Il dicembre dei Romani era dominato dalla festa dei Saturnalia, attorno alla quale ruotavano le feste di tutto il mese. Si trattava, del resto un pò come oggi, di un mese di attesa: il lavoro dei campi si fermava e l'uomo era libero dalle attività quotidiane. In questo mese sono le divinità connesse con la ricchezza a guadagnare la scena. Si trattava della ricchezza del farro e del grano, ma anche della ricchezza spirituale che guardava, con una certa nostalgia, all'Età dell'Oro di Saturno, quando sia uomini che animali vivevano senza fatica.
Perché gli dèi possano favorire Roma, preservandone la ricchezza e la potenza, i Romani dovevano rinnovare il patto con loro. Si trattava di un patto segreto incentrato sul nome segreto di Roma e del suo Nume tutelare, forse la dèa Angerona, la divinità del silenzio, celebrata - non a caso - nel Solstizio d'Inverno, il punto dell'anno in cui il Sole che muore passa il testimone al Sole che rinasce.
Nel primo terzo del mese di dicembre, i Romani celebravano le due Gaie, Gaia Cecilia (vale a dire Tanaquilla, moglie di Tarquinio Prisco) e Gaia Fufezia, la Vestale che donò ai Romani le sue proprietà terriere in Campo Marzio e celebrano anche Bona Dèa, una forma della Grande Madre, il cui nome era segreto come segreto era il suo culto.
Nel secondo terzo del mese, dopo la festa del Septimontium, celebrata dai montanes in opposizione ai Paganalia di gennaio, celebrati dagli abitanti dei colles, si svolgevano i riti dedicati a Consus e a Saturno. I Ludi dedicati a Consus erano considerati i più importanti dell'anno, durante i quali veniva scoperto l'altare sotterraneo dedicato al dio nel Circo Massimo. Saturno era considerato il re dell'età mitica della pace e iniziatore alle attività agricole. Il rito di Saturno, secondo alcuni, era stato istituito da Ercole sull'Ara Saturnia.
Gli ultimi giorni di dicembre erano consacrati a divinità femminili quali Ops, paredra di Saturno e personificazione della pienezza, e ad Acca Larentia, che dispensavano ricchezza e potere. A loro si contrapponeva Diva Angerona, connessa alla fine del ciclo solare.
La festa di Bona Dèa cadeva il 4 del mese di dicembre. Si trattava di un rito molto antico, precedente l'istituzione del calendario a date fisso. Bona Dèa veniva celebrata dalle Vestali nella casa di un magistrato dotato di imperium. Costui, però, doveva uscire dall'edificio insieme a tutti i maschi, dal momento che il rito era precluso agli uomini, oltre che ad essere segreto, come il vero nome di Bona Dèa.
A Gaia non era dedicato alcun tempio. Nel suo aspetto di Gaia Fufezia divise il suo tempio con Tiberinus. A Roma si conoscevano due Gaie: Gaia Caecilia, nome romano di Tanaquilla, moglie di Tarquinio Prisco, e Gaia Fufezia o Gaia Taracia. Gaia Caecilia/Tanaquilla indusse il marito Tarquinio Prisco ad impossessarsi del titolo di re. Era il punto di riferimento delle spose romane per la sua probità, a lei si faceva risalire la formula matrimoniale "Ubi tu Gaius ego Gaia". Gaia Fufezia, invece, era una Vestale che donò ai Romani il Campo Tiberino, altro nome del Campo Marzio, ricevendo, dal Senato, l'onore di godere di privilegi maschili, tra i quali quello di poter lasciare il sacerdozio per sposarsi, di fare testamento e di avere una statua edificata a spese dello Stato.
Il Campo Tiberino faceva parte dell'ager Tarquiniorum, il territorio (attualmente compreso nella zona del Flaminio fino al ponte Milvio) appartenente ai Tarquini. Le spighe di questo campo, secondo la tradizione, vennero gettate nel Tevere dove, ammassatesi, formarono l'Isola Tiberina. Qui avevano il loro tempio Vediovis, Faunus ed Aesculapius.
Perché gli dèi possano favorire Roma, preservandone la ricchezza e la potenza, i Romani dovevano rinnovare il patto con loro. Si trattava di un patto segreto incentrato sul nome segreto di Roma e del suo Nume tutelare, forse la dèa Angerona, la divinità del silenzio, celebrata - non a caso - nel Solstizio d'Inverno, il punto dell'anno in cui il Sole che muore passa il testimone al Sole che rinasce.
Nel primo terzo del mese di dicembre, i Romani celebravano le due Gaie, Gaia Cecilia (vale a dire Tanaquilla, moglie di Tarquinio Prisco) e Gaia Fufezia, la Vestale che donò ai Romani le sue proprietà terriere in Campo Marzio e celebrano anche Bona Dèa, una forma della Grande Madre, il cui nome era segreto come segreto era il suo culto.
Nel secondo terzo del mese, dopo la festa del Septimontium, celebrata dai montanes in opposizione ai Paganalia di gennaio, celebrati dagli abitanti dei colles, si svolgevano i riti dedicati a Consus e a Saturno. I Ludi dedicati a Consus erano considerati i più importanti dell'anno, durante i quali veniva scoperto l'altare sotterraneo dedicato al dio nel Circo Massimo. Saturno era considerato il re dell'età mitica della pace e iniziatore alle attività agricole. Il rito di Saturno, secondo alcuni, era stato istituito da Ercole sull'Ara Saturnia.
Gli ultimi giorni di dicembre erano consacrati a divinità femminili quali Ops, paredra di Saturno e personificazione della pienezza, e ad Acca Larentia, che dispensavano ricchezza e potere. A loro si contrapponeva Diva Angerona, connessa alla fine del ciclo solare.
La festa di Bona Dèa cadeva il 4 del mese di dicembre. Si trattava di un rito molto antico, precedente l'istituzione del calendario a date fisso. Bona Dèa veniva celebrata dalle Vestali nella casa di un magistrato dotato di imperium. Costui, però, doveva uscire dall'edificio insieme a tutti i maschi, dal momento che il rito era precluso agli uomini, oltre che ad essere segreto, come il vero nome di Bona Dèa.
A Gaia non era dedicato alcun tempio. Nel suo aspetto di Gaia Fufezia divise il suo tempio con Tiberinus. A Roma si conoscevano due Gaie: Gaia Caecilia, nome romano di Tanaquilla, moglie di Tarquinio Prisco, e Gaia Fufezia o Gaia Taracia. Gaia Caecilia/Tanaquilla indusse il marito Tarquinio Prisco ad impossessarsi del titolo di re. Era il punto di riferimento delle spose romane per la sua probità, a lei si faceva risalire la formula matrimoniale "Ubi tu Gaius ego Gaia". Gaia Fufezia, invece, era una Vestale che donò ai Romani il Campo Tiberino, altro nome del Campo Marzio, ricevendo, dal Senato, l'onore di godere di privilegi maschili, tra i quali quello di poter lasciare il sacerdozio per sposarsi, di fare testamento e di avere una statua edificata a spese dello Stato.
Il Campo Tiberino faceva parte dell'ager Tarquiniorum, il territorio (attualmente compreso nella zona del Flaminio fino al ponte Milvio) appartenente ai Tarquini. Le spighe di questo campo, secondo la tradizione, vennero gettate nel Tevere dove, ammassatesi, formarono l'Isola Tiberina. Qui avevano il loro tempio Vediovis, Faunus ed Aesculapius.
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