La sepoltura del bambino ritrovata nell'Oasi di Dakhleh (Foto: Sandra Wheeler) |
I resti di un bambino di uno o due anni di età, ritrovati nel cimitero romano-cristiano dell'Oasi di Dakhleh, in Egitto, ha mostrato agli studiosi segni di abusi fisici. Il piccolo, vissuto 2000 anni fa, rappresenta il primo caso documentato di abusi su minori annoverato dall'archeologia e il primo caso in Egitto.
Dakhleh è una delle sette oasi del deserto occidentale egiziano. Il sito è stato, praticamente, abitato in forma continua sin dal periodo neolitico, attirando, per questo, l'attenzione degli archeologi. I cimiteri scavati finora hanno permesso agli studiosi di gettare uno sguardo prezioso sugli inizi del cristianesimo in Egitto. In particolare il cimitero Kellis 2 riflette le pratiche mortuarie proprie della comunità cristiana. I metodi di datazione al carbonio radioattivo, applicati agli scheletri rinvenuti, suggeriscono che il cimitero è stato utilizzato tra il 50 e il 450 d.C.
Proprio in questo cimitero gli archeologi e gli antropologi si sono imbattuti nello scheletro del piccolo maltrattato, che presenta diverse fratture sulle braccia. I resti sono stati sottoposti ad una serie di indagini ai raggi X, istologici e isotopici, che hanno permesso di individuare le variazioni metaboliche con le quali il piccolo corpo ha cercato di curare se stesso. Queste analisi hanno ulteriormente sottolineato la presenza di fratture in tutto il corpo, nelle costole, nel bacino e nella schiena. Le lesioni erano tutte a diversi stadi di guarigione.
Una delle fratture più interessati era situata nella parte superiore delle braccia del bambino. I ricercatori hanno dedotto che qualcuno ha afferrato il piccolo per le braccia e lo ha scosso violentemente. Altre fratture, per esempio quelle alle costole, sono state provocate da colpi diretti. Ad uccidere il bambino, secondo gli antropologi, sarebbe stata l'ultima frattura, quella alla clavicola.
Per quel che riguarda gli abusi sui bambini, dal punto di vista archeologico se ne sono trovate tracce in Francia, in Perù e nel Regno Unito solo per quel che riguarda il medioevo ed i periodi successivi.
Delle 158 sepolture di minori scavate nel cimitero Kellis 2, solo la sepoltura del bambino - identificata dal numero 519 - mostra segni di traumi ripetuti non accidentali, riconducibili ad atti di violenza perpetrati sul piccolo.
Dakhleh è una delle sette oasi del deserto occidentale egiziano. Il sito è stato, praticamente, abitato in forma continua sin dal periodo neolitico, attirando, per questo, l'attenzione degli archeologi. I cimiteri scavati finora hanno permesso agli studiosi di gettare uno sguardo prezioso sugli inizi del cristianesimo in Egitto. In particolare il cimitero Kellis 2 riflette le pratiche mortuarie proprie della comunità cristiana. I metodi di datazione al carbonio radioattivo, applicati agli scheletri rinvenuti, suggeriscono che il cimitero è stato utilizzato tra il 50 e il 450 d.C.
Parte superiore del corpo del bambino (Foto: Sandra Wheeler) |
Una delle fratture più interessati era situata nella parte superiore delle braccia del bambino. I ricercatori hanno dedotto che qualcuno ha afferrato il piccolo per le braccia e lo ha scosso violentemente. Altre fratture, per esempio quelle alle costole, sono state provocate da colpi diretti. Ad uccidere il bambino, secondo gli antropologi, sarebbe stata l'ultima frattura, quella alla clavicola.
Per quel che riguarda gli abusi sui bambini, dal punto di vista archeologico se ne sono trovate tracce in Francia, in Perù e nel Regno Unito solo per quel che riguarda il medioevo ed i periodi successivi.
Delle 158 sepolture di minori scavate nel cimitero Kellis 2, solo la sepoltura del bambino - identificata dal numero 519 - mostra segni di traumi ripetuti non accidentali, riconducibili ad atti di violenza perpetrati sul piccolo.
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