domenica 8 gennaio 2017

L'antica Nepet

Scorcio di Nepi (Foto: settemuse.it)
Le origini della cittadina di Nepi, a nord di Roma, risalgono alla fine dell'VIII secolo a.C., quando si hanno le prime attestazioni di comunità umane stanziali sullo sperone tufaceo che, in seguito, ospiterà il centro abitato che Plinio il Vecchio, nella sua Naturalis Historia, chiama Nepet. Questo nome, secondo alcuni, deriverebbe dalla parola etrusca Nepa, ovvero acqua e vorrebbe Nepi città delle acque. La leggenda della sua fondazione, inoltre, ci parta di un particolare serpente acquatico adorato dalle antiche popolazioni falische come divinità. Il serpente si mostrò al mitico fondatore di Nepi, Termo Larte, mentre questi era intento a tracciare il solco del pomerio del nuovo insediamento.
Nepi è il centro meno noto di tutta la Tuscia, che comprende l'attuale territorio della provincia di Viterbo, a causa soprattutto della scarsità di dati storiografici. Le fonti romane citano raramente Nepi che sembra rimanere ai margini della storia per un lungo arco temporale che va dalla deduzione di una colonia latina intorno al 383 a.C., fino all'età tardo-antica. Livio la definisce "porta dell'Etruria" insieme alla vicina Sutri e le riconosce un ruolo strategico per la sua collocazione geografica.
Nepi, rocca dei Borgia (Foto: wikimedia commons)
Nepi si trovava sul confine occidentale del territorio falisco, in collegamento con l'interno dell'Etruria e con Falerii Veteres (oggi Civita Castellana), Narce e Veio. Una nuova stagione di studi di questa interessante cittadina si è aperta negli ultimi decenni del '900, con attività di scavo e di ricognizioni di superficie per acquisire dati utili alla comprensione dello sviluppo dell'antica città falisca. Nel 2014, poi, è stata inaugurata la nuova sede del locale Museo Civico.
Uno scavo effettuato tra il 1991 e il 1992 nell'ambito del "Nepi Project" ha portato alla luce alcuni ambienti residenziali di epoca arcaica ed una sequenza stratigrafica che documenta l'occupazione dell'area dalla fine del VII secolo a.C. sino all'età romana. Oggi la città antica è visibile solo attraverso un breve tratto della cinta muraria in opera quadrata, genericamente datata al V secolo a.C.. Dalle aree circostanti, però, sono giunti dati interessanti. Innanzitutto un buon numero di sepolture nelle località di San Paolo, Cerro e Sante Grotte, dove sono state documentate le fasi media e recente del periodo Orientalizzante (680-580 a.C.).
Scorcio della via Amerina (Foto: tusciaup.com)
Le sepolture di Cerro e San Paolo sono essenzialmente composte da una camera quadrangolare, preceduta talvolta da un piccolo corridoio di accesso. Le camere tuttora visibili sono spoglie e senza traccia di decorazione. In alcuni casi la parete tufacea risulta lavorata in corrispondenza delle banchine o dei loculi. Le sepolture sono per lo più ad inumazione, all'interno di loculi, su banchine o su tavolati lignei che poggiano su blocchi di tufo squadrati. La presenza di nicchie indica il perdurare, fino al VII secolo a.C., del rito dell'incinerazione. Lo scavo ha permesso il recupero di corredi costituiti prevalentemente da vasellame d'impasto inciso.
La necropoli di San Paolo è stata piuttosto compromessa dallo sviluppo urbanistico. La sua frequentazione è apparsa più prolungata, arrivando fino al periodo romano. Le campagne di scavo del 2000 e del 2005 hanno restituito materiali archeologici eccezionali, costituiti da alcune raffinate ceramiche di produzione attica a figure nere e figure rosse, indice dei frequenti contatti e scambi con il mondo greco.
Tratto della via Amerina sotto la rocca di Nepi
(Foto: Giuseppe Cocco, penisolabella.blogspot.it)
Nel 1926, nella necropoli di Gilastro, è stato rinvenuto un cratere con decorazione a figure nere che, su un lato riporta la figura di Eracle che combatte contro il leone nemeo, oggi conservato nel Museo dell'Agro Falisco di Civita Castellana
Gli scavi nella necropoli di Sante Grotte, già indagata nel 1910 da Enrico Stefani, hanno permesso il ritrovamento di due tombe a fossa con loculo sepolcrale e quattro tombe a camera violate. Nel 1988 venne fortunosamente ritrovata una tomba a camera con sei deposizioni, due delle quali (una femminile ed una maschile) all'interno di sarcofagi in tufo con copertura in coppi e tegole a doppio spiovente. Sono, però, le campagne di scavo del 2003 e del 2004 a restituire le scoperte più interessanti. Sono state localizzate sei tombe a camera e venti tombe infantili a fossa. Le camere, scavate nel banco tufaceo, hanno pianta quadrangolare e sono precedute da un corridoio di accesso. Nelle camere vennero sepolti fino a dieci defunti. Le pareti non conservano decorazioni e in un solo caso il soffitto ha una lavorazione a doppio spiovente.
Nell'agro falisco, in età arcaica, era consuetudine riutilizzare le sepolture più volte. Talvolta si procedeva a spostare le deposizioni più antiche per far posto ad altre, come nel caso di una tomba scoperta nel 1988, nella quale i resti ossei di un'inumazione erano stati rimossi e raccolti fra i blocchi di tufo che fungevano da appoggio per uno dei due sarcofagi.
La posizione dei defunti, all'interno dei loculi, non è casuale. Il corpo è adagiato in posizione supina, le braccia distese lungo i fianchi e il capo sempre posto nella parte destra del loculo. Una posizione che sembra rimandare a quella rappresentata negli affreschi, dove il defunto giace su un fianco durante il banchetto funebre. In alcune sepolture sono stati anche trovati, a rafforzare questa ipotesi, degli spiedi in ferro per la cottura delle carni. Una coppia di questi spiedi conserva ancora residui organici di cibo riservato al defunto.
Per quel che riguarda la storia di Nepi successiva all'occupazione romana, la cittadina fu sede vescovile già a partire dal IV secolo d.C.. Venne più volte saccheggiata durante le invasioni barbariche e nell'alto Medioevo conobbe un periodo di splendore dovuto al passaggio della via Amerina, l'unica arteria che collegava Roma a Ravenna durante le guerre greco-gotiche. Nepi si costituì in libero comune nel 1131, come testimoniato dalla lapide del primo patto comunale conservata nel portico della Cattedrale.


Museo Civico Archeologico di Nepi
chiuso il lunedì
tel.: 0761.570604 - e.mail: museo@comune.nepi.vt.it - www.facebook.com/museociviconepi

Fonte:
liberamente adattato da "Archeo" di aprile 2016

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