domenica 30 marzo 2025

Turchia, scoperti focolari ed oggetti di 4000 anni fa

Turchia, uno dei vasi di ceramica Karaz
(Foto: finestresullarte.info)

Gli scavi archeologici condotti a Tadum Kales e Tadum Hoyugu, nel villaggio di Tadum, in Turchia, continuano a riportare alla luce reperti di straordinaria importanza per la ricostruzione del passato dell'Anatolia, regione peninsulare dell'Asia occidentale comprendente gran parte dell'odierna Turchia.
Le ricerche, condotte dal Museo di Archeologia ed Etnografia di Elazig, hanno permesso di individuare numerosi manufatti risalenti al periodo del Tardo Calcolitico e dell'Età del Bronzo, offrendo nuove prospettive sulla vita e sulle credenze delle civiltà che abitarono la regione migliaia di anni fa. Tra i ritrovamenti figurano dodici vasi di ceramica Karaz, risalenti al 4000-3000 a.C., oltre a un'anfora dipinta decorata con motivi di stambecco, datata intorno al 3200 a.C. Particolarmente eccezionale è la scoperta di due focolari sacri con decorazioni taurine anch'essi risalenti al 4000-3000 a.C. I reperti gettano, quindi, nuova luce sui rituali religiosi e sulla vita sociale delle antiche popolazioni anatoliche.
Si ipotizza, infatti, che in un'epoca in cui il fuoco aveva un valore sacro, tali focolari fossero utilizzati per cerimonie rituali e rappresentassero un simbolo di unità familiare. La loro eccezionale conservazione consente agli studiosi di approfondire le conoscenze sulle credenze spirituali e sulle pratiche quotidiane delle popolazioni preistoriche della regione. Le ricerche archeologiche hanno, inoltre, rivelato sei differenti strati culturali che testimoniano una continuità insediativa incomparabile.
Gli strati emersi appartengono a diverse epoche storiche, tra cui il periodo neolitico, il tardo calcolitico, le fasi dell'Età del Bronzo (antica, media e recente), l'Età del Ferro (prima e tarda), nonché le epoche bizantina, selgiuchide e quella ottomana. I resti murari e i frammenti ceramici rinvenuti dimostrano che il sito è stato abitato ininterrottamente per migliaia di anni, fungendo da crocevia per diverse culture. Le scoperte archeologiche forniscono, quindi, un quadro dettagliato della trasformazione del territorio e delle civiltà che vi si sono succedute, contribuendo a riscrivere la storia della regione.

Fonte:
finestresullarte.info

sabato 29 marzo 2025

Padova, memorie dal sottosuolo

Padova, mosaico a tessere bianco-ere di epoca tardo-antica
nel chiostro dei Canonici (Foto: archeoreporter.com)

Nel cuore della città di Padova, tra la Cattedrale ed il Battistero, si è concluso un nuovo lungo e complesso intervento di scavo archeologico nel Chiostro dei Canonici, l'area di piazza Duomo. L'indagine, condotta dalla Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Padova sotto la direzione di Cinzia Rossignoli, rappresenta la prosecuzione delle ricerche avviate tra il 2011 ed il 2012 dall'Università di Padova, che avevano già portato alla luce un vano con mosaico pavimentale risalente al IV secolo a.C.
Il complicato palinsesto di archeologia urbana, per nulla facile da scavare, da vedere, da interpretare, mostra però alcune caratteristiche tipiche di un'area religiosa di ininterrotta frequentazione, dagli albori del cristianesimo fino all'età moderna inoltrata. Alla fine si può ipotizzare che siano stati individuati i resti di un edificio paleocristiano che, vista l'area, potrebbe essere la prima cattedrale padovana.
Lo scavo del 2024 ha permesso di approfondire la conoscenza dell'area, confermandone l'utilizzo cimiteriale tra Medioevo ed età moderna. Tra le sepolture spiccano due ampie tombe a camera sovrapposte, probabilmente pertinenti a famiglie nobili padovane, collocate in prossimità del Battistero. Risalgono, invece, al periodo medioevale i resti di un lungo muro perimetrale che potrebbe corrispondere alle fondazioni dell'antico chiostro.
L'indagine ha permesso di documentare anche due ampi lacerti pavimentali in cocciopesto con resti di mosaici in tessere bianche e nere, situati alla stessa quota del mosaico già noto. Queste pavimentazioni si connettono ad una grande muratura curvilinea, probabilmente parte di un edificio absidato databile al IV secolo d.C., forse riconducibile alle prime fasi della cattedrale paleocristiana patavina.
Le strutture recentemente scavate sembrano sovrapporsi ad un contesto ancora più antico, probabilmente una domus romana. In attesa delle analisi specialistiche e della rielaborazione dei dati di scavo, si può senza dubbio affermare che si tratta di un settore cruciale per  comprendere le origini del complesso ecclesiastico di Padova tra età romana e cristianesimo delle origini.
In parallelo allo scavo, la Soprintendenza - con il sostegno del Ministero della Cultura e della Fondazione Cariparo - ha promosso il restauro del mosaico già messo in luce in passato. Il mosaico, decorato con una cornice rosata e motivi geometrici in bianco e nero (ottagoni, quadrati, esagoni allungati), è riconducibile ad un repertorio tardoantico diffuso nei contesti cristiani dell'area veneta ed adriatica tra il IV ed il VI secolo d.C.

Fonte:
archeoreporter.com

Sicilia, trovata la porta nord di Selinunte

Sicilia, l'area della porta nord e le mura di Selinunte
dopo gli ultimi scavi (Foto: archeoreporter.com)

Una nuova, importante, scoperta archeologica ridefinisce la geografia dell'antica Selinunte: grazie alle più recenti indagini sono riaffiorate la porta monumentale ed ampi tratti della cinta muraria settentrionale della città. Questo rinvenimento sposta di circa 300 metri l'estensione della polis verso nord rispetto a quanto ipotizzato finora, confermandone la rilevanza tra le più importanti città greche del Mediterraneo occidentale.
I nuovi scavi, condotti dal Parco Archeologico di Selinunte con la direzione scientifica di Carlo Zoppi (Università del Piemonte Orientale) e la partecipazione di Archeofficina, riprendono un'intuizione di Dieter Mertens, tra i massimi studiosi della città fondata dai Megaresi nel VII secolo a.C. Fu proprio Mertens, negli anni Novanta, a scavare due delle porte orientali e ad ipotizzare un'estensione urbana ben più ampia, oltre le recinzioni moderne del parco.
La porta appena ritrovata, larga circa tre metri, si trova nella zona di Galera Bagliazzo, nei pressi della necropoli monumentale. Si presenta come un passaggio sorvegliato da torri e affiancato da strutture artigianali, forse botteghe. Questa era probabilmente l'uscita percorsa dai cortei funebri verso le sepolture, ma anche uno dei punti vulnerabili durante l'assedio cartaginese del 409 a.C.
All'apice della sua potenza, alla fine del V secolo a.C., Selinunte contava circa 26.000 abitanti, con un territorio che si estendeva da Mazara del Vallo fino a Monte Adranone, Sciacca ed Eraclea Minoa, includendo circa 90.000 abitanti. La città si distingueva per la regolarità della sua pianta urbana, dominata da templi monumentali e un'agorà ampia e ben organizzata.
Secondo il racconto di Diodoro Siculo, durante l'assalto cartaginese guidato da Annibale (non il famoso condottiero punico ma un suo omonimo), l'esercito nemico sfondò le mura dopo dieci giorni di assedio, entrando da nord. I dati archeologici ora sembrano confermare quell'accesso, aggiungendo nuovi elementi per comprendere le dinamiche della caduta della città.
Gli scavi hanno impiegato tecniche innovative, come la tomografia geoelettrica tridimensionale, che permette una lettura del sottosuolo fino a quattro metri di profondità. Oltre alla struttura della porta, è stato possibile identificare il tracciato murario e riconoscere le fasi edilizie, confermando la datazione al V secolo a.C.

Fonte:
archeoreporter.com

Antico Egitto, rituali di rinascita nella tomba di Tutankhamon

Egitto, la maschera dorata di Tutankhamon
(Foto: Roland Unger/CC BY-SA 3.0)

Più di un secolo dopo la scoperta della tomba di Tutankhamon da parte di Howard Carter, un nuovo studio su alcuni oggetti prima trascurati rivela che questi potrebbero aver svolto un ruolo chiave in un rituale egizio dimenticato.
Scoperta nel 1922 nella Valle dei Re, la tomba del faraone bambino divenne rapidamente una delle scoperte archeologiche più famose del XX secolo. Dietro una porta sigillata, contrassegnata da antichi simboli, Carter ed il suo team hanno trovato ed estratto più di 5.000 oggetti, tra i quali statue, gioielli, carri e l'iconica maschera funeraria dorata di Tutankhamon.
Nel 1923 la squadra entrò nella camera funeraria, dove venne rinvenuto un sarcofago in pietra contenente i resti mummificati del giovane sovrano, morto a soli 18-19 anni di età.
La tomba conteneva, oltre a tesori straordinari, anche oggetti molto semplici quali vassoi di argilla e bastoni di legno, che all'epoca non attirarono l'attenzione dei ricercatori. Ora una nuova ricerca del Dottor Nicholas Brown della Yale University espone l'ipotesi che questi oggetti semplici potrebbero aver svolto un ruolo chiave in una pratica cerimoniale nota come "il risveglio di Osiride".
Il Dottor Brown ipotizza che i vassoi di argilla, realizzati con il fango del Nilo, venissero utilizzati in offerte rituali che prevedevano il versamento di acqua in onore di Osiride, dio egizio degli inferi. L'acqua, ritenuta pura e vivificante, potrebbe aver simboleggiato la rinascita del re defunto. I bastoni di legno, collocati vicino alla testa del sarcofago, potrebbero essere stati usati per rappresentare un risveglio simbolico, riecheggiando miti in cui Osiride viene riportato in vita con dei bastoni tenuti dietro di lui. Una cerimonia del genere è visibile solo nelle opere d'arte della XIX Dinastia, successiva al regno di Tutankhamon.
Il Dottor Brown ritiene che Tutankhamon ed i suoi consiglieri possano aver intenzionalmente fatto rivivere vecchie credenze incentrate su Osiride come parte di un ritorno alle pratiche tradizionali dopo il periodo di regno di Akhenaton. Ma non tutti gli studiosi ne sono convinti.
L'egittologo Jacobus van Dijk, dell'Università di Groninga, pur concordando sul fatto che i vassoi di argilla nella tomba del re fanciullo avessero uno scopo rituale, li collega all'"incantesimo delle quattro torce", una cerimonia in cui i tedofori circondavano la bara, guidando l'anima attraverso gli inferi prima di spegnere le fiamme nei vassoi.

Fonte:
greekreporte.com

venerdì 28 marzo 2025

San Salvador, le misteriose statuette di San Isidro

El Salvador, una delle statuette scoperte
(Foto: Przedwojewska-Szymanska, Pasi)

Le statuette di argilla rinvenute nella Repubblica di El Salvador potrebbero essere marionette le cui pose inviavano un messaggio a chi si trovava ad osservarle, migliaia di anni fa. Alcune di queste statuette hanno teste mobili con volti espressivi e potrebbero fornire indizi sul popolo - finora sconosciuto - che le ha create.
Le statuette più grandi sono alte circa 30 centimetri e si presentano nude e calve. Sono state rinvenute nel 2022 a San Isidro, un sito scosceso tra campi di canna da zucchero e caffè, in cima a un tumulo di terra che potrebbe essere stato una piramide. Rimuovendo meticolosamente strato dopo strato di terra, hanno trovato la prima statuetta a faccia in giù. Lavorando fino a tarda sera, hanno ripulito la terra ed è emerso un volto. Dopo quattro giorni di scavi, la squadra aveva portato alla luce cinque statuette di argilla in uno strato datato al 410-380 a.C.
Le teste di ciascuna delle tre grandi statuette hanno una presa in cui si inserisce il collo. Una corda infilata in due fori nella parte superiore della testa può essere usata per ruotarla. La mancanza di vestiti e gioielli può essere dovuta al fatto che sono stati realizzati per essere versatili, raffigurano diversi tipi di persone.
Una volta ricostruita la posizione delle figure nel terreno rispetto alle altre, gli archeologi hanno notato che, se le statuette fossero state in piedi, si sarebbero trovate su una linea rivolta verso ovest. Questo suggerisce una disposizione mirata, volta a trasmettere un messaggio.
Altre statuette di argilla sono state trovate in Mesoamerica, una regione che comprende parti del Messico e dell'America Centrale. Ma la maggior parte sono pezzi trovati rotti, in aree di accumulo o antiche fosse per la spazzatura domestica. Finora gli archeologi hanno portato alla luce solo un'altra serie di figure intatte dal luogo in cui probabilmente sono state sepolte.
Nel 2012 l'archeologa Christa Schieber de Lavarreda ha scoperto un gruppo di sei statuette in una tomba reale maya in un sito chiamato Tak'alik Ab'aj in Guatemala. In base a come sono state trovate, anche queste sembravano essere state disposte in modo mirato. Quattro si trovavano in corrispondenza delle direzioni cardinali, riecheggiando la rappresentazione maya dell'universo. Altre due erano rivolte a est e a ovest, verso il sole che sorge e che tramonta. Il significato è, con tutta probabilità, il ciclo della vita, la morte e la rinascita.
Non è chiaro quale civiltà abbia realizzato le figure trovate a San Isidro. Gli archeologi hanno visitato per la prima volta il sito nel 1980, sito che rimane in gran parte non scavato. Dall'arte e dalla scrittura maya, gli archeologi hanno appreso l'importanza dei cerimoniali e del simbolismo in Mesoamerica. Le statuette potrebbero essere state utilizzate in molti altri rituali prima di quello che potrebbe essere stato il loro ultimo rito in cima alla piramide. Con le loro bocche aperte, potrebbero aver cantato, parlato o forse pronunciato incantesimi.
Le bocche aperte suggeriscono anche la possibilità di nutrirsi. Gli archeologi hanno scoperto che i residui sulle bocche delle statuette di argilla del Guatemala contenevano tracce di amidi che facevano parte della dieta delle popolazioni locali.
San Isidro potrebbe essere stata una città importante nell'antichità, per le sue dimensioni e per la posizione dell'unica via naturale che collegava la costa con l'entroterra, si pensa che fosse una sorte di centro di controllo del commercio.
E' stato rinvenuto, anche, un ciondolo di giada a forma di un dio uccello, tipico della Costa Rica dell'epoca. La pietra è stata probabilmente estratta in Guatemala e potrebbe essere stata lavorata in Costa Rica prima di tornare a San Isidro. Forse l'aspetto variegato delle statuette grandi e piccole di San Isidro potrebbe alludere alle diverse etnie dei gruppi che si riunivano in questo luogo.
El Salvador potrebbe aver svolto un ruolo più centrale nella cultura mesoamericana di quanto molti riconoscano.

Fonte:
nationalgeographic.it

mercoledì 26 marzo 2025

Egitto, Esna: i colori ritrovati del tempio di Khnum

Egitto, rilievo dipinto su colonna ad Esna
(Foto: Ahmet Amin/Ministero egiziano del Turismo e
delle Antichità)

Circa 100 templi principali dominavano il paesaggio dell'Egitto Romano, anche se oggi ne rimangono in piedi solo sei. Uno dei meglio conservati si trova in un quartiere residenziale della moderna città di Esna, sulla riva occidentale del Nilo, nell'Alto Egitto.
Il tempio era dedicato al dio creatore Khnum, alla sua famiglia e alla dea Neith. Ora, sotto il livello della strada, il pronao in arenaria rossa del tempio, o sala d'ingresso, è tutto ciò che sopravvive di quello che una volta era un complesso più grande. Gli altri resti del tempio, che si trovavano dietro la sala, sono ora sepolti sotto la città.
Nell'antichità, la sala avrebbe fatto impallidire il resto del tempio. Scene più grandi del normale, scolpite su ciascuna delle sue pareti esterne, offrivano agli antichi fedeli un semplice accenno degli splendidi rilievi dipinti che ancora coprono quasi ogni centimetro dell'interno della sala.
Egitto, capitello con raffigurazione di
Bes nel tempio di Khnum ad Esna
(Foto: Ahmet Amin/Ministero egiziano
del Turismo e delle Antichità)
La costruzione del pronao del tempio iniziò dopo la conquista dell'Egitto da parte dell'imperatore Augusto nel 30 a.C., ma la sua decorazione richiese secoli per essere completata. L'atrio d'ingresso fu costruito direttamente contro la facciata del tempio, che era stato costruito durante il regno del faraone Tolomeo VI (che regnò dal 180 al 145 a.C.), uno dei re di una dinastia di reali macedoni che governò l'Egitto dal 304 al 30 a.C. In tutta la sala, cartigli ovali con i nomi di una lunga stirpe di imperatori romani attestano il lungo tempo impiegato per completare l'edificio e la sua decorazione. La costruzione della sala fu probabilmente completata a metà del I secolo d.C., sotto l'imperatore Claudio. Gli artigiani impiegarono fino al regno dell'imperatore Decio, 200 anni dopo, per finire di intagliare e dipingere l'elaborata decorazione in rilievo dell'edificio.
Alla fine del III o all'inizio del IV secolo d.C., quando il tempio era stato presumibilmente chiuso, gli abitanti di Esna iniziarono a smantellare il suo santuario principale e a riutilizzare gli elementi costitutivi per costruire canali. Usarono il pronao come rifugio per i successivi 1500 anni e, nel XIX secolo, divenne un magazzino per lo stoccaggio di cotone e munizioni. In quel lasso di tempo, i fuochi accesi all'interno per l'illuminazione e il calore ricoprirono gradualmente le pitture sui soffitti, sulle colonne e sulle colonne e sulle pareti interne con spessi strati di terra e fuliggine. Parti del pronao sono state sepolte sotto la sabbia fino al XX secolo.
I rilievi della sala erano ancora completamente ricoperti di fuliggine quando, nel 2018, un team congiunto egiziano-tedesco, guidato dall'egittologo Christian Leitz dell'Università di Tubinga e da Hisham el-Leithy, sottosegretario di Stato per la documentazione del Ministero egiziano del Turismo e delle Antichità (MoTA), ha iniziato a ripristinare i vivaci colori dei disegni nel loro antico splendore.
Egitto, raffigurazioni di divinità nel tempio di Khnum a
Esna (Foto: 
Ahmet Amin/Ministero egiziano del
Turismo e delle Antichità)
Utilizzando principalmente acqua distillata ed alcol, i conservatori del MoTA, supervisionati da Ahmed Emam, hanno pulito le 18 colonne interne della sala, tutte e sette le campate del soffitto e sezioni delle pareti meridionale ed occidentale. Nel processo hanno rivelato immagini finora rimaste celate e quasi 200 iscrizioni dipinte sul soffitto e sulle traverse. La cristallizzazione del sale aveva influenzato i colori e causato un certo sfaldamento dei rilievi. Il team di conservazione ha ripulito gli strati di fuliggine, polvere e sporcizia e ora si possono apprezzare i colori vivaci dei dipinti e delle iscrizioni.
Il team ha scoperto e fotografato scene che rivelato come gli antichi egizi raffiguravano e adoravano i loro dei e come concepivano l'universo attraverso oggetti astronomici e segni astrologici utilizzati per adornare il soffitto del tempio.
Il culto di Khnum risale a 4000 anni fa ma le sue origini e l'evoluzione del culto ad Esna ed in altri centri religiosi, resta un mistero. Khnum è stato sempre collegato alla creazione, alla fertilità ed al Nilo. Era solitamente raffigurato come un ariete o con una testa di ariete, a volte anche come un coccodrillo. Ad Esna era venerato come Khnum-Ra, il dio del sole Ra conferiva a Khnum un potere divino. La scelta del colore rosso e del colore giallo, entrambi comunemente usati per raffigurare il sole, come colori dominanti per i rilievi nella sala d'ingresso, potrebbe simboleggiare proprio la connessione tra le due divinità.
Nel II secolo a.C., il culto di Khnum ad Esna si arricchì di un'altra divinità creatrice, la dea Neith. Gli inni incisi sulle colonne e sulle pareti della sala del tempio lodano Khnum e Neith come Signore e Signora di Esna. Secondo un mito riportato su una delle colonne del tempio di Esna, Neith, chiamata "madre delle madri", diede alla luce Ra e altri dei pronunciando i loro nomi.
Ogni colonna del pronao del tempio di Esna presenta scene rituali nella sua parte inferiore ed è incisa con 28 pannelli verticali di geroglifici che descrivono il culto degli dei di Esna. Una colonna conserva una litania di 143 versi a Khnum-Ra, che loda tutto ciò che il dio ha portato all'esistenza.
I rilievi recentemente puliti sulle pareti interne del pronao forniscono indizi su quello che comportavano i riti in onore di Khnum. Una scena mostra l'imperatore Traiano che dedica quattro bruciatori di incenso al dio, mentre un sacerdote vestito di pelle di leopardo, in piedi di fronte a lui, offre a Khnum un tornio da vasaio. Un altro ritrae i sacerdoti che trasportano la barca solare di Khnum, in cui si trova il santuario del dio, fuori dal santuario interno del tempio. In occasioni speciali, tali processioni avrebbero viaggiato dal santuario interno alla sala d'ingresso, lungo la navata centrale, fino alla folla di fedeli riuniti all'esterno.
I conservatori che lavorano presso il tempio di Khnum di Esna continuano a ripulire le scene sulle pareti interne del pronao e le colonne lungo la sua facciata. Hanno trovato precisi parallelismi tra la miriade di testi e immagini all'interno del pronao e quelli di altri templi. Queste connessioni forniscono un'idea di come i sacerdoti del tempio di Khnum di Esna abbiano ideato ed eseguito il piano generale per la decorazione della sala.

Fonte:
archaeology.org

martedì 25 marzo 2025

Israele, una piramide nel deserto della Giudea?

Israele, la struttura piramidale trovata nel deserto
della Giudea (Foto: Autorità Israeliana per le Antichità)

Gli archeologi dell'Israel Antiquities Authority hanno scoperto una struttura piramidale a nord di Nahal Zohar nel deserto della Giudea. Secondo i ricercatori la misteriosa struttura risale al periodo ellenistico, circa 2200 anni fa.
Nel sito i ricercatori hanno scoperto una grande quantità di manufatti, tra cui papiri scritti in greco, monete di bronzo dei regni dei Tolomei e di Antioco IV, armi, strumenti di legno e tessuti, molti dei quali sono notevolmente ben conservati a causa del clima arido del deserto.
La struttura è enorme, costruita con pietre scolpite a mano del peso di centinaia di chilogrammi ciascuna. Una prima interpretazione della struttura è quella che si trattasse di una torre di guardia sulle rotte commerciali, edificata ed utilizzata all'epoca dei Tolomei e dei Seleucidi. Ma potrebbe essere anche una tomba monumentale.

Fonte:
heritagedaily.com


Egitto, rinvenuta la sepoltura di un ufficiale di alto rango dell'epoca di Ramses III

Egitto, la sepoltura dell'ufficiale
(Foto:english.ahram.org.eg)

Una missione archeologica egiziana del Consiglio Supremo delle Antichità, ha scoperto la sepoltura di un comandante militare di alto rango risalente all'epoca del faraone Ramses III, insieme ad certo numero di fosse comuni e tombe individuali del periodo greco, romano e tardo. La scoperta è stata fatta a Tell Roud Iskander, nel governatorato di Ismailia.
Il sito ha svolto un ruolo cruciale nella sicurezza dei confini orientali dell'Egitto, con fortezze e roccaforti di natura difensiva.
Tra i manufatti portati alla luce dalla sepoltura ci sono punte di freccia in bronzo e resti di uno scettro cerimoniale, ad indicare l'elevato e prestigioso grado dell'ufficiale che vi era stato sepolto.
La tomba è costruita con una struttura in mattoni di fango, composta da una camera funeraria principale e tre stanze aggiuntive e le pareti interne sono rivestite di intonaco bianco. Durante gli scavi gli archeologi hanno rinvenuto uno scheletro umano ricoperto da uno strato di cartonnage a suggerire che, probabilmente, la sepoltura venne riutilizzata in seguito.
Sono stati scoperti anche diversi vasi di alabastro ben conservati, recanti iscrizioni e tracce di colore. Tra le iscrizioni due cartigli recano il nome del faraone Horemheb, della XVIII Dinastia. Tra gli altri reperti figurano un anello d'oro con inciso il cartiglio di Ramses III, alcune perline, pietre di varie forme e colori ed una piccola scatola d'avorio.
Nelle fosse comuni sono stati rinvenuti resti scheletri umani risalenti al periodo greco e romano. In tombe individuali sono stati anche rinvenuti amuleti raffiguranti le divinità Taweret, Bes e l'occhio Udjat.

Fonte:
english.ahram.org.eg

lunedì 24 marzo 2025

Egitto, nuove interessantissime scoperte nei pressi de Tempio funerario di Hatshepsut

Egitto, gli scavi presso la necropoli dell'Assasif
(Foto: Luxor Times)

Gli archeologi che lavorano nella necropoli dell'Assasif, ai piedi del famoso complesso templare della regina Hatshepsut, hanno portato alla luce preziosissimi reperti che fanno luce su nuovi e diversi aspetti dell'antica storia egizia.
Le scoperte ricoprono un arco temporale lunghissimo, oltre un millennio, fornendo indicazioni dettagliate sui riti, l'architettura e le tradizioni funerarie che si sono evolute dal Medio Regno al Periodo Tolemaico, spaziando dal Secondo Periodo Intermedio con scoperte attribuite alla XV Dinastia (1650-1550 a.C.) alla potente XVIII Dinastia (1550-1292 a.C.) con faraoni del Nuovo Regno come la regina Hatshepsut e il re Tutankhamon.
I ritrovamenti sono stati effettuati da una squadra diretta dal Dottor Zahi Hawass sotto la supervisione del Dottor Tarek el-Awady, grazie ad un lavoro di scavo e studio durato tre anni in collaborazione con il Consiglio Supremo delle Antichità d'Egitto.
Sono oltre 1.500 i frammenti di blocchi di calcare e quarzite che un tempo erano le fondamenta del Tempio a Valle della regina Hatshepsut: una struttura perduta da tempo collegata con una via processionale al celebre tempio funerario, il Djeser-Djeseru. I blocchi sono decorati da bassorilievi e iscrizioni dai colori vivaci e straordinariamente conservati che raffigurano la regina e suo nipote (coreggente nonché successore) Tuthmosis III, mentre eseguono rituali sacri.
(Foto: Luxor Times)
Sotto le fondamenta del tempio gli archeologi hanno scoperto un deposito intatto di strumenti cerimoniali su cui è inciso il cartiglio con il nome di incoronazione della regina: Maat Ka Ra. Tutto il materiale verrà presto trasportato al Museo Egizio di piazza Tahrir, al Cairo, per ulteriori studi e la conservazione.
Un'altra scoperta, forse la più intrigante, riguarda una tavoletta con il nome di Senenmut, capo architetto e consigliere di Hatshepsut, tutore della sua primogenita Neferura, capo di Sato e supervisore del Palazzo Reale. Questa tavoletta si aggiunge al corpus di materiale che attesta l'immensa importanza che il ruolo di quest'uomo ebbe nel plasmare la visione architettonica della regina, compreso il suo iconico tempio mortuario.
Lungo la strada che conduce al Tempio a Valle, la missione archeologica ha scoperto i resti di una necropoli tolemaica. Tombe e pozzi di sepoltura di questo ultimo periodo evidenziano l'uso continuo dell'area come spazio sacro anche molto tempo dopo il regno di Hatshepsut. Queste sepolture riflettono una fusione di tradizioni egiziane e greco-romane, sottolineando il ruolo dell'Egitto come crocevia culturale durante il Periodo Tolemaico.
Le scoperte si riferiscono anche al Medio Regno ed al Secondo Periodo Intermedio, con tombe di funzionari di alto rango tagliate nella roccia e pozzi funerari della XVII Dinastia. Alcuni di questi pozzi contenevano sarcofagi rishi, ovvero sarcofagi antropomorfi elegantemente decorati con motivi piumati a simboleggiare protezione e rigenerazione. Le tombe dei bambini, invece, contenevano giocattoli. Queste sepolture forniscono una rara finestra sul periodo transitorio che conduce al Nuovo Regno, quando l'Egitto era vicino alla riunificazione con Ahmose I, colui che espulse dall'Egitto gli Hyksos, un popolo invasore dell'Asia occidentale che prese il controllo del Delta del Nilo intorno al 1638 a.C. e governò parte dell'Egitto fino alla loro sconfitta ed espulsione da parte di Ahmose nel 1530 a.C. circa.
La scoperta più significativa riguarda la tomba di Djehuty-Mes, un nobile della XVIII Dinastia che servì come "sovrintendente del Palazzo" sotto la regina Tetisheri, nonna di Ahmose I. La tomba di Djehuty-Mes, scolpita nella roccia, presenta un ingresso a volta in mattoni di fango e una sala per le offerte decorata con scene in gesso dipinto.
All'interno gli archeologi hanno trovato una stele funeraria intatta che commemora il servizio di Djehuty-Mes alla famiglia reale. Le iscrizioni testimoniano il suo prestigioso ruolo al palazzo di Tetisheri e collocano la sua morte nel nono anno di regno di Ahmose. Questa tomba non solo getta luce sulle dinamiche politiche e familiari dell'inizio della XVIII Dinastia, ma sottolinea anche l'importanza di Tetisheri come matriarca nella riunificazione delle Due Terre e nella fondazione del Nuovo Regno.
Tutte queste nuove realtà hanno restituito una ricca varietà di oggetti, tra cui vasi di ceramica, amuleti, monete e manufatti funerari distanti tra loro nella linea del tempo.

Fonte:
MoTA

Egitto, la testa di...Taposiris

Egitto, la testa tolemaica scoperta a
Taposiris Magna (Foto: MoTA)

La recentissima scoperta è opera della missione archeologica francese dell'Università di Lione e dell'Istituto Francese di Archeologia Orientale al Cairo, guidata dal Dottor Joachim le Bomin.
La testa è stata trovata tra le rovine di un edificio che si ritiene abbia avuto un significato politico durante il VII secolo d.C.
I tratti del viso sono stati scolpiti con notevole precisione artistica e i dettagli sono molto realistici, tipici dell'arte tardo ellenistica che enfatizzano la somiglianza.
Studi iniziali hanno evidenziato che si trattava di un uomo anziano, con la testa rasata, un viso rugoso con impressi i severi segni di malattia.
Le dimensioni della testa - alta circa 38 cm, quindi più grande del naturale - indicano che era parte di una colossale statua che doveva essere collocata in un enorme edificio di rilevante importanza politica e non in una residenza privata.
Di certo l'uomo era un personaggio pubblico, di spicco e molto influente, ma non un re. La sua presenza conferma, ancora una volta, l'importanza storica che il sito di Taposiris Magna ebbe come centro di attività politica e sociale dal regno di Tolomeo IV in poi.
La missione archeologica sta continuando il suo lavoro sul sito nel tentativo di scoprire sia l'identità dell'uomo che il motivo per cui testa è stata trovata in questa residenza nonostante sia stata scolpita 700 anni prima della costruzione dell'unità abitativa, oltre ad avviare i necessari lavori di manutenzione e restauro.
Il sito di Taposiris Magna è uno dei siti archeologici più importanti della costa settentrionale dell'Egitto. Era un luogo strategico e di grande sacralità durante le epoche greco, romana e bizantina. Il sito ospita un enorme tempio dedicato al culto del dio Osiride (dal cui nome deriva il nome della città) e tanti monumenti di rilievo, tra i quali un'area adibita alle terme che, con il suo bagno pubblico risalente sempre al Periodo Tolemaico e ancora in ottimo stato di conservazione nonché dallo stile unico, non ha equali in Egitto.
Questa scoperta, insieme agli scavi in corso, continua a far luce sulla complessa storia di Taposiris Magna come crocevia culturale e politico e aggiunge un altro strato alla narrazione in evoluzione di una delle città più enigmatiche dell'Egitto.

Fonte:
MoTA

domenica 23 marzo 2025

I tesori dell'antica e misteriosa città greca di Tenea

Grecia, gioielli in oro trovati nella sepoltura di Chiliomodi (Foto: Ministero della Cultura greco)
Il comune greco di Tenea vanta una storia molto antica e i reperti archeologici rinvenuti nel corso degli anni lo dimostrano. I ritrovamenti nella regione hanno a lungo parlato di un insediamento un tempo fiorente, così anche l'ultima scoperta di un complesso funerario che promette di svelare altri antichi segreti della città.
Gli archeologi hanno scoperto la monumentale struttura a nord di Tenea, a Chiliomodi. La costruzione somiglia a quella delle tombe macedoni costruite in epoca ellenistica (323-31 a.C.). L'edificio a forma di T ospita due sezioni: una camera principale ed uno stretto corridoio parzialmente coperto che corre perpendicolarmente a questa.
Nella camera principale sono presenti sei sepolture, una delle quali è costituita da un sarcofago monolitico che conteneva resti sia di animali che umani. Due tombe erano state aperte. Nello spazio erano presenti anche ossa di animali e vasi datati al VI e V secolo a.C.
I ricercatori ipotizzano che la stanza sia stata utilizzata per le sepolture fino al IV secolo, prima di essere sigillata. Nel tardo periodo romano, tuttavia, il tetto venne sfondato, le tombe saccheggiate e lo spazio utilizzato per scopi rituali.
Malgrado questo, gli archeologi sono riusciti a dissotterrare una grande quantità di reperti dalla cripta. Reperti di epoca ellenistica e romana. Il tesoro comprende piccoli vasi ellenistici, frammenti di ceramica, monete d'oro, oggetti decorativi in bronzo, perle di vetro, bottigliette di profumo, statuette di argilla ed un anello d'oro incastonato con un sigillo in pietra semipreziosa raffigurante Apollo accanto ad un serpente guaritore.
Secondo il Ministero Greco, queste scoperte, unite alle offerte votive e all'architettura rinvenuta all'esterno del monumento, indicano chiaramente il suo utilizzo secolare connesso ad un culto associato alla guarigione.
Secondo la leggenda, la città fu colonizzata da prigionieri troiani dopo il sacco di Troia. Nel 146 a.C., mentre la vicina Corinto veniva distrutta dagli invasori romani, Tenea sopravvisse e prosperò per secoli. Le ragioni del suo declino e del suo abbandono finale, tuttavia, rimangono tuttora un mistero.
Tra le scoperte più importanti c'è il Kouros di Tenea, una scultura in marmo del 560 a.C. circa, rinvenuta in un luogo di sepoltura nel 1846 e che probabilmente raffigura un individuo deceduto. Nel 1984 è stato dissotterrato un sarcofago appartenente ad una donna di alto rango mentre nel 2017 sono tornate alla luce altre sepolture.
La cosa più sorprendente è stata la scoperta stessa della città di Tenea, da tempo perduta. Nel 2018 un team guidato dall'archeologa Elena Korka ha scavato un sito disseminato di pavimenti e muri in argilla, marmo e pietra, monete e ceramiche risalenti ad un periodo compreso tra il IV secolo a.C. e la tarda epoca romana. Il Ministero Greco salutò la scoperta come prova dell'esistenza dell'antica Tenea.

Fonte:
news.artnet.com


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