domenica 16 novembre 2014

Megale Hellas, i Greci d'Italia (7)

L'insediamento greco di Cuma è tra quelli più antichi d'Italia. I ritrovamenti archeologici lo fanno risalire al 730-720 a.C.. La città viene fondata da due gruppi di coloni: quelli già stanziatisi a Pitecusa, originari di Calcide, e quelli provenienti dalla Cuma situata sulla costa nordest della penisola anatolica.
Cuma, la Via Sacra (Foto: Wikipedia)
Gli ecisti, fondatori, a capo di ciascuno dei due gruppi sono: Megastene per i Calcidesi di Pitecusa, Ippocle per i Cumani d'Anatolia. Il luogo in cui sorge Cuma non è scelto a caso. La città si trova in una posizione strategica invidiabile, in un punto di passaggio obbligato lungo la rotta che congiunge l'alto e il basso Tirreno. Inevitabile il ruolo che svolge nei rapporti commerciali e culturali tra il mondo greco e quello etrusco.
Secondo lo storico Dionigi di Alicarnasso, nel 524 a.C. Cuma si trova a dover respingere l'attacco sferrato da una coalizione composta da "Etruschi, Umbri, Dauni e molti altri barbari". La battaglia si svolge proprio alle porte della città e fa emergere la figura di Aristodemo che, vent'anni dopo, si autoproclamerà tiranno di Cuma dopo aver sconfitto nuovamente gli Etruschi ad Ariccia, nel Lazio.
Acropoli di Cuma (Foto: News-24h.it)
Nel 474 d.C. gli Etruschi tentano nuovamente di conquistare la città. Lo scontro si svolge, questa volta, sul mare, al largo di Cuma, le cui navi sono supportate da quelle di Siracusa che risultano decisive nella vittoria finale. Nel V secolo a.C., l'importanza di Cuma si affievolisce a favore di altre città emergenti quali la stessa Siracusa e la vicina Napoli. Nel 421 a.C. è conquistata dalla popolazione indigena dei Campani, i quali conservano, comunque, i costumi e le leggi dei Greci. Durante la guerra sannitica e la guerra latina (343-338 a.C.), Cuma è una fedele alleata di Roma che la ricompensa con il diritto parziale di cittadinanza. Cuma resterà fedele all'Urbe anche durante la guerra annibalica.
Cuma sorge sul litorale che guarda le isole di Procida e di Ischia, chiuso a sud da Capo Miseno. L'acropoli della città sorge su uno sperone di tufo che aveva ospitato, durante l'Età del Ferro (IX-VIII secolo a.C.), un insediamento indigeno. L'abitato viene costruito nella conca pianeggiate compresa tra l'acropoli e, ad est, il Monte Grillo. Fino al VI secolo a.C. è circondato da mura difensive che contengono una superficie di 110 ettari. La necropoli è scavata a nord e si estende per circa 3 km lungo l'antica strada che correva ai margini del Lago di Licola. Qui è stato scoperto un muro in blocchi di tufo che gli archeologi hanno datato ad un periodo compreso tra il VI e il V secolo a.C.: si tratta, probabilmente, dei resti di un imponente fossato di bonifica e di difesa costruito dal tiranno Aristodemo.
Cuma, resti del Tempio di Giove (Foto: Wikipedia)
Il perno difensivo dell'abitato di Cuma è l'acropoli che, nel contempo, ne è anche il centro religioso. Essa è disposta su due terrazze ed al suo apparato difensivo appartiene la lunga galleria chiamata "Antro della Sibilla", scavata nel tufo lungo la terrazza che si affaccia sull'antica insenatura del porto. L'aspetto attuale di questo camminamento - precedentemente identificato con il famoso luogo in cui vaticinava la Sibilla Cumana - è dovuto a diverse trasformazioni intercorse nei secoli. Da qui si accede all'acropoli procedendo lungo la Via Sacra realizzata durante l'impero di Augusto. La Via Sacra accompagna ad una porta monumentale dalla quale partiva una gradinata che conduceva alla terrazza del Tempio di Apollo. Oggi è visibile la fase tardoantica e medioevale della porta, in cui è presente una torre quadrata detta "Torre Bizantina".
Cuma, resti del Tempio di Apollo (Foto: Wikipedia)
La terrazza su cui sorge il Tempio di Apollo era, un tempo, occupata da un abitato indigeno. All'arrivo dei coloni Greci, l'abitato viene distrutto e la terrazza livellata e regolarizzata (seconda metà del VI secolo a.C.). Il tempio sorge nell'angolo sudorientale della terrazza e la sua dedicazione ad Apollo è stata confermata dal ritrovamento di una dedica di età romana. Apollo, secondo la tradizione, ha guidato i coloni alla fondazione della città. Solo il basamento testimonia la fase arcaica dell'edificio. Nel V secolo d.C. diventa una basilica cristiana e vi si insediano numerose sepolture a fossa, ricavate nel basamento del tempio arcaico, una trentina delle quali scoperte nel 2012. Queste ultime hanno restituito corredi e resti ossei. Tra di esse è stata riconosciuta la sepoltura di un vescovo del X secolo d.C.
Virgilio, nell'Eneide, colloca presso il Tempio di Apollo l'ingresso all'antro della Sibilla Cumana, che Enea consulta per conoscere il proprio destino. La Sibilla Cumana è di particolare importanza per i Romani, i quali le attribuiscono la redazione dei famosi Libri Sibillini, raccolta di oracoli e prescrizioni rituali consultati nei casi di particolare emergenza. Ad età arcaica risale la cosiddetta "cisterna greca", un ambiente con pareti in blocchi che doveva essere, probabilmente, una fontana monumentale collegata alle virtù mediche di Apollo. Al fianco della "cisterna greca" vi è un portico ellenistico nei pressi del quale sono stati trovati degli ex voto anatomici, segni di un antico culto delle acque salutari.
Cuma, Antro della Sibilla (Foto: campiflegrei.it)
La terrazza superiore, collegata a quella inferiore dalla Via Sacra, ospita il Tempio di Giove, anche se l'attribuzione al re degli dèi non è certa. Questo tempio segue le stesse vicende storiche e architettoniche del Tempio di Apollo. Si è pensato che in questo edificio avessero luogo rituali religiosi di tipo occulto o misterioso. Anche questo tempio, nel V secolo d.C., viene trasformato in basilica paleocristiana e dall'VIII secolo d.C. diviene la cattedrale di Cuma, dedicata a San Massimo.
Un altro tempio sorgeva sul prolungamento meridionale dell'acropoli. Gli scavi hanno recuperato terrecotte architettoniche, ceramiche, statuette femminili di età arcaica e fondazioni di un edificio sacro. Probabilmente quest'ultimo era dedicato ad Hera, come si deduce da alcune iscrizioni vascolari del VI secolo a.C.. Hera veniva adorata a Cuma non tanto come sposa di Zeus quanto come divinità protettrice della  navigazione e della riproduzione. La posizione del santuario esterna alle mura cittadina, rivolto verso l'insenatura del porto, sottolinea la funzione di difesa della città che si attribuiva ad Hera. Un documento epigrafico del VII secolo a.C., del quale si ignora il contesto di ritrovamento, reca incisa l'iscrizione: "Hera non permette che si torni a consultare l'oracolo". L'oggetto, un dischetto in bronzo, veniva probabilmente estratto a sorte in occasione della consultazione dell'oracolo.
Cuma, sepolture medioevali sul basamento del Tempio di
Giove (Foto: archeologiamedioevale.it)
Le mura cittadine sono state edificate intorno al VI secolo a.C. e presentano numerose fasi costruttive. La fase monumentale risale al tiranno Aristodemo e consiste in una doppia cortina di blocchi di tufo. L'impianto stradale antico tuttora visibile risale al periodo romano, con vie basolate e risalente, con tutta probabilità, al 334 a.C.. Nel 95 d.C. viene costruita la Via Domiziana, che migliora i collegamenti tra Roma e il porto commerciale di Pozzuoli. Questa via entra a Cuma dalle mura settentrionali e ne attraversa il Foro tagliando il Monte Grillo con una costruzione, l'Arco Felice, opera di alta ingegneria che costituisce l'entrata monumentale alla città sotto la quale vi è tuttora un ampio tratto basolato della Via Domiziana.
Il Foro di età romana si dipana ai piedi dell'acropoli ed è delimitato, ad ovest, dal Capitolio e ad est da un edificio templare della fine del I secolo d.C.. L'area era occupata, in precedenza, da edifici di carattere monumentale risalenti al V-IV secolo a.C., dei quali gli archeologi hanno rintracciato le fondamenta. Anche la costruzione originaria del Capitolio risale al V-IV secolo a.C.. Di questa prima fase del tempio rimane il podio in blocchi di tufo sulla piazza del Foro. Sulla parte opposta, il tempio presentava un'iscrizione pavimentale in osco, ora perduta, in cui si attribuiva la dedica del pavimento alla famiglia degli Heii. Recenti scavi hanno permesso il recupero dei resti della decorazione architettonica, tra i quali uno splendido fregio in tufo di tipo dorico, con metope decorate da figure dipinte.

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