Tempio di Apollo a Delfi |
Delfi sorse a 550 metri di altitudine, sulle pendici meridionali del monte Parnaso. Il sito era stato scelto da Apollo in persona e si trovava vicino alla dimora delle Muse, presso la fonte Castalia. Era qui che, un tempo, si trovava l'ombelico del mondo, l'omphalos, segnalato da una pietra ogivale cava, scolpita e custodita insieme all'imperituro fuoco sacro, nel tempio di Apollo.
In seguito l'omphalos di Delfi venne identificato come il masso che Rea aveva fatto inghiottire a Crono al posto del figlio Zeus. Nel santuario di Delfi operava la Pizia o Pitonessa, potente sacerdotessa che parlava per Apollo. Il culto, secondo gli studiosi, risalirebbe al II millennio a.C..
Gli oracoli di Apollo pronunciati a Delfi erano estremamente ambigui ma altrettanto importanti. Le casate aristocratiche avevano creato un'apposita istituzione, denominata Anfizionia di Delfi, per regolare l'uso delle importantissime profezie. L'Anfizionia consisteva, in realtà, in un'alleanza tra dodici tribù elleniche che dovevano fungere da garanti della neutralità degli esiti e la portata degli oracoli. Compito svolto non senza contrasti e dissapori, spesso sfociati in aperti conflitti. Nel VI secolo a.C., addirittura, il tempio di Delfi venne distrutto da un incendio doloso.
Per onorare Apollo i Greci istituirono i Giochi Pitici che consistevano in competizioni artistiche, danza, gare atletiche e corse con quadrighe. La fama dell'oracolo di Delfi venne lentamente meno durante le spedizioni persiane, contemporaneamente alla crisi delle grandi famiglie aristocratiche greche ed al trionfo della democrazia in Atene. Il culto di Apollo finì, all'epoca, per stabilirsi sull'isola di Delo.
Il culto delfico si perpetrò per quasi duemila anni, finquando i decreti teodosiani (391-392 d.C.), dopo la dichiarazione del cristianesimo quale religione ufficiale dell'impero, proibirono qualunque culto pagano.
Diodoro Siculo racconta che il pastore Kouretas venne attirato da strani belati emessi da una delle sue capre e finì per scoprire l'entrata di un antro sotterraneo. Avventuratosi nella grotta, Kouretas sentì di essere preso da una presenza divina che gli consentiva visioni del passato e del futuro.
In seguito si appurò che se ad entrare nella grotta erano degli uomini, questi perivano, per cui si preferì far entrare nella cavità delle fanciulle molto giovani. Quando, poi, sul luogo venne edificato un santuario, questo fu gestito da appositi sacerdoti. I miti più antichi parlavano di una dragonessa (drakina), posta a guardia dell'oracolo e chiamata Delfina. Il suo nome sopravviverebbe in quello antico e moderni della località.
Nei secoli la drakina si confuse a volte con il mostro serpentiforme Echidna, a volte con un altro rettile, Pitone. Gli studiosi fanno risalire il nome Pitone al verbo greco pythein, che significa "corrompere, far imputridire". Pitone, da avversario del dio della luce Apollo, divenne la vittima dell'arco e delle frecce del dio, che lo uccise assumendo l'epiteto Pizio sauroktonos, uccisore del serpente.
Le statuette più antiche relative al culto di Delfi risalgono all'XI-X secolo a.C. e si riferivano non tanto ad Apollo, quanto, piuttosto, ad una divinità femminile arcaica. La profetessa di Delfi, invece, era raffigurata come una bella giovane donna, seduta su un braciere di bronzo, che profetizzava per Apollo dopo essersi inebriata attraverso i vapori emanati dalle braci. Alcuni ritenevano si trattava di foglie di alloro, pianta sacra ad Apollo, bruciate. Le proprietà aromatiche di queste foglie sarebbero dovute al contenuto di acido cianidrico, che conferiva loro proprietà allucinogene e capacità di suscitare sogni profetici.
Secondo le fonti classiche, il ruolo di Pizia poteva essere svolto da tre sacerdotesse contemporaneamente. Alla sacerdotessa di Delfi erano richieste castità e purezza rituale assoluta. La porta del santuario di Delfi era sormontata dalla scritta "gnothi seautòn", conosci te stesso. Nelle fasi più antiche la profetessa parlava in un solo giorno dell'anno, fu solo in seguito che iniziò a vaticinare il settimo giorno di ogni mese per nove mesi l'anno. Per interpellarla, i fedeli dovevano innanzitutto bagnarsi nelle acque della fonte Castalia, poi dovevano fare una generosa offerta al santuario e mettersi in coda. Una capra veniva aspersa con le acque della fonte e dai brividi che aveva si traevano i primi vaticini. La capra, in seguito, veniva uccisa e le sue viscere lavate nelle acque della fonte Castalia.
La profetessa era a mala pena visibile all'interno dell'antro e ad essa si rivolgeva il postulante. Plutarco, che dal 95 d.C. fino alla morte servì come sacerdote al tempio di Delfi, scrive che la Pizia, per ottenere le sue visioni, si rinchiudeva in un antro invaso da vapori che fuoriuscivano dalle pareti rocciose. Nel 2000 alcuni geologi italiani sottolinearono che Delfi sorge in corrispondenza di una pericolosa faglia sismica e ipotizzarono che i vapori che avvolgevano la Pizia altro non fossero che emissioni carboniose e solforose, sprigionatesi da una profonda frattura della crosta terrestre. Questi vapori, se respirati, sarebbero stati in grado di indurre torpore, stato estatico e allucinazioni.
Oggi Delfi appare trasformata dai successivi interventi romani. Al santuario si accede risalendo i pendii del Parnaso lungo la Via Sacra, affiancata da resti di tombe e mausolei di epoca romana. La Via Sacra sale fino al teatro, del IV-III secolo a.C., accanto al quale sorgeva lo stadio, sede dei Giochi Pitici. L'edificio poteva contenere fino a 5.000 spettatori. Il grande tempio di Apollo era, ovviamente, il centro attorno al quale ruotava l'antica Delfi. Di fronte al tempio vi era il più famoso e venerato dono votivo di Delfi, una colonna in bronzo a forma di serpenti. In cima vi era un tripode dorato che ricordava la battaglia di Platea (479 a.C.). I resti che si possono ammirare oggi hanno una pianta di 24 x 60 metri. La cella era cinta, in origine da 6 x 15 colonne del IV secolo a.C., che sorgono sui resti di un edificio precedente distrutto da un terremoto. L'interno del tempio era, originariamente, riccamente decorato con avori, statue e crateri in oro e argento. Qui la Pizia pronunciava i suoi oracoli
In seguito l'omphalos di Delfi venne identificato come il masso che Rea aveva fatto inghiottire a Crono al posto del figlio Zeus. Nel santuario di Delfi operava la Pizia o Pitonessa, potente sacerdotessa che parlava per Apollo. Il culto, secondo gli studiosi, risalirebbe al II millennio a.C..
Gli oracoli di Apollo pronunciati a Delfi erano estremamente ambigui ma altrettanto importanti. Le casate aristocratiche avevano creato un'apposita istituzione, denominata Anfizionia di Delfi, per regolare l'uso delle importantissime profezie. L'Anfizionia consisteva, in realtà, in un'alleanza tra dodici tribù elleniche che dovevano fungere da garanti della neutralità degli esiti e la portata degli oracoli. Compito svolto non senza contrasti e dissapori, spesso sfociati in aperti conflitti. Nel VI secolo a.C., addirittura, il tempio di Delfi venne distrutto da un incendio doloso.
L'Auriga di Delfi |
Il culto delfico si perpetrò per quasi duemila anni, finquando i decreti teodosiani (391-392 d.C.), dopo la dichiarazione del cristianesimo quale religione ufficiale dell'impero, proibirono qualunque culto pagano.
Diodoro Siculo racconta che il pastore Kouretas venne attirato da strani belati emessi da una delle sue capre e finì per scoprire l'entrata di un antro sotterraneo. Avventuratosi nella grotta, Kouretas sentì di essere preso da una presenza divina che gli consentiva visioni del passato e del futuro.
In seguito si appurò che se ad entrare nella grotta erano degli uomini, questi perivano, per cui si preferì far entrare nella cavità delle fanciulle molto giovani. Quando, poi, sul luogo venne edificato un santuario, questo fu gestito da appositi sacerdoti. I miti più antichi parlavano di una dragonessa (drakina), posta a guardia dell'oracolo e chiamata Delfina. Il suo nome sopravviverebbe in quello antico e moderni della località.
Nei secoli la drakina si confuse a volte con il mostro serpentiforme Echidna, a volte con un altro rettile, Pitone. Gli studiosi fanno risalire il nome Pitone al verbo greco pythein, che significa "corrompere, far imputridire". Pitone, da avversario del dio della luce Apollo, divenne la vittima dell'arco e delle frecce del dio, che lo uccise assumendo l'epiteto Pizio sauroktonos, uccisore del serpente.
Le statuette più antiche relative al culto di Delfi risalgono all'XI-X secolo a.C. e si riferivano non tanto ad Apollo, quanto, piuttosto, ad una divinità femminile arcaica. La profetessa di Delfi, invece, era raffigurata come una bella giovane donna, seduta su un braciere di bronzo, che profetizzava per Apollo dopo essersi inebriata attraverso i vapori emanati dalle braci. Alcuni ritenevano si trattava di foglie di alloro, pianta sacra ad Apollo, bruciate. Le proprietà aromatiche di queste foglie sarebbero dovute al contenuto di acido cianidrico, che conferiva loro proprietà allucinogene e capacità di suscitare sogni profetici.
Apollo |
La profetessa era a mala pena visibile all'interno dell'antro e ad essa si rivolgeva il postulante. Plutarco, che dal 95 d.C. fino alla morte servì come sacerdote al tempio di Delfi, scrive che la Pizia, per ottenere le sue visioni, si rinchiudeva in un antro invaso da vapori che fuoriuscivano dalle pareti rocciose. Nel 2000 alcuni geologi italiani sottolinearono che Delfi sorge in corrispondenza di una pericolosa faglia sismica e ipotizzarono che i vapori che avvolgevano la Pizia altro non fossero che emissioni carboniose e solforose, sprigionatesi da una profonda frattura della crosta terrestre. Questi vapori, se respirati, sarebbero stati in grado di indurre torpore, stato estatico e allucinazioni.
Oggi Delfi appare trasformata dai successivi interventi romani. Al santuario si accede risalendo i pendii del Parnaso lungo la Via Sacra, affiancata da resti di tombe e mausolei di epoca romana. La Via Sacra sale fino al teatro, del IV-III secolo a.C., accanto al quale sorgeva lo stadio, sede dei Giochi Pitici. L'edificio poteva contenere fino a 5.000 spettatori. Il grande tempio di Apollo era, ovviamente, il centro attorno al quale ruotava l'antica Delfi. Di fronte al tempio vi era il più famoso e venerato dono votivo di Delfi, una colonna in bronzo a forma di serpenti. In cima vi era un tripode dorato che ricordava la battaglia di Platea (479 a.C.). I resti che si possono ammirare oggi hanno una pianta di 24 x 60 metri. La cella era cinta, in origine da 6 x 15 colonne del IV secolo a.C., che sorgono sui resti di un edificio precedente distrutto da un terremoto. L'interno del tempio era, originariamente, riccamente decorato con avori, statue e crateri in oro e argento. Qui la Pizia pronunciava i suoi oracoli
3 commenti:
Bellissimo post!
Qualche settimana fa avevo scritto anch'io della Sibilla e della sacerdotessa di Delfi: http://gardenofhesperides.blogspot.it/2013/01/la-sibilla-profetessa-di-sventure.html
Questo articolo però mi ha fatto scoprire cose nuove su questa figura affascinante e misteriosa. Grazie!
Grazie a te! A me piacciono molto gli antichi rituali, le religioni misteriche e la mitologia... ;-)
Leggi un aspetto interessante riguardante le "E" nelle Delfi:
https://skydrive.live.com/?cid=E39B50D7D9EA3235&id=E39B50D7D9EA3235!120#!/view.aspx?cid=E39B50D7D9EA3235&resid=E39B50D7D9EA3235!121&app=WordPdf
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