Elemento zoomorfo in bronzo e scodella decorata dalle deposizioni villanoviane di S. Giovanni in Persiceto (Foto: ArcheoBo) |
Nel 2004, nel comune di S. Giovanni in Persiceto, in provincia di Bologna, gli scavi per la realizzazione di una vasca per la raccolta idrica rivelarono l'esistenza di antiche sepolture. Si trattava di tre tombe ad incinerazione diretta, fosse semplici databili ad un periodo compreso tra la seconda metà dell'VIII secolo a.C. e gli inizi del VII secolo a.C.
La fossa di dimensioni maggiori conteneva due deposizioni che pur essendo coeve, risultavano essere state effettuate in momenti distinti. I corredi funerari delle deposizioni ritrovate erano costituite da vasellame in ceramica, oggetti in bronzo, corno, pasta vitrea e ambra, fibule e gioielli. Gli archeologi pensarono subito alla presenza di una necropoli più vasta.
In due delle tre tombe ritrovate erano stati seppelliti due individui di sesso maschile tra i 20 e 40 anni di età. Nella terza, invece, era stata deposta una donna (lo scheletro ha rivelato un'ossatura ed un'impalcatura più gracile rispetto a quelle precedenti). I tre individui sono stati cremati su una pira che deve aver arso per diverse ore, vista l'assenza di grossi pezzi di carbone nella terra del rogo.
Sono state individuate, nella terra del rogo, anche ossa di cane parzialmente combuste. Le analisi botaniche sui resti della legna utilizzata per la pira funebre, hanno permesso di stabilire che fu utilizzata legna di frassino, un albero il cui utilizzo per roghi era piuttosto diffuso, all'epoca, nell'Italia centrale.
I reperti ritrovati sono stati accuratamente restaurati, dal momento che si presentavano in uno stato di conservazione piuttosto critico: molti manufatti risultavano mancanti della parte superiore, a causa dell'azione dei mezzi meccanici utilizzati nello scavo. Alle urne cinerarie, dunque, sono state "aggiunte" le parti andate distrutte.
Le scoperte del 2004 e le informazioni tratte da questo scavo fortuito possono essere ammirate nel Museo Archeologico Ambientale a San Giovanni in Persiceto. Questi ritrovamenti hanno permesso di comprendere meglio i rituali funebri delle popolazioni villanoviane. Il corpo del defunto era portato, vestito, in processione e deposto sulla pira funebre. Quando il rogo si estingueva, venivano raccolte le ossa non combuste, quali quelle del cranio, le ossa lunghe e i denti, che venivano avvolte in un drappo chiuso da fibule e disposte nell'urna cineraria. Le altre ossa erano solitamente disperse. Durante il rogo si libava alla memoria del morto. Una volta conclusa la cerimonia funebre ed interrato quanto rimaneva del defunto, veniva creato un piccolo tumulo di terra sulla fossa e vi veniva posto un segnacolo in pietra.
La fossa di dimensioni maggiori conteneva due deposizioni che pur essendo coeve, risultavano essere state effettuate in momenti distinti. I corredi funerari delle deposizioni ritrovate erano costituite da vasellame in ceramica, oggetti in bronzo, corno, pasta vitrea e ambra, fibule e gioielli. Gli archeologi pensarono subito alla presenza di una necropoli più vasta.
Un momento dello scavo archeologico (Foto: ArcheoBo) |
Sono state individuate, nella terra del rogo, anche ossa di cane parzialmente combuste. Le analisi botaniche sui resti della legna utilizzata per la pira funebre, hanno permesso di stabilire che fu utilizzata legna di frassino, un albero il cui utilizzo per roghi era piuttosto diffuso, all'epoca, nell'Italia centrale.
I reperti ritrovati sono stati accuratamente restaurati, dal momento che si presentavano in uno stato di conservazione piuttosto critico: molti manufatti risultavano mancanti della parte superiore, a causa dell'azione dei mezzi meccanici utilizzati nello scavo. Alle urne cinerarie, dunque, sono state "aggiunte" le parti andate distrutte.
Planimetria delle tombe (Foto: ArcheoBo) |
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