domenica 6 maggio 2012

Gladiatori (2)

Mosaico dei gladiatori di Nennig
Le imponenti caserme di Pompei, che ospitavano i gladiatori, non erano state, inizialmente, concepite come veri e propri alloggi. Dal 62 d.C. qui si iniziarono ad allenare i combattenti dell'arena reclutati in zona. Sulle pareti gialle delle celle intonacate compaiono, incisi, alcuni nomi: Giuliano, Agostiniano, Neroniano. Questi nomi fanno pensare che alcuni gladiatori fossero patrocinati dagli imperatori, ma non si hanno documenti che ne diano certezza assoluta.
Gli alloggi peggiori, in una scuola gladiatoria, erano riservati ai nuovi venuti. Mano a mano che il gladiatore conquistava vittorie nell'arena, migliorava anche l'alloggio a cui aveva diritto. Quando raggiungeva il grado di primus palus, il più alto nella categoria dei gladiatori, il combattente poteva reclamare ed ottenere l'alloggio migliore.
Le pareti della scuola gladiatoria di Pompei, con i loro graffiti, offrono uno spaccato dei quella che doveva essere la vita dei combattenti dell'arena, i loro sentimenti, le loro emozioni. La maggior parte dei graffiti riguardavano le donne, indicate con i loro nomi. Ogni cella, poi, aveva una nicchia per la divinità adorata dal gladiatore. Non era raro che i gladiatori avessero mogli e figli. Sempre nella caserma di Pompei è stato ritrovato il corpo di un bambino ed a Smirne, attuale Izmir, in Turchia l'intera scuola dei gladiatori contribuì alle spese per il funerale della figlia di uno degli allievi. Alcuni registri testimoniano l'esistenza di matrimoni regolari tra i gladiatori e le compagne che vivevano fuori dalle mura della scuola.
Un elmo custodito nel Museo dei Gladiatori a Capua
I doctores, che lavoravano all'interno della scuola ed erano ex combattenti altamente qualificati, avevano una specializzazione particolare in una delle discipline del combattimento e conoscevano il modo migliore per utilizzare determinate armi ed armature. Nelle scuole gladiatorie lavoravano anche medici in grado di trattare le ferite che i gladiatori si procuravano nei combattimenti. Un'attività complementare era quella degli unctores, che imbottigliavano un unguento a base di grasso e scaglie di pelle dei gladiatori da vendere come ricostituente alle donne di una certa età.
Le scuole gladiatorie, veri e propri universi a parte, arruolavano anche contabili, armatori, cuochi e guardie di sicurezza, particolarmente necessarie, queste ultime, in quanto spesso gli allievi tentavano di togliersi la vita perché non riuscivano a sopportare il rigido regime della caserma. Ovviamente l'interesse del lanista era di evitare che accadessero questi sgradevoli episodi, che rappresentavano una notevole perdita economica per la scuola. I gladiatori che non rispettavano le regole della scuola a cui appartenevano, venivano puniti severamente. La caserma dei gladiatori di Pompei comprendeva una prigione in cui gli archeologi hanno ritrovato gli scheletri di alcuni detenuti. Sono stati anche ritrovati i ceppi per legare insieme fino a dieci uomini, costretti in una cella bassa e stretta, nella quale era quasi impossibile alzarsi. Una punizione comminata di frequente dai doctores era costituita da percosse e sferzate.
Capua, resti dell'anfiteatro
Per evitare ribellioni ed ammutinamenti, le guardie e i soldati che vigilavano le caserme tenevano gli allievi sotto chiave. Nel 49 a.C. il grande contingente di gladiatori di stanza a Capua (si parla di 5000 uomini), sotto il comando di Giulio Cesare, fu ripartito in tutta la città, due gladiatori per ogni casa, per evitare che potessero organizzare rivolte.
Dalla fine del I secolo d.C., Roma sostituì i lanistae con altre figure. La figura del lanista continuò ad operare nelle città di provincia dell'impero romano, ma da Domiziano in poi (51-96 d.C.), a Roma i giochi vennero organizzati direttamente dalle scuole imperiali. Ai lanistae subentrarono i procuratores, responsabili sia dell'acquisto dei gladiatori, sia della gestione delle quattro scuole imperiali di Roma: il Ludus Magnus, il Ludus Gallicus, il Ludus Dacias e il Ludus Matutinus, dove erano addestrati i venatores.
Nel resto dell'impero i lanistae continuavano ad allenare il loro gruppo di combattenti a proprie spese e, spesso, lavoravano a contratti per ricchi clienti, gli editores. Questi ultimi sponsorizzavano i giochi per guadagnarsi il favore del pubblico a fini solitamente politici. A volte anche i nobili formavano proprie squadre di gladiatori ed assumevano lanistae e doctores indipendenti con il compito di allenarle.
La professione di lanista, priva di rischi ed assai remunerativa, attirava molti astuti affaristi. Su un muro di Pompei è stata trovata una scritta nella quale un certo Numerio Festo Ampliato pubblicizzava i suoi servigi di lanista itinerante. Senza una palestra, però, i gladiatori dell'intraprendente lanista potevano trovarsi a combattere nelle piazze riadattate alla bisogna.
Pompei, interno della domus dei gladiatori
L'allenamento dei gladiatori, come già detto, era piuttosto severo. Il Ludus Magnus di Roma era la più grande scuola imperiale, senza contare i refettori ed i magazzini che possedeva. Il suo aspetto era simile ad un anfiteatro: aveva un'arena ellittica in cui venivano addestrati i gladiatori e dove si svolgevano gli spettacoli, ma l'area riservata al pubblico era più piccola rispetto a quella degli anfiteatri. In quest'area sedevano i procuratores, che osservavano l'allenamento dei loro "investimenti". Anche nel Ludus Magnus, come a Pompei, i gladiatori mangiavano in un refettorio, nutriti con cibi speciali preparati apposta che dovevano favorire lo sviluppo dei muscoli, come afferma il medico Scribonio Largo. I gladiatori erano soprannominati, a questo proposito, hordearii, o "uomini di orzo", dal momento che consumavano forti quantitativi di questo cereale. L'orzo, infatti, in aggiunta ad altre proprietà, proteggeva le arterie con il grasso per evitare le emorragie in caso di taglio.
Le armi da taglio erano proibite in quasi tutte le scuole, gli allievi erano soliti esercitarsi servendosi di armi di legno. Nell'accampamento legionario di Oberaden, in Germania, è stata ritrovata proprio un magnifico esemplare di spada di legno. I doctores avevano il compito di insegnare agli allievi a maneggiare le armi nella maniera migliore per divertire il pubblico e sconfiggere l'avversario. Come le reclute dell'esercito romano, anche i gladiatori erano soliti esercitarsi contro un palo di legno di 1,7 metri di altezza, il palus, al fine di sviluppare i muscoli. In seguito il palus poteva essere sostituito da un uomo di paglia che permetteva di farsi un'idea precisa della fisionomia dell'avversario e del posizionamento degli organi vitali interni.
Roma, i resti del Ludus Magnus
Nella scuola di Pompei sono state trovate alcune pesanti armi di ferro, smussate e più grandi del normale. Gli archeologi hanno opinioni differenti in merito all'utilizzo di queste armi. Alcuni ritengono che fossero usate durante gli allenamenti, altri sostengono che si trattasse di armi ornamentali, appartenenti alle statue militari a grandezza naturale che, con tutta probabilità, ornavano il colonnato della scuola.
Le armi affilate erano utilizzate solo nell'arena. Se, durante il combattimento, uno dei due gladiatori si feriva, la lotta veniva interrotta, interveniva un medico e curava il ferito per rimetterlo al più presto in piedi. A Colchester, in Inghilterra, è stato ritrovato un kit medico completo di bisturi, ganci e forcipi ed un'attrezzatura simile si trova esposta al British Museum di Londra.
I gladiatori utilizzavano diversi tipi di armi. Ciascuno era equipaggiato in modo diverso ed aveva una serie di punti forti e deboli di cui l'avversario cercava di approfittare. Galeno di Pergamo, medico personale di Marco Aurelio, ebbe a dire che la sua particolare attenzione alla dieta e alla salute dei gladiatori nelle caserme aveva salvato molte delle loro vite. Salvo, poi, che molti dei cosiddetti "salvati" finirono per morire nell'arena.

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