domenica 19 settembre 2021

Mastaura, il "Colosseo" turco

Turchia, i resti dell'anfiteatro romano
(Foto: Il Messaggero)

Gli archeologi turchi lo hanno battezzato "il Colosseo dell'Anatolia", perché, affermano, "è una struttura unica, siile solo al Colosseo di Roma", se pure in scala ridotta. Sulle tribune monumentali di questo anfiteatro potevano sedere fino a 20.000 spettatori.
Il "Colosseo dell'Anatolia" è stato riportato alla luce da un team di archeologi che ne hanno scavato la colossale arena di epoca romana, databile al III secolo d.C., affiorante sulle colline dell'antica città di Mastaura, nella provincia occidentale di Aydin. Il complesso era coperto di terra e vegetazione infestante.
Gli archeologi sono guidati da Mehmet Umut Tuncer, direttore provinciale della cultura e del turismo di Aydin, e da Sedat Akkurnaz, archeologo della Adnan Menderes University in Turchia. Ma perché la scoperta dell'anfiteatro di Mastaura è così importante? "Non esiste un precedente esempio di un simile anfiteatro in Anatolia e nei suoi immediati dintorni - spiega a "Il Messaggero" Sedat Akkurnaz - E' l'unico esemio che è sopravvissuto in modo molto solido. Non esiste un anfiteatro così originale in Anatolia, Medio Oriente, Egitto e Grecia. Si tratta di un edificio provato costruito esclusivamente per la funzione di anfiteatro. Non è stato trasformato da nessun edificio teatrale. Vicino a Mastaura ci sono molte grandi città dell'Anatolia occidentale come Afrodisia, Mileto, Priene, Magnesia ed Efeso. Persone delle città vicine stavano arrivando nella città di Mastaura per assistere ai grandi eventi in questo edificio appositamente progettato per spettacoli sanguinosi".
La maggior parte dell'anfiteatro è sotterraneo e la parte visibile è in gran parte coperta da alberi selvatici. Sembra che questo anfiteatro fosse stato appositamente progettato per spettacoli sanguinosi. Il Colosseo di Roma, inaugurato nell'80 d.C., era complessivamente più grande, le murature esterne delle facciate sono ancora alte 50 metri sul lato di via dei Fori Imperiali, rispetto alle mura dell'arena di Mastaura, alte la metà. L'arena centrale del Colosseo era di circa 87 metri per 55, mentre quella di Mastaura misura complessivamente 40 metri per 30. 
Come riferiscono gli archeologi, l'arena ha svelato anche aree specializzate, come gli ambienti dove si preparavano i gladiatori per entrare in scena, e sale di intrattenimento privato per alcuni spettatori. Parte della struttura sotterranea dell'arena è ben conservata, le murature sono solide come se fossero state appena edificate.
Quello che è ancora possibile vedere sono alcune delle file di sedili, l'arena dove combattevano i gladiatori e le mura di sostegno all'esterno dell'edificio. L'obiettivo è di continuare le indagini. "Ci sono crepe nei muri dell'edificio - avverte Akkurnaz - alcune pietre in muratura stanno cadendo. Proteggeremo l'edificio dal degrado e dal deterioramento. Abbiamo iniziato a fare scansioni laser dell'edificio. Scansioniamo con il laser sotto forma di una nuvola di puntini in 3D".
Tutto è cominciato nell'estate del 2020, quando il Ministero della Cultura e del Turismo turco ha autorizzato le ricerche archeologiche nella città antica. Gli indizi chiave sono state le tracce di murature in pietra che emergevano dal terreno. Da lì, il team ha cominciato a ripulire il sito, intercettando una imponente struttura muraria. Da ottobre a novembre 2020 è riaffiorata l'arena che risale al 200 d.C. circa, il che significa che venne costruita durante la dinastia dei Severi, quando la città di Mastaura era diventata un centro ricco ed economicamente sviluppato.

Fonte:
ilmessaggero.it



Turchia, rinvenuto un eccezionale sistema fognario romano

Turchia, il sistema fognario romano scoperto
(Foto: aa.com.tr)

Uno scavo archeologico ha riportato alla luce un sistema fognario di duemila anni nel sudovest della Turchia.
Il sistema fognario di epoca romana. alto 160 centimetri e largo 70, è tornato alla luce nell'antica città di Tripolis, nel distretto di Buldan. 
Le dimensioni di questo antico sistema fognario sono tali per cui una persona può entrarvi e percorrerlo con facilità e denota le notevoli capacità architettoniche ed ingegneristiche dei romani.




Fonte:
aa.com.tr

Turchia, trovati frammenti di una statua di Adriano

Turchia, testa di una statua di Adriano
(Foto: hurriyetdailynews.com)

Gli scavi archeologici nell'antica città di Alabanda, nella provincia occidentale turca di Aydin, hanno portato alla luce i frammenti di una statua dell'imperatore romano Publio Aelio Traiano Adriano. Si pensa che la statua risalga a quasi duemila anni fa.
Gli scavi ad Alabanda sono iniziati nel 2015. Si dice che fosse una delle più grandi città dell'antica Anatolia. A dirigere gli scavi è il Professor Alì Yalçin, dell'Università Tavukçu Erzurum Ataturk. I frammenti della statua dell'imperatore Adriano, che si pensa siano stati portati ad Aydin nel 120 d.C., sono stati rinvenuti in diversi punti durante gli scavi di quello che un tempo era un edificio amministrativo. Proseguono i lavori per individuare altre parti del reperto marmoreo che doveva essere alto 2,5 metri. Al termine dei lavori, tutti i pezzi componenti la statua saranno portati al Museo Archeologico di Aydin.
"L'area dove sono stati trovati i frammenti della statua ospitava, un tempo, l'antico palazzo del parlamento. - Ha detto Umut Tuncer, direttore provinciale per la cultura ed il turismo di Aydin. - Ci interessa esporre i manufatti sul luogo del loro ritrovamento. Quando la statua sarà completata, nelle prossime stagioni di scavo, probabilmente arriveranno qui molti visitatori per vederla, dal momento che si tratta di un reperto rarissimo".

Fonte:
hurriyetdailynews.com


sabato 11 settembre 2021

Russia, il tesoro dimenticato...

Parte del tesoro medioevale trovato nel sudovest della Russia
(Foto: Maxim Pankin, RAS)

Gli archeologi hanno portato alla luce, nel sudovest della Russia, un tesoro medioevale in argento. Il tesoro si trovava in un luogo dove solitamente i Mongoli, nel XIII secolo, solevano nascondere il frutto dei loro furti. Stranamente, però, il tesoro risulta essere stato nascosto ben 100 anni prima che i Mongoli attraversassero la regione.
Il tesoro è stato rinvenuto vicino al sito di Old Ryazan, la capitale fortificata di un principato della Rus, assediata e saccheggiata dai mongoli nel 1237.
L'attacco mongolo fu particolarmente sanguinario. Resoconti storici riportano che gli invasori non hanno lasciato nessuno in vita nell'antica Ryazan. Gli archeologi hanno scoperto quasi cento teste mozzate e diverse fosse comuni risalente a quel periodo.
Il tesoro nascosto è stato trovato sulla sponda boscosa di un burrone, a diverse centinaia di metri da due piccoli insediamenti medioevali. Gli archeologi hanno anche trovato resti di un contenitore cilindrico, probabilmente realizzato con corteccia di betulla, che un tempo aveva custodito il tesoro. Quest'ultimo comprende 14 braccialetti decorati, sette anelli e otto "grivna da collo", un tipo di ciondolo indossato attorno al collo che ha dato il suo nome all'attuale valuta ucraina.
I gioielli sono finemente realizzati e gli archeologi pensano che si tratti di un tesoro molto prezioso. Ryazan era uno dei numerosi principati medioevali del popolo Rus nell'XI secolo. Si trovava nel luogo dove oggi sorge Ryazan, a circa 220 chilometri a sudest di Mosca. Ryazan fu il primo principato a cadere sotto il dominio dei Mongoli guidati da un nipote di Gengis Khan chiamato Batu Khan.

Fonte:
livescience.com

Cina, 9000 anni fa si beveva birra di riso...

Cina, vasi in ceramica dipinta per bevande e cibo
(Foto: Jiajing Wang)

Un recente studio ha mostrato le prove del consumo di birra risalenti a 9000 anni fa, nel sud della Cina. Probabilmente la birra era parte di un rituale per onorare i morti.
I risultati sono basati sull'analisi di antichi vasi trovati in un luogo di sepoltura a Qiaotou. Gli antichi vasi sono stati scoperti sulla piattaforma di un tumulo che si eleva per 3 metri dal suolo, circondato da un fossato artificiale di 10-15 metri di larghezza e 1,5-2 metri di profondità. Nel sito sono state rinvenute anche strutture residenziali.
Il tumulo ospitava due scheletri umani e diversi pozzi con vasi in ceramica di alta qualità, molti dei quali intatti. La ceramica era dipinta ed alcuni vasi erano decorati con disegni astratti. Si tratta dei più antichi vasi dipinti conosciuti al mondo. Nessuna ceramica di questo tipo è stata trovata in altri siti coevi. Alcuni vasi erano relativamente piccoli e di dimensioni simili ai bicchieri moderni. Ciascuno dei vasi poteva essere tenuto in una mano al pari di una tazza.
Per confermare che i vasi fossero stati utilizzati per bere alcolici, i ricercatori hanno analizzato i residui di microfossili al loro interno: amido, fitoliti (residui vegetali fossilizzati) e funghi, estratti dalle superfici interne dei vasi. I residui sono stati confrontati con campioni di controllo ottenuti dal terreno circostante i vasi. I ricercatori hanno identificati residui microbotanici (granuli di amido e fitoliti) e microbici (muffe e lieviti) nei vasi. Questi elementi sono coerenti con i residui della fermentazione della birra e non si trovano naturalmente nel terreno o in altri manufatti a meno che non contengano alcol.
"Attraverso un'analisi dei residui di vasi di Qiaotou, abbiamo capito che i vasi di ceramica erano usati per contenere la birra, nel suo senso più generale: una bevanda fermentata a base di riso (Oryza), un chicco chiamato "lacrime di Giobbe" e tuberi non identificati", ha dichiarato Jiajing Wang, assistente professore di antropologia a Dartmouth. "Si tratta, probabilmente, di una bevanda leggermente fermentata e dolche, probabilmente di colore torbido".
L'analisi dei residui all'interno dei vasi/coppe ha mostrato anche tracce di muffa, che è stata utilizzata nel processo di produzione della birra. La muffa trovata nei vasi di Qiaotou era molto simile alla muffa presente nel koji, usato per fare il sakè e altre bevande di riso fermentato in uso in Asia orientale.
La birra è tecnicamente qualsiasi bevanda fermentata ottenuta da colture attraverso un processo di trasformazione in due fasi. Nella prima fase, gli enzimi trasformano l'amido in zucchero (saccarificazione). Nella seconda fase, i lievi convertono lo zucchero in alcol e altri stati come l'anidride carbonica (fermentazione). Come spiegano i ricercatori nello studio, la muffa agisce come agente per entrambi i processi, avviando la sacchirificazione/fermentazione.
Dal momento che le ceramiche di Qiaotou sono state trovate vicino a delle sepolture in un'area non residenziale, i ricercatori hanno concluso che i vasi/coppe di birra erano probabilmente usati nelle cerimonie rituali relative alla sepoltura dei defunti. Il bere ritualizzato era, forse, parte integrante nella creazione di relazioni sociali e di cooperazione, che sono state le precorritrici delle complesse società di coltivazione del riso emerse 4000 anni fa.

Fonte:
eurekalert.org

Gli ingegnosi ominidi di Castel di Guido

Gli strumenti in osso scavati a Castel di Guido
(Foto: Paola Villa, Plos One)

L'archeologa Paola Villa, dell'Università del Colorado Boulder ed i suoi colleghi hanno esaminato gli strumenti trovati a Castel di Guido, dove è stato rinvenuto un vero e proprio cimitero di elefanti.
I ricercatori hanno scoperto che gli umani che vivevano in questo sito 400000 anni fa si sono appropriati delle carcasse dei grandi erbivori per ricavarne una serie varia di strumenti ossei, alcuni dei quali realizzati con metodi sofisticati.
Lo studio si è concentrato a Castel di Guido, non lontano da Roma, che un tempo si trovava su un burrone scavato da un corso d'acqua e dove pascolavano degli elefanti dalle zanne diritte chiamati, con nome scientifico, Paleoloxodon antiquus.
Gli ominidi di Castel di Guido fecero un buon uso dei resti degli elefanti, producendo attrezzi utilizzando, a detta dei ricercatori, un approccio sistematico e standardizzato, come se lavorassero ad una specie di catena di montaggio primitiva.
Proprio 400000 anni fa i Neanderthal avevano cominciato ad apparire in Europa. La Dottoressa Villa sospetta che quelli che vivevano a Castel di Guido fossero proprio neanderthaliani. Sul sito i ricercatori hanno identificato 98 strumenti ossei. I risultati rappresentano il numero più alto di strumenti ossei in scaglie realizzati da ominidi premoderni che siano stati descritti finora. Alcuni strumenti erano appuntiti e potrebbero essere stati utilizzati per tagliare la carne. Altri erano una sorta di cunei che avrebbero potuto essere utili per dividere i pesanti femori degli elefanti ed altre ossa lunghe.
Uno degli strumenti si distingue dagli altri: gli studiosi hanno scoperto un solo manufatto ricavato da un osso di bovino selvatico, lungo e liscio ed un'estremità. Assomiglia a quello che gli archeologi definiscono "lissoir", un tipo di strumento che gli ominidi utilizzavano per trattare la pelle. Gli strumenti lissoir sono diventati comuni, però, circa 300000 anni fa.

Fonte:
colorado.edu

sabato 4 settembre 2021

Transilvania, una necropoli misteriosa

Transilvania, alcuni resti scoperti in un cimitero
(Foto: Gherla Info)

Gli scheletri trovati in un cimitero della Transilvania e risalenti a 6000 anni fa, sono stati sepolti nel modo usuale. Il defunto era inumato, con urne poste al di sopra del cranio o ai suoi piedi come offerta per l'aldilà.
Recentemente gli archeologi hanno trovato sepolture uniche nella capitale storica della Transilvania, Cluj-Napoca. Gli archeologi non sanno esattamente quale sia il contenuto delle urne che accompagnavano i defunti, ma pensano si trattasse di cibo o bevande, che dovevano essere consumati dai defunti nel corso del loro viaggio nell'aldilà.
Il sito in cui sono stati rinvenuti i resti copre un'area di circa 930 metri quadrati e contiene molte tombe. E' emerso da due distinti insediamenti: uno del Neolitico, risalente a 6000 anni fa, ed uno successivo di origine celtica, costruito sul primo e risalente a circa 2200 anni fa. Adesso la parola passa alle analisi di laboratorio che dovranno rivelare il sesso dei defunti, la loro età e se soffrissero di qualche malattia particolare.
L'insediamento neolitico era piuttosto sofisticato. I ricercatori hanno scoperto tracce di pareti in legno che gli abitanti dell'Età della Pietra utilizzavano per fortificare le loro case. Gli archeologi hanno anche portato alla luce una fossa utilizzata per conservare il cibo che, in seguito, si trasformò in una discarica.
L'insediamento celtico, al contrario, presenta diverse tecniche di sepoltura. Le tribù celtiche erano sparse in tutta Europa, nei tempi antichi, fino a raggiungere le terre poste all'estremo oriente dell'attuale Turchia. In Transilvania i Celti non hanno lasciato resti scheletrici. Invece di seppellire i loro morti, le tribù celtiche li incenerivano e ne seppellivano i resti in grandi urne, a loro volta sepolte nel terreno accanto alle offerte, quali oggetti in ferro battuto.

Fonte:
livescience.com

Isole del Canale, fortilizio romano riutilizzato dai tedeschi

Isole britanniche, gli scavi all'interno del forte di Alderney
(Foto: bbc.com)

Un bunker tedesco della seconda guerra mondiale è stato costruito all'interno dei resti di una torre romana. Si pensa che il monastero di Alderney sia il luogo in cui sorgeva uno dei forti meglio conservati delle isole britanniche, utilizzato dai militari tedeschi durante l'occupazione delle Isole del Canale.
L'archeologo inglese Dottor Jason Monaghan ha detto che lo scavo ha scoperto come i tedeschi abbiano posizionato il fortino esattamente all'interno delle pareti dell'antica fortificazione romana, spessa tre metri.
Il convento è stato occupato per circa 1700 anni e contiene resti di strutture di epoca medioevale, tudor e napoleonica sovrapposte. I volontari che vi stanno lavorando sperano di saperne di più sulla torre e sulle modifiche apportate alle strutture nel corso dei secoli.
Alderney fu controllata dall'esercito tedesco dal 1940 al 1945 e l'intera popolazione dell'isola venne evacuata prima dell'occupazione. L'isola era anche sede di due campi di lavoro forza, gli unici sul suolo britannico.
Il monastero è di proprietà degli Stati di Alderney che sperano di preservare l'area e di mantenere il muro in vista per permettere ai residenti ed ai turisti di visitarli.

Fonte:
bbc.com


La dieta degli antichi abitanti di Ercolano...

Ercolano, i resti di alcuni degli abitanti
(Foto: Luciano Fattore, Università di Roma La Sapienza)

La città di Ercolano fu sepolta, quasi duemila anni fa, dalla stessa ondata di ceneri calde e gas che investì Pompei. La catastrofe non ha solo preservato edifici ed ossa, ma ha salvato indizi rivelatori sulla dieta dei Romani dell'epoca.
Una nuova analisi sulle ossa di 17 delle vittime dell'eruzione ha rivelato cosa mangiavano gli abitanti di Ercolano. Si tratta in prevalenza di frutti di mare e di olio di oliva, il che conferma le stime degli storici, secondo i quali il Romano medio consumava circa 20 litri di olio all'anno.
Gli studi precedenti hanno fornito solo pochi dettagli sulla dieta dei Romani, ha detto Erica Rowan, archeobotanica della Royal Halloway University di Londra.
Nel 79 d.C., nel tentativo disperato di sfuggire al cataclisma che stava per colpirli, gli abitanti di Ercolano si accalcarono nelle rimesse per le barche situate lungo la linea di costa. Un'improvvisa esplosione di cenere e gas a 250 gradi, però, finì per ucciderli istantaneamente, bruciando la pelle ma lasciando le ossa quasi intatte.
Negli studi precedenti, gli scienziati hanno analizzato il collagene di quelle ossa ed hanno concluso che la popolazione maschile di Ercolano aveva una dieta più diversificata rispetto alle donne. Nel nuovo studio, i ricercatori hanno isolato amminoacidi specifici, vale a dire i mattoni delle proteine, ed hanno determinato gli isotopi degli atomi di azoto e carbonio che possono essere ricondotti a cibi ben precisi.
Grazie ai resti di piante ed animali rinvenuti nel sito, gli archeologi oggi sono a conoscenza del fatto che gli abitanti di Ercolano mangiavano cereali quali grano e miglio. Erano consumati anche lenticchie, fagioli, ciliegie, pesche ed olive oltre a ben 70 tipi di pesce e crostacei pescati in loco. Le proporzioni, però, restano tuttora ignote.
Gli abitanti di Ercolano, dunque, mangiano molti più frutti di mare degli abitanti delle regioni mediterranee attuali. Circa un quarto delle proteine ingerite era ricavato proprio dal mare, quasi il triplo della quantità che fa parte attualmente della dieta mediterranea. A sua volta l'olio di oliva costituiva almeno il 12% delle calorie consumate ad Ercolano se non anche di più. L'olio era una delle fonti di grasso più significative, nella dieta romana. Le olive erano ampiamente coltivate in tutto il territorio dell'impero romano e l'olio era non solo un condimento, ma un vero e proprio alimento dal quale si ricava energia.
Le donne di Ercolano mangiavano meno cereali degli uomini ed i ricercatori hanno ipotizzato che la dieta variegata seguita dagli uomini possa essere un segno che questi trascorressero più tempo fuori casa rispetto alle donne.

Fonte:
science.org

Grecia, scoperta una sepoltura nobile nell'antica capitale della Macedonia

Vergina, la tomba appena rinvenuta (Foto: allthatsinteresting.com) La costruzione di un nuovo sistema fognario nell'antica città macedon...