Torre Santa Sabina (Br), il relitto della nave naufragata e meglio conservata |
Nel mese di settembre, sul litorale di Torre Santa Sabina, in provincia di Brindisi, si svolgerà la quinta campagna di prospezioni e scavi subacquei. La baia ha già restituito importanti testimonianze protostoriche ed altomedioevali. L'unità operativa subacquea opererà sotto la guida di Rita Auriemma, docente di Archeologia Subacquea all'Università del Salento, con l'aiuto della Federazione Archeologi Subacquei.
Negli anni passati si è proceduto ad una rilettura delle evidenze archeologiche emerse lungo il costone occidentale della baia detta "dei Camerini". Oggi si è appurato che si tratta della sovrapposizione di due carichi di relitti naufragati rispettivamente in età arcaica (fine del VI secolo a.C., proveniente dall'Egeo) e della tarda repubblica (seconda metà del II secolo a.C.), mescolati a numerosi altri materiali derivanti dalle attività di discarica portuale o da altri naufragi: ceramica di età arcaica, ceramica a rilievo di età ellenistica, coppe megaresi, ceramiche tardoantiche e medioevali.
Si è intrapreso, inoltre, lo scavo del relitto di Torre Santa Sabina, lungo 20 metri, testimone del fruttuoso commercio di anfore africane.
Le indagini archeologiche dall'equipe della dottoressa Auriemma, in collaborazione con la Soprintendenza per i Beni Archeologici della Puglia, il Museo Provinciale di Brindisi e il Comune di Carovigno, datano agli inizi degli anni '70 del secolo scorso ed hanno permesso di recuperare anfore greche, rodie, brindisine, ceramiche da mensa e servizi da tavola provenienti dall'Oriente.
Il relitto appartenente alla nave tardo repubblicana è tra quelli meglio conservati del Mediterraneo. Lo scafo è stato stimato avere una lunghezza di 20-25 metri ed una larghezza di 6,5. La parte messa in luce mostra il fasciame esterno (guscio) costituito da tavole saldate tra loro con linguette. I resti del carico del relitto erano costituiti da contenitori africani del III-IV secolo d.C., tra i quali ne è stato rinvenuto uno integro, adagiato nella zona di poppa, ed altri 3 o 4 frammentati, che attestano il trasporto di salse e conserve di pesce (garum) prodotte sulla costa nordafricana del Mediterraneo. La parte del relitto rinvenuta è un tratto della fiancata sinistra e presenta elementi di ponte, puntelli, bagli e tavole che raramente si conservano.
Il mare di fronte Brindisi è stato, negli anni, generoso di ritrovamenti ed altri reperti, certamente, sono ancora custoditi nei suoi fondali. I primi ritrovamenti subacquei risalgono alla seconda metà dell'Ottocento, in occasione delle operazioni di dragaggio del porto interno. Furono recuperate, in quell'occasione, alcune lastre marmoree con iscrizioni, un bassorilievo in marmo raffigurante la dea Nemesis ed un cippo sepolcrale.
Una delle zone più fruttuose è quella di Punta Penne, sulla costa nord di Brindisi, dove si sono conservati, per oltre 27 secoli, alcuni relitti, anfore, resti ceramici, bicchieri, anelli, lamine in piombo, ceppi di ancore, lucerne ed un'interessantissima stadera in bronzo, integra e completa di ogni suo elemento, con il contrappeso raffigurante una Minerva e un'asta graduata a doppia portata su due scale diverse.
Ma soprattutto i ritrovamenti di Punta del Serrone hanno attirato l'attenzione del mondo archeologico. La località si trova a poca distanza della spiaggia di Punta Penne e qui sono stati ritrovati, nell'estate del 1992, i Bronzi di Brindisi e numerosi frammenti bronzei di varia tipologia e dimensione. Il mare ha restituito due torsi di personaggi maschili di dimensioni reali, risalenti alla prima età imperiale romana, due teste barbate del tipo detto "del filosofo", due teste di personaggi maschili di età imperiale romana, delle quali una raffigura l'imperatore Tiberio, una testa molto frammentata nella quale si è riconosciuto l'imperatore Caracalla, due teste femminili ed una di una bambina, due frammenti riferibili ad una coppia di grandi ali ben decorate che appartenevano ad una statua di circa due metri di altezza raffigurante una Nike.
Ma già nel 1972, nello stesso specchio di mare, era stato ritrovato un piede sinistro in bronzo che apparteneva ad una statua di grandi dimensioni (si è stimato fosse alta almeno 4 metri) e rappresentante una figura femminile indossante una veste piuttosto pesante. Altri frammenti del panneggio della statua, risalente al II secolo d.C., furono ritrovati nel 1992. Il restauro delle statue è stato curato dall'Istituto Centrale per il Restauro di Roma e dal Laboratorio di Restauro di Firenze.
Una delle statue restaurate è composta da due frammenti, una testa completa di collo e un busto con il braccio destro. Rappresenta un principe ellenistico e si tratterebbe, secondo lo storico dell'arte greca e romana Paolo Moreno, il console romano Lucio Emilio Paolo, vincitore della guerra di Macedonia nel 168 a.C.. L'altra statua rappresenta un personaggio togato.
Si presume che i bronzi appartengano al carico di una nave, carico piuttosto eterogeneo. Probabilmente le statue erano state già smembrate al momento dell'imbarco, come confermano le tracce di demolizione che sono emerse durante i restauri dei reperti. Solo la statua appartenente al console Lucio Emilio Paolo è risultata essere stata, al momento dell'imbarco, integra. L'ipotesi che si è fatta largo tra gli studiosi è quella di un carico destinato ad una fonderia per essere utilizzato per la fusione. Probabilmente il carico era troppo pesante per l'imbarcazione destinata a trasportarlo che, imbattutasi in un improvviso fortunale, forse si è liberata dell'ingombrante carico nei pressi di Punta del Serrone per poter proseguire la navigazione. L'ipotesi si basa soprattutto sulla mancanza di reperti lignei che attestino il naufragio della nave.
Negli anni passati si è proceduto ad una rilettura delle evidenze archeologiche emerse lungo il costone occidentale della baia detta "dei Camerini". Oggi si è appurato che si tratta della sovrapposizione di due carichi di relitti naufragati rispettivamente in età arcaica (fine del VI secolo a.C., proveniente dall'Egeo) e della tarda repubblica (seconda metà del II secolo a.C.), mescolati a numerosi altri materiali derivanti dalle attività di discarica portuale o da altri naufragi: ceramica di età arcaica, ceramica a rilievo di età ellenistica, coppe megaresi, ceramiche tardoantiche e medioevali.
Si è intrapreso, inoltre, lo scavo del relitto di Torre Santa Sabina, lungo 20 metri, testimone del fruttuoso commercio di anfore africane.
La stadera romana rinvenuta a Punta Penne |
Il relitto appartenente alla nave tardo repubblicana è tra quelli meglio conservati del Mediterraneo. Lo scafo è stato stimato avere una lunghezza di 20-25 metri ed una larghezza di 6,5. La parte messa in luce mostra il fasciame esterno (guscio) costituito da tavole saldate tra loro con linguette. I resti del carico del relitto erano costituiti da contenitori africani del III-IV secolo d.C., tra i quali ne è stato rinvenuto uno integro, adagiato nella zona di poppa, ed altri 3 o 4 frammentati, che attestano il trasporto di salse e conserve di pesce (garum) prodotte sulla costa nordafricana del Mediterraneo. La parte del relitto rinvenuta è un tratto della fiancata sinistra e presenta elementi di ponte, puntelli, bagli e tavole che raramente si conservano.
Il carico della nave di Torre Santa Sabina |
Una delle zone più fruttuose è quella di Punta Penne, sulla costa nord di Brindisi, dove si sono conservati, per oltre 27 secoli, alcuni relitti, anfore, resti ceramici, bicchieri, anelli, lamine in piombo, ceppi di ancore, lucerne ed un'interessantissima stadera in bronzo, integra e completa di ogni suo elemento, con il contrappeso raffigurante una Minerva e un'asta graduata a doppia portata su due scale diverse.
Ma soprattutto i ritrovamenti di Punta del Serrone hanno attirato l'attenzione del mondo archeologico. La località si trova a poca distanza della spiaggia di Punta Penne e qui sono stati ritrovati, nell'estate del 1992, i Bronzi di Brindisi e numerosi frammenti bronzei di varia tipologia e dimensione. Il mare ha restituito due torsi di personaggi maschili di dimensioni reali, risalenti alla prima età imperiale romana, due teste barbate del tipo detto "del filosofo", due teste di personaggi maschili di età imperiale romana, delle quali una raffigura l'imperatore Tiberio, una testa molto frammentata nella quale si è riconosciuto l'imperatore Caracalla, due teste femminili ed una di una bambina, due frammenti riferibili ad una coppia di grandi ali ben decorate che appartenevano ad una statua di circa due metri di altezza raffigurante una Nike.
Uno dei bronzi di Punta del Serrone |
Una delle statue restaurate è composta da due frammenti, una testa completa di collo e un busto con il braccio destro. Rappresenta un principe ellenistico e si tratterebbe, secondo lo storico dell'arte greca e romana Paolo Moreno, il console romano Lucio Emilio Paolo, vincitore della guerra di Macedonia nel 168 a.C.. L'altra statua rappresenta un personaggio togato.
Si presume che i bronzi appartengano al carico di una nave, carico piuttosto eterogeneo. Probabilmente le statue erano state già smembrate al momento dell'imbarco, come confermano le tracce di demolizione che sono emerse durante i restauri dei reperti. Solo la statua appartenente al console Lucio Emilio Paolo è risultata essere stata, al momento dell'imbarco, integra. L'ipotesi che si è fatta largo tra gli studiosi è quella di un carico destinato ad una fonderia per essere utilizzato per la fusione. Probabilmente il carico era troppo pesante per l'imbarcazione destinata a trasportarlo che, imbattutasi in un improvviso fortunale, forse si è liberata dell'ingombrante carico nei pressi di Punta del Serrone per poter proseguire la navigazione. L'ipotesi si basa soprattutto sulla mancanza di reperti lignei che attestino il naufragio della nave.
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