sabato 20 aprile 2024

Somma Vesuviana: la villa di Augusto era veramente la villa di Augusto...

Somma Vesuviana, i resti della villa di Augusto
(Foto: Wikipedia)

Gli studiosi dell'Università di Tokyo hanno individuato potenziali tracce della dimora di Augusto durante le ricerche effettuate a Somma Vesuviana, comune noto per essere stato un luogo di villeggiatura per nobili romani e facoltosi proprietari terrieri durante l'impero romano.
Le indagini condotte negli anni '30 del secolo scorso nel territorio circostante avevano portato alla scoperta di una vasta villa romana.
Sebbene la costruzione della villa risalga al II secolo d.C., ricerche più recenti hanno individuato resti di un edificio più antico, probabilmente risalente all'epoca di Augusto, imperatore dal 27 a.C. fino alla sua morte nel 14 d.C., considerato il fondatore dell'impero romano e del Principato, che perdurò fino alla fine della crisi del III secolo d.C. Secondo i resoconto storici Augusto sarebbe morto in una villa situata sul versante settentrionale del Vesuvio, divenuta in seguito luogo di culto imperiale.
L'analisi scientifica condotta dagli archeologi, utilizzando datazione al radiocarbonio e analisi fisiche e chimiche dei sedimenti vulcanici che ricoprivano l'edificio antecedente, ha confermato che la villa esisteva prima dell'eruzione del Vesuvio del 79 d.C., che distrusse Pompei ed Ercolano. Le ricerche suggeriscono che quest'area venne colpita duramente dall'eruzione, nonostante le precedenti convinzioni che gli effetti fossero meno gravi rispetto ad altre zone.
Somma Vesuviana, uno degli ambienti absidati della villa
(Foto: romanoimpero.com)
Ulteriori prove a sostegno dell'identificazione della villa come residenza di Augusto sono emerse dalle analisi dei materiali vulcanici provenienti da edifici adiacenti. Inoltre, la datazione al radiocarbonio di reperti trovati all'interno delle rovine ha confermato l'epoca della costruzione e dei successivi adattamenti strutturali.
Gli studi sull'edificio del II secolo d.C. hanno evidenziato il riutilizzo di elementi architettonici precedenti, indicando una transizione dalla fase di distruzione a quella di ricostruzione nell'area circostante il Vesuvio.
La villa, termine con cui si indica una residenza con annesse attività produttive, fu scoperta agli inizi degli anni '30 dall'allora direttore degli scavi di Pompei Matteo della Corte che, in seguito a ritrovamenti casuali, aprì un cantiere presto chiuso per mancanza di fondi e per l'inizio della guerra, non prima però che i reperti inducessero a ipotizzare che poteva trattarsi dei resti della villa in cui Tacito afferma si fosse spento l'imperatore Augusto.
Poco più di 20 anni fa, su progetto del Professor Antonio De Simone, gli scavi sono stati ripresi dall'Università degli Studi di Tokyo Komaba, in collaborazione con l'Università degli Studi Suor Orsola Benincasa di Napoli, e hanno portato alla luce numerosi ambienti databili fra il II ed il V secolo d.C., nonché ceneri vulcaniche ascrivibili alle eruzioni del 472 e del 512 d.C.
Somma Vesuviana, la statua di Dioniso trovata
nella villa (Foto: romanoimpero.com)
Dall'area scavata, un ingresso monumentale e alcuni ambienti destinati alla produzione di vino, sono venuti fuori, però, anche dolia databili, dai sigilli che rimandano a famiglie ercolanesi, a prima del 79 d.C., come pure due statue, ora conservate nel Museo di Nola, raffiguranti una peplofora e un giovane Dioniso con pantera, più unico che raro nell'iconografia dionisiaca. E' emersa anche una grande cisterna per l'acqua che risale a prima dell'eruzione del 79 d.C., il che lascia aperte nuove ipotesi. Alcuni ritengono che questa cisterna avesse la funzione di raccogliere l'acqua piovana; altri, invece, sostengono che alimentasse l'Acquedotto Augusteo che partiva da Serino e arrivava fino a Capo Miseno, dove si trovava la flotta dell'Impero Romano. Sicuramente, nelle ultime fasi della sua vita, l'edificio fu una villa rustica dove prevaleva una grande produzione di vino, destinata al commercio.
Nel 2002, con l'arrivo delle campagne di scavo da parte della Missione Archeologica dell'Università di Tokyo, venne alla luce, insieme ai reperti, che la villa, a pianta esagonale, fu seppellita dall'eruzione del 472 d.C., la cosiddetta "eruzione di Pollena". Per le dimensioni, per la struttura e per la preziosità dei materiali utilizzati - le colonne monolitiche sono ricavate da un unico blocco di marmo proveniente dall'Asia Minore mentre il pavimento mosaicato è composto da tessere di colore bianco - la villa doveva appartenere ad un proprietario piuttosto facoltoso.
La villa era stata già abbandonato poco prima dell'eruzione del 472 d.C. e spogliata di tutto, fatta eccezione per la statua di Dioniso. L'edificio venne, poi, adibito a magazzino, come testimoniano un forno - mai usato - una macina usurata e un soppalco utilizzato per deporvi le derrate alimentari.
L'elemento più suggestivo della villa è sicuramente il portale che, in un primo momento, venne ritenuto essere l'ingresso dell'edificio. La decorazione, che interessa un solo lato, è perfettamente conservata: si possono distinguere le pigne d'uva, il flauto di Pan, il cesto di serpenti e tutta una simbologia riconducibile a Dioniso. Il portale, però, non conduce a nessun ambiente abitativo. Attraversandolo, infatti, si arriva su una strada fatta di basalto, molto usurata, che metteva in comunicazione diversi ambienti.

Fonte:
stilearte.it
napolitoday.it
sabapmetropolitana.cultura.gov.it

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