Germania, gli scavi e gli oggetti scoperti in Vestfalia (Foto: stilearte.it) |
A circa 400 chilometri ad ovest di Berlino, nella cittadina di Delbruck-Bentfeld, situata nel cuore del distretto di Paderborn, in Germania, si sta aprendo una finestra su un passato rurale sorprendentemente articolato.
A partire da novembre 2024, una campagna promossa dall'Associazione regionale Vestfalia-Lippe e guidata dall'archeologo Sven Knippschild ha restituito alla luce un insediamento agrario databile tra il II e il III secolo d.C., le cui caratteristiche testimoniano una dinamica interazione tra il mondo romano e le popolazioni locali, anche dopo il ritiro delle legioni imperiali dal vicino accampamento di Anreppen.
Fin dalle prime esplorazioni archeologiche dell'area residenziale di Schafbreite, avviate otto anni fa, si pensava che il sito fosse occupato da una singola fattoria. Ma i recenti scavi, condotti in parallelo all'espansione urbanistica, hanno completamente ribaltato questa visione. Oggi si delinea un complesso ben più vasto, articolato su almeno tre corti agricole, le cui strutture principali sono state identificate grazie all'attenta lettura delle buche per pali, ancora visibili nel sottosuolo come ombre scure e scolorite.
L'interesse dei ricercatori è particolarmente accesso perché la scoperta rappresenta uno dei rari esempi in cui è possibile studiare in modo coerente i resti di un insediamento rurale sviluppatosi ai margini del Limes, dopo la ritirata romana.
Al centro della prima corte identificata, gli archeologi hanno rinvenuto i resti di un edificio residenziale in legno, circondato da piccole dipendenze seminterrate. Questi ambienti secondari erano probabilmente destinati alla tessitura, attività attestata in tutta l'area germanica come prerogativa femminile e strettamente collegata alla sfera domestica.
Un pozzo, profondo meno di due metri, completava l'infrastruttura idrica della fattoria. Le tracce di rivestimento ligneo, rilevabili grazie alla decolorazione del terreno, rivelano l'attenzione dei coloni alla conservazione della qualità dell'acqua, elemento prezioso in un contesto produttivo.
Nell'area sudoccidentale è emersa una seconda corte, ancora più intrigante. Oltre ai consueti resti edilizi, è venuto alla luce un laboratorio artigianale per la lavorazione del bronzo: frammenti di pareti in argilla cotta e scorie metalliche indicano che qui si producevano oggetti di ornamento e forse anche amuleti. Una scoperta che getta nuova luce sull'economia dell'insediamento e sul ruolo delle corti non solo come centri di produzione alimentare, ma anche come officine artigiane.
I frammenti di ceramica finemente decorati e numerose monete romane rinvenute nei livelli di riempimento, permetteranno di stabilire con maggiore precisione le fasi di utilizzo delle diverse corti. I dati contribuiranno a chiarire se le fattorie fossero contemporanee o se ci troviamo di fronte a una sequenza di ricostruzioni successive, causate dal degrado strutturale delle abitazioni in legno.
Una terza fattoria, individuata solo parzialmente sul margine occidentale dell'are di scavo, lascia intuire che l'insediamento potesse estendersi ben oltre i confini dell'attuale zona edificabile. Questo suggerisce una comunità agricola ben strutturata, attiva ancora due secoli dopo la ritirata romana dalla regione.
Uno dei ritrovamenti più affascinanti della campagna è una gemma incisa, grande appena 1,5 centimetri, raffigurante il dio romano Mercurio. L'opera, finemente lavorata, mostra la divinità con la tipica borsa, il bastone caduceo e l'elmo. Probabilmente era incastonata in un anello appartenente a un colono romanizzato, forse un mercante o un artigiano legato alle reti commerciali imperiali.
Altro oggetto enigmatico è un coltello in ferro con decorazioni in ottone, ritrovato sotto il pavimento di una piccola struttura simile ad una cantina. La lama, intatta e rivolta verso l'alto, si trovava troppo in profondità per costituire un pericolo. Questo dettaglio ha portato ad ipotizzare che il coltello potesse avere un funzione apotropaica: un sacrificio edilizio, inteso a proteggere l'edificio o i suoi abitanti da influssi maligni. L'origine del manufatto, con ogni probabilità romano, rafforza l'idea di un legame culturale ancora vivo tra queste terre e l'impero.
A partire da novembre 2024, una campagna promossa dall'Associazione regionale Vestfalia-Lippe e guidata dall'archeologo Sven Knippschild ha restituito alla luce un insediamento agrario databile tra il II e il III secolo d.C., le cui caratteristiche testimoniano una dinamica interazione tra il mondo romano e le popolazioni locali, anche dopo il ritiro delle legioni imperiali dal vicino accampamento di Anreppen.
Fin dalle prime esplorazioni archeologiche dell'area residenziale di Schafbreite, avviate otto anni fa, si pensava che il sito fosse occupato da una singola fattoria. Ma i recenti scavi, condotti in parallelo all'espansione urbanistica, hanno completamente ribaltato questa visione. Oggi si delinea un complesso ben più vasto, articolato su almeno tre corti agricole, le cui strutture principali sono state identificate grazie all'attenta lettura delle buche per pali, ancora visibili nel sottosuolo come ombre scure e scolorite.
L'interesse dei ricercatori è particolarmente accesso perché la scoperta rappresenta uno dei rari esempi in cui è possibile studiare in modo coerente i resti di un insediamento rurale sviluppatosi ai margini del Limes, dopo la ritirata romana.
Al centro della prima corte identificata, gli archeologi hanno rinvenuto i resti di un edificio residenziale in legno, circondato da piccole dipendenze seminterrate. Questi ambienti secondari erano probabilmente destinati alla tessitura, attività attestata in tutta l'area germanica come prerogativa femminile e strettamente collegata alla sfera domestica.
Un pozzo, profondo meno di due metri, completava l'infrastruttura idrica della fattoria. Le tracce di rivestimento ligneo, rilevabili grazie alla decolorazione del terreno, rivelano l'attenzione dei coloni alla conservazione della qualità dell'acqua, elemento prezioso in un contesto produttivo.
Nell'area sudoccidentale è emersa una seconda corte, ancora più intrigante. Oltre ai consueti resti edilizi, è venuto alla luce un laboratorio artigianale per la lavorazione del bronzo: frammenti di pareti in argilla cotta e scorie metalliche indicano che qui si producevano oggetti di ornamento e forse anche amuleti. Una scoperta che getta nuova luce sull'economia dell'insediamento e sul ruolo delle corti non solo come centri di produzione alimentare, ma anche come officine artigiane.
I frammenti di ceramica finemente decorati e numerose monete romane rinvenute nei livelli di riempimento, permetteranno di stabilire con maggiore precisione le fasi di utilizzo delle diverse corti. I dati contribuiranno a chiarire se le fattorie fossero contemporanee o se ci troviamo di fronte a una sequenza di ricostruzioni successive, causate dal degrado strutturale delle abitazioni in legno.
Una terza fattoria, individuata solo parzialmente sul margine occidentale dell'are di scavo, lascia intuire che l'insediamento potesse estendersi ben oltre i confini dell'attuale zona edificabile. Questo suggerisce una comunità agricola ben strutturata, attiva ancora due secoli dopo la ritirata romana dalla regione.
Uno dei ritrovamenti più affascinanti della campagna è una gemma incisa, grande appena 1,5 centimetri, raffigurante il dio romano Mercurio. L'opera, finemente lavorata, mostra la divinità con la tipica borsa, il bastone caduceo e l'elmo. Probabilmente era incastonata in un anello appartenente a un colono romanizzato, forse un mercante o un artigiano legato alle reti commerciali imperiali.
Altro oggetto enigmatico è un coltello in ferro con decorazioni in ottone, ritrovato sotto il pavimento di una piccola struttura simile ad una cantina. La lama, intatta e rivolta verso l'alto, si trovava troppo in profondità per costituire un pericolo. Questo dettaglio ha portato ad ipotizzare che il coltello potesse avere un funzione apotropaica: un sacrificio edilizio, inteso a proteggere l'edificio o i suoi abitanti da influssi maligni. L'origine del manufatto, con ogni probabilità romano, rafforza l'idea di un legame culturale ancora vivo tra queste terre e l'impero.
Fonte:
stilearte.it
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