La zappa ritrovata nel pozzo di S. Agata Bolognese (Foto: ArcheoBo) |
La stagione di scavi appena conclusa a Sant'Agata Bolognese, in provincia di Bologna, in un'area destinata alla realizzazione di abitazioni civili, ha permesso di riportare alla luce un importante sito archeologico di età romana.
L'area interessata dal ritrovamento è di circa 2.100 metri quadrati. Al suo interno i resti di un grande complesso produttivo pertinente una villa rustica della prima età imperiale, inserita nella centuriazione romana e non lontana da un corso d'acqua. Le indagini sono state condotte dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici dell'Emilia Romagna in collaborazione con il Museo Archeologico Ambientale di San Giovanni in Persiceto, il Comune di Sant'Agata Bolognese e la Partecipanza di Sant'Agata Bolognese.
E' stato possibile ricostruire quasi interamente l'assetto planimetrico del complesso agricolo, che si dipanava attorno ad una corte di forma quadrata, con un'ala orientale che conteneva le fondazioni di strutture legate all'attività produttiva (probabilmente una piattaforma che ospitava una vasca, la base di un torcular per spremere l'uva) e un settore settentrionale con 4 piccoli vani che, forse, erano funzionali al complesso. A questo settore si poggiava una vasta zona porticata in cui è stato rinvenuto un doliarium (4 dolia sono stati ritrovati interrati e conservati, mentre sono state ritrovate 6 buche vuote che dovevano contenere altrettanti contenitori).
L'analisi del materiale recuperato in fase di scavo ha restituito una datazione compresa tra la seconda metà del I secolo a.C. e il III secolo d.C.. Oltre a numerosi frammenti di ceramica e vasellame da mensa in terra sigillata e in ceramica a pareti sottili, sono stati rinvenuti dolii, anfore, pesi da telaio, un mortaio fittile, frammenti di vetro e due monete, una delle quali databile al 43 a.C.. L'analisi delle sottofondazioni della struttura ha rivelato almeno due fasi costruttive collocate a breve distanza l'una dall'altra.
Al centro del complesso è stato individuato un pozzo per l'approvvigionamento idrico realizzato interamente in laterizio, del diametro di 90-100 centimetri nella parte interna e profondo circa 9,20 metri. Nel riempimento del pozzo è stato recuperato un carapace di tartaruga e reperti vegetali (rami, fogliame, fiori, semi-frutti tra i quali ghiande, noci, nocciole, acini d'uva). A partire da 5,20 metri di profondità sono stati recuperati ben 104 reperti di una certa importanza, tutti in eccellente stato di conservazione: brocche integre in ceramica, alcune delle quali con decorazioni, sovradipinture e segni graffiti; recipienti in bronzo/rame con segni di restauro antico; un coltello in ferro; un pettine in legno; fondi di secchi in legno; resti di cordame vegetale; tre denti in metallo con catena o anelle di fissaggio per il recupero dei recipienti; una zappa in metallo con resti del manico in legno; un grande cucchiaio di legno.
L'analisi di alcuni dei reperti rinvenuti nel pozzo ha restituito la datazione del primo utilizzo alle prime fasi costruttive del complesso rustico (seconda metà del I secolo a.C. - I secolo d.C.). Il pozzo fu utilizzato anche come nascondiglio intenzionale di oggetti in momenti di grave instabilità politica e sociale (VI-VII secolo d.C.).
I sondaggi del terreno con l'ausilio di strumentazione meccanica hanno rivelato, nel settore orientale in cui erano situati gli edifici a uso residenziale, due scuri in ferro ad alabarda intere, risalenti al IX secolo d.C.
L'area interessata dal ritrovamento è di circa 2.100 metri quadrati. Al suo interno i resti di un grande complesso produttivo pertinente una villa rustica della prima età imperiale, inserita nella centuriazione romana e non lontana da un corso d'acqua. Le indagini sono state condotte dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici dell'Emilia Romagna in collaborazione con il Museo Archeologico Ambientale di San Giovanni in Persiceto, il Comune di Sant'Agata Bolognese e la Partecipanza di Sant'Agata Bolognese.
E' stato possibile ricostruire quasi interamente l'assetto planimetrico del complesso agricolo, che si dipanava attorno ad una corte di forma quadrata, con un'ala orientale che conteneva le fondazioni di strutture legate all'attività produttiva (probabilmente una piattaforma che ospitava una vasca, la base di un torcular per spremere l'uva) e un settore settentrionale con 4 piccoli vani che, forse, erano funzionali al complesso. A questo settore si poggiava una vasta zona porticata in cui è stato rinvenuto un doliarium (4 dolia sono stati ritrovati interrati e conservati, mentre sono state ritrovate 6 buche vuote che dovevano contenere altrettanti contenitori).
Il pozzo in fase di scavo (Foto: ArcheoBo) |
Al centro del complesso è stato individuato un pozzo per l'approvvigionamento idrico realizzato interamente in laterizio, del diametro di 90-100 centimetri nella parte interna e profondo circa 9,20 metri. Nel riempimento del pozzo è stato recuperato un carapace di tartaruga e reperti vegetali (rami, fogliame, fiori, semi-frutti tra i quali ghiande, noci, nocciole, acini d'uva). A partire da 5,20 metri di profondità sono stati recuperati ben 104 reperti di una certa importanza, tutti in eccellente stato di conservazione: brocche integre in ceramica, alcune delle quali con decorazioni, sovradipinture e segni graffiti; recipienti in bronzo/rame con segni di restauro antico; un coltello in ferro; un pettine in legno; fondi di secchi in legno; resti di cordame vegetale; tre denti in metallo con catena o anelle di fissaggio per il recupero dei recipienti; una zappa in metallo con resti del manico in legno; un grande cucchiaio di legno.
L'analisi di alcuni dei reperti rinvenuti nel pozzo ha restituito la datazione del primo utilizzo alle prime fasi costruttive del complesso rustico (seconda metà del I secolo a.C. - I secolo d.C.). Il pozzo fu utilizzato anche come nascondiglio intenzionale di oggetti in momenti di grave instabilità politica e sociale (VI-VII secolo d.C.).
I sondaggi del terreno con l'ausilio di strumentazione meccanica hanno rivelato, nel settore orientale in cui erano situati gli edifici a uso residenziale, due scuri in ferro ad alabarda intere, risalenti al IX secolo d.C.
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