Iuno Sospes calco in gesso di una statua originale, Musei Vaticani (Foto: Wikipedia) |
Il tempio dedicato a Iuno Sospes fu edificato sull'acropoli dell'antica città di Lanuvio, dove esisteva già un importantissimo culto protostorico che si svolgeva all'aperto ed era connesso ad una divinità pastorale. Inizialmente si trattava di un edificio tetrastilo con cella centrale ed alae laterali, che venne quasi completamente distrutto nel V secolo d.C..
I primi scavi del complesso sacro iniziarono nel 1884 da parte di Lord Savile Lumley e durarono fino al 1892. Emersero immediatamente strutture risalenti al II secolo a.C. e alla metà del I secolo a.C.. Sotto uno strato di crollo vennero ritrovati frammenti di parti di cavalieri, un torso di una statua di ninfa che usciva dall'acqua, capitelli e rocchi di colonna. L'antiquario inglese riuscì a scoprire anche la favissa sacra, che restituì strutture templari di I fase (VI secolo a.C.), tra cui le antefisse a testa femminile con nimbo traforato terminante a palmetta di origine campana.
Nel 1914 gli scavi ripresero a cura dell'Ufficio Scavi della Provincia di Roma, diretti dal Professor Angelo Pasqui. Emersero subito i muri perimetrali del tempio e vennero identificate tre diverse fasi edilizie. La prima fase, dalla fine del VII alla metà del VI secolo a.C., era costituita da un piccolo muro di tufo giallo che, attualmente, non è più visibile. Gli archeologi pensarono all'esistenza, per questo, di un tempietto arcaico. Successivamente venne alla luce un tempio tuscanico le cui terracotte, scoperte da Lord Savile, sono custodite nel British Museum di Londra. Proprio queste terracotte permisero di datare il tempio al VI secolo a.C.. La seconda fase, del 338 a.C., data della conquista romana di Lanuvio e dell'introduzione del culto di Iuno Sospes a Roma, attesta una ricostruzione di tutta l'area sacra secondo diversi dettami architettonici. Dagli scavi emersero anche frammenti di una testa marmorea pertinente il gruppo di Licinio Murena oltre ad antefisse, doni votivi e frammenti fittili della trabeazione esterna del tempio. I resti attualmente visibili - ad eccezione delle fondazioni di età medio-repubblicana (IV-III secolo a.C.) risalgono alla metà del I secolo a.C..
Al primo dei tre terrazzamenti visibili sono presenti resti di tabernae, al secondo terrazzamento un imponente portico ad arcate con semicolonne doriche, al terzo terrazzamento si trovava il luogo di culto vero e proprio.
Proprio alla fase romana risalgono le fortune di Iuno Sospes, il cui tempio andò arricchendosi di ex voto e di donativi. Il santuario era così ricco che Ottaviano attinse al suo tesoro per affrontare la guerra contro Sesto Pompeo (38-36 a.C.). Al tempo di Plinio il Vecchio si sa che il tempio di Iuno Sospes di Lanuvio conservava ancora splendidi intonaci raffiguranti Elena ed Atalanta nude, pur essendo praticamente in rovina. Un'ultima fase edilizia è fatta risalire all'imperatore Adriano (117-138 d.C.), che fece completamente ristrutturare il sito. La monumentalizzazione del sito si ricollega alle trasformazioni, avvenute anch'esse alla metà del I secolo a.C., dei santuari di Palestrina, Terracina, Tivoli e Nemi.
Il ninfeo del santuario di Iuno Sospes è piuttosto interessante. E' costituito da una struttura poderosa in calcestruzzo con una fronte di 8 metri di altezza ed è composto da una vasca di 16,90 metri di lunghezza per 2,50 di larghezza. All'interno della vasca vi sono sette archi che dovevano sorreggere la mostra della fontana, costituita da una serie di nicchie delle quali le cinque centrali erano a pianta semicircolare e le due laterali a pianta quadrangolare. Il ninfeo era abbellito da mosaici policromi, conchiglie e pomice, in questo molto simile ai ninfei e alle fontane che si possono ammirare a Pompei. Dietro il ninfeo era la cisterna per l'acqua. Il ninfeo era utilizzato come fonte per le abluzioni sacre ed i Benedettini vi edificarono sopra, nel XII ecolo d.C., una piccola chiesa dedicata a san Lorenzo martire
La Iuno delle origini dell'area sacra lanuvina era una divinità ctonia legata al ciclo delle stagioni e della fecondità della terra. Si narra che nei sotterranei del suo tempio fosse custodito un serpente sacro (Drakwn, drago, secondo Eliano) alla dea che ogni anno, secondo Properzio, era il destinatario di un rito propiziatore della fertilità agricola costituito da una processione di giovani vergini recanti focacce. Le giovani donne, bendate, avanzavano nell'antro del serpente guidate da un soffio sacro. Il drago, grazie alle sue virtù profetiche, era in grado, secondo Eliano, di accorgersi della purezza delle fanciulle, essenziale a rendere puro e sacro l'alimento che recavano. Se una delle fanciulle fosse risultata impura, la focaccia che recava in dono avrebbe dovuto rimanere in terra intatta finché fossero arrivate delle formiche che l'avrebbero sbriciolata e trasportata fuori dal bosco sacro. La ragazza sarebbe stata, poi, punita secondo la legge.
La grotta del drago non è stata ancora ben identificata, anche se è sicuramente non lontana dal tempio, immersa nel lucus (bosco) sacro. Vi si arrivava, con tutta probabilità, per mezzo di una ripida discesa. Il serpente (o drago) non era un serpente qualunque, ma quello con il quale era comunemente raffigurata Iuno. Di questo serpente si sa solamente che era molto grande, ma non si sa se ve ne fosse più di uno o come venisse catturato. Properzio definisce questo serpente draco, serpens e anguinus. Draco era utilizzato dai Romani per identificare un serpente grande ma innocuo che era spesso allevato come un animale domestico. Serpens era il termine comune per indicare il serpente mentre anguinus significa "proprio del serpente", riferendosi ai comportamenti dell'animale quali i movimenti minacciosi delle spire.
Iconograficamente la dea aveva caratteristiche che la distinguevano dai modelli tradizionali romani: si trattava di Iuno abbigliata con elmo, lancia e scudo. Cicerone la descrive vestita di pelle di capra con scarpe dalla punta rivolta all'insù e afferma che la divinità fu portata nel Lazio dagli Argivi. L'immagine di questa Iuno è molto simile all'Athena ateniese.
Anche gli epiteti della divinità sono piuttosto indicativi. Sospes (in origine Sispes, stando alle fonti epigrafiche), significa "salvatrice". Ma dalle epigrafi e dalle fonti letterarie emerge l'immagine di una Iuno che è anche mater et regina. Tutti e tre gli appellativi sono riuniti nella stessa figura divina da Apuleio nelle "Metamorfosi". La Iuno Sospes dei Romani è, pertanto, una divinità che riassume in sé i caratteri di madre e di salvatrice (armata) di Roma, una dea guerriera.
Quello del serpente che accompagnava la dea era un culto antichissimo nel Latium Vetus e prevedeva che la sacerdotessa di questa divinità ctonia vi si unisse al culmine del rito. Un tempio dedicato al serpente si trovava, a Roma, sull'Aventino. Qui venivano allevati dei serpenti. Un tempio dedicato a Iuno divinità dei serpenti si trovava anche sul mons Aeflanus, sopra Tivoli (oggi S. Angelo Arcese). Si trattava di un santuario federale laziale. Esisteva anche una divinità indigena legata ai serpenti, chiamata dai Marsi Angitia e dai Piceni Anchera. I serpenti adorati dalle popolazioni preromane erano una sorta di bisce non velenose, ancora oggi diffuse nelle campagne laziali.
I primi scavi del complesso sacro iniziarono nel 1884 da parte di Lord Savile Lumley e durarono fino al 1892. Emersero immediatamente strutture risalenti al II secolo a.C. e alla metà del I secolo a.C.. Sotto uno strato di crollo vennero ritrovati frammenti di parti di cavalieri, un torso di una statua di ninfa che usciva dall'acqua, capitelli e rocchi di colonna. L'antiquario inglese riuscì a scoprire anche la favissa sacra, che restituì strutture templari di I fase (VI secolo a.C.), tra cui le antefisse a testa femminile con nimbo traforato terminante a palmetta di origine campana.
Nel 1914 gli scavi ripresero a cura dell'Ufficio Scavi della Provincia di Roma, diretti dal Professor Angelo Pasqui. Emersero subito i muri perimetrali del tempio e vennero identificate tre diverse fasi edilizie. La prima fase, dalla fine del VII alla metà del VI secolo a.C., era costituita da un piccolo muro di tufo giallo che, attualmente, non è più visibile. Gli archeologi pensarono all'esistenza, per questo, di un tempietto arcaico. Successivamente venne alla luce un tempio tuscanico le cui terracotte, scoperte da Lord Savile, sono custodite nel British Museum di Londra. Proprio queste terracotte permisero di datare il tempio al VI secolo a.C.. La seconda fase, del 338 a.C., data della conquista romana di Lanuvio e dell'introduzione del culto di Iuno Sospes a Roma, attesta una ricostruzione di tutta l'area sacra secondo diversi dettami architettonici. Dagli scavi emersero anche frammenti di una testa marmorea pertinente il gruppo di Licinio Murena oltre ad antefisse, doni votivi e frammenti fittili della trabeazione esterna del tempio. I resti attualmente visibili - ad eccezione delle fondazioni di età medio-repubblicana (IV-III secolo a.C.) risalgono alla metà del I secolo a.C..
Resti del tempio di Iuno Sospes sull'acropoli di Lanuvio (Foto: bbcc.collineromane.it) |
Proprio alla fase romana risalgono le fortune di Iuno Sospes, il cui tempio andò arricchendosi di ex voto e di donativi. Il santuario era così ricco che Ottaviano attinse al suo tesoro per affrontare la guerra contro Sesto Pompeo (38-36 a.C.). Al tempo di Plinio il Vecchio si sa che il tempio di Iuno Sospes di Lanuvio conservava ancora splendidi intonaci raffiguranti Elena ed Atalanta nude, pur essendo praticamente in rovina. Un'ultima fase edilizia è fatta risalire all'imperatore Adriano (117-138 d.C.), che fece completamente ristrutturare il sito. La monumentalizzazione del sito si ricollega alle trasformazioni, avvenute anch'esse alla metà del I secolo a.C., dei santuari di Palestrina, Terracina, Tivoli e Nemi.
Iuno Sospes su una moneta di L. Papius, 79 d.C. (Foto: vroma.org) |
La Iuno delle origini dell'area sacra lanuvina era una divinità ctonia legata al ciclo delle stagioni e della fecondità della terra. Si narra che nei sotterranei del suo tempio fosse custodito un serpente sacro (Drakwn, drago, secondo Eliano) alla dea che ogni anno, secondo Properzio, era il destinatario di un rito propiziatore della fertilità agricola costituito da una processione di giovani vergini recanti focacce. Le giovani donne, bendate, avanzavano nell'antro del serpente guidate da un soffio sacro. Il drago, grazie alle sue virtù profetiche, era in grado, secondo Eliano, di accorgersi della purezza delle fanciulle, essenziale a rendere puro e sacro l'alimento che recavano. Se una delle fanciulle fosse risultata impura, la focaccia che recava in dono avrebbe dovuto rimanere in terra intatta finché fossero arrivate delle formiche che l'avrebbero sbriciolata e trasportata fuori dal bosco sacro. La ragazza sarebbe stata, poi, punita secondo la legge.
(Foto: uned.es) |
Cornice con mensole del tempio di Iuno Sospes di Roma, ora inserite sul fianco esterno sinistro della chiesa di S. Nicola in Carcere (Foto: Wikipedia) |
Anche gli epiteti della divinità sono piuttosto indicativi. Sospes (in origine Sispes, stando alle fonti epigrafiche), significa "salvatrice". Ma dalle epigrafi e dalle fonti letterarie emerge l'immagine di una Iuno che è anche mater et regina. Tutti e tre gli appellativi sono riuniti nella stessa figura divina da Apuleio nelle "Metamorfosi". La Iuno Sospes dei Romani è, pertanto, una divinità che riassume in sé i caratteri di madre e di salvatrice (armata) di Roma, una dea guerriera.
Quello del serpente che accompagnava la dea era un culto antichissimo nel Latium Vetus e prevedeva che la sacerdotessa di questa divinità ctonia vi si unisse al culmine del rito. Un tempio dedicato al serpente si trovava, a Roma, sull'Aventino. Qui venivano allevati dei serpenti. Un tempio dedicato a Iuno divinità dei serpenti si trovava anche sul mons Aeflanus, sopra Tivoli (oggi S. Angelo Arcese). Si trattava di un santuario federale laziale. Esisteva anche una divinità indigena legata ai serpenti, chiamata dai Marsi Angitia e dai Piceni Anchera. I serpenti adorati dalle popolazioni preromane erano una sorta di bisce non velenose, ancora oggi diffuse nelle campagne laziali.
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