sabato 28 luglio 2012

Splendori tecnologici dell'antica Tadmor

Palmira, tetrapilon monumentale
Palmira (che anticamente si chiamava Tadmor) fu una delle metropoli più importanti e più vive, durante l'Impero Romano. Innanzitutto dal punto di vista commerciale, dal momento che era una tappa obbligata lungo le rotte carovaniere che collegavano Roma all'Oriente. La città è sempre stata vista come un'oasi nel deserto e gli studiosi si sono sempre chiesti come avesse fatto a prosperare per molti anni.
Nel 2008 l'archeologo Jorgen Christian Meyer ha iniziato lo studio e l'esplorazione dell'area montuosa a nord di Palmira, un territorio di più di 100 chilometri quadrati dove l'acqua piovana veniva incanalata verso le pianure andando ad alimentare i campi. Grazie a dei sondaggi ed anche alle immagini satellitari, gli archeologi hanno scoperto i resti di più di venti villaggi che distavano da Palmira pochi giorni di cammino, i quali vanno ad aggiungersi ad altri 15 insediamenti precedentemente scoperti da altri ricercatori nella zona ad ovest di Palmira. Sono state anche trovate le tracce di una vasta rete di serbatoi e canali artificiali per la raccolta e la distribuzione dell'acqua, soprattutto in occasione degli improvvisi temporali stagionali.
Palmira, il teatro romano
Dunque Palmira era circondata da colture di olivi, fichi e pistacchi, come affermano le fonti romane. Veniva anche coltivato l'orzo, da quanto è risultato dalle analisi dei pollini condotte su un mattone di fango proveniente dalle aree esplorate da Meyer. Gli antichi abitanti riuscivano a catturare e canalizzare dai 12 ai 15 centimetri di pioggia ogni anno. Questo sistema durò fino al 700 d.C., periodo in cui la splendida Palmira iniziò il suo declino.
Vicino Palmira, poi, erano state edificate delle vere e proprie fattorie che si occupavano della coltivazione dei cereali per il rifornimento della città.
Palmira, tempio di Baal
Le merci provenienti dall'Asia, dunque, dopo aver navigato nell'Oceano Indiano ed aver attraversato il Golfo Persico, venivano trasportate in parte lungo il fiume Eufrate fino alla Siria. Raggiungevano, quindi, Palmira e da qui, attraverso le carovane, arrivavano ai porti del Mediterraneo. Vi erano anche percorsi più veloci e diretti, ma allora, duemila anni fa, Palmira si trovava in una regione ben inserita tra l'Impero Romano ad ovest e gli imperi dei Parti e dei Persiani ad est, e tutta una serie di piccoli regni che sorgevano lungo l'Eufrate, ciascuno dei quali, al passaggio delle carovane, esigeva un pedaggio. Palmira era, dunque, una via alternativa, se pure più lunga, ed anche più interessante proprio per via delle fattorie che le sorgevano intorno. Gli agricoltori locali, secondo Meyer, permettevano, ai pastori nomadi che conducevano le carovane di cammelli verso Palmira, di pascolare sui loro terreni dopo il raccolto. Lo sterco dei cammelli, poi, rendeva fertile la terra dei contadini, in un reciproco scambio di "favori".
Purtroppo la situazione politica attuale in Siria non permette di proseguire oltre le ricerche, per approfondire e svelare gli antichi misteri di questa splendida città. Gli archeologi hanno dovuto abbandonare, infatti, gli scavi in tutta fretta.

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