Gli scavi di Rocca Imperiale, in Calabria |
Il passato bizantino della Calabria settentrionale è un argomento poco conosciuto e trattato. Sono poche le testimonianze scritte pervenute a noi da questo periodo, non così la documentazione archeologica.
Da anni il Professor Giuseppe Roma, che insegna Archeologia Cristiana e Medioevale presso il Dipartimento di Studi Umanistici dell'Unical, è impegnato nel recupero della documentazione archeologica e della storia di questa parte del territorio calabrese. La sua ultima campagna di scavo ha portato alla luce, nell'alto cosentino, in località Murgie Santa Caterina di Rocca Imperiale, un monastero fortificato costruito dai Bizantini e dedicato, con tutta probabilità, a Sant'Anania.
La campagna di scavo del Professor Roma è iniziata dieci anni fa presso Presinace, nel territorio di Nocara, dove ha riportato alla luce parte di una cinta fortificata longobarda che serviva a controllare la via di penetrazione verso l'interno attraverso la valle del Sarmento. Con questa fortificazione sono emerse, in seguito, altre cinte fortificate a Sassone, Casalini di San Sosti, Sasso dei Greci a Buonvicino, Castellaccio di Cerisano. Queste imponenti costruzioni difensive erano destinate a proteggere la popolazione sparsa nel circondario in caso di attacco.
Dopo la riconquista bizantina della Calabria, nell'885, i Bizantini realizzarono, all'interno di queste cinte fortificate, dei monasteri. Il castrum di Presinace, abbandonato dopo la caduta della longobarda Benevento, e risalente ad un periodo compreso tra il VI e gli inizi del VII secolo d.C., venne trasformato in monastero fortificato, così come si deduce da un atto notarile redatto in greco e recante la data del 1015. Sempre quest'atto fa cenno al monastero di Sant'Anania, che probabilmente è la costruzione che l'equipe del Professor Roma sta scavando nel sito di Murgie di Santa Caterina a Rocca Imperiale.
L'atto del 1015 proviene dall'Abbazia di Cava dei Tirreni e attesta che in quell'anno il monaco Nicone e suo figlio Ursulo donano a Luca, igumeno del vicino monastero di Sant'Anania, il castrum denominato "Rupe del cieco" (così risulta dalla traduzione dal greco). La condizione è che nel castrum venga edificata una chiesa a San Nicola. Le indagini archeologiche moderne hanno rilevato che effettivamente, all'interno della cinta muraria, era stato edificato un edificio di culto ad una sola abside e ad una sola navata. La postazione fortificata è stata identificata con il sito di Presinace.
Il monastero venne inseguito occupato, come quello di Presinace, dai Normanni, come è emerso dalla ricca messe di dati archeologici. I Normanni vi costruirono il castello di Rocca Imperiale nel XIII secolo.
Nell'attuale campagna di scavi, oltre alla cinta muraria e ad una serie di locali, sono stati riportati alla luce alcune sepolture vuote, la fornace e l'edificio di culto che sorgeva direttamente sulla rocca, con l'abside volta ad Oriente. L'architettura di questo edificio religioso, così come è possibile leggerla dai resti sul terreno, comprendeva il templon (architrave sorretto da colonne che divideva il presbiterio dalla parte riservata ai fedeli) e subsellia (i banchi per i presbiteri). Si è, inoltre, appurato che i locali erano, un tempo, intonacati e dipinti. I ritrovamenti attestano la ricchezza e l'intensa produttività agricola del sito: utensili e vasellame in ceramica invetriata e policroma sono state ritrovate in forme inusuali.
Il sito ha anche restituito un deposito di farro e favino, scoperta eccezionale dal momento che nell'area da tempo non si coltivano più questi cereali.
Da anni il Professor Giuseppe Roma, che insegna Archeologia Cristiana e Medioevale presso il Dipartimento di Studi Umanistici dell'Unical, è impegnato nel recupero della documentazione archeologica e della storia di questa parte del territorio calabrese. La sua ultima campagna di scavo ha portato alla luce, nell'alto cosentino, in località Murgie Santa Caterina di Rocca Imperiale, un monastero fortificato costruito dai Bizantini e dedicato, con tutta probabilità, a Sant'Anania.
La campagna di scavo del Professor Roma è iniziata dieci anni fa presso Presinace, nel territorio di Nocara, dove ha riportato alla luce parte di una cinta fortificata longobarda che serviva a controllare la via di penetrazione verso l'interno attraverso la valle del Sarmento. Con questa fortificazione sono emerse, in seguito, altre cinte fortificate a Sassone, Casalini di San Sosti, Sasso dei Greci a Buonvicino, Castellaccio di Cerisano. Queste imponenti costruzioni difensive erano destinate a proteggere la popolazione sparsa nel circondario in caso di attacco.
Dopo la riconquista bizantina della Calabria, nell'885, i Bizantini realizzarono, all'interno di queste cinte fortificate, dei monasteri. Il castrum di Presinace, abbandonato dopo la caduta della longobarda Benevento, e risalente ad un periodo compreso tra il VI e gli inizi del VII secolo d.C., venne trasformato in monastero fortificato, così come si deduce da un atto notarile redatto in greco e recante la data del 1015. Sempre quest'atto fa cenno al monastero di Sant'Anania, che probabilmente è la costruzione che l'equipe del Professor Roma sta scavando nel sito di Murgie di Santa Caterina a Rocca Imperiale.
L'atto del 1015 proviene dall'Abbazia di Cava dei Tirreni e attesta che in quell'anno il monaco Nicone e suo figlio Ursulo donano a Luca, igumeno del vicino monastero di Sant'Anania, il castrum denominato "Rupe del cieco" (così risulta dalla traduzione dal greco). La condizione è che nel castrum venga edificata una chiesa a San Nicola. Le indagini archeologiche moderne hanno rilevato che effettivamente, all'interno della cinta muraria, era stato edificato un edificio di culto ad una sola abside e ad una sola navata. La postazione fortificata è stata identificata con il sito di Presinace.
Il monastero venne inseguito occupato, come quello di Presinace, dai Normanni, come è emerso dalla ricca messe di dati archeologici. I Normanni vi costruirono il castello di Rocca Imperiale nel XIII secolo.
Nell'attuale campagna di scavi, oltre alla cinta muraria e ad una serie di locali, sono stati riportati alla luce alcune sepolture vuote, la fornace e l'edificio di culto che sorgeva direttamente sulla rocca, con l'abside volta ad Oriente. L'architettura di questo edificio religioso, così come è possibile leggerla dai resti sul terreno, comprendeva il templon (architrave sorretto da colonne che divideva il presbiterio dalla parte riservata ai fedeli) e subsellia (i banchi per i presbiteri). Si è, inoltre, appurato che i locali erano, un tempo, intonacati e dipinti. I ritrovamenti attestano la ricchezza e l'intensa produttività agricola del sito: utensili e vasellame in ceramica invetriata e policroma sono state ritrovate in forme inusuali.
Il sito ha anche restituito un deposito di farro e favino, scoperta eccezionale dal momento che nell'area da tempo non si coltivano più questi cereali.
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