venerdì 25 maggio 2012

Il parco e la città dell'antica Vulci

Vulci, il castello e il ponte della Badia
Il Parco Naturalistico Archeologico di Vulci, nella Maremma tosco-laziale, istituito nel 1999, è una delle mete turistiche più "gettonate" del viterbese. Qui i resti monumentali dell'antica cittadina etrusca e il Castello della Badia, dove è allestito il Museo Nazionale Archeologico, con il suo ponte, sono una realtà sempre più apprezzata.
Il pianoro che ospitava la città etrusca è attraversato attualmente da tre sentieri: un breve percorso naturalistico e due itinerari archeologici, che consentono di addentrarsi nel cuore dell'antico abitato (il primo di questi due percorsi è di 2,5 chilometri, l'altro di 4).
Bisogna ricordare che la vita di Vulci comincia ben prima dello splendore etrusco, durante l'Età del Bronzo e, soprattutto, nel periodo villanoviano. La ricchezza della città comincia dopo un periodo di stagnazione nel VII secolo a.C. e la ripresa è ben documentata, negli affreschi sepolcrali, dalla saga di Mastarna e dei fratelli Aulo e Celio Vibenna, guerrieri vulcenti che, secondo la leggenda, presero parte ad un episodio bellico nei confronti della nascente Roma dominata dai Tarquini.
Vulci, tratto di decumano massimo
La cinta muraria di Vulci comprendeva cinque porte ed era realizzata in blocchi squadrati di tufo e rinforzi di nenfro. Oltrepassato quanto rimane dell'antico acquedotto che, in epoca etrusca, alimentava Vulci, si entra nello spazio urbano attraverso la Porta Ovest, esempio di architettura militare preromana, rafforzata prima della conquista della città nel 280 a.C.. Si percorre il decumano massimo, la strada principale costruita dopo la conquista da parte di Roma, e ci si addentra nell'impianto cittadino fino al nucleo monumentale di Vulci, nel quale sono dislocati i monumenti e gli edifici pubblici e privati più importanti della città: il Tempio Grande in blocchi di tufo e laterizio, risalente al IV secolo a.C., costruito sui resti di un edificio religioso più antico; l'Edificio in laterizi e l'Edificio absidato, entrambi testimonianza della vitalità della cittadina di epoca tardo imperiale.
Vulci, interno del museo ospitato nel Castello della Badia
Percorrendo il decumano si incontra, a destra, una costruzione piuttosto alta, a pianta rettangolare, risalente al II secolo d.C. e impostata su preesistenti strutture di tufo. Alcuni studiosi vi hanno visto un'aula delle terme del foro, localizzate proprio in questa parte della città, almeno secondo la cartografia ottocentesca. Più avanti vi è una piccola costruzione rettangolare absidata (il cosiddetto Edificio absidato), che fa pensare ad una piccola basilica tardo antica oppure ad una chiesa altomedioevale. Il Tempio Grande, protagonista del centro monumentale cittadino, ha un basamento imponente: 36,5 x 24,5 metri di lato, con sei file di blocchi squadrati di tufo e una parte del rivestimento in nenfro che foderava la struttura antica. Il Tempio era, con tutta probabilità, a cella unica con un colonnato continuo su tutti i lati, raddoppiato, sulla fronte, da ulteriori quattro colonne. Il Tempio mostra almeno due fasi costruttive: la prima, la più antica, del IV secolo a.C., a cui appartengono numerose terrecotte e, forse, anche dei rocchi di colonne ed alcuni capitelli ionici a volute lisce. L'edificio subì un rifacimento in tarda età imperiale, con la sostituzione degli elementi lignei con strutture in travertino ed opera cementizia.
Vulci, il mitreo
Vi sono anche, non distanti dal centro cittadino, i resti di residenze aristocratiche, come la Domus del Criptoportico. Questo ricco edificio fu costruito immediatamente dopo la conquista romana ed era articolato su più livelli. La costruzione è preceduta da una serie di piccoli vani rettangolari, forse tabernae, prospicienti la strada principale. Proprio tra queste tabernae si aprono i due ingressi della Domus. Oggi è conservato solamente il piano terra della casa, che comprende moltissime stanze che si dispongono intorno ad un vasto atrio ed un ampio peristilio. Si riconoscono stanze da letto (cubicula) e da banchetto (triclinia) mentre un secondo ingresso immette in un cortile con al centro una fontana, ottenuto il tutto dalla trasformazione di un originario piccolo atrio. Nell'angolo nord-est del peristilio è riconoscibile la scala che dava accesso ai piani superiori. Un grande ambiente mette in comunicazione il peristilio con uno spazioso vano rettangolare con tracce di basi di colonne e un ricco mosaico pavimentale che risale al primo impianto della Domus.
Il criptoportico, da cui la Domus prende il nome, è accessibile tramite un corridoio ad est del peristilio coperto. L'ambiente era areato e prendeva luce per mezzo di 18 piccole finestre a livello del soprastante giardino. Qui si ammassavano prodotti che, come il vino e l'olio, avevano bisogno di una adeguata conservazione.
Vulci, il criptoportico della Domus
La Domus possedeva anche un piccolo ma raffinatissimo impianto termale, un viridarium con vasca centrale e la corte rustica con latrine e cucina. L'edificio, dal punto di vista costruttivo, nella sua fase più antica risale ad un periodo compreso tra la fine del II e gli inizi del I secolo a.C.. Nel tempo subì, però, importanti interventi di ristrutturazioni ed ulteriori modifiche furono effettuate tra il periodo flavio e il periodo adrianeo. Con la caduta dell'impero romano, dopo un breve periodo di riutilizzo parziale, la Domus venne prevalentemente adibita a sepoltura con tombe a fossa.
A nord della Domus del Criptoportico, è visibile un mitreo, il cui ingresso originario era posto sul lato corto orientale, forse in corrispondenza di una strada secondaria. L'edificio comprende un'anticamera e una stanza rettangolare lungo le cui pareti corrono due banconi sostenuti da archetti, sui quali dovevano sedere gli iniziati. Al centro della stanza vi è un altare in nenfro e sulla parete di fondo vi è la cavità per la statua di culto. Qui, durante lo scavo, furono rinvenuti due gruppi marmorei di diverse proporzioni, raffiguranti il dio Mitra nell'atto di uccidere il toro, risalenti entrambi al III secolo d.C.. Lo scavo ha anche evidenziato i segni di una distruzione violenta del mitreo, probabilmente coincidente con l'emanazione dell'Editto di Teodosio (380 d.C.).
Vulci, edificio absidato (chiesa altomedioevale?)
Di una domus in gran parte inesplorata, situata nel punto in cui il decumano incrocia un altro asse viario, è visibile un atrio con impluvium con soglie di accesso ad ambienti ancora in parte interrati. Dalla parte opposta sono visibili le strutture della cosiddetta casa del pescatore, dal ritrovamento, in situ, di pesi per le reti. La casa appare essere stata più volte riutilizzata.
Giungendo alla Porta Est, in grandi blocchi di tufo, e proseguendo per un breve tratto, si incrocia una struttura semiellittica, in opera quadrata di tufo e travertino: forse una vasca con funzione sacra, dal momento che è stato trovato un gran numero di ex voto anatomici nelle sue vicinanze. Oltre la Porta Est vi è la valle lambita dal fiume Fiora, dove gli scavi hanno riportato alla luce, negli anni scorsi, resti appartenenti al porto fluviale (mura in opus quadrata) ed ai magazzini di quest'ultimo.
Sicuramente quel che attira maggiormente l'attenzione a Vulci, come in ogni città etrusca, è la necropoli. Le tombe sono visitabili con guida. La Necropoli Orientale, posta sulla sponda sinistra del Fiora, presenta le più preziose ed interessanti testimonianze dell'arte funeraria etrusca. Innanzitutto la principesca Cuccumella che, con i suoi 75 metri di diametro, è il più grande tumulo dell'Etruria Meridionale, costruita alla fine del VII secolo a.C. ha il sottosuolo percorso da un intricato e misterioso dedalo di cunicoli. Poi la Tomba delle Iscrizioni, utilizzata dal IV secolo a.C. e, infine, la più celebre e celebrata di tutte: la Tomba François, del IV secolo a.C..

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