sabato 3 dicembre 2011

L'oasi dimenticata di Dumat al-Jandal

Dumat al-Jandal, Qasr Ma'arid
Dal 2009 una missione archeologica italiana sta operando, in collaborazione con una missione archeologica francese ed una araba, nel cuore della penisola arabica, in un'oasi chiamata Dumat al-Jandal, che gli Assiri chiamavano Adummatu. Un altro nome dell'oasi è al-Jawf, la depressione, perchè si trova in un grande bacino circondato da colline di arenaria e si estende per circa 8 chilometri in lunghezza e 3,5 in larghezza. Proprio alla sua posizione Dumat al-Jandal deve la sua fama e la sua fortuna. Ai suoi confini sitrova il wadi al-Sirhan, che collega la Siria meridionale con l'Arabia deserta, l'oasi stessa è stata, un tempo, una tabba obbligatoria all'incrocio delle vie carovaniere tra il sud della Mesopotamia, il Golfo arabico, la Siria e l'Arabia petrea.
L'origine del termine Adummatu, con cui gli Assiri chiamavano l'oasi, è piuttosto oscuro e si riscontra spesso negli annali dei re neo-assiri (VIII-VII secolo a.C.). Al-Jandal, invece, in arabo, designa la pietra locale, utilizzata per edificare abitazioni e monumenti. Duma, poi, è uno dei dodici figli di Ismaele, figlio a sua volta di Abramo.
Dumat al-Jamal si ritrova per la prima volta in un testo tardo, del I secolo d.C., che menziona un comandante di campo nabateo e la costruzione e il rifacimento di un santuario dedicato alla divinità suprema dei Nabatei, Dushara. Dumat al-Jamal era, in sostanza, il limite orientale del regno dei Nabatei.
Nel 106 d.C. l'oasi venne inglobata nella provincia romana d'Arabia, evento che ha trovato conferma nel ritrovamento, se pure frammentario, di un'iscrizione latina. Un'altra iscrizione, detta della Praetensio, menziona la restaurazione del potere di Roma tra Bosra, in Siria, e Duma (attuale Dumat al-Jamal) avvenuta probabilmente al tempo dell'imperatore Aureliano, nel III secolo d.C..
Tolomeo, Eusebio di Cesarea, Stefano di Bisanzio ed altri ancora menzionano l'oasi tra il II e il VI secolo d.C.. Porfirio scrive che i Dumathii, popolo dell'Arabia, sacrificavano un bambino ogni anno e ne seppellivano i resti sotto l'altare della divinità principale.
La storia della regione, tra il III e il VI secolo d.C., è piuttosto confusa e lacunosa, fu conquistata a più riprese dai Sassanidi a est e dai Bizantini ad ovest per poi appartenere, per lungo tempo, ad una confederazione di alleati di Bisanzio fino agli inizi del VI secolo. Ai Bizantini seguirono gli appartenenti alla tribù Kinda, ai quali è da ascrivere la figura di un sovrano conosciuto, Ukaydir, menzionato a più riprese nelle fonti arabo-medioevali. Ukaydir cercò, dapprima, di opporsi alle campagne militari musulmane ma fu costretto a lasciare l'oasi nelle mani dei nuovi invasori.
Durante il medioevo le notizie di Dumat al-Jandal sono molto meno frequenti, dal momento che l'oasi perse il suo ruolo di snodo carovaniero, poichè le rotte commerciali cominciarono a seguire le vie dei pellegrini che si recavano a La Mecca.
Tra i resti più importanti contenuti nell'oasi - soggetta, ultimamente, ad un intenso popolamento che sta portando alla rapida scomparsa di molte vestigia del passato - vi sono imponenti sistemi idraulici antichi. Si tratta di 25 pozzi diffusi su una superficie di 100 x 250 metri quadri, con un diametro che va dai 3 ai 6 metri e provvisti, spesso, di una scala che permette di raggiungere delle nicchie utili alle operazioni di manutenzione. Questi pozzi sono inseriti in un sistema di qanat, conosciuto in tutto il Medio Oriente. I qanat sono gallerie sotterranee di drenaggio che potevano raggiungere anche la lunghezza di decine di chilometri, nelle quali si poteva attingere acqua da pozzetti più o meno ampi.
La prima occupazione del sito da parte dei Nabatei è attestata dal ritrovamento archeologico della ceramica di lusso di questa popolazione. Si tratta della ceramica "egg shell", a guscio d'uovo, chiamata così per la sua estrema sottigliezza. In profondita, negli scavi della parte centrale dell'oasi, sono apparsi i livelli di fondazione di un grande edificio chiamato "edificio A", costruito con estrema cura, ma del quale non si conoscono ancora né i limiti né la funzione e la cui ultima fase risale al VII secolo d.C.
La fortificazione dell'oasi è costituita da tronconi murari ritrovati nella parte centrale del villaggio. Alcuni tratti murari avevano una lunghezza di 3 chilometri e si sono conservati per un'altezza di 4,50 metri. Un sondaggio in un tratto della fortificazione ha rivelato l'esistenza di giardini datati ad un periodo compreso tra il I e il V secolo d.C.


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