Comeana, Tumulo di Montefortini, ingresso di sepoltura del VII-VI sec. a.C. (Foto: Direzione Regionale Musei della Toscana) |
Nel 1966, l'anno dell'alluvione di Firenze, l'archeologo Francesco Nicosia scopriva il maestoso tumulo principesco di Montefortini a Comeana, non lontano da Prato, là dove vigne ed uliveti si intrecciano con la storia degli Etruschi, primi vignaioli della penisola, che scelsero la zona del crinale appenninico per i loro insediamenti e controllare il territorio. Grazie a Francesco Nicosia l'area fu accuratamente indagata, divenendo nota come l'Etruria delle tholoi, per le sepolture a falsa cupola che richiamano le monumentali tombe del Vicino Oriente.
Non a caso il tumulo di Montefortini, costituito da due tombe a camera (una più antica a tholos con la cella del diametro di 7 metri e risalente alla seconda metà del VII secolo a.C., l'altra più recente a falsa volta, realizzata tra la fine del VII e l'inizio del VI secolo a.C.), appartiene proprio a quel periodo che gli studiosi chiamano orientalizzante in virtù di traffici commerciali e scambi culturali che favorirono la diffusione di modelli artistici dal Vicino Oriente.
A questa temperie culturale è riconducibile lo straordinario complesso di avori frammentari (quasi 10.000 pezzi), scoperto all'interno della tomba più antica, insieme ad importanti vasi di bucchero come una coppia di incensieri traforati, una coppa in vetro turchese decorata a baccellature ed altri manufatti che testimoniano l'alto livello delle produzioni artigianali etrusche.
Gli avori sono minuscole creature fantastiche e placchette appartenenti al rivestimento di pissidi, pettini e altre suppellettili, parte del prezioso corredo funebre saccheggiato ripetutamente nel tempo, incise e traforate con sfingi, grifi e leoni alati, rosette e fiori di loto, e con scene omeriche, motivi che ricorrono poi anche su manufatti in bronzo e in ceramica.
Non a caso il tumulo di Montefortini, costituito da due tombe a camera (una più antica a tholos con la cella del diametro di 7 metri e risalente alla seconda metà del VII secolo a.C., l'altra più recente a falsa volta, realizzata tra la fine del VII e l'inizio del VI secolo a.C.), appartiene proprio a quel periodo che gli studiosi chiamano orientalizzante in virtù di traffici commerciali e scambi culturali che favorirono la diffusione di modelli artistici dal Vicino Oriente.
A questa temperie culturale è riconducibile lo straordinario complesso di avori frammentari (quasi 10.000 pezzi), scoperto all'interno della tomba più antica, insieme ad importanti vasi di bucchero come una coppia di incensieri traforati, una coppa in vetro turchese decorata a baccellature ed altri manufatti che testimoniano l'alto livello delle produzioni artigianali etrusche.
Gli avori sono minuscole creature fantastiche e placchette appartenenti al rivestimento di pissidi, pettini e altre suppellettili, parte del prezioso corredo funebre saccheggiato ripetutamente nel tempo, incise e traforate con sfingi, grifi e leoni alati, rosette e fiori di loto, e con scene omeriche, motivi che ricorrono poi anche su manufatti in bronzo e in ceramica.
Fonte:
ilgiornaledellarte.com
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