Scavi di abitazioni a San Giovenale |
L'area di San Giovenale, nei pressi del lago di Bracciano, nell'alto Lazio, è inserita nel tipico paesaggio tufaceo etrusco. Si tratta di un'altura fortificata naturalmente, dominata dai resti del castello dei Di Vico, costruito nel XIII secolo, e dalle rovine della chiesetta altomedioevale dedicata a San Giovenale, vescovo di Narni.
Qui scavò, a partire dal 1956 e fino al 1978, la scuola svedese, con un archeologo di eccezione: re Gustavo VI Adolfo di Svezia. Gli scavi rivelarono che l'acropoli di San Giovenale era stata occupata già nel corso del II millennio a.C.. Qui sorgeva un abitato di capanne, riportato alla luce nel settore orientale del pianoro, all'interno della corte del castello medioevale. Già in quest'epoca erano presenti opere di fortificazione del punto più importante dell'abitato, dove si apriva l'ingresso principale. Si tratta di massi tufacei risalenti all'Età del Bronzo, posti uno sull'altro, sui quali poggia il successivo muro etrusco.
Questo primitivo insediamento andò incontro alla totale distruzione a causa di un incendio e fu sostituito da un abitato protovillanoviano (XI-X secolo a.C.) che, per guadagnare spazio per l'insediamento, ricorse anche ad una serie di terrazzamenti artificiali.
Nel VII secolo a.C. le capanne vennero sostituite da abitazioni costruite con il tufo e dotate di un tetto di tegole che si estesero anche sulla collinetta chiamata "Borgo". Qui vennero maggiormente incentrare le operazioni di scavo che riportarono alla luce costruzioni ben conservate, edificate sul pendio settentrionale della collina e dotate di un sistema di canalizzazione per lo scolo delle acque. Le abitazioni sono piuttosto modeste ma ben costruite e presentano anche uno spiazzo antistante in cui sono stati individuati resti di focolari e di pozzi.
Un'abitazione di maggiori dimensioni, risalente sempre al VII secolo a.C., è stata ritrovata nella parte più settentrionale del "Borgo". E' costituita da tre vani affiancati, ciascuno con un ingresso sul lato lungo, verso sud. All'interno delle stanze sono stati individuati diversi focolari e quest'anomalia ha incuriosito gli archeologi. Lungo il muro settentrionale, poi, è stato ritrovato un passaggio che è rimasto un mistero anche per gli studiosi svedesi. Recenti studi e indagini hanno documentato come, in epoca etrusca, tutto il sito di San Giovenale fosse interessato da un'intensa lavorazione del ferro. Sono state ritrovate scorie di questo minerale che hanno suggerito che i numerosi focolari ritrovati nella struttura settentrionale del "Borgo" servissero proprio per forgiare il prezioso minerale. Probabilmente in questa parte dell'abitato si trovava una sorta di zona artigianale dove, già nel VII secolo a.C., si sviluppò l'attività siderurgica con la produzione di manufatti in ferro, un'attività di notevole importanza nell'economia locale.
Nel VI secolo a.C. San Giovenale era un'industriosa cittadina inserita nell'orbita della più nota Cere. L'omogeneità dei corredi funebri ritrovati suggerisce l'assenza di un'élite nobile che possedesse le chiavi della ricchezza del paese. Un'altra anomalia riscontrata durante il completamento degli scavi riguarda la totale assenza di edifici pubblici, sacri e amministrativi.
La crisi che colpì, nel V secolo a.C., tutta l'Etruria, finì per coinvolgere anche San Giovenale. L'abitato si restrinse, perdendo il controllo delle vie di comunicazione. In questo periodo pare che la cittadina sia ritornata all'agricoltura ed all'allevamento del bestiame. Particolarmente interessante è lo sviluppo della cultura della vite, con la liberazione dalle abitazioni di un'ampia zona nella parte settentrionale del "Borgo" al fine di sistemarvi laboratori per la lavorazione del vino. Il quartiere artigianale continuò ad essere operativo fino alla fine del V secolo a.C., quando fu anch'esso abbandonato, soppiantato da strutture in cui si lavorava e conservava il vino.
Il IV secolo a.C. è caratterizzato dal sorgere e dall'espandersi della potenza romana in tutto il territorio etrusco. Molti studiosi identificano San Giovenale con Contenebra o Cortuosa, avamposti fortificati di Tarquinia ricordati da Tito Livio per essere stati conquistati dai Romani nel 388 a.C..
Qui scavò, a partire dal 1956 e fino al 1978, la scuola svedese, con un archeologo di eccezione: re Gustavo VI Adolfo di Svezia. Gli scavi rivelarono che l'acropoli di San Giovenale era stata occupata già nel corso del II millennio a.C.. Qui sorgeva un abitato di capanne, riportato alla luce nel settore orientale del pianoro, all'interno della corte del castello medioevale. Già in quest'epoca erano presenti opere di fortificazione del punto più importante dell'abitato, dove si apriva l'ingresso principale. Si tratta di massi tufacei risalenti all'Età del Bronzo, posti uno sull'altro, sui quali poggia il successivo muro etrusco.
Questo primitivo insediamento andò incontro alla totale distruzione a causa di un incendio e fu sostituito da un abitato protovillanoviano (XI-X secolo a.C.) che, per guadagnare spazio per l'insediamento, ricorse anche ad una serie di terrazzamenti artificiali.
Nel VII secolo a.C. le capanne vennero sostituite da abitazioni costruite con il tufo e dotate di un tetto di tegole che si estesero anche sulla collinetta chiamata "Borgo". Qui vennero maggiormente incentrare le operazioni di scavo che riportarono alla luce costruzioni ben conservate, edificate sul pendio settentrionale della collina e dotate di un sistema di canalizzazione per lo scolo delle acque. Le abitazioni sono piuttosto modeste ma ben costruite e presentano anche uno spiazzo antistante in cui sono stati individuati resti di focolari e di pozzi.
Un'abitazione di maggiori dimensioni, risalente sempre al VII secolo a.C., è stata ritrovata nella parte più settentrionale del "Borgo". E' costituita da tre vani affiancati, ciascuno con un ingresso sul lato lungo, verso sud. All'interno delle stanze sono stati individuati diversi focolari e quest'anomalia ha incuriosito gli archeologi. Lungo il muro settentrionale, poi, è stato ritrovato un passaggio che è rimasto un mistero anche per gli studiosi svedesi. Recenti studi e indagini hanno documentato come, in epoca etrusca, tutto il sito di San Giovenale fosse interessato da un'intensa lavorazione del ferro. Sono state ritrovate scorie di questo minerale che hanno suggerito che i numerosi focolari ritrovati nella struttura settentrionale del "Borgo" servissero proprio per forgiare il prezioso minerale. Probabilmente in questa parte dell'abitato si trovava una sorta di zona artigianale dove, già nel VII secolo a.C., si sviluppò l'attività siderurgica con la produzione di manufatti in ferro, un'attività di notevole importanza nell'economia locale.
Nel VI secolo a.C. San Giovenale era un'industriosa cittadina inserita nell'orbita della più nota Cere. L'omogeneità dei corredi funebri ritrovati suggerisce l'assenza di un'élite nobile che possedesse le chiavi della ricchezza del paese. Un'altra anomalia riscontrata durante il completamento degli scavi riguarda la totale assenza di edifici pubblici, sacri e amministrativi.
La crisi che colpì, nel V secolo a.C., tutta l'Etruria, finì per coinvolgere anche San Giovenale. L'abitato si restrinse, perdendo il controllo delle vie di comunicazione. In questo periodo pare che la cittadina sia ritornata all'agricoltura ed all'allevamento del bestiame. Particolarmente interessante è lo sviluppo della cultura della vite, con la liberazione dalle abitazioni di un'ampia zona nella parte settentrionale del "Borgo" al fine di sistemarvi laboratori per la lavorazione del vino. Il quartiere artigianale continuò ad essere operativo fino alla fine del V secolo a.C., quando fu anch'esso abbandonato, soppiantato da strutture in cui si lavorava e conservava il vino.
Il IV secolo a.C. è caratterizzato dal sorgere e dall'espandersi della potenza romana in tutto il territorio etrusco. Molti studiosi identificano San Giovenale con Contenebra o Cortuosa, avamposti fortificati di Tarquinia ricordati da Tito Livio per essere stati conquistati dai Romani nel 388 a.C..
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