Il busto di Minerva dal Tempio di Castro (Foto: Il Corriere del Mezzogiorno) |
(Fonte:Corriere del Mezzogiorno) - La conferma che la "rocca con il tempio di Minerva" raccontata da Virgilio nell'Eneide, dove approdò Enea in fuga da Troia, fosse l'attuale Castro, era nascosta sotto tre metri di terra in pieno centro storico nella piccola località del basso Salento: è il busto di una statua di donna, dal raffinato drappeggio, di proporzioni doppie rispetto a quelle naturali. Secondo gli archeologi che l'hanno scoperta e che oggi la sveleranno al mondo, l'opera di pregevole fattura da datarsi con quasi certezza al III secolo a.C. (ma potrebbe essere ancora più antica di almeno un altro secolo), raffigurerebbe proprio la dea Minerva a cui era dedicato l'antico tempio. Una scoperta eccezionale, per gli autori del ritrovamento, che spazzerebbe ogni dubbio circa l'esatta dislocazione dell'approdo dell'eroe condottiero.
Il busto è stato localizzato a tre metri esatti dal piano di partenza degli scavi. La struttura basale è ricavata in blocchi monolitici di pietra leccese lunghi anche un paio di metri. Quello portato alla luce sinora è mancante della testa e della parte inferiore del corpo ma gli archeologi sono convinti che nascosti nei paraggi ci siano i pezzi mancanti. Ieri, ad esempio, è stato recuperato un braccio e la falange di un dito di una mano. Le dimensioni intere della figura, compreso il piedistallo, dovrebbero sfiorare i quattro metri. La statua era adagiata su un lato quasi come una vera e propria deposizione. Questo ha fatto avanzare agli studiosi la suggestiva ipotesi secondo cui l'interramento non sia stato casuale, ma fatto allo scopo di conservare tracce della divinità dopo la demolizione del vecchio edificio templare dove era esposta e venerata. Per il suo stile scultoreo si pensa che possa essere un'opera prodotta da raffinate scuole tarantine che operavano in tutto il Salento Messapico.
Questa ipotesi supportata anche dal ritrovamento nei mesi scorsi dei pezzi del basamento o della balaustra di protezione della statua che presentano un motivo floreale a traforo che oggi si potrebbe confondere con il barocco leccese. Per i suoi autori, la scoperta chiude un'antica querelle durata per secoli sull'esatta localizzazione del tempio virgiliano che fa da sfondo all'epica del troiano Enea.
Altra località che contende lo stesso merito storico è Porto Badisco. Gli scavi che occupano un'area comunale espropriata dieci anni fa a privati, portano la firma dell'archeologo responsabile Amedeo Galati, impegnato sul sito da quasi sei anni, assistito dai topografi Fabrizio Ghio e Alessandro Rizzo. La direzione scientifica è invece del professore Francesco D'Andria dell'Università del Salento mentre la sorveglianza per conto della soprintendenza di Taranto è della dottoressa Laura Masiello. La campagna di scavi è finanziata da fondi della Comunità Europea e del Comune di Castro. L'eccezionale reperto di cui nel 2009, sempre a Castro, fu ritrovato un modello bronzeo dalle fattezze identiche, sarà custodito nel Museo Archeologico di Castro nel castello aragonese in corso di ristrutturazione per l'allargamento e il rinnovo degli spazi di esposizione. Nel Museo saranno esposti tutti i reperti recuperati dai primi scavi della Grotta Romanelli ed anche pezzi dell'arte vascolare e degli strumenti dell'Età del Bronzo ritrovati nella Grotta Zinzulusa e nel villaggio della Palombara.
Il busto è stato localizzato a tre metri esatti dal piano di partenza degli scavi. La struttura basale è ricavata in blocchi monolitici di pietra leccese lunghi anche un paio di metri. Quello portato alla luce sinora è mancante della testa e della parte inferiore del corpo ma gli archeologi sono convinti che nascosti nei paraggi ci siano i pezzi mancanti. Ieri, ad esempio, è stato recuperato un braccio e la falange di un dito di una mano. Le dimensioni intere della figura, compreso il piedistallo, dovrebbero sfiorare i quattro metri. La statua era adagiata su un lato quasi come una vera e propria deposizione. Questo ha fatto avanzare agli studiosi la suggestiva ipotesi secondo cui l'interramento non sia stato casuale, ma fatto allo scopo di conservare tracce della divinità dopo la demolizione del vecchio edificio templare dove era esposta e venerata. Per il suo stile scultoreo si pensa che possa essere un'opera prodotta da raffinate scuole tarantine che operavano in tutto il Salento Messapico.
Il luogo del ritrovamento del busto di Atena (Foto: Il Corriere del Mezzogiorno) |
Altra località che contende lo stesso merito storico è Porto Badisco. Gli scavi che occupano un'area comunale espropriata dieci anni fa a privati, portano la firma dell'archeologo responsabile Amedeo Galati, impegnato sul sito da quasi sei anni, assistito dai topografi Fabrizio Ghio e Alessandro Rizzo. La direzione scientifica è invece del professore Francesco D'Andria dell'Università del Salento mentre la sorveglianza per conto della soprintendenza di Taranto è della dottoressa Laura Masiello. La campagna di scavi è finanziata da fondi della Comunità Europea e del Comune di Castro. L'eccezionale reperto di cui nel 2009, sempre a Castro, fu ritrovato un modello bronzeo dalle fattezze identiche, sarà custodito nel Museo Archeologico di Castro nel castello aragonese in corso di ristrutturazione per l'allargamento e il rinnovo degli spazi di esposizione. Nel Museo saranno esposti tutti i reperti recuperati dai primi scavi della Grotta Romanelli ed anche pezzi dell'arte vascolare e degli strumenti dell'Età del Bronzo ritrovati nella Grotta Zinzulusa e nel villaggio della Palombara.
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