(Foto: Corriere.it) |
La notizia non è ufficiale, ma ormai ci sarebbero pochi dubbi: il teatro antico, greco-romano, c'è e tra un mese sarà portato alla luce. Almeno questa è la speranza del direttore del Parco Archeologico di Agrigento Giuseppe Parello che fatica a tenere la bocca chiusa: "Ne riparliamo il 10 ottobre quanto tutta l'area sarà scavata". Al suo nome e a quello dell'assessore ai Beni Culturali Carlo Vermiglio potrebbe essere legata la scoperta archeologica più attesa, più inseguita, quella del teatro che si annuncia grande e in una posizione che più bella non si può.
E' curioso che il sospirato teatro si faccia scoprire a due passi dagli uffici della sovrintendenza e dal museo: era lì, ma non verso il nord, dove si ostinavano a cercarlo, ma verso sud. "La conca c'è, il primo gradone della cavea gira perfettamente... tutto sembra iscritto in un ordine urbanistico perfetto", ripete Parello. Sembra così avviarsi a conclusione una lunghissima caccia al tesoro che ha appassionato e contrapposto gli studiosi e indispettito gli agrigentini: era inaccettabile per loro che l'antica e gloriosa Akragas, definita da Pindaro "la più bella città dei mortali", non avesse avuto un suo teatro.
Contro questo beffardo contrappasso si sono invocate da parte dei cultori di storia patria le innumerevoli testimonianze letterarie che attestano direttamente o indirettamente la presenza di una cavea teatrale nell'antica città greco-romana. Si comincia con Tommaso Fazello che a metà del '500 scrive di notare i resti del grande teatro non lontano dalla chiesa di San Nicola. Agli anni Trenta del Novecento Pirro Marconi, finanziato dal capitano inglese in pensione Alexander Hardcastle, scava in una conca poco a nord di San Nicola, ma non trova nulla che somigli ad un teatro.
Da quel momento in poi negli ambienti accademici l'interesse per il ritrovamento del teatro diventa secondario, mentre in quelli semicolti assume i caratteri di una ossessione, di una sfida. A cavallo tra gli anni '80 e '90 si torna a parlare di teatro e incautamente se ne annuncia l'imminente ritrovamento. Ma gli scavi escludono in quell'area la cavea antica; in compenso scoprono una grande piazza porticata dentro la quale si trova un tempio di età ellenistico-romana.
Niente teatro, allora, ma una nuova visione di tutta la zona che sembra profilarsi sempre di più come la vera agorà. Nel frattempo la gestione del luogo passa nelle mani del Parco che dà incarichi di studio e di ricerca al Politecnico di Bari. Un'equipe di studiosi guidati da Monica Liviadotti del Politecnico di Bari e da Luigi Calio dell'Università di Catania con le archeologhe del parco Valentina Caminneci, Maria Concetta Parello e Maria Serena Rizzo cataloga tutte le immagini di questa zona prodotte negli ultimi decenni e le sottopone ad analisi raffinate.
"Durante queste analisi emergono delle anomalie in una particolare zona: anomalie nel gergo dei ricercatori significa che c'è qualcosa sepolta in questa porzione di campagna" racconta il direttore Parello. In particolare le anomalie segnalano la presenza di una struttura semicircolare in un punto molto vicino alla chiesa di San Nicola, direzione sudest. Si decide di fare un piccolo e veloce saggio di scavo per verificare l'affettiva presenza della struttura. Emerge subito quello che potrebbe essere il gradone semicircolare più alto del monumento. Si scava anche in corrispondenza dell'eventuale scena, anche qui si trovano strutture coerenti con la possibilità del teatro. L'età apparente delle strutture emerse risalirebbe al periodo ellenistico-romano. Ma non ci sono i soldi per continuare. Si chiude tutto in attesa di uno scavo totale e definitivo della zona. Si ricomincia il 10 ottobre.
E' curioso che il sospirato teatro si faccia scoprire a due passi dagli uffici della sovrintendenza e dal museo: era lì, ma non verso il nord, dove si ostinavano a cercarlo, ma verso sud. "La conca c'è, il primo gradone della cavea gira perfettamente... tutto sembra iscritto in un ordine urbanistico perfetto", ripete Parello. Sembra così avviarsi a conclusione una lunghissima caccia al tesoro che ha appassionato e contrapposto gli studiosi e indispettito gli agrigentini: era inaccettabile per loro che l'antica e gloriosa Akragas, definita da Pindaro "la più bella città dei mortali", non avesse avuto un suo teatro.
Contro questo beffardo contrappasso si sono invocate da parte dei cultori di storia patria le innumerevoli testimonianze letterarie che attestano direttamente o indirettamente la presenza di una cavea teatrale nell'antica città greco-romana. Si comincia con Tommaso Fazello che a metà del '500 scrive di notare i resti del grande teatro non lontano dalla chiesa di San Nicola. Agli anni Trenta del Novecento Pirro Marconi, finanziato dal capitano inglese in pensione Alexander Hardcastle, scava in una conca poco a nord di San Nicola, ma non trova nulla che somigli ad un teatro.
Da quel momento in poi negli ambienti accademici l'interesse per il ritrovamento del teatro diventa secondario, mentre in quelli semicolti assume i caratteri di una ossessione, di una sfida. A cavallo tra gli anni '80 e '90 si torna a parlare di teatro e incautamente se ne annuncia l'imminente ritrovamento. Ma gli scavi escludono in quell'area la cavea antica; in compenso scoprono una grande piazza porticata dentro la quale si trova un tempio di età ellenistico-romana.
Niente teatro, allora, ma una nuova visione di tutta la zona che sembra profilarsi sempre di più come la vera agorà. Nel frattempo la gestione del luogo passa nelle mani del Parco che dà incarichi di studio e di ricerca al Politecnico di Bari. Un'equipe di studiosi guidati da Monica Liviadotti del Politecnico di Bari e da Luigi Calio dell'Università di Catania con le archeologhe del parco Valentina Caminneci, Maria Concetta Parello e Maria Serena Rizzo cataloga tutte le immagini di questa zona prodotte negli ultimi decenni e le sottopone ad analisi raffinate.
"Durante queste analisi emergono delle anomalie in una particolare zona: anomalie nel gergo dei ricercatori significa che c'è qualcosa sepolta in questa porzione di campagna" racconta il direttore Parello. In particolare le anomalie segnalano la presenza di una struttura semicircolare in un punto molto vicino alla chiesa di San Nicola, direzione sudest. Si decide di fare un piccolo e veloce saggio di scavo per verificare l'affettiva presenza della struttura. Emerge subito quello che potrebbe essere il gradone semicircolare più alto del monumento. Si scava anche in corrispondenza dell'eventuale scena, anche qui si trovano strutture coerenti con la possibilità del teatro. L'età apparente delle strutture emerse risalirebbe al periodo ellenistico-romano. Ma non ci sono i soldi per continuare. Si chiude tutto in attesa di uno scavo totale e definitivo della zona. Si ricomincia il 10 ottobre.
Fonte:
Corriere.it
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