Scavi archeologici di Sibari (Foto: Alba Huismann) |
Nell'area archeologica di Sibari, in provincia di Cosenza, il Professor Emanuele Greco, direttore della Scuola Archeologica Italiana di Atene, ha rinvenuto un santuario del 50 d.C. dedicato a Iside e Serapide, il cui culto si era diffuso, all'epoca, in diverse città del Mediterraneo.
L'edificio appartiene alla fase romana di Sibari, ex colonia greca fondata nell'VIII secolo a.C. da profughi provenienti dal Peloponneso. Sibari venne distrutta dai Crotoniati nel 510 a.C. e fu poi rifondata con il nome di Thurii. Divenne colonia romana nel 193 a.C. con il nome di Copia.
Il santuario tornato alla luce sorge dove è stato trovato il bronzo del cosiddetto Toro Cozzante, oggi esposto al Museo Archeologico di Sibari. Si pensa che l'edificio sia sorto sotto l'imperatore Claudio e sotto le sue fondazioni sono stati rintracciati i resti di un secondo edificio sacro di età augustea, preceduto da un terzo di epoca thurina e da tracce di un santuario arcaico dell'epoca di Sibari.
Il santuario di Iside e Serapide è uno dei più grandi che si conoscano in Italia: si estende su ben 4500 metri quadrati di superficie ed è formato da tre complessi comprensivi di tempio, portici, edifici minori, sacelli, aula per i pellegrini, ospizio per i pellegrini, piscina per i riti. La parte centrale del complesso è costituita dal santuario vero e proprio, con un tempio orientato da nord a sud circondato da un colonnato. Del tempio si conserva il nucleo in cementizio. Ad est del tempio sorge un edificio in opus reticulatum con piscina e ospizio per pellegrini. Ad ovest del portico è stato rinvenuto un cortile aperto con un tempietto all'interno che ha restituito uno straordinario reperto: un'iscrizione con il verbale di collaudo dell'edificio.
Il collaudo del tempietto, secondo l'iscrizione, venne fatto da due prefetti. Uno di loro fu rappresentante di Tito Palfurio Sura, noto personaggio romano, delatore di Domiziano. Quando Nerva divenne imperatore, Tito Palfurio Sura venne fatto assassinare.
Scavando a maggiore profondità, gli archeologi si sono trovati di fronte ad una stratigrafia monumentale. Particolarmente interessanti sono le tracce della Sibari achea, costituite da due capitelli dorici del VI secolo a.C., appartenuti alle colonne di un tempio ed in seguito riutilizzati. Questi capitelli sono l'indizio della presenza di un primitivo santuario di Sibari sul quale venne eretto un santuario di Thurii e, ancora, i santuari successivi di epoca romana. Il santuario romano venne danneggiato da un forte terremoto del 150-160 d.C., che segnò anche l'inizio della decadenza della città che, nell'arco di due secoli, venne completamente abbandonata anche a causa delle esondazioni del vicino fiume Crati.
L'edificio appartiene alla fase romana di Sibari, ex colonia greca fondata nell'VIII secolo a.C. da profughi provenienti dal Peloponneso. Sibari venne distrutta dai Crotoniati nel 510 a.C. e fu poi rifondata con il nome di Thurii. Divenne colonia romana nel 193 a.C. con il nome di Copia.
Il santuario tornato alla luce sorge dove è stato trovato il bronzo del cosiddetto Toro Cozzante, oggi esposto al Museo Archeologico di Sibari. Si pensa che l'edificio sia sorto sotto l'imperatore Claudio e sotto le sue fondazioni sono stati rintracciati i resti di un secondo edificio sacro di età augustea, preceduto da un terzo di epoca thurina e da tracce di un santuario arcaico dell'epoca di Sibari.
Il santuario di Iside e Serapide è uno dei più grandi che si conoscano in Italia: si estende su ben 4500 metri quadrati di superficie ed è formato da tre complessi comprensivi di tempio, portici, edifici minori, sacelli, aula per i pellegrini, ospizio per i pellegrini, piscina per i riti. La parte centrale del complesso è costituita dal santuario vero e proprio, con un tempio orientato da nord a sud circondato da un colonnato. Del tempio si conserva il nucleo in cementizio. Ad est del tempio sorge un edificio in opus reticulatum con piscina e ospizio per pellegrini. Ad ovest del portico è stato rinvenuto un cortile aperto con un tempietto all'interno che ha restituito uno straordinario reperto: un'iscrizione con il verbale di collaudo dell'edificio.
Il collaudo del tempietto, secondo l'iscrizione, venne fatto da due prefetti. Uno di loro fu rappresentante di Tito Palfurio Sura, noto personaggio romano, delatore di Domiziano. Quando Nerva divenne imperatore, Tito Palfurio Sura venne fatto assassinare.
Scavando a maggiore profondità, gli archeologi si sono trovati di fronte ad una stratigrafia monumentale. Particolarmente interessanti sono le tracce della Sibari achea, costituite da due capitelli dorici del VI secolo a.C., appartenuti alle colonne di un tempio ed in seguito riutilizzati. Questi capitelli sono l'indizio della presenza di un primitivo santuario di Sibari sul quale venne eretto un santuario di Thurii e, ancora, i santuari successivi di epoca romana. Il santuario romano venne danneggiato da un forte terremoto del 150-160 d.C., che segnò anche l'inizio della decadenza della città che, nell'arco di due secoli, venne completamente abbandonata anche a causa delle esondazioni del vicino fiume Crati.
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