sabato 7 settembre 2013

I Romani e le nanoparticelle...

La Coppa di Licurgo
La tecnologia dei Romani continua a riservare sorprese per gli archeologi. Questa volta ad attirare i riflettori della curiosità è la cosiddetta Coppa di Licurgo, un calice che, se illuminato da una fonte diretta, appare di color verde-giada, mentre se la luce è posta dietro l'oggetto, questi appare di color rosso sangue.
La Coppa, custodita al British Museo di Londra, che la acquistò nel 1965, e risalente al IV secolo d.C., deve il suo nome alla scena che è rappresentata sulle sue pareti e che è incentrata sulla figura del re tracio Licurgo. Si pensa che sia stata prodotta ad Alessandria d'Egitto e quasi certamente la sua fabbricazione deve aver interessato diversi artigiani. E' una coppa diatreta, vale a dire di vetro incastonato in un telaio esterno che presenta delle figurazioni.
Quel che più stupisce è la tecnica utilizzata per la produzione di questo splendido esemplare, tecnica che permette quei giochi di luce che sembrano mutare il colore del vetro. Si è scoperto che gli artigiani dell'epoca impregnavano il vetro con particelle d'oro e d'argento piccole fino a 50 nanometri. Non si tratta di un effetto, quello della Coppa di Licurgo, ottenuto a caso quanto, piuttosto, di un effetto voluto.
L'ingegnere Logan Gang Liu, dell'Università dell'Illinois, ha studiato per anni il manufatto ed è giunto alla conclusione che i Romani sapessero utilizzare le nanoparticelle per creare degli oggetti estremamente raffinati. Ora il ricercatore sta cercando di provare che questa tecnica veniva utilizzata anche per la diagnosi di alcune malattie e l'individuazione di rischi biologici. Ha creato, allo scopo, non potendo - ovviamente - servirsi del prezioso reperto, alcuni recipienti in plastica intrisi di nanoparticelle di oro e d'argento in misura equivalente a quelle presenti nella Coppa di Licurgo. Il ricercatore li ha, poi, riempiti con materiali diversi: acqua, olio, zucchero e sale ed ha osservato i successivi cambi di colore. La Coppa di Licurgo è risultata 100 volte più sensibile dei sensori utilizzati per rilevare i livelli salini in soluzione attualmente in commercio.

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