domenica 31 dicembre 2023

Francia, frammenti lapidei, necropoli e tracce di un antico villaggio

Francia, parte di una stele trovata nei pressi di una casa
(Foto: Eveha 2023)

La realizzazione di una casa unifamiliare e del relativo garage in rue des Trois Fontaines, a Deneuvre, in Francia, ha richiesto la conduzione di uno scavo archeologico su un'area di 3.300 mq. Questo scavo, condotto da Eveha, ha svelato interessanti scoperte: edifici, un grande spiazzo, cantine, una necropoli forse associata ad un edificio di culto. Originariamente questo luogo era una valletta, che fu poi coperta e livellata.
L'area era forse cruciale come nodo stradale e punto di attraversamento lungo il corso del fiume Meurthe, in relazione con la vicina presenza di un villaggio esteso su oltre 30 ettari.
Il villaggio di Deneuvre ha più di duemila anni. Il villaggio, di origine celtica, fiorì in epoca romana grazie alla costituzione di un prospero vicus che univa i luoghi sacri con un mercato. Il vicus fu scoperto nel 1974, quando un contadino trovò una colonna romana mentre scavava un pozzo. Seguirono dodici anni di lavori di scavo che portarono alla scoperta del più importante sito sacrale dedicato ad Ercole. Qui il culto delle acque confluiva in quello per il dio.
Le indagini archeologiche appena concluse hanno rivelato reperti risalenti al periodo compreso tra il I ed il IV secolo d.C., offrendo testimonianza della diversità e prosperità delle comunità che si sono succedute nel corso del tempo. Gli scavi hanno permesso di portare alla luce strutture sotterranee, un'area sepolcrale gallo-romana, un consistente numero di monete romane e depositi di materiali che potrebbero rivelare una natura offertoriale. Nell'area sono state scoperte anche strutture funerarie, con elementi lapidei scolpiti ed elementi architettonici con iscrizioni.
Le sorprese sono iniziate quando gli archeologi hanno rimosso la terra con la quale l'area era stata coperta, durante i lavori di bonifica idraulica avvenuti durante l'Alto Impero. Lo scavo ha permesso di studiare un'antica valle che attraversava il terreno e riceveva l'acqua dalle molteplici sorgenti presenti in questa zona e probabilmente finiva nel torrente oggi conosciuto come La Pexure, situato a circa 30 metri al di sotto dello sperone roccioso sul quale si sviluppò gran parte dell'antico insediamento.
A livello del primo rilievo, lo scavo di questa valle, interrata volontariamente durante l'Alto Impero, ha permesso di mettere in luce numerosi elementi lignei non lavorati ma anche massicci pali rinforzati rinvenuti in opera, all'interno dei livelli del terrapieno. Nei livelli superiori sono stati rinvenuti anche diversi elementi lapidei in posizione secondaria: frammenti di gambe di una piccola statua a tutto tondo, frammenti di una vasca quadrata, un frammento di una possibile nicchia, un altare scolpito.
Nelle immediate vicinanze dello scavo si è rinvenuta una zona sepolcrale, presumibilmente situata lungo un antico percorso di transito ora sotterrato sotto l'attuale rue des Trois Fontaines. La presenza di due reperti lapidei posizionati in modo secondario in cima allo scavo della valle attesta l'esistenza di questa area sepolcrale. La presenza delle lettere D.M., acronimo di Dis Manibus (agli Dei Mani), su ciascun elemento lapideo, consente di identificarli con certezza come parte dell'ambito funerario. Uno di questi reperti, trovato sopra il muro del canale monumentale, è una stele quadrangolare scolpita su tre lati. Sul fronte sono presenti quattro figure intere, di cui due sulla parte principale (presumibilmente un uomo - forse Ercole - e una donna), e una su ciascuno dei lati corti (rispettivamente una figura femminile, di cui una tiene in mano un recipiente e un'altra un grande specchio recante, inciso, un volto). L'epitaffio sulla facciata principale, che copre interamente l'architrave di un frontone triangolare, menziona il nome di un pellegrino chiamato Bellicus, figlio di Suburo. Un secondo elemento lapidario è un frammento di colonna con un diametro leggermente inferiore a 0,50 metri, dotato di una mortasa su un lato. Sono state incise tre linee per riportare il nome del defunto e dei suoi genitori. L'area sepolcrale sorge nei pressi di una piattaforma della quale non è stata ancora compresa la funzione.
Sul sito sono state raccolte quasi 260 monete, di cui un numero molto elevato vicino all'angolo settentrionale del campo, che copriva circa 5 metri quadrati. Questo ritrovamento unito a quello, nello stesso settore, di una ruota, alcune piccole fibule e campanelli, tutti in lega di rame, potrebbero suggerire la presenza di un edificio religioso nelle vicinanze. 
Una particolarità del terreno studiato è l'ottima conservazione dei materiali organici di epoca romana. Oltre ad alcuni frammenti di cuoio, tra cui diverse suole, nonché rari oggetti quasi integri (un utensile di ferro con relativo manico ed una spilla), da questo ambiente sono stati prelevati non meno di 300 pezzi di legno lavorati.

Fonte:
stilearte.it

Spagna, trovato un proiettile con il nome di Cesare

Spagna, proiettile con il nome di Cesare
(Foto: stilearte.it)

Un antico proiettile di piombo "firmato" Giulio Cesare e trovato recentemente in un campo agricolo spagnolo permette di arricchire la conoscenza del complesso scacchiere delle alleanze municipali durante la guerra civile che avrebbe portato al potere dittatoriale il generale che aveva sottomesso la Gallia.
Il proiettile ha la forma di una ghianda, con estremità appuntite. Misura 4,5 centimetri di lunghezza, 2 centimetri di larghezza e 1,7 di altezza. Pesa 71,1 grammi e reca due iscrizioni in rilievo: Cesare (CAES[ar]) e IPSCA, una città romana che sorgeva al confine di quello che l'attuale territorio di Baena.
La ghianda di piombo è stata trovata a 19 chilometri da Baena, nella campagna di Montilla, un comune spagnolo collocato nella comunità autonoma dell'Andalusia. Nelle sue campagne, probabilmente, avvenne il terribile scontro finale della guerra civile - la battaglia di Munda - che portò qui Giulio Cesare contro i figli di Pompeo, nel 45 a.C. A questa battaglia parteciparono anche forze militari municipali, che si schierarono dall'una o dall'altra parte dei contendenti. Il proiettile ritrovato reca, associati, il nome di Cesare e quello della cittadina.
I proiettili di piombo erano usati dai frombolieri, tiratori con fionde che arrivavano a lanci di grande precisione contro il nemico. Un manipolo di frombolieri consentiva il "mitragliamento" degli avversari. I frombolieri, che erano aggregati ai fanti, fungevano anche da tiratori scelti.
I proiettili utilizzati dagli antichi romani hanno una forma biconica e sono simili ai piombi da fondo usati, oggi, nella pesca sportiva. La forma aerodinamica e il bilanciamento in aria consentivano al proiettile di coprire distanze ragguardevoli, di arrivare sul bersaglio molto spesso di punta e di penetrare nel corpo del nemico. Venivano prodotti colando piombo fuso entro forme di ceramica che portavano il nome della legione dalla quale sarebbero stati utilizzati.
Nel caso del proiettile spagnolo il nome di Ipsica associato a quello di Cesare sta, molto probabilmente, a significare che la municipalità aveva compiuto una precisa scelta di campo, schierandosi apertamente, durante la guerra civile, con il generale romano contro Pompeo Magno, Cneo e Sesto. Certamente Ipsica produsse munizioni per cesare. Si trattava di una vera e propria sponsorizzazione. Probabilmente Ipsica mandò anche propri uomini a rafforzare l'esercito dei cesariani in vista dello scontro di Munda.

Fonte:
stilearte.it

sabato 30 dicembre 2023

Svezia, la misteriosa sepoltura di un uomo molto alto con la spada...

Svezia, la sepoltura del guerriero con la spada
(Foto: stilearte.it)

Durante gli scavi nel centro della cittadina di Halmstad, in Svezia, gli archeologi che fanno capo al museo cittadino hanno scoperto delle tombe medioevali. In una di esse è stato rinvenuto lo scheletro di un uomo di notevole altezza, 1,90 metri, con una lunga spada deposta sul fianco sinistro. La parte superiore dell'arma, a forma di croce, doveva sfiorare il volto dell'uomo sepolto.
La spada ha una lama che supera la lunghezza di un metro. Era decorata con metalli preziosi ed il luogo in cui giaceva, verosimilmente con il suo proprietario, ospitava, durante il tardo medioevo, un convento e la chiesa di Sant'Anna.
La sepoltura è stata ricavata nel pavimento della navata sud della chiesa, durante il periodo in cui ad Halmstad erano molto attivi i francescani (1494-1531). Un periodo che consente di datare anche la sepoltura e che, forse, consentirà di identificare anche il defunto.
Le origini di Halmstad risalgono al 1307, quando lungo il fiume Nissan sorse un insediamento, a pochi chilometri dall'attuale ubicazione. Le rovine di un'antica chiesa stanno a testimoniare i primi passi di quella che, a distanza di secoli, sarà Halmstad.
Nel 1320 si decise di spostare il nucleo urbano e la cittadina medioevale venne riedificata nell'attuale posizione. Lo spostamento fu dovuto alla crisi in cui era precipitato il primo porto fluviale, incapace di accogliere navi sempre più grandi. Venne così costruito un secondo porto sul mare e Halmstad divenne un importante centro portuale, spesso teatro di conflitti tra Danimarca e Svezia.
Tra il 1400 ed il 1520, nel periodo in cui visse il guerriero con la spada, Halmstad fece parte dell'Unione di Kalmar con Svezia, Norvegia e Danimarca. Fu, questa, un'epoca contrassegnata da una notevole prosperità economica che, nel XV secolo, portò all'edificazione di un'altra importante chiesa, quella di San Nicola.
Nessun oggetto, spada a parte, è stato recuperato dalle tre sepolture esaminate. La presenza di spade nelle tombe medioevali è estremamente rara e coloro che venivano sepolti con armi del genere erano appartenenti, per lo più, alle classi sociali più elevate.

Fonte:
stilearte.it

lunedì 25 dicembre 2023

Pompei, la domus di Leda e le meraviglie dell'arte antica

Pompei, uno degli affreschi tornati di recente
alla luce (Foto: stilearte.it

Durante la fase di rimozione delle terre ancora presenti in alcuni ambienti della Domus di Leda, al fine di raggiungere il livello del piano pavimentale, è emersa una stanza finemente affrescata dove spiccano quattro tondi con volti femminili di raffinata eleganza.
Con il recente progetto di scavo, oltre a completare la rimozione delle terre ancora presenti negli ambienti 7 e 25 della Domus di Leda, si stanno indagando, fino al raggiungimento dei piani pavimentali, gli ambienti pertinenti a due unità abitative, finora non ancora esplorati. Il completamento dello scavo archeologico è finalizzato soprattutto alla salvaguardia e alla conservazione degli apparati decorativi parzialmente portati alla luce durante i lavori del Grande Progetto Pompei.
La Domus di Leda e il Cigno, visibile dall'esterno, è stata rinvenuta lungo via del Vesuvio durante gli interventi di messa in sicurezza e consolidamento dei fronti di scavo. La casa prende il nome dal raffinato affresco presente in un cubicolo. La scena rappresenta il congiungimento tra Giove, trasformatosi in cigno, e Leda, moglie di Tindaro, re di Sparta. Dal doppio amplesso, prima con Giove e poi con Tindaro, nasceranno, fuoriuscendo da uova, i gemelli Castore e Polluce (i Dioscuri), Elena (futura moglie di Menelao re di Sparta) e Clitennestra, poi sposa e assassina di Agamennone, re di Argo e fratello di Menelao.
L'intera stanza è caratterizzata da decori raffinati di IV stile, con delicati ornamenti floreali, intervallati da grifoni con cornucopie, amorini volanti, nature morte e scene di lotte tra animali, finanche sul soffitto, rovinosamente crollato sotto il peso dei lapilli, si estendeva l'armonia di questi pregiati disegni, i cui frammenti sono stati recuperati dai restauratori per ricomporne la trama.
Alle spalle dell'ambiente si nota parte dell'atrio della dimora, con pareti dai vividi colori, al centro di una delle quali si può ammirare l'affresco di Narciso che si specchia nell'acqua, secondo l'iconografia classica, rapito dalla sua immagine. Interessante, nell'atrio di Narciso, è la traccia ancora visibile delle scale che conducevano al piano superiore. Ma soprattutto il ritrovamento nello spazio del sottoscala, utilizzato come deposito, di una dozzina di contenitori in vetro, otto anfore e un imbuto in bronzo.
Una situla bronzea (contenitore per liquidi) è stata, invece, rinvenuta accanto all'impluvio. Su una delle pareti dell'atrio, posto di fronte all'ingresso della casa, è di recente, emersa anche una figura di Hermes dai vivaci colori.

Fonte:
stilearte.it



Tarquinia, portato alla luce un complesso rurale con fornaci

Tarquinia, l'area indagata dagli scavi archeologici
(Foto: stilearte.it)

La Soprintendenza Archeologica Belle Arti e Paesaggio Etruria Meridionale ha annunciato che dalle indagini archeologiche preliminari all'installazione di un impianto fotovoltaico in località Piantorgani, al confine tra i territori di Tarquinia e Civitavecchia, è stato riportato alla luce un notevole complesso rurale improntato sullo sfruttamento agricolo del terreno e sulla produzione legata soprattutto alla coltura dell'olivo ed alla trasformazione della materia prima.
Sono stati, infatti, rinvenuti nella struttura principale resti di noccioli di olive e diversi strumenti legati alla torchiatura. Sebbene i lavori agricoli più recenti abbiano fortemente intaccato i piani pavimentali, la leggibilità della pianta della struttura rimane inalterata, con le sue trasformazioni avvenute nel tempo.
In una seconda area indagata è stato rinvenuto un sistema di tre fornaci affiancate, dalla forma circolare, con spesse murature realizzate a secco, che conservano ancora intatti i resti dell'ultima cottura.
Il quadro cronologico colloca la prima edificazione dell'impianto della villa rustica nell'età arcaica, ma è a partire dalla fine del IV - inizio III secolo a.C. che le strutture assumo un aspetto imponente con un'estensione maggiore e resteranno in vita fino alla fine della prima età imperiale, al pari dei numerosi complessi rurali analoghi che costellano il paesaggio circostante.

Fonte:
stilearte.it

sabato 23 dicembre 2023

Pompei, il "presepe" della domus sconosciuta

Pompei, le statuine riemerse vicino alla domus di Leda e
il cigno (Foto: artribune.com)

Lo scavo di una domus a Pompei ha fatto riemergere ben tredici statuine. L'ambiente nel quale erano custodite appartiene ad una domus confinante con quella di Leda e del cigno, dove è in corso un cantiere di scavo, restauro e valorizzazione. Oltre alle figurine umane sono emersi anche una noce, una mandorla, la testa di un gallo in argilla ed una pigna di vetro.
Le sculture sono alte circa 15 centimetri e sono state rinvenute in posizione eretta su un piano orizzontale all'interno di un vano, dove probabilmente si trovava uno scaffale.
L'ambiente dove sono state trovate, probabilmente l'atrio della domus, presentava anche delle decorazioni affiorate per ora nella parte superiore delle pareti. Dai primi studi alcuni dei soggetti rinvenuti sembrano rimandare al mito di Cibele e Attis, connesso al ciclo vitale delle stagioni e della fertilità della terra e, di rimando, all'equinozio di primavera.
La pigna di vetro è conservata in maniera sorprendente e richiama un rituale al quale i sacerdoti, preposti al suo culto, si sottoponevano: durante le cerimonie che ricordavano la morte di Attis, questi erano soliti percuotersi il petto proprio con delle pigne.
Il cantiere in corso sta interessando ambienti già noti della Casa di Leda (messi in luce tra il 2018 e il 2019 nell'ambito dei lavori previsti dal Grande Progetto Pompei) e quelli di due domus, non meglio identificate, che si sviluppano a nord e a sud della casa di Leda.
Durante la fase di rimozione delle terre ancora presenti in alcuni ambienti della casa di Leda, al fine di raggiungere il livello del piano pavimentale, è inoltre emersa una stanza finemente affrescata dove spiccano quattro tondi con volti femminili di raffinata eleganza.

Fonti:
artribune.com
pompeiisites.org


venerdì 22 dicembre 2023

Gran Bretagna, trovata la sepolture di un giovane Sarmata

Gran Bretagna, lo scheletro del giovane sarmata
(Foto: bbc.com)

Come ha fatto un giovane nato 2000 anni fa in quella che oggi è la Russia meridionale, a finire nella campagna inglese?
I ricercatori hanno trovato lo scheletro di uomo di stirpe nomade sarmata nel Cambridgeshire. E' la prima prova biologica che queste genti arrivarono in Gran Bretagna, nelle zone più remote dell'impero romano, e che alcune si stanziarono nelle campagne inglesi. I resti sono stati scoperti durante gli scavi per i miglioramenti della strada A14 tra Cambridge e Huntingdon.
Lo scheletro è completo e ben conservato ed appartiene ad un uomo ed stato sepolto da solo, senza effetti personali, in un fossato. La Dottoressa Marina Silva dell'Ancient Genomics Laboratory del Francis Crick Institut, a Londra, ha estratto e decodificato l'antico DNA da un minuscolo osso prelevato dal suo orecchio interno, che era la parte meglio conservata dell'intero scheletro.
Le analisi hanno dimostrato che geneticamente l'individuo era molto diverso da altri individui romano-britannici studiati fino a quel momento. Il giovane venne sepolto tra il 126 ed il 228 d.C., durante l'occupazione romana della Gran Bretagna. Inizialmente si pensava fosse un uomo della comunità locale, ma l'analisi del DNA ha mostrato che proveniva dalle zone più remote dell'Impero Romano, un'area che attualmente comprende la Russia meridionale, l'Armenia e l'Ucraina. Si tratta di un giovane Sarmata, un popolo di lingua iraniana, rinomato per le sue abilità nell'equitazione.
I ricercatori hanno utilizzato un'altra tecnica per esaminare i denti del giovane, che presentano tracce chimiche di quello che mangiava. L'analisi ha mostrato che fino all'età di sei anni il giovane mangiava miglio e sorgo, abbondanti nella regione dalla quale provenivano i Sarmati. Nel corso del tempo i ricercatori hanno notato una graduale diminuzione del consumo di questi cereali ed un aumento del consumo di grano, coltivato nell'Europa occidentale.
I documenti storici indicano che il giovane avrebbe potuto essere il figlio di un cavaliere, o forse il suo schiavo. Dagli stessi documenti si sa che all'epoca in cui visse, un'unità della cavalleria sarmata, incorporata nell'esercito romano, fu inviata in Gran Bretagna.

Fonte:
bbc.com

Iraq, mattoni antichi e magnetismo terrestre

Un mattone del regno di Nabucodonosor II
(Foto: Museo Slemani)

Gli antichi mattoni della Mesopotamia contengono indizi magnetici che aiuteranno gli archeologi a decodificare l'epoca. Uno studio ha scoperto che i mattoni che portano i nomi dei re mesopotamici sono stati contrassegnati da cambiamenti nel campo magnetico terrestre.
La scoperta potrebbe aiutare a datare l'era in modo più accurato e fornire una visione migliore di un'anomalia geomagnetica avvenuta circa 3000 e 2500 anni fa.
Ricercatori britannici, statunitensi e israeliani hanno esaminato i granelli di ossido di ferro presenti in 32 mattoni cotti. Ciascuno di questi mattoni proveniva dall'area dell'antica Mesopotamia, attuale Iraq, e ciascuno recava inciso il nome del re regnante al momento della produzione. Complessivamente, sui mattoni erano incisi i nomi di 12 re mesopotamici.
Il campo magnetico della terra lascia una traccia nei composti magnetici come l'ossido di ferro. Poiché il campo magnetico cambia di intensità, queste tracce cambiano nel tempo e i ricercatori sono stati in grado di individuarlo grazie ad un magnetometro. I ricercatori hanno combinato il magnetismo dei mattoni con i documenti archeologici dei re e hanno creato una "mappa storica" del magnetismo nell'antica Mesopotamia. Questa mappa potrebbe essere utilizzata per datare altri oggetti che non sono facilmente incisi con il nome di un re conosciuto.
I ricercatori sono stati anche in grado di confermare l'anomalia magnetica levantina, un punto di alta intensità magnetica verificatosi tra il 1050 ed il 550 a.C. nell'attuale Iraq. Un'altra interessante caratteristica presente in cinque mattoni è la traccia di un rapido cambiamento magnetico durante il regno di Nabucodonosor II, che durò dal 604 al 562 a.C.

Fonte:
cosmosmagazine.com

giovedì 21 dicembre 2023

Bulgaria: un accampamento romano, i ghiri e un ... frigorifero

Bulgaria, l'insediamento militare di Novae. A destra la
struttura per il raffreddamento deli cibi
(Foto: stilearte.it)

Suppellettili, vasi, tanti effetti personali dei soldati e persino un ciondolo d'argento che rappresenta un ghiro o un topo sono stati rinvenuti durante gli scavi condotti nel 2023 dagli archeologi polacchi nel campo legionario romano di Novae, in Bulgaria, in cui sono stati rinvenuti due "frigoriferi" realizzati con refrattari per tenere isolato termicamente il vano dal resto dell'ambiente. Uno dei due "frigoriferi" era persino dotato di un tubo d'acqua della rete idrica interna del campo che, passando attraverso di esso, abbassava la temperatura della cavità.
Questo campo legionario fu eretto nel I secolo d.C. dalla I legione italica come base permanente sul limes del Basso Danubio, in risposta alla crescente minaccia proveniente dalla vicina Dacia. La I legione italica rimase a Novae fino al V secolo d.C., quando il campo si trasformò gradualmente in una cittadina.
Durante le ricerche condotte nell'area della caserma, sono stati identificati vari oggetti, tra i quali lampade ad olio e contenitori in vetro, come bottiglie per il vino e bicchieri. Gli archeologi hanno inoltre rinvenuto frammenti di vasi in bronzo e altri manufatti, tra i quali fibbie, parti di armature, catene per lampadari, tavoli pieghevoli con basi in bronzo e gambe a forma di zampa di leopardo. Sono stati scoperti, inoltre, anche strumenti chirurgici in bronzo nella zona che presumibilmente era dedicata al medico della legione.
Il Professor Piotr Dyczek, a capo dell'équipe di ricerca, ha recentemente annunciato alcune scoperte interessanti, tra cui quella di un antico "frigorifero" trovato in una stanza della caserma militare. Questo "frigorifero" era un contenitore di piatti di ceramica incassato sotto il pavimento, utilizzato dai legionari per conservare il cibo o forse per riscaldare la ceramica prima del travaso dei cibi.
I frammenti ossei rinvenuti mostrano segni di cottura, indicando che la carne conservata era stata preparata. Inoltre sono stati trovati pezzi di carbone e un frammento di una piccola ciotola. Non si può escludere che questa "cavità termica" fosse utilizzata anche durante la stagione fredda come minuscolo forno per evitare che gli alimenti, probabilmente cucinati altrove, in una cucina militare, si raffreddassero. Dedicato al freddo era invece lo spazio coibentato da refrattari in cui era stato murato un tubo nel quale passava l'acqua fresca.
Oltre alle suppellettili di ceramica, gli archeologi polacchi hanno portato alla luce oggetti personali dei legionari, tra i quali un ciondolo che rappresenta un topo o un ghiro che trasporta con le zampe anteriori, facendolo rotolare, un pezzo di cibo.
I ghiri erano compagni di giochi dei bambini romani in quanto venivano allevati in casi. Crescevano in apposite stanze o recinti o, per chi avesse spazi minori, in glirari, grossi vasi con fori alle pareti che permettevano l'aerazione dell'interno. Gli animaletti venivano poi consumati dalla famiglia per l'ottimo sapore delle carni.
Tra le altre scoperte degne di nota ci sono diverse dozzine di monete risalenti al periodo dall'invasione dei Goti nel III secolo d.C. all'inizio del regno di Costantino il Grande nel IV secolo. Gli archeologi hanno anche identificato sequenze di mura, resti di case, massi, pesi da tessitura e da pesca, fusai, fosse di ossa e frammenti di vasi appartenenti a questo periodo.
Una scoperta rilevante riguarda i frammenti di interi sistemi di approvvigionamento idrico, costituiti sia da tubi in ceramica che da tubi in piombo. Secondo il Professor Dyczek, questi ultimi sono rari, poiché il piombo era una materia prima preziosa e spesso riutilizzata nel corso del tempo. La rete idrica di Novae dimostra l'importanza attribuita dall'esercito romano all'accesso costante all'acqua, fondamentale per le attività quotidiane dei soldati, inclusi l'uso delle terme. L'acqua proveniva da una sorgente del fiume Dermen, poiché il vicino Danubio era inadatto a causa dell'elevato inquinamento. Un acquedotto di circa 10 chilometri forniva l'acqua a due grandi serbatoi di fronte al campo, che poi veniva distribuita attraverso una complessa rete di acquedotti e canali prima di riversarsi nel Danubio. Proprio attorno ad uno di questi tubi freddi venne realizzato il "frigorifero".

Fonte:
stilearte.it

Francia, il corredo di una donna morta 1900 anni fa

Francia, la sepoltura della donna morta 1900 anni fa
(Foto: stilearte.it)

L'interesse cresce attorno a una straordinaria sepoltura, scavata ad Alba-La-Romaine, un comune francese nel dipartimento dell'Ardèche della regione dell'Alvernia-Rodano-Alpi, al sud della Francia, situato ad un'altitudine compresa tra i 135 ed i 554 metri delle colline retrostanti.
E' la tomba di una donna con un corredo che doveva riflettere pienamente i gusti della giovane signora. E la sua sepoltura si è rivelata, in modo singolare, una volta che il terreno è stato rimosso, come un angolo di spiaggia in cui una bella signora avesse temporaneamente lasciato creme, cosmetici, un libro per scendere sulla battigia. Tutto fa pensare ad una donna elegante, colta, molto femminile.
Una donna così apparteneva ad una classe agiata. Quando il suo corpo fu bruciato e le ceneri disposte nel terreno si scelse una stretta connessione con un mausoleo, cioè un'imponente tomba privata di qualche eminente personaggio della zona. Il ricco corredo e la posizione della tomba lasciano ipotizzare che la giovane avesse un legame familiare con il defunto del mausoleo.
Attorno ad una costruzione circolare in muratura gli archeologi dell'Inrap, l'Istituto nazionale francese per le ricerche archeologiche preventive, ha scoperto più di venti depositi di cremazione, tre sepolture e depositi votivi risalenti all'Alto Impero. Sono presenti soprattutto depositi secondari con residui di cremazione spesso accompagnati da corredi ben conservati, Un deposito in un'anfora ha prodotto una copia di un piccolo coltello in ferro, che serviva per la potatura delle vigne. Diversi depositi hanno consegnato balsamari in vetro soffiato, alcuni dei quali contenevano ancora polvere rosa che i ricercatori analizzeranno a breve.
Il piccolo complesso funerario venne edificato in epoca tiberiana (Tiberio regnò dal 14 al 37 d.C.) e venne utilizzato almeno fino alla fine del II secolo d.C. Tra le tombe un giacimento particolarmente ricco conteneva una ventina di oggetti, tra i quali vasi di ceramica, diversi balsamari di vetro, due specchi in bronzo, i resti di un volumen, un anello d'oro e un eccezionale set di miniature in piombo che simboleggiano gli accessori per la toilette. Un paio di sandali in miniatura abilmente decorati appesi ad un piolo è solo un esempio comparabile fino ad oggi nel mondo romano. Erano associati a quattro strigili in miniatura montati su un anello di cui non si conosce alcun parallelo fino ad oggi. La presenza degli specchi, del volumen, la borsa da toilette ed il piccolo diametro dell'anello d'oro portano a capire che la persona sepolta era una donna.
L'antica città gallo-romana di Alba si estendeva su 30 ettari. Le parti evidenziate attraverso gli scavi hanno permesso di prospettare un centro monumentale di rilievo, costituito da un foro (ancora sepolto sotto le viti), una basilica, due templi, una curia, un piccolo senato locale e due edifici enigmatici poiché la loro architettura non lascia alcuna indicazione tangibile sulla loro funzione. Un'ipotesi è che potessero essere utilizzati da corporazioni note per essere ricche e potenti in Alba. Un mercato coperto, macellum, completa gli ornamenti di questo centro monumentale.
Più avanti, tra i vigneti, il santuario di Bagnols ospita tre templi: un fanum (tempio gallo-romano), un tempio su un podio e un tempio dedicato al culto dell'imperatore romano. E' stata trovata una statua di un imperatore. Infine il teatro. E' l'edificio pubblico meglio conservato del sito. Luogo eccezionale di svago e socialità, permise anche la coesione della città nel quadro dell'impero.

Fonte:
stilearte.it

domenica 17 dicembre 2023

Repubblica Ceca, la fibbia con la rana ed il serpente "parla" di antichi culti

Boemia, resti della cintura in bronzo con raffigurata una
divinità sconosciuta (Foto: Università di Masaryk)

Un gruppo di archeologi dell'Università di Masaryk ha scoperto la fibbia appartenente ad una cintura di bronzo appartenente ad un culto pagano sconosciuto nel villaggio di Làny, situato nella regione della Boemia centrale, Repubblica Ceca.
La cintura risale all'VIII secolo d.C. e raffigura un serpente che divora una creatura simile ad una rana, figure che compaiono sia nei miti germanici che in quelli avari e nella mitologia slava.
Queste rappresentazioni sono legate al mito cosmogonico della creazione del mondo, presente in vari siti dell'Europa centrale. L'interazione tra rana e serpente potrebbe essere, invece, collegata a pratiche di culto della fertilità. Secondo i ricercatori, l'uso della cintura fornisce la prova di un culto pagano precedentemente sconosciuto che collegava tra loro diverse popolazioni di varia origine durante l'Alto Medioevo, prima dell'avvento del cristianesimo, avvenuto nel IX secolo d.C.
L'elemento per cintura ritrovato a Làny appartiene al gruppo dei cosiddetti accessori per cinture Avari, prodotti principalmente nell'Europa centrale nel VII e VIII secolo d.C. Probabilmente è stata indossata da un componente del gruppo etnico caucasico nordorientale degli Avari, che si stabilì nel bacino dei Carpazi. 
L'analisi chimica degli isotopi di piombo nella lega di bronzo della fibbia, indica che il rame utilizzato per produrre quest'ultima è stato estratto dalle Montagne Rosse slovacche, mentre l'analisi morfometrica suggerisce che alcuni raccordi provengono dalla stessa officina.

Fonte:
heritagedaily.com


Marocco, nuovi scavi portano interessanti scoperte nell'antica città di Sala

Marocco, particolare degli scavi della città
di Sala (Foto: ilgiornaledellarte.com)

Tra marzo e luglio 2023 un gruppo di ricercatori diretto da Abdelaziz El Khayari ha effettuato indagini geofisiche e scavi su una zona all'esterno delle mura della necropoli medioevale dei sultani merinidi (XIV secolo), mai esplorata prima e interamente coperta dalla vegetazione.
Situato sulla costa sud dell'estuario del fiume Bou Regreg, il Chellah, classificato Patrimonio mondiale Unesco dal 2012, costituisce un parco archeologico dalla superficie pari a cinque volte Pompei e conserva i resti della romana Sala con il decumano massimo, il foro, una fontana monumentale e un arco di trionfo.
Con il proposito di conoscere l'estensione e i confini della città, individuarne il sistema difensivo e l'antico porto, i nuovi scavi hanno portato alla luce, per la prima volta in Marocco, un importante distretto portuale databile al I-II secolo d.C., situato nel settore delle saline. Secondo El Khayary, professore di archeologia preislamica, la scoperta conferma l'importante vocazione commerciale di Sala e ne ridefinisce i confini: "Ci troviamo di fronte ai resti di una delle maggiori città antiche del Marocco, più vasta della stessa Volubilis. - Ha affermato. - Conoscevamo solo pochi ettari. Ora abbiamo un'intera città romana sotto di noi da indagare, estesa su una superficie di oltre 300 ettari".
Gli scavi hanno rivelato una pavimentazione in pietra calcarea blu, probabilmente una strada pubblica, o pertinente a una piazza, circondata da edifici con elementi architetturali importanti e un altare votivo. Nel settore chiamato Ain Ajenna (sorgente del cielo) gli scavi hanno liberato una parte di muro lunga più di 50 metri risalente al II secolo d.C., appartenente probabilmente alle mura difensive della città. Non lontano, verso l'interno, un vasto impianto termale copre una superficie di duemila metri quadrati.
"Sarebbe il più grande della Mauretania Tingitana, concepito secondo un piano perfettamente simmetrico sul modello delle terme imperiali: due sale, una pavimentata in opus spicatum, un vasto frigidarium con una piscina e due vasche laterali. Dagli elementi in situ abbiamo la certezza che il monumento fosse riccamente decorato da affreschi, pavimenti di marmo e mosaici. - Spiega El Khayari. - Sono stati rinvenuti anche diversi frammenti di statue in marmo e una statua con testa e braccia mutilate rappresentante, probabilmente, una dea romana, la prima scoperta dal 1960 ad oggi. Nella stessa zona un'iscrizione neopunica di quattro lettere, probabilmente la firma di un artigiano, suggerisce come alcuni di loro appartenessero alla popolazione Mauri che conservava ancora la lingua locale".
E' stato portato alla luce anche un colombario con cinque nicchie funerarie, probabilmente della stessa epoca, in parte distrutto ed utilizzato in epoca medioevale per la risepoltura di una ventina di scheletri in corso di studio e datazione.
"Speriamo di ritrovare prossimamente i resti del porto antico. - Ha concluso El Khayary. - Gli scavi proseguiranno nel 2024 in settori differenti del Chellah".
Il sito, tempo addietro proibito ai non musulmani, è stato oggetto delle prime indagini ufficiali solo a partire dagli anni '20, rivelando una stratigrafia complessa. 

Fonte:
ilgiornaledellarte.com

sabato 16 dicembre 2023

Gran Bretagna, indagini su una sepoltura femminile di 1300 anni fa

Gran Bretagna, ricostruzione della sepoltura femminile ed
i gioielli che vi sono stati trovati (Foto: stilearte.it)

Ad un anno dalla scoperta di quella che si ritiene essere una delle sepolture femminili altomedioevali più significative mai scoperte in Gran Bretagna, le indagini continuano su questo straordinario ritrovamento, che ha permesso di portare alla luce straordinari gioielli d'oro, pietre preziose e monete romane.
La tomba risale al 700 circa. La persona sepolta - come testimonia il corredo - dovrebbe essere un giovane membro femminile dell'aristocrazia locale o una badessa. Accanto ai gioielli compositi che inglobano, come nell'oreficeria franco-longobarda, pezzi contemporanei e oggetti archeologici, è stata trovata una croce formalmente molto complessa e particolare, realizzata con lamine d'argento legate a un supporto ligneo. la sepoltura conteneva anche due vasi decorati e un piatto di rame. La tomba risale ai tempi della diffusione del Cristianesimo in Gran Bretagna. Un culto che si sviluppa anche grazie agli stretti contatti con i Merovingi, la prima dinastia dei Franchi. La collana è stata datata al 670 circa.
La sepoltura di Harpole, che prende il nome dal vicino villaggio di Harpole, nel Northamptonshire, è stata scoperta nel 2022 durante gli scavi archeologi preventivi in vista della realizzazione di un complesso residenziale del Vistry Group, supportati dai consulenti archeologici.
Gli archeologi ed i restauratori hanno completamente ripulito molti dei 30 pendenti e perline che compongono una straordinaria collana in oro, vetro e pietre preziose sepolta insieme al defunto. Il restauro ha rivelato la bellezza del manufatto, mettendo in luce l'intricata lavorazione dell'oro ed i ricchi colori delle pietre semipreziose e del vetro multicolore.
Gran Bretagna, verso e recto della collana realizzata con
materiali preziosi o semipreziosi (Foto: Museum
of London Archaeology)
Micro-scavi accurati, una tecnica in cui interi blocchi di terreno vengono asportati da un sito per essere scavati in condizioni di laboratorio controllate, di una grande croce, vista per la prima volta su un'immagine a raggi X, hanno rivelato parte della sua superficie. Ora gli archeologi stanno iniziando a valutare appieno questo oggetto particolare. Non si tratta, infatti, di un normale crocifisso.
Una croce centrale è decorata con una croce d'oro più piccola, che reca un grande granato e quattro granati più piccoli. All'estremità di ciascun braccio ci sono croci circolari più piccole d'argento, con centri in granato e oro. Queste sono molto simili alle croci pettorali trovate in altre sepolture femminili di alto rango di questo periodo. L'uso di queste croci all'interno di una croce più grande, tuttavia, è unico e suggerisce che l'individuo potrebbe aver ricoperto una posizione molto speciale all'interno della comunità cristiana.
Il crocifisso è per lo più costituito da fogli estremamente sottili di argento attaccati al legno, la cui superficie corrosa è appena distinguibile dal terreno circostante. Gli studiosi stanno cercando di identificare il legno utilizzato come supporto delle lastre d'argento che coprono la croce e di comprendere meglio come è stato costruito questo prezioso oggetto di devozione cristiana.
Mentre inizialmente si credeva che fossero sopravvissuti solo pochi frammenti di denti, i lavori su un altro blocco di terreno hanno portato alla luce ulteriori frammenti dello scheletro dell'individuo. Gli osteologi hanno identificato la parte superiore di un femore, parte dell'osso pelvico, alcune vertebre e parte di una mano e di un polso che giacevano sotto un piatto di rame frantumato posto all'interno della tomba: il metallo rallentava il decadimento del materiale organico vecchio di 1300 anni. Attualmente i ricercatori ritengono che i resti rinvenuti siano quelli di una donna, sulla base delle sepolture comparabili dell'epoca. Si tratta di una persona giovane e si attendono i risultati di ulteriori test per avere maggiori dettagli sul luogo in cui la persona è vissuta e che confermino il suo sesso.

Fonte:
stilearte.it

Turchia, tombaroli e resti di una villa romana sconosciuta

Turchia, parte del pavimento musivo della
villa romana scoperta (Foto: stilearte.it)

"Sulla collina c'è qualcuno che sta scavando di notte". La telefonata arriva in forma anonima al distretto di polizia. Le coordinate indicate dalla voce sono precise. Il punto è discosto e appartato. Un luogo ideale per l'azione dei tombaroli. L'area indicata non appare su alcuna carta archeologica. E' sconosciuta, storicamente parlando. Zona di ulivi e di arbusti. Scattano i sopralluoghi e gli interventi di salvaguardia.
Nell'ambito degli scavi di salvataggio condotti nella regione di Mardin, in Turchia, nei pressi di Uzunkaya, sono stati rinvenuti così mosaici appartenenti alle rovine di una villa risalente all'epoca romana.
Tutto è iniziato con un avviso di scavo illegale nella zona rurale di Uzunkaya, a circa 30 chilometri dal centro del distretto, nota come Kela Hanma (il castello della signora). Il villaggio di Uzunkaya è popolato da curdi di affiliazione non tribale e nel 2021 aveva una popolazione di 144 abitanti. Difficile, per i residenti, non notare l'arrivo di qualche forestiero.
Gli agenti intervenuti prontamente sul posto hanno accertato la presenza di numerosi scavi abusivi e il degrado del tessuto architettonico della zona. Sotto la guida del direttore del Museo di Mardin, Abdulgani Tarkan, è stato avviato uno scavo di salvataggio nella regione, coinvolgendo l'esperto archeologo Volkan Bagcilar, l'esperto museale Mhmet San e una squadra di sei lavoratori.
Durante lo scavo è stata scoperta una villa rustica, un insediamento rurale circondato da mura, composto da un corpo centrale e da edifici minori disposti attorno ad esso. Quello che ha colpito gli archeologi è la presenza di mosaici pavimentali che decorano la villa. Questi mosaici, appartenenti al periodo bizantino-tardo romano, coprono un'area di circa 100 metri quadrati e sono caratterizzati da intricati disegni che rappresentano varie figure animali.
La peculiarità di questa scoperta risiede nella raffigurazione di creature marine nei mosaici, una caratteristica mai riscontrata prima nella regione. Tra gli elementi raffigurati ci sono squame di pesce, triangoli affiancati, esagoni, ottagoni, motivi a svastica, alberi, uccelli acquatici, polpi, pesci, cozze, foche, anguille e piante acquatiche. Uno straordinario tappeto di pietra che doveva incantare l'ospite e propiziare ricchezza e prosperità.
Il direttore del Museo di Mardin, Abdulgani Tarkan, ha spiegato che la zona non ospita solo ville rurali, ma comprende anche aree con diversi resti architettonici sul versante meridionale e una necropoli risalente al V-VIII secolo d.C. Questo luogo sembra essere stato utilizzato da una famiglia facente parte della classe dirigente, con una villa circondata da piccole stanze per la servitù e i soldati.

Fonte:
stilearte.it

Roma, riemerge una domus con mosaici parietali raffinati

Roma, parte del mosaico della nuova casa emersa al 
Palatino (Foto: Ufficio Stampa e Comunicazione MIC)

Il Parco Archeologico del Colosseo, nell'ambito di un progetto di studio e ricerca, ha riportato alla luce alcuni ambienti di una lussuosa domus di età tardo-repubblicana, di cui erano state scavate alcune strutture murarie nel 2018, e un tempo esistente esattamente nell'area in cui, in età augustea, vennero costruiti gli Horrea Agrippiana, i celebri magazzini lungo il vicus Tuscus, strada commerciale che collegava il porto fluviale sul Tevere e il Foro romano, costruiti dal genero di Augusto, Marco Vipsanio Agrippa.
Dietro gli Horrea, tra i magazzini e le pendici del colle Palatino la domus si sviluppa su più piani, probabilmente articolata a terrazze e caratterizzata da almeno tre fasi edilizie, databili tra la seconda metà del II secolo a.C. e la fine del I secolo a.C. Distribuita intorno a un atrio/giardino, la domus presenta, quale ambiente principale, lo specus aestivus, una sala per banchetti che imita una grotta, utilizzata durante la stagione estiva e originariamente animata da spettacolari giochi d'acqua grazie al passaggio di alcune fistule in piombo fra le pareti decorate.
A rendere eccezionale la scoperta è il rinvenimento, in questo ambiente, di uno straordinario rivestimento parietale in mosaico cosiddetto "rustico", che, per complessità delle scene raffigurate e per cronologia, è privo di confronti. Costituito da conchiglie di diverso tipo, tessere di blu egizio, preziosi vetri, scaglie minute di marmo bianco o di altri tipi di pietre, tartari (ovvero frammenti di travertino spugnoso) e cretoni di pozzolana legati da malta e orditi, il mosaico, che si data agli ultimi decenni del II secolo a.C., presenta una sequenza complessa di scene figurate.
Nelle quattro edicole, definite da lesene e decorate con vasi da cui fuoriescono tralci di foglie di loto e di vite, sono raffigurate cataste di armi con trombe di tipo celtico (cornyx), prue di navi con tridente, timoni con triremi che alludono, forse, a un duplice trionfo, terrestre e navale, del proprietario della domus. La grande lunetta soprastante presenta, inoltre, un'affascinante raffigurazione di paesaggio con, al centro, una città, con scogliera simulata con i tartari di travertino, affacciata sul mare solcato da tre grandi navi di cui una con le vele sollevate; una cinta muraria con piccole torri circonda la città dotata di portici, porte e di un grande edificio pubblico; su uno dei lati una scena pastorale. La rappresentazione di una città costiera potrebbe alludere a una conquista bellica da parte del proprietario della domus, personaggio aristocratico, presumibilmente di rango senatorio.
In una stanza di rappresentanza attigua, peraltro, l'accurato lavoro di restauro ha riportato alla luce un rivestimento in stucco bianco con paesaggi entro finte architetture e figure di altissima qualità.
Nel suo insieme la domus si qualifica come residenza in cui si ritrova precocemente espressa quella luxuria asiatica che per tutta la tarda età repubblicana fu motivo di polemica e feroce lotta politica tra le fazioni aristocratiche e che conferma quanto dicono le fonti sulla presenza, con estese residenze, di esponenti di grandi famiglie senatorie romane nell'area nordoccidentale del Palatino.

Fonte:
Ufficio Stampa e Comunicazione MIC

domenica 10 dicembre 2023

Francia, scoperto un antichissimo recinto funerario

Francia, antichissimo recinto funerario risalente all'Età
del Ferro (Foto: Eveha 2023)

Un'importante scoperta archeologica è avvenuta nel comune di Decize, in Francia. Si tratta di un antichissimo recinto funerario risalente alla seconda Età del Ferro, nota agli archeologi ed agli storici come La Tène Antica, coincidente con il VI secolo a.C.
Gli scavi preventivi sono stati condotti nell'ambito di un progetto di sviluppo per l'ampliamento di una zona di attività commerciali.
Il recinto funerario ha forma quadrangolare, misura approssimativamente 25 metri di lato ed ospita 16 sepolture risalenti all'inizio del periodo La Tène. Il fossato è scavato con un profilo a V, ha una larghezza massima di 1,70 metri ed una profondità di circa un metro. Al suo interno si trovano dei pali che suggeriscono ci sia stata, un tempo, una palizzata. Si trattava, pertanto, di un luogo protetto, difeso, al quale non avevano accesso gli animali mentre gli uomini potevano forse entrare da un cancello.
L'orientamento di 15 delle 16 sepolture presenti nella parte orientale del recinto è nord-est-sud-ovest, la sedicesima sepoltura fa eccezione ed è stata interamente scavata durante l'indagine archeologica. Questa sepoltura è caratterizzata da un orientamento perpendicolare alle altre e dalla presenza di armi che accompagnavano il defunto. Alcune sepolture sembrano essere disposte a coppie, senza sovrapposizioni visibili.
Gli archeologi francesi sottolineano la diversa conservazione delle ossa umane che rende difficile definire con certezza le modalità di sepoltura utilizzate. Alcune sepolture, tuttavia, presentano l'utilizzo di casseri in pietra o materiali deperibili, con una diversità nel posizionamento dei defunti, disposti sulla schiena, sul ventre o sul fianco.
Quasi tutte le sepolture comprendono corredi metallici in condizioni eccellenti. In particolare in una sepoltura, appartenuta ad una figura socialmente rilevante, sono stati rinvenuti ornamenti in lega di rame di notevole varietà e qualità nella manifattura, tra i quali bracciali, torque, fibule e cinture.
Sono state, infine, riconosciute sette buche per pali, di cui tre direttamente collegate alle sepolture, il che suggerisce che forse fossero stati utilizzati degli elementi segnaletici sul terreno. Due di queste buche, distinte per dimensioni e posizione, collocate a nord e sud della parte interna del recinto, potrebbero essere parte di elementi architettonici legati allo spazio sepolcrale.
La denominazione La Tène, cultura alla quale appartiene il recinto funerario appena ritrovato, trae origine dall'omonimo villaggio situato sulle rive del lago di Neuchatel, in Svizzera, dove, nel 1857, Hansli Kopp fece una rilevante scoperta: un vasto deposito votivo risalente all'Età del Ferro. Il sito ha restituito oltre 2500 manufatti, prevalentemente in ferro, tra i quali spade, scudi, brocche, attrezzi vari e frammenti di carri, oltre a numerose ossa di uomini e animali. La Tène è, dunque, un riferimento temporale per indicare il periodo successivo alla cultura e all'arte dei Celti antichi.
La cultura di La Tène è diffusa nei territori dell'attuale Francia, Belgio, Svizzera, Austria, Inghilterra, Germania meridionale, Repubblica Ceca, Italia settentrionale e centrale, Slovenia, Ungheria, Liechtenstein, nonché nelle regioni dei Paesi Bassi, Slovacchia, SerbiaCroazia, Transilvania (Romania occidentale) e Transcarpazia (Ucraina occidentale). Anche i Celtiberi nell'Iberia occidentale condividevano diversi elementi culturali con la cultura di La Tène, sebbene lo stile artistico non fosse proprio omogeneo.

Fonte:
stilearte.it

sabato 9 dicembre 2023

Croazia, a sorpresa vengono scoperte le terme dell'imperatore

Croazia, le terme romane rinvenute sotto il Museo
di Spalato (Foto: Maja Prgomet-Total News Croazia)

Gli archeologi che hanno collaborato ai lavori di restauro del Museo civico di Spalato, uno dei musei più importanti e visitati della Croazia, situato all'interno del palazzo Dominik Papalic, hanno fatto una scoperta sensazionale. Sotto l'edificio, durante la ricostruzione del piano terra e l'installazione dell'ascensore nel Museo civico di Spalato, sono stati rinvenuti i resti di grandi terme romane e dei mosaici.
La città di Spalato ha una storia di più di duemila anni. Si affaccia sul mar Adriatico, ai piedi dei pendii di Kozjak e Biokovo. I lavori in corso fanno parte di un progetto europeo che, finora, ha portato alla luce un prezioso sito archeologico che vanta reperti inediti risalenti all'epoca della costruzione del Palazzo di Diocleziano.
Durante la fase di progettazione dei lavori nell'ex palazzo rinascimentale della famiglia Papalic (XVI secolo) gli archeologi si aspettavano poche scoperte archeologiche, ma è arrivata, invece, una scoperta sensazionale. Nell'ex reception del museo sono stati scoperti la struttura dell'antico pavimento, il riscaldamento sotto quest'ultimo, un'apertura per l'aria calda, collegata ad una sorta di stufa, un'apertura all'interno del riscaldamento a pavimento ed una fornace.
Uno scavo più approfondito ha portato alla luce un antico mosaico nella sala meridionale ed anche la prosecuzione dell'antico muro della sala centrale, completo di vasca e torchio per olio ed uva. Nella sala nord, accanto alla scala, è stata scoperta una vasca con il pavimento a mosaico bianco. Si tratta di piscine e cisterne che fanno pensare alla presenza, in loco, di antiche terme posizionate nella parte settentrionale del Palazzo di Diocleziano.
Questa scoperta è stata una sorpresa per gli archeologi e gli storici, perché per anni si presumeva che la parte settentrionale del Palazzo di Diocleziano ospitasse caserme e campi di addestramento per la guardia personale dell'imperatore.

Fonte:
arkeonews.net


Siberia, il più antico insediamento fortificato del mondo

Siberia, il fiume Amnya, nei pressi del quale è stato scoperto
l'insediamento preistorico (Foto: finestresullarte.info)

Si trova in Siberia il più antico insediamento fortificato del mondo finora dimostrato. Lo ha scoperto un gruppo di ricerca internazionale guidato dagli archeologi della Freie Universitat Berlin, la Libera Università di Berlino: una scoperta che l'ateneo tedesco definisce "rivoluzionaria" poiché, secondo gli archeologi berlinesi, potrebbe portare a modificare le nostre conoscenze sulla nascita delle società complesse.
I risultati della ricerca mostrano che cacciatori e raccoglitori in Siberia costruirono difese complesse attorno ai loro insediamenti già 8000 anni fa. "Questa scoperta", spiega il Professor Henny Piezonka dell'Istituto di Archeologia Preistorica della Libera Università di Berlino, "cambia la nostra comprensione delle prime società umane e mette in discussione l'idea che le persone abbiano iniziato a costruire insediamenti permanenti con architettura monumentale e a sviluppare strutture sociali complesse solo con l'avvento dell'agricoltura".
Il focus dello studio era l'insediamento fortificato di Amnya, considerato la fortezza dell'Età della Pietra più settentrionale dell'Eurasia. Durante le indagini archeologiche sono stati raccolti campioni per la datazione al radiocarbonio che confermano l'Età della Pietra del sito, identificandolo come la fortezza più antica conosciuta al mondo.
Gli studi della Libera Università di Berlino mostrano che gli abitanti della Siberia occidentale conducevano uno stile di vita altamente sviluppato basato sulle ricche risorse della taiga. Secondo la ricerca gli abitanti preistorici pescavano nel fiume Amnya e cacciavano alci e renne con ossa e pietre. Per preservare le loro scorte di olio di pesce e carne, realizzavano ceramiche riccamente decorate.
Finora il gruppo di ricerca è riuscito a identificare dieci fortezze dell'Età della Pietra, circondate da mura di terra e palizzate di legno. Gli edifici dimostrano le capacità architettoniche e difensive avanzate delle società che insistevano su queste terre. Questa nuova scoperta mette, però, in discussione la precedente opinione dei ricercatori secondo cui gli insediamenti permanenti con fortificazioni difensive erano associati solo alla nascita di società agricole. L'insediamento di Amnya appena scoperto smentirebbe, infatti, l'idea che l'agricoltura e l'allevamento del bestiame fossero prerequisiti per strutture sociali diversificate.

Fonte:
finestresullarte.info


Turchia, trovata la statua di una Musa danzante a Stratonicea

Turchia, la musa danzante di Stratonicea
(Foto: finestresullarte.info)

Importante scoperta archeologica in Turchia, nel sito dell'antica città di Stratonicea, nell'Anatolia occidentale, nei pressi della moderna città di Mugla. E' stata ritrovata una scultura raffigurante una Musa danzante che, secondo quanto afferma una nota del Ministero della Cultura e del Turismo della Turchia, sarebbe l'originale di epoca ellenistica di un'opera nota da copie di epoca romana.
La Musa danzante fa parte di un ciclo raffigurante tutte le muse, le nove divinità che presiedono le arti, figlie di Zeus e Mnemosine, attribuito a Filiseo di Rodi, uno dei più famosi scultori del II secolo a.C. Il ritrovamento, secondo gli archeologi turchi, dimostrerebbe anche che Filiseo lavorò a Stratonicea. Della musa, rinvenuta nel sito del frigidarium delle terme romane di Stratonicea, è stato ritrovato soltanto il corpo: la testa e le braccia non sono infatti state trovate. La scultura, ha fatto sapere il ministero turco, dopo essere stata ripulita e studiata, sarà esposta al Museo di Mugla. Al momento non sono note le ragioni per cui gli archeologi turchi sono indotti a pensare che l'opera, malgrado sia stata trovata in un contesto di epoca romana, sia l'originale ellenistico.

Fonte:
finestresullarte.info

Iraq, i templi gemelli e Alessandro Magno

Iraq, ricostruzione del tempio ellenistico di Girsu
(The Girsu Project and artefacs-berli.de)

In Iraq gli archeologi hanno portato alla luce due templi gemelli, costruiti uno sopra l'altro. Il tempio più recente risale al IV secolo a.C. e potrebbe avere un qualche collegamento con la figura di Alessandro Magno.
All'interno di questo tempio è stato rinvenuto un mattone cotto recante un'iscrizione aramaica e greca che fa riferimento a "il donatore di due fratelli", un possibile riferimento al re macedone che conquistò gran parte del mondo conosciuto durante i suoi 13 anni di regno, dal 336 al 323 a.C.
Gli archeologi del British Museum di Londra hanno scoperto il tempio più antico mentre stavano conducendo scavi a Girsu, una città sumera conosciuta ora come Tello, nel sudest dell'Iraq. Gli scavi fanno parte di un progetto in corso noto come The Girsu Project, che si concentra sulla conoscenza dell'antica storia della città.
Resti del più antico tempio sumero sono stati trovati sepolti nello stesso identico punto di quello più recente, dedicato al dio greco Ercole ed al suo corrispondente sumero, il dio-eroe Ningirsu, noto anche come Ninurta. I ricercatori ritengono che il fatto che un tempio sia stato costruito nello stesso sito nel quale sorgeva un tempio di 1500 anni prima, non sia una coincidenza. Probabilmente questo luogo doveva avere un preciso significato per il popolo della Mesopotamia. Inoltre questa usanza dimostra che gli abitanti di Babilonia, nel IV secolo a.C., avevano una vasta conoscenza della loro storia.
Durante l'esplorazione del sito dove sorgeva il doppio tempio, gli archeologi hanno scoperto anche una dracma d'argento, un'antica moneta greca, sepolta sotto un altare o ai resti di un santuario, unitamente al mattone con l'iscrizione della dedicazione di uno dei templi gemelli.
Iraq, il mattone con l'iscrizione del nome
Adadnadinakhe (Foto: livescience.com)
L'iscrizione è molto interessante in quanto menziona un enigmatico nome babilonese scritto in greco e in aramaico: Adadnadinakhe, che significa "Adad, il donatore di fratelli", che venne chiaramente scelto come titolo cerimoniale a causa del suo tono arcaicizzante e dalla connotazioni simboliche. Tutte le prove stanno ad indicare che il nome era estremamente raro.
L'iscrizione è anche un cenno a Zeus, spesso simboleggiato da un fulmine e da un'aquila. Entrambi questi simboli si trovano sulla dracma d'argento, coniata a Babilonia "sotto l'autorità di Alessandro Magno", che mostra, su un lato, Ercole in un ritratto giovanile e ben rasato, che ricorda fortemente le rappresentazioni convenzionali di Alessandro e dall'altro lato Zeus.
Zeus, infatti, aveva riconosciuto Alessandro quale suo figlio attraverso l'oracolo di Ammon, in Egitto e divenne letteralmente "il donatore di fratelli" in quanto stabilì un legale fraterno tra Alessandro ed Ercole. Gli archeologi non sono ancora certi che Alessandro abbia visitato il sito. Avrebbe potuto averne l'opportunità o durante il suo soggiorno a Babilonia, oppure facendo una deviazione sulla strada per Susa. Quel che è certo è che Alessandro fu in grado di pagare i suoi soldati dopo aver preso Babilonia e questo sta a significare che aveva il controllo della ricchezza della regione e che, probabilmente, utilizzò l'argento babilonese per coniare le numerose monete che sono state rinvenute in città.
Sono state trovate anche delle offerte costituite da figurine in argilla rappresentati soldati. Sono originarie di diversi luoghi del mondo ellenistico, in molti casi potrebbero essere state portate al tempio da visitatori. Tra le figurine si riconoscono cavalieri macedoni a cavallo con forti similitudini con Alessandro ma che potrebbero anche essere associati ad un culto dell'eroismo guerriero.

Fonte:
livescience.com







Polonia, ritrovato un deposito con cinque grandi asce

Polonia, una delle cinque asce rinvenute in una foresta
(Foto: Distretto Forestale di Starogard)

Grazie al metal detector sono state trovate, in Polonia, cinque asce dell'Età del Bronzo sepolte nel distretto forestale di Starogard, a Kociewie, ad una profondità di 20-30 centimetri nel terreno. Gli archeologi ritengono che gli oggetti possano essere stati utilizzati per tagliare la legna o per scopi inerenti un culto religioso.
Gli archeologi hanno datato gli oggetti a 3500 anni fa. Si tratta di oggetti piuttosto rari in Polonia. Piotr Klimaszewski, capo del Dipartimento dei monumenti archeologici, ha descritto gli oggetti come asce del tipo Tautusiai, uno strumento dal collo sottile e dalla lama circolare, collegato a Tautusiai, un villaggio della Lituania, associato alle culture baltiche. Gli strumenti sono stati utilizzati, secondo Klilmaszewski, per tagliare la legna ma potevano anche essere impiegate in battaglia o come parte di una pratica di culto o di sacrificio. In luoghi di devozione, in antico, gli uomini compivano le proprie offerte alla divinità e l'ascia era sicuramente un oggetto di notevole valore. 
Le asce - come rivela la comparazione stilistica con identici manufatti trovati in terreni archeologici accanto a materiali organici databili con il radiocarbonio - risalgono ad un'epoca compresa tra il 1700 ed il 1300 a.C.. Caratterizzate dalle loro notevoli dimensioni, le asce presentano un manico sottile con bordi rialzati ed una lama larga, indicando una precisione e una maestria artigianale avanzate.
Il deposito delle asce era legato, quasi sicuramente, al commercio. Oltre agli strumenti, infatti, è stata trovata una fibula di duemila anni fa, utilizzata per allacciare i vestiti. I ricercatori non sanno ancora come tutti questi oggetti siano finiti in una foresta. Di certo sono necessarie ulteriori ricerche per comprendere appieno la loro storia.
Le asce sono state portate al Museo Archeologico di Danzica, dove esperti condurranno un esame approfondito per svelare ulteriori dettagli sulla loro origine, funzione e significato nella storia di Kociewie.

Fonti:
livescience.com
lamoneta.it

Arabia Saudita, scoperto recinto-tempio di 7000 anni fa

Arabia Saudita, il sito rituale neolitico appena
individuato (Foto: Amici della Scienza)

Nel deserto di AlUla, in Arabia Saudita, un team di archeologi ha scoperto una grande struttura rettangolare con resti di sacrifici animali, risalente a circa 7000 anni fa.
Un gruppo di ricercatori e archeologi guidato dalla UWA - University of Western Australia - ha scoperto un antichissimo ed enigmatico monumento in pietra, ad AlUla, nel deserto dell'Arabia Saudita. Chiamata musatil, rettangolo in arabo, questa struttura monumentale è tipica dell'area ma solo negli ultimi anni sono stati avviati studi sistematici per capire per quali funzioni venisse utilizzata. Caratterizzati da due piattaforme parallele, collegate da lunghi muri disposti perpendicolarmente a creare un ampio cortile aperto, nelle pareti sono spesso inserite delle celle.
I contenuti ritrovati in queste camere hanno suggerito che i musatil fossero il fulcro di un'attività rituale. Le analisi al radiocarbonio condotte fino ad oggi, datano queste strutture in un arco temporale che parte dal periodo del Tardo Neolitico.
L'ultimo musatil scoperto risale a 7000 anni fa e presenta grandi lastre di arenaria che circondano un lungo cortile interno. All'interno del complesso, lungo 140 metri, gli archeologi hanno identificato 260 frammenti di resti di animali, tra teschi, corna e denti di bovini, capre e gazzelle. Questi depositi di ossa craniche superiori sono stati trovati raggruppati attorno ad una pietra verticale centrale, chiamata betyl, "casa di dio", portando i ricercatori a credere che la struttura servisse a scopi rituali o cultuali.
Secondo uno studio pubblicato dal gruppo di ricerca, i resti scoperti nel musatil rappresentano non solo la prima prova dell'addomesticamento nel nordovest dell'Arabia, ma anche i primi esempi conosciuti di sacrificio animale nella regione, antecedenti alle precedenti prove di quasi 900 anni.
Sembra che gli animali siano stati portati sul sito, probabilmente macellati qui e poi offerti a quella che sembra essere una rappresentazione in pietra di una divinità sconosciuta. I ricercatori sostengono che gran parte dell'Arabia settentrionale fosse contrassegnata da una simile credenza cultuale e costruzione rituale, così come da attività di pellegrinaggio.
Il paesaggio odierno potrebbe essere molto diverso da quello di 7000 anni fa. La predominanza del bestiame suggerisce he la regione avesse abbastanza vegetazione e acqua per sostenere la pastorizia, il che potrebbe indicare la continuazione del periodo umido dell'Oleocene in questa regione.

Fonte:
archeomedia.net




Pompei, tracce della dura esistenza di schiavi e di asini in un panificio


Pompei, il panificio-prigione appena emerso dagli
scavi (Foto: pompeiisites.org)
Un panificio-prigione, dove persone ridotte in schiavitù e asini erano rinchiusi e sfruttati per macinare il grano necessario per produrre il pane. Nel pavimento intagli per coordinare il movimento di asini e operai schiavizzati. Un ambiente angusto e senza affaccio esterno, con piccole finestre con grate in ferro per il passaggio della luce.
L'impianto è emerso nella Regio IX, insula 10, dove sono in corso scavi nell'ambito di un più ampio progetto di messa in sicurezza e manutenzione dei fronti che perimetrano l'area ancora non indagata della città antica di Pompei.
Le indagini hanno restituito una casa in corso di ristrutturazione. Un'abitazione suddivisa - come spesso avviene - in un settore residenziale decorato con raffinati affreschi di IV stile, e un quartiere produttivo destinato in questo caso alla panificazione. In uno degli ambienti del panificio erano già emerse, nei mesi scorsi, tre vittime, a conferma che, nonostante la ristrutturazione in corso, la dimora fosse tutt'altro che disabitata.
Una fotografia/testimonianza del lavoro massacrante a cui erano sottoposti uomini, donne e animali negli antichi mulini-panifici, del cui racconto abbiamo la fortuna di poter disporre di una fonte d'eccezione, lo scrittore Apuleio, vissuto nel II secolo d.C., che nelle Metamorfosi IX 11-13, racconta l'esperienza del protagonista, Lucio, trasformato in asino e venduto a un mugnaio, evidentemente sulla base di una conoscenza diretta di contesti simili.
Le nuove scoperte rendono possibile descrivere meglio anche il funzionamento pratico dell'impianto produttivo che, seppure in disuso al momento dell'eruzione, ci restituisce una conferma puntuale del riquadro sconcertante dipinto da Apuleio.
Il settore produttivo messo in luce è privo di porte e comunicazioni con l'esterno; l'unica uscita da' sull'atrio; nemmeno la stalla possiede un accesso stradale come frequente in altri casi. "Si tratta, in altre parole, di uno spazio in cui dobbiamo immaginare la presenza di persone di status servile di cui il proprietario sentiva il bisogno di limitare la libertà di movimento. - Fa notare Gabriel Zuchtriegel. - E' il lato più sconvolgente della schiavitù antica, quello privo di rapporti di fiducia e promesse di manomissione, dove ci si riduceva alla bruta violenza, impressione che è pienamente confermata dalla chiusura delle poche finestre con grate di ferro".
La zona delle macine, ubicate nella parte meridionale dell'ambiente centrale, è adiacente alla stalla, caratterizzata dalla presenza di una lunga mangiatoia. Attorno alle macine si individua una serie di incavi semicircolari nelle lastre di basalto vulcanico. Data la forte resistenza del materiale, è verosimile che quelle che a prima vista potrebbero sembrare delle "impronte" siano in realtà intagli realizzati appositamente per evitare che gli animali da tiro scivolassero sulla pavimentazione e contemporaneamente tracciare un percorso, formando in tal moto un solco circolare - curva canalis - come lo descrive anche Apuleio.
"Le fonti iconografiche e letterarie, in particolare i rilievi della tomba di Eurysaces a Roma, suggeriscono che di norma una macina fosse movimentata da una coppia composta da un asino e uno schiavo. - Afferma Zuchtriegel. - Quest'ultimo, oltre a spingere la mola, aveva il compito di incitare l'animale e monitorare il processo di macinatura, aggiungere del grano e prelevare la farina".
L'usura dei vari intagli può essere ascritta agli infiniti giri, sempre uguali, svolti secondo lo schema predisposto nella pavimentazione. Più che a un solco viene pertanto da pensare all'ingranaggio di un meccanismo ad orologeria, concepito per sincronizzare il movimento intorno alle quattro macine concentrate in questa zona.

Fonte:
pompeiisites.org

giovedì 7 dicembre 2023

Norvegia, il mistero della moneta bizantina

Norvegia, la moneta bizantina trovata
(Foto: cbsnews.com)

Un'antica moneta d'oro, molto rara, è stata trovata di recente tra le montagne della Norvegia centrale, in una città rurale chiamata Vestre Slidre, nella contea di Innlandet. Potrebbe essere un denaro appartenente ad uno dei primi monarchi della regione.
La moneta, chiamata "histamenon nomisma", fu introdotta per la prima volta intorno al 960 d.C. ed utilizzata come valuta bizantina standard. Il manufatto, dunque, avrebbe compiuto un viaggio lunghissimo dal sito di origine fino in Norvegia.
La moneta venne introdotta dall'Impero Romano d'Oriente e venne probabilmente coniata a Costantinopoli (oggi Istanbul). E' decorata su entrambe le facce, con un lato che mostra, in rilievo, Cristo che tiene in mano una Bibbia. L'altro lato mostra quelli che sono, forse, gli ex imperatori bizantini Basilio II e Costantino VIII. I due fratelli furono nominati co-governatori dell'Impero Bizantino verso la fine del IX secolo. I ricercatori, alla luce di questa identificazione, affermano che la moneta trovata in Norvegia venne probabilmente coniata in un periodo compreso tra il 977 ed il 1025 d.C.
Sulla moneta vi sono anche delle scritte: una in latino recita "Gesù Cristo, re di coloro che regnano"; l'altra in greco, sul lato opposto della moneta, recita: "Basilio e Costantino, imperatori dei Romani". Al culmine del suo splendore, l'Impero Bizantino comprendeva gran parte del territorio circostante il Mar Mediterraneo, compresi alcuni territori dell'Italia, della Grecia e della Turchia, nonché anche alcuni territori posti nell'Africa settentrionale del Medio Oriente.
Una possibile spiegazione di come la moneta sia arrivata in Norvegia è che un tempo sia appartenuta ad Harald Hardrade, un re norvegese che regnò dal 1046 al 1066 d.C., che aveva precedentemente prestato servizio come soldato dell'Impero Bizantino a Costantinopoli. All'epoca era consuetudine saccheggiare, alla morte dell'imperatore, il palazzo, asportando quanto era di valore. La moneta ritrovata potrebbe essere arrivata in Norvegia attraverso gli scambi commerciali del sale.

Fonte:
cbsnews.com



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