giovedì 14 febbraio 2013

Templari e...tombe etrusche

Copertina del libro sui graffiti dei Templari a Tarquinia
(Fonte: Adnkronos) Una tomba etrusca della necropoli di Tarquinia è stata teatro, nel primo trentennio del Duecento, di riti dei Cavalieri Templari, iniziazioni al loro ordine con giuramenti e pratiche sessuali. A ricostruire la circostanza sono gli autori del libro, curato dal paleografo Carlo Tedeschi, "Graffiti templari. Scritture e simboli in una tomba etrusca di Tarquinia", edito da Viella, che sarà ufficialmente presentato il 19 febbraio, alle 17, nella Sala della Fortuna al Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, a Roma.
Il libro presenta una inedita lettura di quelle testimonianze storiche inusuali che sono i graffiti, una fonte assai poco frequentata dagli specialisti del medioevo ma che, in virtù della sua immediatezza, può aprire inaspettati squarci sulla vita di uomini e società del passato. In questo caso lo squarcio si apre sui pur studiatissimi Templari, grazie ai graffiti della tomba Bartoccini.
Scoperta nel 1959 e dedicata dalla Soprintendenza dell'Etruria Meridionale dell'epoca, la tomba (Necropoli di Monterozzi, VI secolo a.C.), rappresenta perfettamente il concetto di tomba-casa che, insieme alla pianta complessa, ne costituisce il motivo predominante.
Tutti i vani della tomba (una camera sepolcrale e tre celle che si aprono su di essa) hanno il soffitto a doppio spiovente (come una casa appunto). La più riccamente decorata è la camera principale, sulla quale si aprono le tre porte che immettono nelle celle secondarie, poste ad un livello più basso. Nelle pitture è dominante il motivo a scacchi. Sul frontone della parete di fondo è rappresentata una scena di banchetto mentre su quello della parete d'ingresso sono raffigurati due ippocampi dipinti di rosso.
Su queste pareti riccamente affrescate i graffiti e gli elementi figurativi studiati da Tedeschi, docente di Paleografia latina all'Università di Chieti-Pescara, e dagli altri autori del volume, ovvero Maria Cataldi, Gaetano Curzi, Vittorio Formentin, Marina MIcozzi, Roberto Paciocco e Giuliano Romalli. I testi riscontrati, quasi tutti in volgare, riferiscono appunto che un gruppo di individui, alcuni dei quali qualificati come appartenenti all'Ordine del Tempio, utilizzarono l'ipogeo, sacralizzandolo, per compiervi atti sessuali e pronunciarvi un giuramento.
Il compito che gli specialisti di diversa estrazione si sono dati, in un lavoro autenticamente interdisciplinare, è stato quello di far parlare le testimonianze, attraverso la meticolosa decifrazione dei segni alfabetici e figurativi e un'attenta contestualizzazione archeologica, storica, linguistica, paleografica e storico-artistica.

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