sabato 18 maggio 2013

Mummie e inquinamento antico

Mummia dell'Oasi di Dakhleh. Il defunto è morto all'età di 20-25 anni
ed i suoi polmoni hanno mostrato danni da particolato
(Foto: Dakhleh Oasis Project)
Gli antichi egizi erano, probabilmente, esposti a qualche forma di inquinamento atmosferico. E' questa la novità che è emersa dall'esame dei polmoni di 15 mummie di nobili e sacerdoti.
Il particolato, minuscole particelle che irritano i polmoni, è stato associato ad una vasta gamma di moderne malattie sia cardiache che polmonari, nonché al cancro. Le particelle sono solitamente collegate ad attività post-industriali, come la combustione di combustibili fossili. Ma gli scienziati hanno avuto notizia del ritrovamento di queste particelle anche nel tessuto di un antica mummia ed hanno deciso di esaminare i polmoni "incriminati". I polmoni finora sottoposti ad esame hanno tutti mostrato la presenza di particolato in misura non inferiore a quello che ci si aspetta ci sia nei "moderni" polmoni.
Le mummie esaminate provengono da diversi strati della società egizia. Alcuni erano operai vissuti nella remota Oasi di Dakhleh, mentre altri erano nobili, sacerdoti o sacerdotesse. Il particolato non faceva distinzioni tra classi sociali, il che suggerisce che gli antichi Egizi dovevano soffrire di una vasta gamma di effetti negativi del particolato sulla salute, particolarmente per quel che riguarda le infezioni polmonari.
L'inquinamento da particolato era, forse, dovuto al fatto che gli antichi Egizi usavano estrarre e lavorare i metalli i quali, spesso, venivano utilizzati per cuocere i cibi e che, nel contempo, generavano inquinamento atmosferico. Se si aggiunge a tutto questo il clima desertico dell'Egitto, dove non erano rare le tempeste di sabbia, il quadro è completo, dal momento che queste ultime potevano trasportare particelle di terra e sabbia facilmente inalate.

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