Chiavi romane in ferro forgiato (II-III sec. d.C.) |
L'inviolabilità di queste antesignane delle moderne casseforti era assicurata da una o più complesse serrature con tanto di chiavi, dalle quali il proprietario raramente si separava per affidarle, nel caso, ad un portiarius, incaricato di trasportarle al seguito del suo padrone. Per agevolare il trasporto, le chiavi vennero realizzate, con il tempo, in bronzo e sagomate in maniera elaborata e dette sigilli, perché utilizzate anche come timbro a caldo sulla cera. Erano simili ad un anello, con una piccola sporgenza sagomata e un'incisione che fungeva da sigillo e che serviva ad autenticare i documenti importanti.
Nelle famiglie più importanti e più ricche, al momento delle nozze il marito invitava la sposa a condividere sia le chiavi che il sigillo. Questo gesto rappresentava un simbolo della fiducia che lo sposo riponeva nelle capacità amministrative della consorte.
Chiavi romane in bronzo fuso a cera persa (II-IV sec. d.C.) |
Questa serratura fu perfezionata, un millennio dopo, in Grecia. Si realizzò un dispositivo interamente in metallo con un catenaccio mobile che recava numerosi fori al centro che seguivano una precisa geometria. Al di sopra del catenaccio erano allineati perni cadenti disposti con la medesima geometria. Quando il catenaccio, spostandosi, faceva coincidere i primi con i secondi, questi scendevano nei suoi fori bloccandolo. Per aprire la serratura si faceva uso di una chiave simile ad un pettine, con i perni verso l'alto, uguali ai precedenti per numero e geometria.
La serratura romana, invece, cominciò a diffondersi qualche secolo prima della nostra era e la chiave che la apriva e chiudeva era simile a quella delle vecchie dimore e come questa funzionava per rotazione, grazie a una molla antagonista di acciaio di elevata elasticità. Questa serratura era realizzata da un vero e proprio specialista: il magister clavarius. Forse fu proprio quest'ultimo ad inventare la molla, che definì la chiave a doppia spinta, che svincolò le serrature dal montaggio verticale facendo in modo che potessero adattarsi anche ai forzieri ed alle casseforti, vere e proprie antesignane dei nostri lucchetti.
Chiavistelli romani in bronzo a cera persa (I-III sec. d.C.) |
Le chiavi in bronzo erano estremamente belle. Per la fusione veniva utilizzato bronzo nella percentuale di 85 per cento di rame e 15 per cento di stagno. La tecnologia impiegata era quella della fusione a cera persa. Le impugnature erano solitamente di forma geometrica, zoomorfa o a volute. I pettini erano spesso più elaborati rispetto a quelli delle chiavi in ferro ed erano composti da molti denti con l'aggiunta, spesso, di una o due complicazioni laterali.
C'è da aggiungere che le stanze interne delle case romane non avevano porte. Vi era una robusta porta di ferro che proteggeva la cassaforte, ma null'altro.
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