Pompei, particolare di affresco con rose dalla Casa del Bracciale d'Oro, I secolo d.C. (Foto: Museo Archeologico Nazionale di Napoli) |
La rosa antica di Pompei, protagonista della vita quotidiana nell'antica città romana e resa famosa nel mondo dagli affreschi pompeiani, è tornata a vivere. Lo straordinario risultato è stato possibile grazie ad una ricerca scientifica sulla presenza e sull'utilizzo di questo pregiato fiore nell'antica Pompei e nell'area vesuviana, svolta a cura del Laboratorio di Ricerche Applicate del Parco Archeologico di Pompei e del Dipartimento di Agraria dell'Università "Federico II" di Napoli (Professor Luigi Frusciante, docente di genetica e Gaetano Di Pasquale, ricercatore di archeobotanica), in collaborazione con l'associazione "La Rosa antica di Pompei".
Come simbolo di seduzione e di grazia, per la sua bellezza ed il suo aroma la rosa era associata alla dea Afrodite. Il suo uso come pianta ornamentale o nell'alimentazione, per la salute e il benessere, o ancora in cosmesi, è testimoniato dal ritrovamento di numerose ampolline contenenti profumi (lekythoi) e dalle svariate botteghe di produzione di profumi di Pompei. La rosa che oggi chiamiamo "di Pompei" fioriva due volte l'anno, era rossa ed aveva 36 petali. In Campania la produzione e la lavorazione della rosa erano destinate ad un mercato più ampio della sola penisola italiana, affermandosi come attività di gran pregio sulle sponde dell'intero Mediterraneo antico.
I ricercatori hanno ricreato il fiore grazie alle moderne tecniche di genetica molecolare, associata alle potenzialità dell'ibridazione sessuale. L'esperimento è stato condotto in vitro ed ha permesso di ottenere una rossa rossa riconducibile a quella dell'antica Pompei.
Con il proposito di scoprire la natura della rosa pompeiana, il Dipartimento di Agraria dell'Università degli Studi di Napoli "Federico II" ha condotto analisi genetiche e di comparazione genomica tra le varietà e le specie oggi coltivate e quelle conservate nelle collezioni private di rose antiche campane, nei cimiteri monumentali campani e negli erbari storici italiani. A questo lavoro si è affiancato un importante studio di archeobotanica finalizzato a studiare reperti vegetali provenienti da siti archeologici campani. Questi studi sono stati finanziati dalla società "Villa Silvana", che si è anche fatta carico dell'allevamento delle giovani piantine di popolazioni segreganti, contribuendo alla loro selezione.
"Villa Silvana", inoltre, tramite la sua associazione "La Rosa antica di Pompei", su autorizzazione del Parco Archeologico di Pompei, coltiva attualmente le rose in alcuni giardini delle domus pompeiane, come la Casa del Fauno, la Casa di Loreio Tiburtino e la cosiddetta Casa del Profumiere.
Studi su materiali disponibili, poi, hanno permesso di appurare che in Campania e a Pompei non esisteva una sola specie di rosa, quanto, piuttosto, un gruppo di piante che comprendeva specie spontanee ed ibride, fra le quali la rosa rossa a fiore doppio e rifiorente, che risulta essere la più frequente, come comprovato dalla sua ricorrente presenza nei dipinti rinvenuti in vari siti archeologici della Campania e, in particolare a Pompei, in domus come la Casa del Bracciale d'Oro, quella di Venere in Conchiglia o la Casa dei Quadretti Teatrali, che guardavano l'esempio offerto dalla Villa di Livia a Prima Porta, a Roma.
Come simbolo di seduzione e di grazia, per la sua bellezza ed il suo aroma la rosa era associata alla dea Afrodite. Il suo uso come pianta ornamentale o nell'alimentazione, per la salute e il benessere, o ancora in cosmesi, è testimoniato dal ritrovamento di numerose ampolline contenenti profumi (lekythoi) e dalle svariate botteghe di produzione di profumi di Pompei. La rosa che oggi chiamiamo "di Pompei" fioriva due volte l'anno, era rossa ed aveva 36 petali. In Campania la produzione e la lavorazione della rosa erano destinate ad un mercato più ampio della sola penisola italiana, affermandosi come attività di gran pregio sulle sponde dell'intero Mediterraneo antico.
I ricercatori hanno ricreato il fiore grazie alle moderne tecniche di genetica molecolare, associata alle potenzialità dell'ibridazione sessuale. L'esperimento è stato condotto in vitro ed ha permesso di ottenere una rossa rossa riconducibile a quella dell'antica Pompei.
Esemplare di rosa rossa a fiore doppio (Foto: famedisud.it) |
"Villa Silvana", inoltre, tramite la sua associazione "La Rosa antica di Pompei", su autorizzazione del Parco Archeologico di Pompei, coltiva attualmente le rose in alcuni giardini delle domus pompeiane, come la Casa del Fauno, la Casa di Loreio Tiburtino e la cosiddetta Casa del Profumiere.
Studi su materiali disponibili, poi, hanno permesso di appurare che in Campania e a Pompei non esisteva una sola specie di rosa, quanto, piuttosto, un gruppo di piante che comprendeva specie spontanee ed ibride, fra le quali la rosa rossa a fiore doppio e rifiorente, che risulta essere la più frequente, come comprovato dalla sua ricorrente presenza nei dipinti rinvenuti in vari siti archeologici della Campania e, in particolare a Pompei, in domus come la Casa del Bracciale d'Oro, quella di Venere in Conchiglia o la Casa dei Quadretti Teatrali, che guardavano l'esempio offerto dalla Villa di Livia a Prima Porta, a Roma.
Fonti:
madeinpompei.it
amalfinotizie.it
famedisud.it
madeinpompei.it
amalfinotizie.it
famedisud.it
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