lunedì 15 ottobre 2012

Sotto il castello di Carlo V a Lecce

Il cortile del castello di Carlo V a Lecce
Gli archeologi guidati da professor Paul Arthur, docente di archeologia medioevale all'Università del Salento, hanno riportato alla luce la parte più nascosta del castello di Carlo V a Lecce.
L'edificio venne costruito da Carlo V nel 1539 e cela una vita precedente. L'architetto che ideò la fortezza fu il salentino Gian Giacomo dell'Acaya. Questi fece erigere l'edificio su un preesistente castello medioevale risalente a re Tancredi, radendo al suolo il Monastero Celestino di Santa Croce e la cappella della Santa Trinità. I lavori iniziarono nel 1529. Dieci anni dopo furono terminati i bastioni e le cinta murarie. L'ingresso principale era rivolto a nordest e, sul lato opposto, venne aperta un'uscita secondaria che immetteva nella campagna.
Il portale interno, artisticamente rilevante, risale al '500 e dà accesso alla scala che si snoda nel corpo centrale dell'edificio. Il piano superiore è illuminato da imponenti vetrate. Qui, di recente, è stato restaurato un grande salone dalle volte ad ogiva.
Attrezzi da cantiere incisi su una lastra di pietra
Dal 1870 al 1979 il castello fu caserma e distretto militare. Il 30 aprile 1983 l'Amministrazione Militare lo cedette al Comune di Lecce che, attualmente, vi ha posto l'Assessorato alla Cultura.
Gli scavi nelle fondamenta del castello sono iniziati nel 2007, partendo dalle cisterne presenti nel locale delle carceri. Qui le pareti sono tappezzate di graffiti dovuti, forse, ai carcerati. Due delle iscrizioni sono in ebraico e riproducono uccelli, scale, navigli e figure umane.
Nel corso degli scavi sono state riportate alla luce un centinaio di monete, materiale ceramico risalente al XIV secolo, servizi di piatti, vasi ed orci con gli stemmi dei principi Orsini, degli Enghien, dei Brienne e dei Chiaramonte.
Interno delle prigioni del castello di Carlo V a Lecce
E' stata scavata anche la chiesa di Santa Barbara, con accesso dal cortile del castello, che ha restituito le fondamenta dell'edificio del Trecento che guardava la città e numerose stratificazioni successive. La cappella chiamata di Santa Barbara era, in realtà, dedicata all'Immacolata. Nel 1571 doveva ancora essere terminata ed oggi ne rimane un'aula vuota e spoglia di arredi. Proprio questa cappella ha permesso agli archeologi di delineare meglio la forma del castello di età medioevale, i cui resti, imponenti, sono costituiti dalle due torri poste lungo il lato est del nucleo centrale.
Anche lo scavo nel cortile ha permesso di ritrovare vecchie strutture poste sotto il piano di calpestio. Lungo il porticato nord sono riemersi dei silos scavati nel banco di roccia naturale. E' stato identificato anche un pozzo, il puteum quattrocentesco, attorno al quale è apparso un piano pavimentale in basoli di calcare ed un setto murario rasato a livello dei basoli.
La fortezza, nel corso degli interventi di scavo che l'hanno interessata, è apparsa sempre più una sorta di borgo fortificato altomedioevale. Le mura della primitiva costruzione, antecedente a quella cinquecentesca, vennero danneggiate durante gli eventi bellici che contrapposero le truppe francesi a quelle di Manfredi e di Corradino di Svevia.
Iscrizione in ebraico trovata nella prigione
Il castello passò, in seguito, tra i possedimenti della famiglia comitale dei Brienne prima e dei conti di Enghien in seguito. Qui risiedettero prima Raimondo Orsini del Balzo (sposato ad una d'Enghien) e principe di Taranto, poi suo figlio Giovanni Antonio. In seguito alla congiura che portò alla morte di Giovanni Antonio, vennero cancellati gli emblemi degli Orsini presenti nel castello
Durante i lavori di restauro dell'ala sudovest del castello (1999-2000) è stato individuato un ambiente ipogeo murato e riempito con del terriccio, del pietrame misto a ceramica, ossa di animali ed oggetti in metallo. Si trattava, probabilmente, di una grande cisterna d'acqua che ha restituito materiale di età basso-medioevale.
Le prigioni, collocate nel piano seminterrato della torre di sudest del castello di età angioina, sono a pianta quadrangolare. L'ambiente è diviso da uno spesso muro posto al centro e caratterizzato da due aperture arcuate ad ogiva. All'interno della torre angioina sono state rinvenute tracce dell'utilizzo del vano per la conservazione di derrate. E' stata anche localizzata una piccola cava profonda 3,82 metri, sfruttata come cisterna e totalmente riempita con materiale di scarico, ceramiche, circa 200 monete, vetri ed oggetti in metallo.

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