L'antica città di
Alba Fucens, in
Abruzzo, è circondata da tre colli, il più alto dei quali conserva i
resti del centro medioevale di Albe e del
castello Orsini, mentre su di un altro si trova la
chiesa di S. Pietro. Sul
colle Pettorino, invece, sorge il monumentale
teatro della città romana. Il centro antico era forse abitato dai
Marsi o dagli
Equi.
Alba Fucens era uno degli avamposti romani più importanti per la conquista dell'Italia centrale. Venne strappata agli Equi dal
console Sempronio Sofo, nel
304-303 a.C.. Nel 303 divenne
colonia latina sotto il consolato di
Lucio Genucio e
Servio Cornelio. La città fu fedele a Roma, supportandola - nel III secolo a.C. - contro la coalizione di Etruschi, Umbri, Sanniti e Galli e, più tardi, durante la discesa in Italia di Annibale e durante le guerre sociali.
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L'anfiteatro di Alba Fucens (Foto: Claudio Parente) |
Con i
Longobardi Alba Fucens venne annessa al
gastaldato di Spoleto. Il borgo venne, in seguito, distrutto da
Carlo d'Angiò durante gli eventi connessi alla guerra contro
Corradino di Svevia. La contea della Marsica, alla quale la città apparteneva, passò nel
1372 agli
Orsini, che fecero ricostruire diversi edifici danneggiati e, successivamente, venne consegnata a
Lorenzo Colonna (1428),
fratello di papa Martino V.
La città si trova a 1000 metri s.l.m. e si estende per 34 acri difesi da una poderosa
cinta muraria che si snoda per 3 chilometri. L'impianto urbano visibile risale ad un periodo compreso
tra il IV e gli inizi del III secolo a.C., si riconoscono il
decumano massimo e il
cardine massimo rispettivamente nella
via del Miliario (che prende nome dal
miliario di Magenzio del 350-351 d.C., sul quale è indicata la distanza da Roma sulla via Valeria) e la
via dell'Elefante, chiamata in questo modo dopo il ritrovamento di lastre in pietra decorate da protomi elefantine.
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Esterno della chiesa di S. Pietro in Albe (Foto: Claudio Parente) |
I fattori naturali hanno condizionato fortemente la vita e lo sviluppo di
Alba Fucens, primi tra tutti i
terremoti, poi l'alta instabilità dei versanti soprastanti che hanno richiesto, già in epoca di fondazione, bonifiche e ricostruzioni. Nel
VI secolo d.C. il
Pian di Civita venne abbandonato e venne fondato il nuovo insediamento di Albe. Dopo il terribile
sisma del 1915, l'abitato venne ulteriormente spostato.
Gli scavi, a partire dal
1949, si concentrarono nell'area che dalla
Basilica conduce al s
antuario di Ercole, dove venne rinvenuta la
statua colossale di Ercole epitrapezios, oggi al Museo Archeologico Nazionale d'Abruzzo a Chieti. Venne presto individuato il centro della città che una pietra miliare confermò essere
Alba Fucens. Nuovi scavi nel
Foro sono stati avviati nel
2007.
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Iconostasi di S. Pietro in Albe (Foto: Roy Focker) |
Il Foro occupa il settore settentrionale della valle, delimitato a nord dal
Comitium e a sud dal complesso della Basilica preceduta da un
portico che alcuni studiosi identificano con il
diribitorium, l'edificio pubblico dove si svolgevano le
operazioni di voto e il relativo spoglio. La piazza del Foro misurava complessivamente oltre
144 x 43,50 metri. Vi è stato rinvenuto, sul lato occidentale, un
ambiente riccamente decorato: la pavimentazione è in
opus sectile con
crustae di marmo ai muri, sul fondo vi è un
podio con colonnine di marmo africano e capitelli corinzi. Gli studiosi ritengono sia un
sacellum utilizzato come sede di una associazione professionale o
Schola.
Un muro, ora crollato, separava la
Sala delle Colonne dalla
Schola. Le
tegole triangolari del muro portano dei
bolli che rimandano l'appartenenza del materiale della fabbrica (
figlina) alla
famiglia di Q. Naevius Cordus Sutorius Macro (21 a.C. - 38 d.C.),
prefetto del pretorio di Tiberio e Caligola e nativo di Alba, dove si occupò prevalentemente di edilizia.
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Borgo medioevale di Alba Fucens (Foto: tripadvisor) |
Nel 2011, sul pavimento musivo di un portico vicino alla Basilica di
Alba Fucens, è stata scoperta una
grande iscrizione dipinta di rosso su intonaco bianco entro una cornice verde. Nella parte superiore è presente un
calendario; in quella centrale vi è una
dedica ai magistrati locali e, nella parte bassa, sono rappresentati i
fasti consulares. I frammenti recuperati dell'antico calendario riguardano i soli mesi di
aprile,
maggio e
giugno. I
fasti consulares - visibili solo negli ultimi 45 centimetri - erano il
registro, anno per anno, dei consoli e magistrati locali nonché l'elenco delle guerre sostenute a partire da quella sociale. Forse l'elenco cominciava dal
90 a.C., quando la
Lex Iulia concesse la cittadinanza romana a tutta l'Italia. Grazie a questi frammenti, i ricercatori hanno collocato la redazione dei
fasti consulares di
Alba Fucens al
30 d.C.
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Ercole Epitrapezios da Alba Fucens (Foto: archeoclublaquila.it) |
Ma non sono solo i resti dell'antica
Alba Fucens ad essere interessantissimi da visitare. Una menzione merita anche la chiesa di S. Pietro in Albe, la cui prima notizia risale ad una
bolla di papa Pasquale II del
1115. La chiesa viene citata tra i possedimenti del
vescovo dei Marsi ed era stata costruita poco prima dai
Benedettini sui
resti di una basilica paleocristiana del
VI secolo d.C., intitolata a San Pietro, a sua volta edificata
su un antico tempio italico dedicato ad
Apollo e risalente al
III secolo a.C.
Nel
1310 la chiesa venne ceduta ai
Francescani, che edificarono il convento adiacente, soppresso nel 1644 da
Innocenzo X. Il convento venne ricostruito in seguito e passò in mano privata nel 1866, mentre la chiesa venne dichiarata monumento nazionale nel 1892. Il terremoto devastante del 1915 distrusse quasi completamente la chiesa di S. Pietro in Albe. Un restauro degli anni '50 ha permesso di ripristinarne l'aspetto originario.
La chiesa è a
tre navate suddivise da
colonne corinzie scanalate, chiaramente di recupero; ha un
abside semicircolare e un
corpo quadrangolare. Addossata alla facciata si erge la
torre campanaria, costruita nel corso del
X secolo. Il
portale romanico (
XII secolo) presenta elementi vegetali e zoomorfi e reca il simbolo di San Pietro al centro (1494). L'interno ospita un
ambone policromo degli inizi del
XIII secolo, opera dei
maestri cosmateschi romani Giovanni di Guido e Andrea. Il ciclo di affreschi del XIV-XV secolo che decorava la parete della navata laterale sinistra, sono oggi visibili al Museo del Castello Piccolomini di Celano. Visibili tuttora sono i
graffiti sulle pareti del pronao, risalenti al
II secolo d.C.
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