(
Fonte: Ansa) - La statua dell'
Efebo e le
due preziosissime Centaure, meraviglie riportate alla luce quarant'anni fa dagli scavi della
Villa di Poppea e da allora chissà perché rimaste nei depositi. Il tenerissimo
Puttino con l'oca e la
Venere, esposti al pubblico solo una volta. I vetri delicati delle ampolle, un tempo ricche di oli e profumi. E poi gli ori strepitosi, dalle fastose collane agli orecchini, i pendenti, i bracciali, le fibule.
Rimasto per decenni nel chiuso di magazzini e depositi, torna alla luce, protagonista di una piccola mostra gioiello a
Torre Annunziata, il
tesoro di Oplontis. Con oltre
40 pezzi di enorme valore, in gran parte mai visti, esposti nelle
Sale di Palazzo Criscuolo, sede del Comune. E insieme arriva, per la terra di Giancarlo Siani, il progetto di un museo archeologico che possa permettere un'esposizione permanente dei tesori riemersi in decenni di scavi. Ma anche regalare un'occasione di rilancio a un territorio troppo a lungo devastato da criminalità e degrado. Dedicata alla
memoria di Khaled al Assad, il direttore degli
scavi di Palmira trucidato ad agosto (dello scorso anno) dall'Isis, fortemente voluta dal
sindaco Giosuè Starita e dall'
assessore alla cultura Antonio Irlando, che anche simbolicamente hanno voluto allestire il percorso nelle sale del comune, compresa l'aula del consiglio intitolata a Siani, la mostra raccoglie le statue che ornavano la grandiosa Villa attribuita a
Poppea Sabina, seconda moglie di
Nerone.
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Portico della Villa di Poppea a Oplontis (Foto: pompeiisites.org) |
Un'abitazione maestosa e sconfinata che duemila anni fa con i suoi terrazzamenti si affacciava sul mare, principesca per la magnificenza dei mosaici e degli affreschi che ne arricchivano gli ambienti, anche se al momento dell'eruzione del Vesuvio, nel
79 d.C., era vuota di arredi e disabitata per lavori in corso. Da quelle stanze raffinate e lussuose, così come dai portici e dai giardini lussureggianti dove brillavano le acque della grande
Natatio, arrivano appunto opere come l'Efebo, il Puttino con l'oca, la Venere e le due Centaure, straordinariamente preziose perché
uniche, secondo gli studiosi, in tutto l'Ecumene romano. I gioielli e i vetri, invece, di solito custoditi nel
Museo Archeologico di Napoli ma non sono esposti al pubblico, provengono da un'altra importante villa romana della zona di Torre Annunziata, quella intitolata a
Crasso. Di fatto un grande complesso, con
imponenti colonnati riportato alla luce a partire dal
1974 e da allora ancora mai aperto al pubblico.
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Alcuni degli affreschi della Villa di Poppea ad Oplontis (Foto: amicidipompei.com) |
Qui, in grandi ambienti che forse fungevano da
magazzini (questa seconda villa doveva essere in realtà una vera e propria
azienda agricola) vennero sorprese dall'eruzione oltre
50 persone in fuga. Molti avevano indosso gioielli, alcuni stringevano tra le mani sacchetti con i loro preziosi. Qualcuno, forse i ricchi proprietari della villa, aveva stipato le sue cose più preziose in una
cassa, riportata alla luce dagli archeologi nel
1984 in un altro locale della casa. Al suo interno ben
170 monete d'oro e tanti
gioielli in oro e
argento. E poi
unguentari,
stecche in osso,
piastrine di vetro per il trucco. Un vero e proprio tesoro che ora si racconta alla città. E che nei prossimi mesi, si augura Irlando, potrebbe trovare una sua sede definitiva nel nuovo museo che dovrebbe sorgere nell'
ex Real fabbrica d'armi, un edificio borbonico che sorge a un passo dalla villa di Poppea: "
Prendere un bene dismesso per metterci dentro beni nascosti per troppo tempo agli occhi del mondo mi sembra naturale", dice Irlando. Per Torre Annunziata un sogno che si avvicina. La svolta, Irlando ne è convinto, "
può arrivare solo dalla cultura".
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