono rivestite da un sobrio disegno (fondo bianco segnato da cornici rosse), mentre le pareti di uno dei due ambienti conservano tracce di una decorazione più ricca. Lo studio e il montaggio dei frammenti raccolti non è stato ancora effettuato, ma da una prima analisi sembrerebbero pannelli neri separati da fasce rosse decorate con motivi floreali. La funzione di questi locali rimane più incerta. Se l'ipotesi dei guardaroba rimane possibile, appare più opportuna la possibilità di più funzioni accessorie (biblioteca, negozio, riserva).
Durante il II-IV secolo lo stabilimento termale fu oggetto di un importante restauro. Se le funzioni delle stanze sembrano conservate, ne guadagnarono in superficie. Ovviamente i percorsi tra i diversi spazi risultano modificati e la piscina non era più in uso.
La collocazione prescelta per queste terme è molto probabilmente correlata con gli edifici, tra i quali un probabile fanum (tempio) nei suoi pressi, ma anche con l'approvvigionamento di acqua carica di tufo, naturalmente più calda. Infine lo stabilimento è ubicato non lontano da una zona di attraversamento del Rodano collegata all'antica cittadina di Etanna, forse l'odierna Yenne, citata nella Tavola Peutingeriana.

Fonte:
finestresullarte.info

Egitto, la prima mummia...

Egitto, il corpo non mummificato di Hekashepes
(Foto: ilgiornaledellarte.it)

L'ex ministro delle Antichità Zahi Hawass ha annunciato, a gennaio di quest'anno, la scoperta di alcune tombe della V-VI Dinastia (XXV-XXIII secolo a.C.) nell'area della necropoli di Saqqara che prende il nome di Gisr el-Mudir, non lontana dalla piramide a gradoni di Djoser, una trentina di chilometri a sud de Il Cairo.
La sepoltura più importante è quella di Khnumdjedef, funzionario legato alla perpetuazione del culto dell'ultimo sovrano della V Dinastia Unis. La decorazione è dipinta e rappresenta un raro esempio di pittura di questo periodo.
Un'altra delle tombe riportate alla luce apparteneva, invece, al segretario di Palazzo Meri. Nel suo sepolcro sono state rinvenute nove statue in calcare dipinto che rappresentano quattordici individui. Tra di esse vi sono quelle di alcune coppie (forse Meri insieme alla sua sposa) e due di servitrici intente alla produzione di pane e birra, gli alimenti base della dieta egiziana.
Zahi Hawass, direttore della missione archeologica egiziana che lavora sul sito, ha però dichiarato che la scoperta più importante è da ritenersi quella di un pozzo funerario profondo quindici metri, al fondo del quale era stato deposto il sarcofago in pietra che conteneva i resti mortali di un certo Hekashepes. Da alcune foto pubblicate su internet sembrerebbe che il cadavere non fosse stato mummificato e che indossasse una tunica. Custodita in un sarcofago rettangolare, in calcare sigillato con malta, la mummia, appare decorata con foglie d'oro e risalirebbe a 4300 anni fa e sarebbe la più antica mummia rinvenuta finora in Egitto. Sul sarcofago è iscritto il nome dell'uomo. Gli esami diagnostici effettuati dall'équipe di Hawass hanno dimostrato che nessuno ha mai più toccato il sarcofago dal momento in cui è stato sigillato con la malta al termine del rituale di sepoltura.
I piedi apparirebbero infilati in calzature di pelle. Se quanto osservato risultasse confermato, si tratterebbe di una scoperta in grado di rimettere in discussione quanto noto sulla mummificazione e sulle credenze mondane dell'antico Egitto. Accanto al corpo di Hekashepes c'era un oggetto, forse una zappa, di cui si è conservata la lamina d'oro che lo ricopriva. Ai lati della testa sono, invece, visibili i due frammenti di un poggiatesta in pietra di delicata fattura.
Un altro pozzo, profondo una decina di metri, vicino al complesso piramidale di Pepy I, ha condotto, infine, al ritrovamento di statue lignee e in pietra associate al sarcofago di un personaggio di nome Fetek, giudice e scrittore.

Fonti:
Francesco Tiradritti per ilgiornaledellarte.com
artribune.com
mediterraneoantico.it

Spagna, Villa Antiopa ed i suoi 13 mosaici

Spagna, veduta dell'allestimeno museale
della villa romana a Rincòn de la Victoria
(Foto: ilgiornaledellarte.com)

Antiopa era una principessa tebana sedotta da Zeus sotto le mentite spoglie di un satiro. I due personaggi si abbandonano ad una danza erotica nel grande mosaico perfettamente conservato che si può vedere nella Villa Antiopa, in località Marina di Rincòn de la Victoria, a 15 chilometri da Malaga. "Satiro e Antiopa" è il mosaico più bello dei 13 che si conservano nella villa romana aperta al pubblico lo scorso dicembre.
Il sito fu scoperto nel 2003 dall'archeologo Juan Bautista Salado mentre realizzava gli abituali controlli per permettere la costruzione di un edificio urbano. Naturalmente il progetto fu bloccato e modificato, in modo che tutti i pilastri della nuova costruzione fossero collocati perimetralmente e il sito al pianterreno dell'edificio restasse libero così da poterlo musealizzare.
La villa fu costruita alla fine del III secolo da una famiglia abbiente che fabbricava e vendeva il garum, una salsa a base di scarti di pesce macerati con spezie e sale, molto diffusa ai tempi degli antichi Romani. Venne abbandonata alla fine del V secolo, quando il declino dell'impero romano e l'arrivo dei Visigoti cambiarono le condizioni economiche e sociali della zona. Come di consueto la costruzione fu smantellata e i materiali riutilizzati, ma i mosaici, che per le loro caratteristiche non erano utili, furono sotterrati.
Il sito si estende su 1.200 metri quadrati di resti visibili, grazie ad un percorso di 500 metri di passerelle. L'unica scultura ritrovata, che raffigura il dio Bacco, è stata ceduta al Museo di Malaga anche se al momento resta esposta nel luogo del ritrovamento. 
Oltre ai 13 mosaici, la collezione si compone di 142 pezzi tra cui colonne, serrature, lucernari, anfore, stoviglie, terrecotte, aghi, ami e altri elementi che permettono di ricostruire la vita quotidiana.

Fonte
ilgiornaledellarte.com

sabato 18 marzo 2023

Turchia, tombe "maledette"...

Turchia, il contenuto della sepoltura romana
(Foto: Progetto di ricerca archeologica di Sagalassos)

Nell'antica città di Sagalassos, nella Turchia sudoccidentale, gli archeologi hanno identificato un'insolita pratica di sepoltura del primo periodo imperiale romano, nella quale sono stati rinvenuti chiodi volutamente piegati, tegole di copertura ed uno strato di calce.
Portata alla luce nel famoso sito di Sagalassos, nel sudovest della Turchia, la tomba, risalente al 100-150 d.C., contiene prove che suggeriscono che la popolazione, all'epoca, era spaventata dal fatto che i morti potessero risorge dalla tomba per perseguitare i vivi.
Quello che è stato trovato nella sepoltura, che in precedenza era tornato alla luce anche in altre sepolture mediterranee, indica un possibile utilizzo della magia per impedire ai morti di interferire con la vita dei vivi. I manufatti rinvenuti hanno rivelato che, all'epoca, si erano eseguite delle cremazioni in modo diverso rispetto ad altre cremazioni di epoca romana. Invece di utilizzare una pira funeraria, raccogliere i resti e spostarli in qualche altra parte, a Salagassos si eseguivano le cremazioni sul luogo di sepoltura in modo da non spostare i resti altrove. 
Ben 41 dei chiodi, rotti o piegati, scoperti lungo i confini del luogo dove erano stati bruciati i resti del defunto, sono estremamente insoliti. Venticinque di questi chiodi sono stati piegati a 90 gradi e le "teste" sono state staccate. Sedici di loro sono stati piegati o storti, pur conservando la testa. La disposizione di questi particolari oggetti, intorno al luogo dove era stata allestita la pira funebre, indica che questi chiodi non avevano altro scopo.
Tra i corredi funebri rinvenuti figurano una moneta del II secolo d.C. ed alcune piccole urne in ceramica del I secolo d.C. e due urne in vetro soffiato. Queste sepolture, secondo i ricercatori, conservano il ricordo di riti eseguiti per impedire la fuga del defunto. Evidentemente chi ha seppellito questi esseri umani aveva paura di ritorsioni di qualche tipo da parte dei defunti.
I chiodi piegati, ad esempio, erano molto probabilmente usati come "barriera magica", girando intorno alle ossa carbonizzate ed alle ceneri dei defunti. Sembra che la calce sia stata utilizzata da quelli che erano coinvolti nella sepoltura per impedire al defunto o al suo spirito di fuggire dal terreno.
Il sito di Sagalassos si trova vicino all'attuale città di Aglasun, a circa 110 chilometri da Antalya. Sagalassos era una città-stato del regno attalide ellenistico nel II secolo a.C. Venne fondata nel V secolo a.C., quando l'area faceva ancora parte dell'impero achemenide e passò a Roma nel 133 a.C. Fiorì in epoca romana, dopo che Augusto la incluse nella provincia romana della Galazia nel 25 a.C.

Fonte;
arkeonews.net



Gran Bretagna, rinvenuto il pavimento musivo di un complesso romano

Gran Bretagna, il mosaico tornato alla luce
(Foto: arkeonews.net)

Un team di archeologi della Oxford Archaeology ha scoperto un mosaico romano nella città di Olney, nel Buckinghamshire, in Gran Bretagna, dove gli archeologi hanno effettuato uno scavo preventivo alla costruzione di un supermercato.
E' stata scoperta una struttura romana di "alto profilo", con due stanze piccole ed una più grande. Quest'ultima presenta porzioni di un pavimento musivo risalente ad almeno 1600 anni fa. La piastrellatura lungo il bordo della stanza era la meglio conservata. Il grande mosaico ha intricati motivi decorativi realizzati con tessere rosse, bianche e blu.
Il mosaico ha colori vivaci ed intricati motivi decorativi. Il controllo dell'impero romano in gran parte del Regno Unito si estese dal 43 al 410 d.C. Gli scavi presso la villa alla quale, probabilmente, apparteneva la stanza con il pavimento musivo, hanno rivelato che gran parte del complesso si estende sotto una vicina strada moderna. Al fine di salvaguardare il mosaico, i resti sono attualmente in fase di riseppellimento e registrazione e conservazione in situ.

Fonte:
arkeonews.net

Grecia, rinvenute delle spade micenee in una necropoli

Grecia, spade micenee del XII secolo a.C. scoperte in alcune
sepolture (Foto; mediterraneoantico.it)
Rypes, necropoli micenea: negli scorsi giorni sono state portate alla luce tre spade in bronzo da una tomba databile al XII/XI secolo a.C. Già in questo luogo sono state rinvenute numerose tombe a camera, scavate nel sottosuolo sabbioso.
Durante l'ultima campagna di scavo, i ricercatori hanno esplorato una tomba a pianta rettangolare contenente tre sepolture databili al XII secolo a.C.: sono emerse offerte di perline in vetro, una statuetta di cavallo in argilla e tre spade in bronzo con parte del manico in legno quasi perfettamente conservate. Le spade appartengono a diverse classificazioni tipografiche, in particolare sono di tipo D - descritte come "incrociate" - ed E - descritte come spade con "elsa a T" - secondo la cosiddetta tipologia Sandars e risalgono al periodo palaziale miceneo.
Secondo i ricercatori, sulla base delle evidenze archeologiche, le tombe di questa necropoli sono state aperte e riutilizzate più volte nel corso dell'epoca micenea: seppure, infatti, le tombe siano da ascrivere al primo periodo miceneo, attorno al 1700 a.C. circa, sono state usate per rituali e pratiche funerarie fino all'XI secolo a.C., quindi per più di 500 anni. Scavando nella necropoli, poi, gli archeologi hanno individuato vasi, ghirlande, monili d'oro, maioliche, pezzi di vetro e molto altro, a testimonianza del ricco utilizzo di queste sepolture.
Non molto lontano dalla necropoli gli archeologi hanno rinvenuto anche i resti di un edificio di alto rango, a pianta rettangolare e con i resti di un focolare.
La civiltà micenea fu l'ultima fase dell'Età del Bronzo nell'antica Grecia, coprendo un periodo che va dal 1750 al 1050 a.C. circa. Il periodo rappresenta la prima civiltà avanzata nella Grecia continentale, in particolare per i suoi stati sontuosi, l'organizzazione urbana, le opere d'arte e il sistema di scrittura.

Fonte:
mediterraneoantico.it




Firenze, un documento rivela che la madre di Leonardo era straniera

Il documento ritrovato redatto da Piero da Vinci
(Foto: stilearte.it)

Un documento trovato nell'Archivio di Stato di Firenze dal Professor Carlo Vecce dell'Università di Napoli conferma le origini straniere di Caterina, la madre di Leonardo da Vinci. La donna era una circassa, di origini caucasiche, che fu portata a Firenze da un uomo di nome Donato. Il suo lungo viaggio, prima di arrivare nella città toscana, la portò, in stato di schiavitù, probabilmente sul mare di Azov, nell'attuale territorio compreso tra Russia ed Ucraina, poi a Bisanzio e quindi a Venezia. Successivamente Caterina fu acquistata e portata a Firenze.
La Turchia ospita, oggi, la più grande comunità circassa del mondo. Sotto il profilo fisiognomico, i circassi sono molto simili alla popolazione italiana. Le donne circasse, per centinaia di anni, sono state considerate tra le più belle del mondo. La loro reputazione risale al tardo medioevo, quando la costa circassa era frequentata da commercianti genovesi e veneti; il fondatore della dinastia dei Medici, Cosimo il Vecchio, ebbe un figlio illegittimo (Carlo di Cosimo de' Medici) da una schiava circassa di nome Maddalena.
Vecce ha utilizzato tutti i dati del documento ritrovato per scrivere una biografia romanzata della madre di Leonardo, intitolata "Il sorriso di Caterina", edita da Giunti. Secondo il documento dell'Archivio di Stato di Firenze - datato 2 novembre 1452 - Caterina era figlia di un certo Jacob, un circasso che il Professor Veccia immagina, con "licenza poetica", un principe del Caucaso. In seguito - e qui si torna alla realtà - la ragazza fu resa schiava dopo essere stata rapita, probabilmente dai tartari.
A Firenze Caterina arrivò nel 1442, intorno ai 15 anni, e qui lavorò come serva e balia in casa di Ginevra d'Antonio Redditi, moglie di Donato di Filippo di Salvestro Nati, l'uomo che l'aveva acquistata. Fu qui che Caterina conobbe Piero da Vinci, il notaio con il quale concepì un figlio illegittimo nato il 15 aprile 1452, ad Anchiano, piccolo borgo del comune di Vinci.
Quando partorì Leonardo, era pertanto una donna di 25 anni. Poiché Piero da Vinci riconobbe come proprio il bambino, possiamo ipotizzare che Caterina e Piero ebbero modo di convivere sotto lo stesso tetto e che Piero avesse, pertanto, certezza che quel figlio fosse suo. Si può pensare che il notaio Piero da Vinci sia stato il primo promotore della libertà di Caterina, esercitando pressioni sui suoi conoscenti - che erano proprietari della "sclava" - e, forse, versando denaro per il "riscatto". Egli si trovò, in seguito, a redigere l'importante atto notarile che sanciva la libertà della venticinquenne.
Il documento ritrovato è, infatti, atto di affrancamento dalla schiavitù, redatto da Piero da Vinci, padre di Leonardo e compagno transitorio della donna. La rinunzia a Caterina come a un "oggetto di proprietà", da parte della signora Ginevra, avvenne sei mesi dopo la nascita del grande artista. Il ritrovamento conferma quello che già indicavano le indagini sulle impronte digitali di Leonardo stesso, condotte nel passato. Le impronte presentavano delle anomalie, rispetto alla popolazione italiana, segnalando una possibile ascendenza levantina o ebraica della madre del pittore.
Rimasta lontana da Leonardo, Caterina si ricongiungerà al figlio nel 1493 a Milano. E in una casa di Porta Vercellina, nel territorio della parrocchia dei Santi Nabore e Felice, morirà il 26 giugno 1494, dopo una lunga malattia. Per le cure prima e poi per i funerali, Leonardo annotò spese (eccessive per una servente, non certo per una madre).

Fonte:
stilearte.it

mercoledì 15 marzo 2023

Baia, scoperta una stanza semicircolare

Parco Archeologico delle Terme di Baia, la stanza
monumentale scoperta (Foto: finestresullarte.info)

Nel Parco Archeologico delle Terme di Baia, sulla terrazza più alta della Villa dell'Ambulatio, è stata scoperta, grazie agli ultimi lavori nel Parco, un'inedita stanza monumentale semicircolare di oltre dieci metri di larghezza.
Tracce della lussuosa decorazione in marmo si intravedono nei pavimenti e sulle pareti, presente anche nei due vani quadrangolari che affiancano lo spazio absidato. Un corridoio di servizio corre dietro ai vani, funzionale alla servitù nelle occasioni di ricevimento: un contesto sicuramente prestigioso, al vertice delle numerose terrazze che formano il complesso.
L'area era stata probabilmente vista, almeno in parte, come risulta da alcune planimetrie di archivio e dalle foto di inizio Novecento. Tuttavia è scomparsa da tutte le pubblicazioni edite e sembra non essere stata del tutto indagata. La stanza ha una larghezza di oltre 10 metri ed è collegata al lago Fusaro.
E' molto il lavoro che ancora deve essere eseguito. Ci sono dei vani voltati che sono tuttora interrati che aspettano di essere portati alla luce.

Fonte:
finestresullarte.info


Germania, un canale artificiale "creato" dai Romani

Germania, il Landgraben, antico corso artificiale
(Foto: stilearte.it)

Il Landgrabe, corso d'acqua che scorre tra due città tedesche, sfocia nel Reno a nordovest di Astheim. Il suo nome risale al conte Gerog I (1547-1596) d'Assia-Darmstadt, a cui fino ad oggi è stata attribuita l'origine di questo corso d'acqua artificiale. Gli archeologi, tuttavia, sospettano che il corso d'acqua abbia avuto una genesi diversa. L'idrovia, probabilmente più ampia di quanto sia oggi, fu scavata, con tutta probabilità, dagli antichi romani, nel corso delle opere ciclopiche che i nostri antenati realizzarono in tutta Europa.
A seguito di indagini archeologiche nel Ried dell'Assia, le prime indicazioni mostrano che il canale potrebbe essere stato scavato molto prima di quanto precedentemente stimato. Si pensa che i militari romani abbiano creato il corso d'acqua artificiale durante la conquista e lo sviluppo del Ried, situato sulla riva destra del Reno, nel I secolo d.C. Il fossato, che confluiva nell'odierno torrente Schwarzbach, vicino a Trebur, serviva probabilmente per fornire materiali e merci al forte romano e al suo vicino insediamento civile a Gross-Gerau. 
Sia i documenti scritti che i relativi ritrovamenti, come il cosiddetto canale di Corbulo nei Paesi Bassi, costituiscono la prova del fatto che i romani avevano già le capacità tecniche per dirigere e manipolare i corpi idrici o addirittura per creare canali artificiali. Il fatto che il corso d'acqua artificiale esiste ancor oggi come specchio d'acqua, dimostrerebbe quanto impatto massiccio e duraturo abbia avuto l'intervento dei romani nel paesaggio.
Il forte romano Biebelslache, vicino a Wallerstadten, è stato di importanza decisiva per la datazione iniziale del Landgraben. Il forte confinava direttamente con il canale o ne era addirittura intersecato. Nel primo caso il canale sarebbe vecchio almeno quanto il campo militare. Nel secondo caso, l'accampamento, esistito dal 40 al 70 d.C. circa, sarebbe probabilmente servito da capolinea post quem per la costruzione del canale.

Fonte:
stilearte.it

lunedì 13 marzo 2023

Turchia, testimonianze...lignee della caduta dell'impero ittita

Turchia, gli scavi di Gordio, capitale dell'antica Frigia.
Il tumulo funerario di re Mida (Foto: Ali Balikcy)

Uno studio su alberi di 3200 anni in Turchia suggerisce che la misteriosa caduta di diverse civiltà nella tarda Età del Bronzo - dal 1200 al 1150 a.C. circa - coincise con tre anni di grave siccità nell'Anatolia centrale, cuore del potente impero ittita e all'epoca fra le aree più colpite.
In quello che è comunemente noto come il "collasso dell'Età del Bronzo", l'impero ittita e la civiltà dei Greci micenei, così come molte potenze minori e le reti commerciali che le collegavano, andarono in frantumi. In Egitto si verificarono anche periodi di anarchia, rivolte, guerre civili e lotte fra faraoni rivali, mentre Assiri e Babilonesi subirono carestie, epidemie ed invasioni straniere.
Da 200 anni gli studiosi cercano di spiegare il fenomeno come conseguenza di eruzioni vulcaniche o terremoti, pirateria, migrazioni o invasioni, crisi politiche o economiche, malattie, carestie o cambiamenti climatici, o come risultato della diffusione della lavorazione del ferro in una regione dominata dal bronzo.
Una ricerca pubblicata l'8 febbraio su Nature rivela che il cambiamento climatico potrebbe aver giocato un ruolo più importante di quanto non si pensasse in precedenza nella caduta delle civiltà avvenuta nella tarda Età del Bronzo.
Esaminando i tronchi di alberi sepolti da quasi 3000 anni, un team di ricerca americano ha rivelato che le zone centrali dell'impero ittita, nell'Anatolia centrale, soffrirono una grave siccità negli anni 1198, 1197 e 1196 a.C., proprio all'inizio del collasso della tarda Età del Bronzo.
Questi dati rafforzano le teorie secondo cui il passaggio a un clima più secco e freddo nel Mediterraneo orientale avrebbe stravolto la produzione alimentare, portando ad una carenza di cibo che avrebbe acuito i problemi culturali ed economici che già affliggevano la regione.
L'impero ittita governò su gran parte dell'Anatolia e dell'attuale Siria dal 1650 al 1200 a.C. circa. La guerra contro l'Egitto del 1274 a.C. per il controllo sulla terra di Canaan nella battaglia di Qadesh, che oggi si trova vicino alla città siriana di Homs, è la più nota. Ma gli ittiti non si avventurarono mai più così a sud e la nuova ricerca suggerisce una delle possibili ragioni: sembra che il loro impero sia rapidamente crollato dopo la prolungata siccità che colpì l'Anatolia centrale tra il 1198 ed il 1196 a.C., che deve aver interrotto l'essenziale approvvigionamento di grano dalle fattorie ittite.
Secondo Sturt Manning, autore principale dello studio e Professore di archeologia alla Cornell University, questo avrebbe portato ad una diffusa scarsità di cibo, che potrebbe essersi aggiunta a fattori quali guerre, rivolte sociali o epidemie, provocando la fine dell'impero.
Per capire cosa sia successo all'impero ittita, il team di Manning ha esaminato il regno di Frigia, sorto nella stessa area secoli dopo. Alcuni studi suggeriscono che i Frigi fossero invasori provenienti da quelli che oggi sono i Balcani, ma molti archeologi pensano che discendessero dagli ittiti.
Manning è un rinomato esperto nel campo della dendrocronologia, scienza che permette di determinare l'anno esatto in cui si sono formati gli anelli di accrescimento annuale degli alberi. Il suo team, infatti, ha esaminato i tronchi provenienti da un gigantesco tumulo funerario vicino alla capitale frigia di Gordio, a circa 80 chilometri a sudovest di Ankara. Il tumulo è associato al leggendario re Mida, famoso proprio per il suo "tocco" e, secondo Manning, al tomba reale sotto di esso potrebbe essere il primo edificio in legno conosciuto al mondo.
La tomba venne realizzata con oltre 100 tronchi di ginepro abbattuti nell'VIII secolo a.C. e conservati sotto il tumulo, ma dato che i ginepri possono vivere molto a lungo, a volte più di 1000 anni, i ricercatori hanno identificato 18 tronchi provenienti da alberi che erano vivi quando l'area era il cuore dell'impero ittita. Hanno poi misurato gli anelli di accrescimento annuale visibili nei tronchi ed esaminato i livelli dell'isotopo carbonio-13 nelle loro cellule (che indica il livello di umidità dell'aria al momento della loro formazione). La combinazione dei due tipi di prove ha permesso di creare una sorta di "diario della siccità" ad alta risoluzione dell'Anatolia centrale tra il 1500 e l'800 a.C. circa.
Prima di quest'ultima ricerca, altri studi avevano indicato che il clima della regione era diventato più secco e fresco nei 300 anni successivi al 1200 a.C., ma le nuove evidenze individuano eventi di grave siccità nel 1198, 1197 e 1196 a.C.
Manning sottolinea che l'impero probabilmente sarebbe riuscito a sopravvivere a una siccità più breve - come era già accaduto in passato - ma che quell'evento fu molto prolungato e gli ittiti ne furono sopraffatti.
L'archeologo e storico Lorenzo D'Alfonso, dell'Institute for the Study of Ancient World della New York University e dell'Università di Pavia, anch'egli coinvolto nella ricerca, afferma che alcuni campioni di ghiaccio provenienti dalla Groenlandia testimoniano una siccità globale ancora precedente, che colpì gli ittiti intorno al 1250 a.C. Secondo antiche testimonianze, dopo quell'evento gli ittiti implementarono nuove tecniche per conservare l'acqua ma, pare, non ridussero la produzione di cereali; al contrario, la aumentarono. Di conseguenza, l'impero ittita sarebbe stato colpito più duramente dalla seconda grave siccità circa 50 anni dopo.

Fonte:
nationalgeographic.it

Gran Bretagna, individuato un tempio romano-celtico

Gran Bretagna, piantina del luogo in cui si
trova il tempio romano-celtico
(Foto: Jason Wood)

La scoperta è stata effettuata durante una sessione di formazione idrogeofisica condotta accanto al forte militare romano ed al castello di Lancaster. Si tratta di un vasto recinto religioso che è stato identificato come un tempio romano-celtico.
Il forte romano di Lancaster è noto anche come Wery Wall, Galacum o Calunium, venne costruito per la prima volta in cima a Castle Hill, a Lancaster, per sorvegliare un attraversamento del fiume Lune intorno all'80 d.C.
All'inizio del II secolo d.C. il forte fu ricostruito in pietra con un muro di rivestimento spesso due metri costruito di fronte ad un bastione di argilla e torba. Un'iscrizione romana presso il forte registra la ricostruzione di uno stabilimento balneare (balneum) e di una basilica a metà del III secolo d.C. In questo periodo il forte fu presidiato dall'ala Seposiana e dal numerus Barcariorum Tigrisiensium. Le prove archeologiche suggeriscono che il forte rimase attivo fino alla fine dell'occupazione romana della Gran Bretagna all'inizio del V secolo d.C.
Tramite l'uso di radar di penetrazione del terreno, della mappatura della resistività e delle immagini 3D ad alta risoluzione, lo studio ha trovato le prove della presenza di un tempio romano-celtico che mostra un recinto murato con una porta che conduceva ad una via processionale. I dati cartografici mostrano anche un possibile mausoleo esterno al recinto e quella che potrebbe essere la base di un altare vicino al tempio.
Probabilmente il tempio era dedicato ad una divinità associata al mare o al fiume. Il sancta sanctorum era riservato ai sacerdoti mentre lo spazio ambulatoriale esterno era riservato ai membri dell'élite sociale. La maggior parte delle attività religiose si svolgevano fuori dal tempio, sacrifici compresi. Oltre al tempio dovevano esserci degli edifici associati, dedicati all'ospitalità ed alla cura dei malati. Il recinto templare era, probabilmente, separato dal forte, ma collegato ad esso da una strada o via processionale.

Fonte:
heritagedaily.com


Macerata, emerse tombe di una necropoli tardo romana

Macerata, gli scavi della villa romana
(Foto: picchionews.it)

Sono iniziati gli scavi esplorativi nell'area adiacente al Centro Fiere di Villa Potenza, in seguito al ritrovamento della necropoli di età tardo-romana di Recina. Le operazioni archeologiche sono ora in stato di attesa.
Lo spazio individuato tra l'area archeologica ed il centro fiere già ai primi rilievi superficiali aveva già dato indicazione di presenze a una profondità fra i 3 ed i 4 metri. Sono, dunque, iniziati i lavori di archeologia preventiva sotto la supervisione della Soprintendenza che ha commissionato lo scavo delle trincee iniziali che hanno già portato alla luce qualche reperto e, soprattutto, hanno evidenziato le differenze nel terreno che segnalano quasi certamente la presenza di tombe.
Recina è una colonia romana risalente al I secolo a.C. Appare dunque evidente che la necropoli ricada in una datazione presumibilmente tardo romana. Potrebbe trattarsi di un ritrovamento databile intorno alla fine dell'età imperiale (V secolo d.C.) o di qualche secolo successivo. 
Ora che le sepolture sono state individuate, gli scavi dovranno proseguire. I primi scavi hanno restituito del laterizio sotto forma di detriti, principalmente tegole che, in epoca romana, servivano per coprire le tombe. 
A giudicare dalle trincee finora scavate, risultano una quarantina di tombe o siti da scavare, ad una profondità che varia dai 40 ai 60 centimetri. La necropoli non era mai stata trovata prima in quella zona. Le rilevazioni fatte con il georadar indicherebbero la presenza di tombe su più strati, dunque a profondità maggiori di quelle che finora si sono viste.

Fonti:
picchionews.it
cronachemaceratesi.it

sabato 11 marzo 2023

Egitto, la sfinge con il volto dell'imperatore Claudio

Egitto, Dendera, sfinge con il volto di Claudio
(Foto: Ministry of Tourism and Antiquities)

Sono giorni di grande fervore per il sito archeologico di Dendera, nella provincia di Qena, nell'Alto Egitto: il Ministero del Turismo e delle Antichità egiziane ha annunciato la scoperta di una sfinge con il volto dell'imperatore Claudio (41-54 d.C.) durante gli scavi di una missione egiziana guidata dal Professor Mamdouh el-Damaty, ex ministro delle Antichità e professore di archeologia all'Università di Ain Shams del Cairo.
La sfinge, in pietra calcarea, è stata rinvenuta nell'area del tempio di epoca romana dedicato ad Horus, ad est del tempio di Hator e davanti alla Porta di Iside, in particolare in una cisterna in mattoni rossi risalente al periodo bizantino, il che fa supporre che sia stata spostata già in antichità dalla sua ubicazione originaria.
Il Professor el-Damaty ha attribuito la sfinge all'imperatore Claudio sulla base dei tratti del volto: gli elementi sono molto realistici, ha un sorriso appena accennato e due fossette sulle guance, ha il tipico copricapo nemes e l'ureo, che presentano tracce di colore rosso e giallo. Inoltre, sotto la sfinge, è stata rinvenuta una stele di epoca romana scritta in demotico e geroglifico.

Fonte:
mediterraneoantico.it

Fano, trovate tracce di edifici romani nel centro storico

Fano, uno dei pavimenti riportati recentemente alla luce
(Foto: Soprintendenza Archeologica Belle Arti e Paesaggio
di Ancona, Pesaro, Urbino, Ascoli Piceno, Fermo e Macerata)

Nuova importante scoperta archeologica nelle Marche. In occasione di alcuni lavori edili in centro a Fano, in via Vitruvio, sono emersi resti relativi ad un edificio pubblico di epoca romana, collocato in affaccio al Foro cittadino.
Si tratta, fa sapere la Sorpintendenza Archeologica Belle Arti e Paesaggio di Ancona, Pesaro, Urbino, Ascoli Piceno, Fermo e Macerata, di un complesso costituito da almeno cinque ambienti, i cui muri, conservati in alzato per circa due metri, hanno lo spessore di 5 piedi romani (1,50 metri) e sono rivestiti in malta di calce e lastre di marmo
Sono state parzialmente messe in luce anche le relative pavimentazioni, che sono in marmi di importazione, di colore verde e rosato, probabilmente cipollino verde e pavonazzetto.
Tutto il complesso, databile a circa 2000 anni fa, è stato interessato almeno da due ulteriori fasi di vita in epoca medioevale, di cui sono state ritrovate alcune tracce: strutture murarie, focolari, frammenti di ceramica invetriata. Fra i materiali recuperati vi è anche un frammento di iscrizione su marmo che riporta su due righe le lettere V ed I e conserva ancora tracce della "rubricatura", ovvero la colorazione in rosso dei solchi delle lettere incise.
La cronologia e la funzione del complesso sono al momento in corso di studio e di definizione da parte della Soprintendenza. Fano è oggi un Comune di circa 60.000 abitanti. Sorse come un centro piceno, ma si sviluppò con i Romani. Il toponimo è legato a Fanum Fortunae, nome che rimanda al Tempio della Fortuna, forse eretto a testimonianza della temporalmente lontana battaglia del Metauro. Nel 207 a.C. le legioni romane sbaragliarono qui l'esercito del generale cartaginese Asdrubale, uccidendone il condottiero che intendeva ricongiungersi al fratello Annibale. La conquista della cittadina avvenne nel 49 a.C. da parte di Gaio Giulio Cesare, che diede così inizio alla Guerra Civile contro Pompeo.
Augusto dotò l'insediamento di mura di cinta ancora parzialmente visibili, elevando l'insediamento allo stato di colonia romana con il nome di Colonia Julia Fanestris.

Fonte:
stilearte.it




Gran Bretagna, trovato un mitreo romano sotto un'antica domus

Leicester, scavi di un edificio romano
(Foto: Servizi Archeologici/Università di Leicester)

Non era una leggenda: sotto la cattedrale di Leicester, la cui costruzione fu avviata dai Normanni più di 900 anni fa, c'era davvero un luogo di culto italico, fondato durante l'occupazione della Britannia da parate dei Romani.
La prova si è avuta durante gli scavi archeologici in corso nei pressi della cattedrale stessa, dove è in fase di costruzione un centro visitatori. Qui sono stati scoperti i resti di un edificio romano, forse una domus, sotto le cui fondamenta, a sua volta, c'era una stanza ancora più profonda, forse un mitreo, nella quale è stata rinvenuta la pietra di un'ara di epoca romana.
Il culto di Mitra era particolarmente diffuso nell'esercito e nell'amministrazione romana. I riti si svolgevano in luoghi sotterranei, stanze interrate, con panche ai bordi e con un altare nella parte finale, sul quale si compivano i sacrifici di animali.
Gli scavi hanno portato alla luce quella che si ritiene essere una pietra d'altare, trovata all'interno di una "cantina" di un'edificio romano, forse i resti di un santuario privato o di una stanza di culto. In un primo momento si è pensato che quel luogo sotterraneo fosse un ripostiglio. Il pavimento è in malta, ma le pareti in pietra sono state dipinte. La qualità dei materiali costruttivi, gli elementi decorativi e la presenza dell'altare indicato che quello era un santuario privato. La sala risale al II secolo d.C. e vi si accedeva da un passaggio esterno con pareti in legno e pavimento in lastre di pietra. Questo spazio di culto venne devastato e deliberatamente riempito di detriti alla fine del III o all'inizio del IV secolo d.C. Probabilmente la chiusura avvenne contestualmente alla diffusione del Cristianesimo.

Fonte:
stilearte.it

Gran Bretagna, l'urna del gladiatore

Colchester, il vaso con le figure di gladiatori
ed orsi (Foto: Douglas Atfield/Musei Colchester)

Dopo la morte di un gladiatore o di un personaggio del mondo dei giochi gladiatori, il corpo veniva posto sul letto funebre e bruciato. Ceneri e frammenti ossei furono temporaneamente collocati in un punto riparato e poi inseriti in una sorta di coppa riservata ai campioni di questi giochi.
Alcuni frammenti incombusti dell'apparato scheletrico hanno permesso di stabilire, alla fine di sofisticate indagini di laboratorio, che l'individuo i cui resti furono collocati nella coppa, al momento della morte aveva circa 40 anni anni e che, nonostante fosse stato sepolto in terra britannica, aveva probabilmente origini europee. Un uomo del continente, insomma, un campione giunto da Roma e morto, forse, durante uno spettacolo nell'anfiteatro di Colchester, dove la coppa è stata rinvenuta.
Colchester fu il primo insediamento romano di rilievo in Britannia, dopo che la regione venne conquistata dall'imperatore Claudio. Questi, proprio a Colchester, ebbe un'accoglienza trionfale nel 43 d.C.
Il vaso/coppa è l'unica prova di un combattimento tra gladiatori in un'arena romana della Gran Bretagna. Il vaso ha una qualità talmente elevata che in un primo tempo non si pensava potesse provenire dalla Gran Bretagna. Le ultime analisi sul reperto, invece, hanno escluso questa ipotesi.
La cittadina romana disponeva di due teatri ed aveva sicuramente anche un'arena per i combattimenti, la cui dimensione era simile a quella di Verona o più piccola. Quest'arena ancora non è stata portata alla luce.
Il vaso rinvenuto venne realizzato intorno al 175 d.C. ed è decorato con tre scene principali: due uomini che combattono tra di loro; due uomini che ingaggiano una lotta con un orso; un cane che insegue due cervi ed una lepre. Il contenitore ceramico mostra le immagini di tre tipi di intrattenimento comunemente offerti negli anfiteatri romani.
Studi recentissimi hanno permesso di stabilire che il vaso non fu importato, ma realizzato con argilla locale che un'iscrizione contenente quattro nomi di gladiatori, vergata sulla parte superiore del contenitore, non fu "graffiata" dopo la cottura dell'opera, come si riteneva, ma venne realizzata sull'argilla fresca. L'iscrizione, pertanto, è strettamente collegata alle immagini.
Questo significa che il legame tra il contenitore ed i resti mortali in esso contenuti è strettissimo e che, molto probabilmente, il vaso non è stato adattato per un riuso. Forse fu realizzato per la morte di uno dei quattro gladiatori, il cui nome appare sulla ceramica, un dono da parte di colleghi o, forse era una sorta di trofeo, poi utilizzato per contenere le ceneri di uno dei quattro gladiatori.
I quattro nomi incisi sono quelli dei protagonisti dei combattimenti nell'arena: Secundus e Mario si battono contro un orso; Memnone e Valentino sono il secutor ed il reziario. Siamo di fronte a quella che poteva essere considerata una piccola squadra. Accanto al nome di Memnone c'è l'abbreviazione SAC e il numero romano VIIII, a indicare che Memnone, un secutor, aveva combattuto ben nove volte. Accanto a Valentino c'è la parola LEGIONI(S) e il numero XXX, ad indicare che Valentino aveva probabilmente militato nella 30a legione dell'esercito romano, voluta da Traiano nel 105 d.C. per la guerra contro i Daci.

Fonte:
stilearte.it

martedì 7 marzo 2023

Gran Bretagna, rinvenuta una rara figura in legno di età romana

Inghilterra, figura umana in legno in fase
di conservazione (Foto: HS2 Ltd)

Durante i lavori per il progetto HS2 è stata scoperta una rara figura scolpita nel legno risalente all'occupazione romana dell'Inghilterra. Nel luglio 2021 gli archeologi di Infra Archaeology, che stavano lavorando per la HS2 Fusion JV, hanno asportato la figura ben conservata da un fossato romano alluvionato in un campo a Twyford, nel Buckinghamshire.
Inizialmente i ricercatori pensavano si trattasse di un pezzo di legno degradato. Durante lo scavo, però, si rivelò essere una figura umana o antropomorfa. La figura, ricavata da un unico pezzo di legno, è alta 67 centimetri e larga 18.
Un primo tentativo di datazione fa risalire la figura lignea al primo periodo romano, dato lo stile dell'intaglio e l'abbigliamento a tunica. Nello stesso fossato sono stati scoperti anche frammenti di ceramica databili al 43-70 d.C. Sebbene gli archeologi non possano essere certi dello scopo per il quale è stata realizzata questa figura, si conoscono esempi di figure scolpite nel legno come offerte alle divinità. E' possibile, dunque, che quest'oggetto, piuttosto che essere gettato nel fossato vi fosse stato deliberatamente collocato.
Quello che più sorprende è l'incredibile stato di conservazione del manufatto. La mancanza di ossigeno nel riempimento argilloso del fossato impregnato d'acqua, ha contribuito ad evitare che il legno marcisse, conservandolo, in questo modo, per molti secoli.
Malgrado il buono stato di conservazione del reperto, le braccia al di sotto dei gomiti ed i piedi sono andati perduti. Rimane visibile una sorprendente quantità di dettagli quali l'intaglio della tunica, la definizione del copricapo e l'acconciatura della figura. La testa appare leggermente ruotata a sinistra, la tunica appare, sul davanti, arricciata in vita e le gambe e la forma dei muscoli del polpaccio sono ben definiti.
Attualmente la figura è conservata presso il laboratorio specializzato del team di conservazione dello York Archaeology, dove sarà sottoposta ad esame e conservazione. Un piccolo frammento della figura, trovato nel fosso, è stato inviato per la datazione al radiocarbonio per fornire una data precisa del legno ed è in corso un'analisi degli isotopi stabili, che potrebbe rivelare la provenienza originaria del legno.
La presenza di figure scolpite in legno nella preistoria britannica e nel periodo romano-britannico è estremamente rara. Nel 2019 un arto ligneo, ritenuto un ex voto romano, è stato ritrovato in fondo a un pozzo a Northampton. Esempi di figure scolpite romane complete sono stati recuperati a Digione e Chamalières in Francia. Una scultura in legno, il "Dagenham Idol", è stata recuperata dalla riva nord del Tamigi nel 1922 ed è stata datata al periodo neolitico e una figura scolpita della prima Età del Ferro è stata recuperata dalle rive del fiume Teign, nel 1866.

Fonte:
popular-archaeology.com


Gran Bretagna, un pettine ricavato da una calotta cranica...

Londra, il pettine per capelli ricavato da un teschio umano
(Foto: Museum of London Archaeology)

Un antico pettine ricavato da un frammento di calotta di un teschio umano ha costituito un notevole esercizio di ipotesi per i ricercatori di Londra.
L'oggetto è stato rinvenuto a Bar Hill, un villaggio nel Cambridgeshire, in Inghilterra, durante uno scavo terminato nel 2018, durante gli scavi archeologici effettuati nell'ambito dell'ampliamento dell'autostrada che collega Catthorpe al porto di Felixstowe, attraverso buona parte dell'East Anglia. Per ora la datazione del reperto non è ancora avvenuta sotto il profilo del radiocarbonio, ma ci si basa su una data stratigrafica orientativa, che rinvierebbe ad un periodo abbastanza ampio, quello dell'Età del Ferro (dal 750 a.C. al 43 d.C.). Il pettine ha una dozzina di denti scolpiti e faceva parte della collezione del Museum of London Archaeology.
Il pettine è uno dei 280.000 reperti del museo che sono sottoposti attualmente ad analisi. Non ci sono evidenze di usura sul reperto, per cui i ricercatori si sono impegnati a capire quale ne fosse il reale uso. C'è un foro nella parte superiore che suggerisce che potesse essere indossato come amuleto, piuttosto che come oggetto per sistemare i capelli.
L'oggetto offre un'idea di come le persone dell'Età del Ferro potevano utilizzare i resti umani, inclusi i rituali. Probabilmente il pettine era un oggetto altamente simbolico e di estrema importanza per la comunità locale. Non è la prima volta che nella regione viene scoperto un manufatto ricavato da resti umani. Scavi precedenti hanno rivelato strumenti realizzati con ossa di gambe e braccia umane ed utilizzati per pulire le pelli di animali.
Anche altri due pezzi di teschio molto simili a quello analizzato recentemente nel Cambridgeshire assomigliano a pettini. Uno, con i denti scolpiti, è stato portato alla luce negli anni '70 del secolo scorso e l'altro, con solo linee incise, è stato trovato nei primi anni 2000. I ricercatori pensano che se gli oggetti non erano destinati a pettinare i capelli, le incisioni potrebbero rappresentare le suture naturali che uniscono le sezioni del cranio umano.
Il pettine è stato trovano in un sito che ha già offerto la sua parte di reperti misteriosi, tra i quali più di 8.000 ossi di rana, in un fossato dell'insediamento dell'Età del Ferro. E' rettangolare, con bordi arrotondati e denti a taglio grossolano.
I pettini d'osso erano generalmente utilizzati sia nella tessitura che per la cura di barba e capelli. In quest'ultimo caso, rappresentavano oggetti personali dal carico simbolico per via del loro legame con il valore, ritenuto magico, delle chiome.
Le prove archeologiche provenienti da tutta Europa ci dicono che la testa umana era davvero importante, sotto il profilo rituale, per le persone dell'Età del Ferro. I teschi erano trattati in modo diverso rispetto ad altre ossa umane. In tutto il continente, inclusa la Gran Bretagna, i teschi venivano raccolti e persino esposti agli ingressi degli insediamenti. Questo potrebbe essere avvenuto durante i periodi di conflitto armato che portavano alla realizzazione di "trofei di caccia" con i teschi dei nemici.

Fonti:
livescience.com
storiearcheostorie.com
stilearte.it

Armenia, trovata una sepoltura bisoma intatta risalente all'Età del Bronzo

Armenia, gli scavi nel sito di Metsamor
(Foto: Marek Truszkowski)
Un team di archeologi polacchi ed armeni ha scoperto una tomba nel sito archeologico di Metsamor, contenente collane d'oro che risalgono all'Età del Bronzo.
Il sito di Metsamor si trova vicino al villaggio di Taronik, nella provincia armena di Armavir, dove la più antica traccia di insediamento umano risale al IV millennio a.C., durante l'Età del Rame.
Nell'Età del Bronzo e nella Prima Età del Ferro il sito divenne un importante centro religioso ed economico, vi venne costruita una città circondata da mura ciclopiche, con ricchi templi e santuari, con una cittadella fortificata e un'economia avanzata basata sulla produzione metallurgica.
Recenti scavi hanno portato alla luce un vano incorniciato da grandi pietre, contenente i resti di una sepoltura in cassa lignea e due scheletri di individui morti intorno ai 30-40 anni di età, durante la tarda Età del Bronzo, intorno al 1300-1200 a.C.
Gli archeologi hanno rinvenuto anche un centinaio di perle fatte in oro e corniola e che formavano tre collane, oltre a ciondoli sempre in oro, una dozzina di vasi di ceramica e una fiaschetta in maiolica proveniente dal confine siriano-mesopotamico.
La tomba è stata trovata in una necropoli dove sono state già esaminate altre 100 sepolture, alcune delle quali saccheggiate nell'antichità.
Metsamor è un sito archeologico considerato riserva archeologica. Gli scavi nell'area sono stati effettuati a partire dal 1965 ed hanno consentito il rinvenimento di altri esempi di collane d'oro e accessori per cinture con raffigurazioni di leonesse che cacciano. 
La sepoltura scoperta attualmente ospitava due persone, probabilmente una coppia, composta da un uomo e una donna. I due sono morti contemporaneamente, intorno a 3200 anni fa ed i loro corpi furono affidati, insieme, all'Aldilà, deposti su un letto di legno ed ornati da ricche corone preziose, tra le quali tre erano d'oro. I due sono vissuti nell'epoca del faraone Ramses II.
"La morte di queste persone per noi è un mistero. Non ne conosciamo la causa, ma tutto indica che sono morte contemporaneamente, perché non ci sono tracce della riapertura della tomba. Quindi la tomba è stata chiusa su entrambi, nello stesso istante", ha affermato il responsabile della ricerca, Professor Krzysztof Jakubiak, della Facoltà di Archeologia dell'Università di Varsavia, lo studioso che coordina il progetto congiunto del Centro di Archeologia mediterranea dell'Università di Varsavia e del Dipartimento di antichità e protezione del patrimonio nazionale dell'Armenia.
E' evidente che la giovane coppia apparteneva all'élite della città di Metsamor. I resti non mostrano, apparentemente, segni di violenza sull'apparato osseo. Ma è anche chiaro che lesioni ai tessuti molli non sono più rilevabili. Difficile, quindi, ipotizzare la causa di morte a livello di sepolture bisome, che potrebbe essere legata a un avvelenamento del cibo o dell'aria a causa del monossido di carbonio. Più difficile ancora ipotizzare che le sepolture bisome siano originate da una contemporanea malattia mortale della coppia.

Fonti:
heritagedaily.com
stilearte.it
lamoneta.it


Pompei, si ricomincia a scavare nella Regio IX

Pompei, l'area di scavo interessata dagli ultimi
ritrovamenti (Foto: pompeiisites.org)

Gli archeologi che operano nel Parco Archeologico di Pompei, hanno ripreso gli scavi nella parte romana della città, all'interno di un grande progetto di ricerca.
Pompei venne sepolta sotto 4-6 metri di cenere vulcanica e pomice durante l'eruzione del Vesuvio del 79 d.C., che emise una nuvola mortale di tefra e gas surriscaldati fino ad un'altezza di 33 km, rilasciando un'energia termica pari a 100.000 volte quella delle bombe sganciate su Hiroshima e Nagasaki.
In questo nuovo progetto di scavo sono impegnati archeologi, archeobotanici, vulcanologi, numismatici, topografi antichi, architetti, ingegneri e geologi ed interessa un'area di 3.200 metri quadrati.
Gabriel Zuchtriegel, Direttore del progetto, ha dichiarato: "Scavare a Pompei è una grande responsabilità ed è un'operazione non ripetibile. Occorre, quindi, documentare e analizzare ogni ritrovamento e tutte le relazioni stratigrafiche e pensare subito a come mettere in sicurezza e ripristinare quanto trovato".
L'area di scavo è incentrata sull'insula X della Regio IX, che occupa la parte centrale di Pompei, delimitata a nord dalla Via di Nola, ad ovest dalla Via Stabiana e a sud dalla Via dell'Abbondanza. Il team multidisciplinare ha già portato alla luce le creste in muratura dei piani superiori di antichi edifici. Si tratta, in particolare, di una casa studiata per la prima volta nel 1912, successivamente trasformata in fullonica e contenente un forno nella cella superiore.
Una serie di fori individuati nei livelli stratigrafici superiori testimoniano l'uso agricolo del terreno o, forse, sono legati alle attività di estrazione del lapillo in epoca moderna. Fino a qualche tempo fa l'area era adibita alla coltivazione di diverse colture agricole, con fabbricati rurali, aree boschive e serre contadine ancora esistenti fino al 2015.

Fonte:
heritagedaily.com
 


Israele, segni di trapanazione del cranio in una sepoltura di Tell Megiddo

Megiddo, i resti di due fratelli sepolti sotto le assi del
pavimento della loro casa, uno con un foro nel cranio
(Foto: Kalisher et al., 2023, PLOS One)

Durante gli scavi di una tomba di 3500 anni fa a Tell Megiddo, in Israele, gli scienziati hanno scoperto un teschio con una sorprendente caratteristica: un foro quadrato che è la chiara prova di un'antica operazione al cervello.
Non è possibile sapere se il paziente fosse stato in qualche modo narcotizzato o quanto tempo sia sopravvissuto all'intervento.
Nella sepoltura giacevano i resti di due fratelli vissuti nell'Età del Bronzo (1550-1450 a.C.) e sepolti insieme in un quartiere d'élite di Tell Megiddo. Gli scheletri di entrambi i fratelli mostrano segni di problemi di sviluppo e tracce di malattie croniche. Uno di loro mostra il foro relativo ad un'operazione al cervello.
Quest'ultima procedura prevedeva di praticare un foro nella scatola cranica del paziente. Questo tipo di intervento chirurgico è stato accertato tra i popoli antichi di tutto il mondo, ma è relativamente raro trovare prove di trapanazione cranica nel Medio Oriente.
La teoria degli archeologi è che lo status sociale dei fratelli potrebbe aver permesso loro di accedere a cure e risorse che avrebbero permesso di sopravvivere alla loro malattia più a lungo dei meno fortunati. Dopo la morte di un fratello l'altro potrebbe aver chiesto un intervento chirurgico al cranio nel disperato tentativo di alleviare i forti dolori di cui doveva soffrire.
I due scheletri sono stati identificati come quelli di due fratelli grazie all'analisi del DNA. Vennero sepolti sotto il pavimento della loro abitazione, nella ricca città dell'Età del Bronzo, situata a cavallo delle rotte commerciali tra Egitto, Siria-Mesopotamia e Anatolia. Il centro urbano di Tell Megiddo è fortificato e ricco di templi e architetture monumentali.
La particolare sepoltura dei due fratelli era una residenza di lusso nella quale sono stati rinvenuti ottimi esempi di ceramica, ossa lavorate e metalli preziosi ad indicare una famiglia benestante. Il sito si trovava in una posizione privilegiata, vicino all'ingresso principale della città. Ai due fratelli, inoltre, venne concessa una sepoltura degna dei ranghi superiori della società, accompagnati da ceramiche pregiate ed offerte di cibo.
L'analisi della deposizione e dei corpi ha rivelato che uno dei due fratelli morì nella tarda adolescenza o verso i vent'anni e venne sepolto da uno a tre anni prima dell'altro. Quando il secondo fratello morì a seguito del tentativo di operazione al cranio, il fratello che era morto precedentemente venne riesumato, in modo che potesse essere sepolto insieme con lui. Una pratica comune durante l'Età del Bronzo.
Gli scheletri dei due fratelli mostrano che soffrivano di diversi disturbi: anomalie congenite o dello sviluppo, denti aggiuntivi che non sono spuntati. Il fratello al quale venne trapanato il cranio aveva le ossa di quest'ultimo che non si erano ben chiuse. Le ossa di entrambi, poi, mostrano anche lesioni infettive dovute ad una malattia ancora non individuata, probabilmente la lebbra.
Segni di tagli sul cranio indicano dove è stato tagliato il cuoio capelluto, primo passo della procedura di trapanazione. Poi l'antico chirurgo ha rimosso un pezzo quadrato dell'osso frontale, in apparenza praticando una serie di tagli paralleli simili a scanalature e successivamente staccando pezzi di cranio trovati tra i resti dei due fratelli.
I ricercatori ritengono che il paziente fosse vivo quando venne eseguita l'operazione. Il colore e la smussatura dei bordi del foro mostrano che il taglio è stato praticato sull'osso vivo e che si è prestata attenzione a non perforare il tessuto che ricopre il cervello. Poiché, però, non esistono segni di crescita ossea postoperatoria, sembra probabile che il paziente sia morto durante l'intervento o poco dopo.
La trapanazione era praticata in tutto il mondo antico, sia per ragioni mediche - come alleviare il dolore da trauma cranico - sia per ragioni in apparenza rituali, come liberare gli spiriti maligni che si riteneva albergassero nella testa. Prove di tali interventi chirurgici risalenti a migliaia di anni fa sono state trovate in tutta l'Africa, addirittura alcuni ricercatori ritengono di averne scoperto un esempio già 7000 anni fa in Sudan. Una donna mummificata rinvenuta in una sepoltura nella regione dello Xinjiang, in Cina, mostra che la trapanazione era già pratica, in quella regione, nel 1600 a.C. I Greci e i Romani adottarono, in seguito, questa pratica, che continuò ad essere adottata anche in epoca medioevale.
Ma l'antica chirurgia cerebrale sembra essere stata più comune nelle Americhe, tra le Ande in Perù e Bolivia. L'antropologo della Tulane University, John Verano, ha documentato più di 800 casi nella regione, tanti quanti tutti quelli documentati nel resto del mondo antico messi insieme. Tra il 1400 ed il 1500 d.C. i tassi di sopravvivenza tra gli Incas raggiunsero l'incredibile percentuale del 75-80%.
"La spiegazione più verosimile del perché la trapanazione fosse così comunemente pratica in Perù è quella che venisse utilizzata per trattare le fratture del cranio ed altre complicazioni conseguenti a colpi alla testa", ha affermato il Dottor Verano. La pratica può alleviare la pressione sul cervello dei fluidi che provocano anche gonfiore.

Fonte:
smithsonianmag.com

Bibione, la villa romana di Mutteron dei Frati

Bibione, gli scavi della villa romana
(Foto: friulioggi.it)

Sulla spiaggia di Bibione è emersa un'antica villa romana. Una città giovane, che non ha nemmeno 70 anni di storia, custodisce al suo interno una villa romana che testimonia un passato ben più antico di quanto si pensi. Si tratta della Villa di Mutteron dei Frati, che rappresenta un unicum sia per il suo straordinario stato di conservazione, con strutture preservatesi in elevato anche fino a due metri di altezza, sia per le possibilità che offre alla ricerca.
Nelle prossime settimane gli archeologi inizieranno le indagini che dureranno fino alla fine del mese. Nelle intenzioni del team è organizzare anche un'apertura straordinaria al pubblico. L'esistenza del sito è nota fin dalla metà del '700. La sua rilevanza è stata segnalata a più riprese. Nel corso degli anni '90 del secolo scorso la Soprintendenza Archeologica del Veneto ha intrapreso una nuova campagna di scavi che ha messo in luce e reso parzialmente visibili alcuni ambienti decorati della villa.
L'interesse per il sito non è mai venuto meno, ma, come spesso accade, la mancanza di risorse non ha consentito la prosecuzione delle attività. Qualche anno fa, però, rispolverando la questione in un momento favorevole per la straordinaria coincidenza di interessi, opportunità e sensibilità, si è avviato un dialogo che ha portato oggi all'avvio di una nuova stagione di ricerche.
Nell'area ci si aspetta di mettere in luce ambienti finora sconosciuti che consentano di integrare la pianta ad oggi nota della villa, ma anche di recuperare dati che permettano di esprimersi con più precisione sull'epoca in cui è stata costruita e abitata, sulle dimensioni che doveva avere, sulla ricchezza dell'apparato decorativo, sui possibili proprietari, sulle attività economiche e produttive che dovevano svolgersi al suo interno, anche in rapporto alle risorse presenti nell'ambiente circostante e alla rete di contatti, via terra e via acqua, che dovevano interessarla.

Fonte:
friulioggi.it

lunedì 6 marzo 2023

Il filo spinato di Giulio Cesare...

Germania, il "filo spinato" di Giulio Cesare
(Foto: mediterraneo antico.com)
A Bad Ems, a qualche decina di chilometri a nord di Francoforte sul Meno, un team di archeologi della Goethe University di Francoforte, guidati dal Professor Frederic Auth, ha portato alla luce i resti delle fortificazioni utilizzate da Giulio Cesare contro i Galli durante l'assedio di Alesia nel 52 a.C. Si tratta, in modo particolare, di un antico filo spinato in legno, che faceva parte di un ben più complesso sistema di difesa e fortificazioni che comprendeva una serie di fossati e pali.
Il sito di Bad Ems si trova sull'antico confine settentrionale dell'Impero Romano, oltre il quale vivevano le tribù dei Galli, di cui Cesare dà un'ampia descrizione nel suo De Bello Gallico. Sin dal XIX secolo gli archeologi hanno indagato questa zona con l'intenzione di portare alla luce l'accampamento romano, ma è stato solo grazie ad un rinvenimento fortuito nel 2016 che si conosce l'esatta ubicazione e l'estensione di tale accampamento: si estendeva su un'area di 8 ettari, era circondato da un fossato e da una serie di circa 40 torri di avvistamento in legno.
Il ritrovamento di chiodi di legno e di una moneta del 43 d.C. hanno fatto supporre che questo sistema difensivo sia stato costruito sulla base di quello descritto da Cesare e utilizzato nella campagna contro i Galli, precedendo di più di 50 anni il sistema di fortificazioni noto come limes che, a partire dal 110 d.C., ha tracciato il confine settentrionale.
In modo particolare, il comandante della guarnigione voleva impiegati, nella difesa del confine, il minor numero di soldati possibile, per questo motivo vennero realizzate delle trincee nel terreno, in cui venivano fissati tronchi di alberi molto spessi e affilati; il tutto veniva poi ricoperto da rami affilati.
Queste di Bad Ems rappresentano, quindi, il primo esempio finora noto delle fortificazioni descritte da Cesare: "Per questo tagliavano tronchi d'albero o rami, piallavano e affilavano le estremità, realizzavano fosse profonde, la cui profondità era di cinque piedi. Le punte dei rami erano poste in file di cinque, così unite e intrecciate che chiunque fosse entrato, rimaneva infilzato da quegli speroni acutissimi". (De Bello Gallico, VII 72-74)

Fonte:
mediterraneoantico.it


Iraq, taverna a cielo aperto e antenati del frigorifero...

Iraq, le rovine dell'antica Lagash
(Foto: viaggi.nanopress.it)
Una scoperta già definita sensazione dal team di ricerca che vi si è imbattuto. A portarla a segno un team di archeologi e scienziati che vede collaborare l'Università di Pisa con i colleghi dell'Università della Pennsylvania. In un luogo antichissimo che ha riportato alla luce qualcosa in grado di donare nuove informazioni su un'antica civiltà.
Si chiama Lagash Archaelogical Project il progetto di ricerca che, nel corso di alcuni scavi, si è imbattuto in qualcosa di unico. Gli archeologi sono guidati da Holly Pittman, dell'Università di Pennsylvania, e da Sara Pizzimenti, del Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere di Pisa. Il luogo in cui sono stati effettuati questi importantissimi scavi e le conseguenti scoperte si trova a Tell al-Hiba, in Iraq, un tempo conosciuta come Lagash, la città-stato più importante di tutta la Mesopotamia.
Lagash venne identificata negli anni '50 del secolo scorso, moltissimo tempo dopo la scoperta delle sue rovine, grazie al ritrovamento di un'iscrizione ad opera degli assiriologi Thorkild Jacobnsen e Fuad Safar. Il sito di Tell al-Hiba si estende per 400 ettari e si trova a circa 24 chilometri da Shatra, nel sud dell'Iraq. Le ricerche in questa zona sono sempre state mirate alla ricostruzione della gerarchia sociale e dei culti religiosi del tempo.
Iraq, lo zeer trovato a Lagash
(Foto: viaggi.nanopress.it)
Nel 2019, con l'avvio del Lagash Archaeological Project, gli studi si sono focalizzati sulla vita quotidiana nell'antica Mesopotamia e la recente scoperta è una svolta in tal senso. Durante le operazioni di scavo, a soli 50 centimetri da terra, gli archeologi hanno scoperto un'antica taverna del 2700 a.C. Sono state identificate panchine, un forno, contenitori per le stoviglie, resti di cibo. Una zona dove, nell'antichità, si usava mangiare all'aperto.
Tra i reperti rinvenuti insieme all'antica taverna, anche un oggetto curioso, uno "zeer". Il termine, di origine araba, significa "vaso nel vaso", ed indica due vasi di terracotta inseriti uno dentro l'altro e dotati di intercapedine tra i due, riempita di sabbia o di argilla adeguatamente bagnata.
Lo "zeer" veniva utilizzato per la conservazione degli alimenti, poiché la sabbia fungeva da isolante, permettendo l'evaporazione e proteggendo il contenuto dalla temperatura esterna. Si tratta, in sostanza, dell'avo del nostro frigorifero. Questa tecnica è tuttora utilizzata in Africa ed è possibile reperire online tecniche per crearne uno in casa. 
"Il ritrovamento fatto a Lagash è in grado di gettare nuova luce sullo studio dell'alimentazione e della cucina dell'antica Mesopotamia, finora principalmente conosciuta e approfondita attraverso i testi, che tuttavia non coprono i periodi più antichi del Sumer - spiega Sara Pizzimenti, Professoressa associata di Archeologia e Storia dell'Arte del Vicino Oriente Antico all'Università di Pisa. - All'interno di quello che era un luogo pubblico per la produzione, distribuzione e consumo dei pasti, che doveva probabilmente avvenire all'interno del grande cortile con banchette, sono state ritrovate, infatti, un centinaio di ciotole contenenti resti di cibo, assieme ai dispositivi per la conservazione di bevande ed alimenti. La taverna di Lagash è, di conseguenza, un tassello importante per ricostruire le conoscenze nel campo della produzione e distribuzione alimentare, economia alla base delle prime società complesse della storia dell'uomo".

Fonti:
viaggi.nanopress.it
rainews.it








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