sabato 4 agosto 2012

L'oracolo di Apollo a Didyma

Testa di Medusa dal tempio di Apollo a Didyma
Didyma è un'antichissima città della Ionia che sorgeva nei pressi dell'attuale città turca di Didim. La città antica nacque direttamente all'esterno del grande e maestoso santuario che ospitava l'oracolo di Apollo, il Dydymaion.
Dydyma, in greco, significa "gemello" ma sembra che i greci, in realtà, non interpretassero in questo senso la derivazione del toponimo, peraltro ad essi ignota. L'etimo esatto era di origine caria.
Didyma ebbe una grandissima rilevanza oracolare, al pari di Delfi, in tutto il mondo ellenistico. Fu menzionata dai Greci fin dagli Inni Omerici ad Apollo. Erodoto e Pausania datano il santuario ad un'epoca antecedente la colonizzazione degli Ioni, che abitarono la città dal VI secolo a.C.. Probabilmente il culto apollineo era connesso al più antico culto di Cybele Dyndimena ed al suo tempio costruito nel VII secolo a.C..
La città di Dydyma venne distrutta da Dario I nel 494 a.C., in un'incursione persiana a seguito della quale venne trafugata e trasportata ad Ecbatana la statua bronzea di Apollo che, secondo la tradizione, era opera di Canaco di Sicione.
Il tempio-oracolo di Apollo a Didyma
Nel 300 a.C. Seleuco I, uno dei diadochi di Alessandro Magno, riportò al tempio di Apollo di Didyma alcuni dei tesori a suo tempo saccheggiati, tra i quali figurava anche la statua del dio. Gli abitanti di Mileto, che amministrarono il sito, iniziarono, poi, la grande ristrutturazione dell'edificio, che comprese l'edificazione di un periptero a doppia fila di colonnati ionici, un pronao di tre file di colonne ed altre imponenti innovazioni. In questo modo il tempio divenne il più grande del mondo greco. Fu nominato anche un profeta, la cui carica era annuale, che amministrava il tempio per conto dello stato di Mileto.
Il tempio era collegato al vicino porto di Panormos da una strada larga dai 5 ai 7 metri. Erodoto racconta che Creso di Lidia (560-546 a.C.) fece grandi donativi a questo luogo, amministrato dalla famiglia sacerdotale dei Branchidi. Il tempio, proprio a causa delle sue grandi dimensioni, non venne mai terminato. Strabone (64 a.C. - 21 d.C.) afferma che era ancora privo del tetto, quando lo vide.

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