Veduta degli scavi di Bazira, in Pakistan (Foto: dawn.com) |
Sono i resti della città espugnata da Alessandro Magno quelli riportati alla luce dagli archeologi italiani a Bazira, l'attuale Barikot, nella valle pakistana dello Swat. La scoperta, che l'AGI è in grado di anticipare, è stata asseverata dagli esami sui materiali rinvenuti che si sono appena conclusi.
Gli archeologi, insomma, non sono andati in vacanza nello scavo italo-pakistano nello Swat. La valle, nota alle cronache per il suo emirato talebano e l'attentato a Malala Usufzai e alle sue compagne di scuola, sembra rientrata nella normalità, ed è di nuovo meta del turismo archeologico con nuovi siti scavati e aperti al pubblico e il nuovo Museo inaugurato nel 2013.
Barikot è in corso di scavo dal 1984 da parte della Missione Archeologica Italiana, quella fondata nel 1955 da Giuseppe Tucci nello Swat. La missione (oggi ISMEO) è sempre rimasta aperta e ha celebrato i suoi 60 anni di attività lo scorso novembre con un ciclo di conferenze e mostre in Cina, Paese molto vicino al Pakistan. Dal 2011 lo scavo di Barikot, l'antica Bazira (12 ettari inclusa l'acropoli) riguarda circa un ettaro dei quartieri sudoccidentali dell'antica città. Lo scavo condotto dalla Missione e dal Directorate of Archaeology and Museums della Provincia di Khyber-Pakhtunkhwa, è finanziato dal progetto ACT nell'ambito dell'accordo italo-pakistano di riconversione del debito.
Bazira è una città nota nelle fonti classiche per essere stata assediata e conquistata dai macedoni di Alessandro Magno verso la fine del IV secolo a.C. Fino ad oggi di questa città antica non c'erano tracce. L'archeologia aveva datato la città al periodo indogreco, quasi due secoli dopo Alessandro, al tempo del re Menandro, il re greco di fede Buddhista, le cui monete sono state ritrovate nello scavo.
La città si sviluppò e fu poi abbandonata alla fine dell'Impero Kushana nella seconda metà del III secolo d.C. anche in concomitanza di un devastante terremoto. Ben più vasta dovette essere la crisi, dato che portò all'abbandono dei centri urbani in tutto il nord del Subcontinente indo-pakistano. Crisi delle città e crisi del Buddhismo. Ma se questo è il panorama delle fasi finali, ancora più interessanti sono invece i nuovi dati dell'inizio della città. Lo scavo era recentemente stato onorato dalle cronache in Pakistan e in Europa per la scoperta, avvenuta nel mese di giugno, di livelli cospicui della città indogreca. Questa finora era nota grazie al monumentale muro di cinta (metà del II secolo a.C.) esposto per molti tratti,con i suoi bastioni e terrapieni. La scoperta è stata presentata all'ultima South Asian Archaeology Conference (un appuntamento che riunisce ogni due anni dal 1971 i maggiori esperti mondiali) tenuta nel luglio scorso all'università di Cardiff. Qui era stata avanzata l'ipotesi che esistesse una città precedente dell'epoca dei Maurya, dinastia indiana celebre per il re Ashoka. Sempre a Cardiff era stato comunicato che per la costruzione del muro di cinta indogreco, fosse stata tagliata artificialmente tutta una stratigrafia molto antica lungo il perimetro delle mura, esponendo i resti di un villaggio preistorico.
Nelle ultime settimane, poi, lo studio dei materiali, condotto anche con l'ausilio del team CIRCE diretto dal professor Filippo Terrasi (Napoli2, Dipartimento di Matematica e Fisica) ha rivelato che i livelli urbani pre-indogreci trovati dentro la città sono databili con assoluta certezza alla metà del III secolo a.C., addirittura un secolo più antichi delle mura cittadine. Quindi in piena fase Maurya. Non solo, ma anche che effettivamente il villaggio protostorico rivelato dalla trincea di fondazione all'esterno del muro di cinta risale al 1100-1000 a.C.
"Oggi è chiaro che gli Indogreci fortificarono una città già esistente, e che per costruire le mura urbane distrussero gran parte della stratigrafia ed esposero strutture antichissime con lavori di terrazzamento molto estesi e profondi. Pensavamo che la città si fosse impostata su nulla più di un insediamento rurale tardo-protostorico. Oggi sappiamo che c'era già una città, e che questi resti sotto le mura sono quasi 800 anni più antichi di quanto pensavamo" conferma il Direttore della Missione Luca M. Olivieri. La città ha dunque una spettacolare sequenza di occupazione. "Abbiamo due serie di dati, dal basso e dall'alto. Grazie agli sbancamenti antichi sappiamo che già esisteva una città nella tarda Età del Bronzo, l'epoca delle grandi necropoli del Gandhara e dello Swat. Ma sappiamo anche che sotto la città indogreca c'è quella maurya, e ancora sotto ce n'è un'altra, per così dire".
Questo accenno ci obbliga a tornare ad Alessandro. Le fonti classiche antiche, in particolar Arriano e Curzio Rufo, citano Bazira, come una ricca città assediata da Ceno, generale di Alessandro, nel 327 a.C., mentre il macedone risaliva lo Swat fino alla capitale Massaka, ancora non localizzata. "Fino ad oggi non avevamo dati del IV secolo in avanti - prosegue Olivieri - che confermassero questa urbs opulenta, come Curzio Rufo definisce Bazira. Curzio è peraltro molto preciso in tanti particolari dell'impresa di Alessandro in Swat". I livelli della città antica trovati all'interno dell'abitato indicano con chiarezza che sotto i livelli indogreci c'è invece un insediamento urbano ricco di materiali (dalla piana gangetica e dalla Battriata ellenizzata) datato al più tardi alla metà del III secolo a.C.
Ma strutture più antiche affiorano già, databili per ora - con grande cautela - al IV secolo. "Ci troviamo oltre cinque metri sotto il livello di campagna. Siamo stati fortunati a poter trovare circa 40 metri quadrati liberi in un'area fitta di edifici costruiti l'uno sull'altro per almeno sei-sette secoli. Trovare la conferma di edifici datati alla fine del IV secolo, confermerebbe pure - conclude Olivieri - non solo l'esistenza della urbs opulenta, ma ci porterebbe ovviamente a conclusioni ben più importanti".
Gli archeologi, insomma, non sono andati in vacanza nello scavo italo-pakistano nello Swat. La valle, nota alle cronache per il suo emirato talebano e l'attentato a Malala Usufzai e alle sue compagne di scuola, sembra rientrata nella normalità, ed è di nuovo meta del turismo archeologico con nuovi siti scavati e aperti al pubblico e il nuovo Museo inaugurato nel 2013.
Barikot è in corso di scavo dal 1984 da parte della Missione Archeologica Italiana, quella fondata nel 1955 da Giuseppe Tucci nello Swat. La missione (oggi ISMEO) è sempre rimasta aperta e ha celebrato i suoi 60 anni di attività lo scorso novembre con un ciclo di conferenze e mostre in Cina, Paese molto vicino al Pakistan. Dal 2011 lo scavo di Barikot, l'antica Bazira (12 ettari inclusa l'acropoli) riguarda circa un ettaro dei quartieri sudoccidentali dell'antica città. Lo scavo condotto dalla Missione e dal Directorate of Archaeology and Museums della Provincia di Khyber-Pakhtunkhwa, è finanziato dal progetto ACT nell'ambito dell'accordo italo-pakistano di riconversione del debito.
Resti della città di Bazira (Foto: Flickr.com) |
La città si sviluppò e fu poi abbandonata alla fine dell'Impero Kushana nella seconda metà del III secolo d.C. anche in concomitanza di un devastante terremoto. Ben più vasta dovette essere la crisi, dato che portò all'abbandono dei centri urbani in tutto il nord del Subcontinente indo-pakistano. Crisi delle città e crisi del Buddhismo. Ma se questo è il panorama delle fasi finali, ancora più interessanti sono invece i nuovi dati dell'inizio della città. Lo scavo era recentemente stato onorato dalle cronache in Pakistan e in Europa per la scoperta, avvenuta nel mese di giugno, di livelli cospicui della città indogreca. Questa finora era nota grazie al monumentale muro di cinta (metà del II secolo a.C.) esposto per molti tratti,con i suoi bastioni e terrapieni. La scoperta è stata presentata all'ultima South Asian Archaeology Conference (un appuntamento che riunisce ogni due anni dal 1971 i maggiori esperti mondiali) tenuta nel luglio scorso all'università di Cardiff. Qui era stata avanzata l'ipotesi che esistesse una città precedente dell'epoca dei Maurya, dinastia indiana celebre per il re Ashoka. Sempre a Cardiff era stato comunicato che per la costruzione del muro di cinta indogreco, fosse stata tagliata artificialmente tutta una stratigrafia molto antica lungo il perimetro delle mura, esponendo i resti di un villaggio preistorico.
Bazira, scavi della Missione Archeologica Italiana (Foto: tribune.com.pk) |
"Oggi è chiaro che gli Indogreci fortificarono una città già esistente, e che per costruire le mura urbane distrussero gran parte della stratigrafia ed esposero strutture antichissime con lavori di terrazzamento molto estesi e profondi. Pensavamo che la città si fosse impostata su nulla più di un insediamento rurale tardo-protostorico. Oggi sappiamo che c'era già una città, e che questi resti sotto le mura sono quasi 800 anni più antichi di quanto pensavamo" conferma il Direttore della Missione Luca M. Olivieri. La città ha dunque una spettacolare sequenza di occupazione. "Abbiamo due serie di dati, dal basso e dall'alto. Grazie agli sbancamenti antichi sappiamo che già esisteva una città nella tarda Età del Bronzo, l'epoca delle grandi necropoli del Gandhara e dello Swat. Ma sappiamo anche che sotto la città indogreca c'è quella maurya, e ancora sotto ce n'è un'altra, per così dire".
Edifici di Bazira (Foto: Pinterest) |
Ma strutture più antiche affiorano già, databili per ora - con grande cautela - al IV secolo. "Ci troviamo oltre cinque metri sotto il livello di campagna. Siamo stati fortunati a poter trovare circa 40 metri quadrati liberi in un'area fitta di edifici costruiti l'uno sull'altro per almeno sei-sette secoli. Trovare la conferma di edifici datati alla fine del IV secolo, confermerebbe pure - conclude Olivieri - non solo l'esistenza della urbs opulenta, ma ci porterebbe ovviamente a conclusioni ben più importanti".
Fonte:
AGI
AGI
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