sabato 21 dicembre 2013

Trapanazioni craniche sulle Ande

Uno dei crani ritrovati in Perù con segni di trapanazione
(Foto: Danielle Kurin)
I ricercatori hanno le prove che gli antichi guaritori peruviani praticavano una procedura chirurgica che comportava la rimozione della volta cranica. Lo strumento utilizzato di sovente era un trapano a mano e l'operazione consentiva di trattare una varietà di disturbi, dalle lesioni alla testa alla depressione.
Le "prove" di quest'antica pratica sono state rinvenute durante gli scavi nelle grotte sepolcrali della provincia andina centro meridionale di Andahuaylas, in Perù, dove sta lavorando la bioarcheologa Danielle Kurin ed il suo team, dell'Università di Santa Barbara. Gli archeologi hanno riportato alla luce i resti di 32 individui del Periodo Tardo Intermedio (1000-1250 a.C.) che riportavano le prove di ben 45 diverse procedure di trapanazione.
Secondo la Professoressa Kurin le trapanazioni al cranio hanno fatto la loro prima apparizione sugli altopiani andini centromeridionali tra il 200 e il 600 d.C., anche se questa tecnica non fu applicata ovunque. La zona dove stanno lavorando gli archeologi fu per circa 400 anni, dal 600 al 1000 d.C., una provincia prospera di un impero misconosciuto chiamato Wari, che crollò per ragioni ancora tutte da stabilire. Durante il periodo del tracollo dell'impero Wari, le tecniche di cura delle ferite e di problemi di altra natura avanzarono di pari passo con le guerre e le invasioni.
La bioarcheologa Danielle Kurin
La ricerca della Professoressa Kurin ha evidenziato diversi tipi di trapanazione. Alcuni "guaritori" hanno utilizzato il taglio, per esempio, altri hanno impiegato il trapano a mano, quasi stessero sperimentando tecniche diverse. Dall'esame degli scheletri rinvenuti nelle grotte, si deduce che alcune di queste operazioni sperimentali al cranio abbiano avuto successo, dal momento che sono stati individuati i segni della ricrescita dell'osso, che solitamente impiega diversi anni per riformarsi. Diversi pazienti, pertanto, sono sopravvissuti. Altri crani, invece, specialmente quelli in cui la trapanazione è stata eseguita con trapani a mano, non mostrano segni di ricostruzione della parte ossea lesa malgrado il paziente abbia continuato a vivere.
Da notare che era proibito praticare la trapanazione del cranio su donne e bambini. Quando un paziente sopravviveva poteva fungere da esempio per accrescere la fama del guaritore di turno. Sulla ferita, dopo l'operazione, si usava mettere delle poltiglie a base di erbe, delle quali gli archeologi hanno ritrovato traccia. Segni, questi, che non si trattava di pure e semplici esercitazioni su individui condannati, ma vere e proprie operazioni che dovevano consentire all'individuo di tornare a vivere la sua vita.
I resti rinvenuti nelle grotte di Andahuaylas costituiscono, forse, il più grande deposito di individui con operazioni al cranio che si conosca, dal momento che i teschi con tracce di trapanazione rinvenuti in precedenza, sono completamente decontestualizzati e giacciono in musei e collezioni sparsi per il mondo.

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