sabato 7 febbraio 2015

Il mare di relitti di Gela

Il relitto della nave di Gela del V secolo a.C. (Foto: Famedisud.it)
Recuperato un altro relitto nel mare di Gela grazie alla segnalazione di un sub locale, Franco Cassarino. Si tratterebbe, secondo gli archeologi che hanno esaminato gli oggetti recuperati, del relitto navale greco più antico di tutta la Sicilia, databile al VI secolo a.C., 60 anni più antico della nave recuperata nel 2008 nelle acque di Gela e restaurata in Inghilterra.
Tra i materiali recuperati dai fondali vi sono un'anforetta, una brocca, una kylix a vernice di importazione Attica e un vasetto detto cothon, di importazione corinzia. I reperti giacevano a circa 300 metri dal litorale e a circa 4 metri di profondità, nei pressi di elementi lignei emergenti dalla sabbia del fondale, che, però non sono ancora stati recuperati.
Il Soprintendente del Mare della Regione Sicilia, Dottor Sebastiano Tusa, ritiene che nel luogo in cui sono stati rinvenuti i reperti e il relitto navale vi fosse lo scalo marittimo dell'antica Gela, uno tra i primi insediamenti greci in Sicilia, fondata dai Dori, secondo la tradizione, nel 689 a.C. ad opera di Antifemo ed Eutimo su un precedente insediamento indigeno siculo. Qui tracce della presenza dell'uomo fanno balzare il tempo indietro al V millennio a.C.
I ritrovamenti, nel mare di Gela, si susseguono dal 1988, quando venne recuperato, in due fasi, il primo relitto, l'unico pervenuto integralmente. Si pensò, all'epoca, alla creazione di un Museo della Navigazione Greca che, però, ancora non ha visto la luce. I resti dei relitti affondati, con parte del loro carico, dunque, sono stati ospitati nel Museo Archeologico cittadino.
Tetradramma di Gela, V secolo a.C. (Foto: Famedisud.it)
Il relitto trovato nel 1998 da due subacquei a 4 metri di profondità ed 800 metri dalla costa, a circa 2 chilometri ad est del fiume Gela, era molto ben conservato nella struttura lignea. Il suo carico risultò coperto da uno strato di pietre utilizzato come zavorra. Le dimensioni della nave erano piuttosto grandi (21 x 6,50 metri) e presentava caratteristiche costruttive simili a quelle descritte da Omero nel II libro dell'Iliade: il fasciame della carena era tenuto insieme da fibre vegetali.
Furono, all'epoca, necessarie due campagne di scavo per recuperare la nave, una nel 2003 e l'altra nel 2008. I resti sono stati, in seguito, inviati per il restauro al laboratorio specializzato della Mary Rose Archaeological Services di Portsmouth, in Inghilterra. Probabilmente la nave stava per predisporsi all'attracco al porto di Gela quando venne sorpresa da una tempesta che provocò uno squarcio dal quale venne imbarcata acqua. Nel carico si scoprì vasellame attico a vernice nera due rarissimi askoi a figure rosse.
I ricercatori pensano che gli oggetti presenti sulla nave affondata provenissero da varie località ed hanno provato a tracciare una sorta di rotta approssimativa seguita dall'imbarcazione, proveniente sicuramente dal Mar Egeo. Probabilmente, come starebbero ad indicare le ceramiche rosse e nere presenti sull'imbarcazione, quest'ultima aveva fatto una sosta nel porto di Atene. La presenza di anfore per vino e olio collocate in cesti rivestiti di pece apre l'orizzonte a svariate località. Alcuni degli oggetti rinvenuti erano sicuramente di proprietà dei marinai, come le ceramiche ritrovate nella cambusa e gli oggetti di culto necessari alle pratiche religiose effettuate durante la navigazione.
Una seconda nave, datata al V secolo a.C. ed inferiore, per dimensioni, a quella individuata nel 1998, è ancora adagiata sui fondali di Gela, a poca distanza dalla costa e dal primo relitto, piuttosto ben conservata. Ancora, però, non è stata recuperata. Un secondo relitto di epoca arcaica è stato, invece, individuato alla foce del fiume Dirillo, sul confine tra le province di Caltanissetta e Ragusa. E' stata una scoperta casuale, avvenuta durante lo scavo per la posa del gasdotto libico. 

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