L'area sacra di Largo Argentina con i templi indicati con le lettere in rosso |
Dopo il 1732 la proprietà venne utilizzata per costruirvi il Teatro Argentina, voluto dal duca Giuseppe Cesarini Sforza per rimediare ai dissesti finanziari causati dalla sua famiglia, mentre la celebre Torre, mozzata nell'Ottocento e incorporata in una sopraelevazione, è diventata quasi irriconoscibile. Fu incaricato del progetto del Teatro Argentina l'architetto Girolamo Theodoli. La facciata attualmente visibile, però, è posteriore di un secolo al progetto, e fu ideata da Pietro Holl e realizzata dall'architetto Giovanni Ersoch. La torre che si può vedere nella piazza è la torre del Papito, alta 17,50 metri e facente parte, un tempo, di un complesso più ampio poggiato sui templi dell'area. Il nome sembra esserle stato attribuito in riferimento o alla famiglia Papareschi, detta anche de Papa, o dal ricordo dell'antipapa Anacleto II Pierleoni (1132-1138), avversario di Innocenzo II Papareschi.
Tempio della Fortuna Huiusce Dei |
I resti della grande statua della Fortuna |
La zona è stata identificata proprio grazie alla presenza della Porticus Minucia, edificata nel 106 a.C. da Marco Minucio Rufo. L'edificio presenta dei colonnati (lato nord ed est della piazza). Il pavimento è in tufo ed è posteriore ai templi A, C e D, ma anteriore al tempio B.
I resti dei templi sono stati contrassegnati dalle lettere dell'alfabeto che vanno dalla A alla D, procedendo da quello più a nord fino all'ultimo a sud. Questa classificazione piuttosto elementare è stata necessaria poiché non si conoscono con certezza le divinità alle quali erano stati dedicati questi edifici.
Il c.d. Tempio di Giuturna |
Dallo studio dei tre templi si è potuta ricostruire l'evoluzione dell'architettura romana da forme più arcaiche nella pianta (templi C, D e parte del tempio A) a impianti ellenizzati con forti ispirazioni tratte dal mondo etrusco-italico del IV-III secolo a.C..
Tempio A |
Il tempio A è il secondo tempio più antico, dopo il tempio C. In origine era un piccolo tempio con una coppia di colonne davanti alla cella o forse un prostilo tuscanico. Aveva un podio alto e con severe cornici, la platea era in tufo e aveva un altare in peperino conservatosi solo in parte. Sulla prima platea ne venne edificata una seconda, in tufo, con un altare in opus cementicium, che corrisponde al pavimento della Porticus Minucia. Il tempio A venne rifatto in un periodo successivo, forse sotto Silla: venne aggiunto un colonnato tutto intorno all'edificio, con basi e capitelli in travertino e fusti in tufo ricoperti di stucco. Le colonne attualmente visibili sono dell'epoca di Domiziano. Alcuni studiosi identificano il tempio A con quello dedicato a Giuturna, ninfa delle fonti, oppure a Iuno Curitis. Si sa che il tempio di Giuturna era stato costruito "in campo Marzio" dopo la vittoria dei Romani contro Falerii nel 241 a.C.. Il tempio di Iuno Curitis, invece venne costruito da Quinto Lutazio Cercone. Su questo tempio venne, poi, ad installarsi la chiesa di San Nicola dei Cesarini, della quale sono visibili alcuni resti (absidi e altare). Iuno Curritis era una dea sabina venerata dai Falisci ed anche dagli Etruschi. Era la divinità principale di Falerii ed è stata identificata o con l'etrusca Menrfa (Minerva) o con la greca Athena. Era una divinità della guerra, con lancia e scudo e con un mantello ricavato dalla pelle di una capra
Il recupero della testa pertinente la statua della Fortuna in una foto dell'epoca |
Il tempio B è quello più recente tra i quattro dell'area sacra ed è l'unico a pianta circolare. Probabilmente corrisponde alla Aedes Fortunae Huiusce Dei, la Fortuna del Giorno Presente, fatto costruito dal console Quinto Lutazio Catulo, collega di Gaio Mario, per celebrare la vittoria contro i Cimbri del 101 a.C. a Vercelli. Del tempio rimangono il basamento e sei colonne. Al tempo di Domiziano si abbatterono le pareti della cella e se ne costruirono altre, esili tramezzi in tufo, tra colonna e colonna, si allargò il podio e si chiuse la facciata esterna. Accanto a questo tempio furono ritrovati i resti di una gigantesca statua che, attualmente, si trovano presso la Centrale Montemartini. Di questa statua la testa, da sola, è alta 1,46 metri. L'acrolito aveva le braccia e le gambe, in marmo. Le altre parti del corpo, coperte da una veste di bronzo, sono andate perdute.
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