Ricostruzione del tempio di Diana Nemorense |
Il Santuario di Diana Nemorense sorge sulla riva settentrionale del lago di Nemi, in uno scenario naturale di bellezza indiscutibile. Diana Nemorense era l'antica divinità dei boschi, il termine nemorense, infatti, deriva da "nemus", che vuol dire bosco, selva.
Il culto di questa divinità è antichissimo e sicuramente indigeno, come si deduce dal ritrovamento di un ripostiglio di asce dell'Età del Bronzo rinvenuto nel bosco. Forse, anticamente, il culto si svolgeva in un lucus, una radura appositamente attrezzata. Il Santuario vero e proprio fu costruito nel VI secolo a.C. ed ebbe il carattere di santuario federale dei Latini, in sostituzione - pensano gli studiosi - dell'oramai decaduto Santuario di Alba Longa.
Nel II secolo a.C. il Santuario di Diana venne ricostruito in forme monumentali e disposto su terrazze digradanti verso il lago, come il Santuario della Fortuna Primigenia a Palestrina, oppure i santuari di Gabii, Lanuvio e Giove Anxur a Terracina, che si ispiravano a modelli ellenistici come l'Asclepeion di Cos. Esso occupava un'area di circa 4.000 metri quadrati ed era, perciò, il più grande del Lazio, oltre che uno dei più antichi. Nel I secolo a.C. venne dotato di celle donarie per gli ex voto, di ninfei e vasche per l'idroterapia e, addirittura, di un teatro che veniva utilizzato in connessione al culto di Diana.
Nel Santuario si celebravano riti complessi e misteriosi che si rifacevano ai primordi della religione greca. Il mito vuole che sia stato Oreste a portare, dalla Tauride, il culto sanguinoso di Arthemis con la statua della divinità. Arthemis Taurica richiedeva sacrifici umani e a Nemi si svolgeva un rito molto particolare che prevedeva un duello mortale per l'investitura del Rex Nemorensis, il sacerdote di Diana ma anche il capo della locale comunità.
Nei pressi del Santuario di Diana sorgeva, secondo alcuni autori greci e latini, un albero sacro al quale non era lecito strappare nessun ramo. Solo uno schiavo fuggitivo, se ci riusciva, poteva spezzarne uno acquisendo, in tal modo, il diritto di battersi in duello con il re-sacerdote del bosco. Se l'uccideva regnava in sua vece con il titolo di Rex Nemorensis.
La dea qui adorata era una divinità triplice: una dea con l'arco (Artemis cacciatrice), una dea con un fiore (Diana Lucina, protettrice del parto) e una dea priva di attributi che gli archeologi hanno identificato con Ecate. La dea possedeva poteri oracolari e terapeutici e veniva spesso associata al culto della Ninfa Egeria, una delle camene, antichissime divinità delle sorgenti, amante e consigliera di Numa Pompilio. Un monumentale ninfeo, sulla terrazza superiore del Santuario, è stato dagli archeologi identificato con la fonte Egeria, dalle particolari virtù terapeutiche che la rendevano meta di pellegrinaggi frequenti. Ma al Santuario di Diana accorrevano anche le donne che desideravano avere un figlio: sono stati ritrovati diversi ex voto rappresentanti l'apparato riproduttivo femminile e statuette di madri con bambini. Ogni 13 agosto, giorno della festa della dea, si svolgeva una cerimonia notturna in cui le donne, munite di fiaccole, si recavano in processione lungo le sponde del lago di Nemi, chiamato Spaeculum Dianae, lo specchio di Diana, poiché la luna si specchiava sulla superficie del lago.
Dal Santuario di Diana Nemorense sono pervenute circa 200 sculture, la maggior pare in marmo, di epoca tardo-repubblicana. Nel II secolo d.C. un terremoto di una certa violenza provocò una frana che fece crollare il santuario, distruggendone l'architettura ma consentendo la conservazione parziale di quanto vi era contenuto.Tra le statue si contano quelle di culto, poche statue votive, ritratti (erme e busti).
Il culto di questa divinità è antichissimo e sicuramente indigeno, come si deduce dal ritrovamento di un ripostiglio di asce dell'Età del Bronzo rinvenuto nel bosco. Forse, anticamente, il culto si svolgeva in un lucus, una radura appositamente attrezzata. Il Santuario vero e proprio fu costruito nel VI secolo a.C. ed ebbe il carattere di santuario federale dei Latini, in sostituzione - pensano gli studiosi - dell'oramai decaduto Santuario di Alba Longa.
Nel II secolo a.C. il Santuario di Diana venne ricostruito in forme monumentali e disposto su terrazze digradanti verso il lago, come il Santuario della Fortuna Primigenia a Palestrina, oppure i santuari di Gabii, Lanuvio e Giove Anxur a Terracina, che si ispiravano a modelli ellenistici come l'Asclepeion di Cos. Esso occupava un'area di circa 4.000 metri quadrati ed era, perciò, il più grande del Lazio, oltre che uno dei più antichi. Nel I secolo a.C. venne dotato di celle donarie per gli ex voto, di ninfei e vasche per l'idroterapia e, addirittura, di un teatro che veniva utilizzato in connessione al culto di Diana.
Louvre, Diana Cacciatrice |
Nei pressi del Santuario di Diana sorgeva, secondo alcuni autori greci e latini, un albero sacro al quale non era lecito strappare nessun ramo. Solo uno schiavo fuggitivo, se ci riusciva, poteva spezzarne uno acquisendo, in tal modo, il diritto di battersi in duello con il re-sacerdote del bosco. Se l'uccideva regnava in sua vece con il titolo di Rex Nemorensis.
La dea qui adorata era una divinità triplice: una dea con l'arco (Artemis cacciatrice), una dea con un fiore (Diana Lucina, protettrice del parto) e una dea priva di attributi che gli archeologi hanno identificato con Ecate. La dea possedeva poteri oracolari e terapeutici e veniva spesso associata al culto della Ninfa Egeria, una delle camene, antichissime divinità delle sorgenti, amante e consigliera di Numa Pompilio. Un monumentale ninfeo, sulla terrazza superiore del Santuario, è stato dagli archeologi identificato con la fonte Egeria, dalle particolari virtù terapeutiche che la rendevano meta di pellegrinaggi frequenti. Ma al Santuario di Diana accorrevano anche le donne che desideravano avere un figlio: sono stati ritrovati diversi ex voto rappresentanti l'apparato riproduttivo femminile e statuette di madri con bambini. Ogni 13 agosto, giorno della festa della dea, si svolgeva una cerimonia notturna in cui le donne, munite di fiaccole, si recavano in processione lungo le sponde del lago di Nemi, chiamato Spaeculum Dianae, lo specchio di Diana, poiché la luna si specchiava sulla superficie del lago.
Dal Santuario di Diana Nemorense sono pervenute circa 200 sculture, la maggior pare in marmo, di epoca tardo-repubblicana. Nel II secolo d.C. un terremoto di una certa violenza provocò una frana che fece crollare il santuario, distruggendone l'architettura ma consentendo la conservazione parziale di quanto vi era contenuto.Tra le statue si contano quelle di culto, poche statue votive, ritratti (erme e busti).
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