sabato 27 giugno 2015

Roma, mosaici e speculazione edilizia

Uno dei mosaici rinvenuti a piazza Albania (Foto: La Repubblica)
(Fonte: "La Repubblica") - Morgan De Sanctis forse ancora non lo sa. Ma nel palazzo di piazza Albania dove il portiere della Roma ha comprato un attico con vista mozzafiato sulla Città Eterna, ci sono i resti di una casa di età tardo imperiale. Un tesoro - fatto di tre mosaici e di frammenti di muri, ma alti fino a un metro e venti, affrescati - che potrebbe bloccare il cantiere di una delle tre palazzine in ristrutturazione all'Aventino.
La scoperta è avvenuta durante le indagini ordinate dalla Soprintendenza archeologica di Roma in seguito alla richiesta, da parte di BnpParibas, di migliorare la statica di quegli uffici bancari della Bnl che, approvato il cambio di destinazione d'uso, stanno per diventare lussuosi appartamenti. E all'acquirente che fa il giro delle stanze in costruzione, l'agente immobiliare si guarda bene dal dire che, due-tre metri sotto il garage, sono venuti alla luce muri d'età repubblicana e tre ambienti appartenenti a una o più domus di secondo-terzo secolo dopo Cristo. "Si, qualcosa lì dietro è apparso, stiamo ultimando gli scavi", ammette il venditore, dopo aver mostrato un appartamento di 40 metri quadri da 450mila euro (...).
Gli scavi, condotti dalla Land srl, la coop scelta dalla proprietà per lavorare sotto la direzione dell'archeologa della Soprintendenza statale Alessandra Capodiferro, hanno portato a ritrovamenti tali che il cantiere è stato fermato per decisione autonoma della proprietà. Bisogna infatti intervenire con la palificazione antisismica imposta dalla legge dal momento che la palazzina deve avere due nuove scale. E i micropali si andrebbero ad impiantare sui mosaici pavimentali risparmiati dalla ridda di pilastri e plinti in cemento costruiti senza riguardo per le preesistenze negli anni Sessanta.
"Io non credo che allora sapessero cosa stavano distruggendo - ammette Capodiferro, da venti anni responsabile dell'archeologia sull'Aventino - tanto che un pilone poggia su un muro romano. Il fatto è che a mio avviso ci troviamo di fronte a un contesto ad alta presenza archeologica, in un arco di tempo compreso tra l'età arcaica e il terzo secolo, fino al sesto. E noi abbiamo scavato solo dove la proprietà, che ha fatto di tutto per agevolare il nostro lavoro, aveva bisogno di avere il nulla osta per impiantare i micropali antisismici".
Come a dire, chissà quali altri ambienti si trovano se si estende in orizzontale la ricerca. Oltre cioè l'ambiente con il mosaico con l'emblema, la corona policroma (le tessere sono in pasta vitrea) al centro della quale si trova un piccolo volatile, da qui il nome che gli archeologi hanno dato alla domus avis. Oltre ai due cubicula connessi con questa stanza di rappresentanza, ricchi di mosaici pavimentali in bianco e nero a disegni geometrici, di pareti con tracce di affreschi. E oltre, siamo al terzo ambiente, al mosaico di 10 metri quadrati con l'anfora da dentro la quale escono tralci di vite, racemi che "cadono" sul pavimento per disegnare arabeschi.
Ora tra gli esperti dello Stato si è aperto un dibattito. Il soprintendente alle antichità di Roma, Francesco Prosperetti, che ha più volte visitato lo scavo, ritiene che i resti non costituiscano, allo stato attuale delle ricerche, un insieme omogeneo, da musealizzare in loco. Piuttosto che lasciare a piazza Albania con l'incompiuto di un palazzo scheletrico, insisterà sulla proprietà perché termini gli scavi. Ed è pronto a prendere in considerazione l'ipotesi estrema: staccare affreschi e mosaici e portarli in museo.

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